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Autore: Euridice100    18/01/2014    8 recensioni
Raccolta di ventotto storie su Rumpelstiltskin e Belle.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Belle, Signor Gold/Tremotino
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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076. Who?
 
 
 
“O che i sogni siano sintomi,
siano armi nucleari.”
“Anidride carbonica” – Le Luci della Centrale Elettrica
 
 
 
“La vigilia di sant’Agnese va’ a dormire con un bucaneve tra le mani e il volto al cielo, e sognerai il tuo Vero Amore”.
La voce di Laertia, la mia vecchia balia, mi risuona nelle orecchie mentre scendo le scale per raggiungere la cella in cui trascorro le notti. Come ho potuto dimenticarlo? Oggi è il 20 gennaio, vigilia della Santa protettrice delle fanciulle e delle innamorate cui la mia nutrice era devota. Tra i suoi racconti di miti e leggende questo era uno dei più frequenti – forse perché la faceva sentire più vicina a casa.
Laertia se n’è andata quando avevo dodici anni, eppure le sue storie mi accompagnano ancora, eco di ciò che è stato e che il tempo ha cancellato per sempre; ma se chiudo gli occhi rivedo una me bambina che ogni anno come oggi si addormenta col cuore gonfio di trepidante attesa e la gioiosa euforia delle sorprese dipinta sul volto ancora morbido.
 
 
La notte tra il 20 e il 21 gennaio non ho mai sognato.
 
 
La prima volta ho nove anni. Laertia mi ha spiegato cosa fare e io sono attentissima nel seguire quelle indicazioni: stringo il fiore tra le dita proprio come mi ha suggerito lei e guardo verso il soffitto della mia stanza senza mai chinare il capo, perché se sbagliassi un gesto, anche uno solo, la Santa non mi permetterebbe di vedere il volto del mio futuro sposo. Faccio fatica ad addormentarmi, eccitata come sono; ma alla fine Morfeo ha la meglio sulla mia emozione di bambina curiosa.
La mattina seguente apro gli occhi sorridendo, ma la gioia dura poco, subito sostituita da un’amara constatazione: non ho sognato alcunché.
Per quanto mi sforzi, nessuna immagine giunge in mio soccorso.
Laertia mi trova così, col visetto corrucciato, mentre mi mordo le labbra cercando disperatamente di cogliere un barlume di luce in quelle buie ore notturne.
Eppure ne sono sicura: ho fatto proprio quel che mi ha consigliato la balia, né più né meno! Perché non ho visto nulla? Significa che non conoscerò mai il mio Vero Amore?
Domande che mi martellano la testa per lunghi istanti, finché non trovo il coraggio di porle alla nutrice con un filo di voce. La donna mi sorride intenerita e per un istante smette di spazzolarmi i capelli.
- Belle, piccola mia, non temere, - è strano come il tempo scorra e la voce di chi abbiamo amato ci paia ancora così vicina – Sei una bambina, non hai sognato perché è ancora presto per te. Non preoccuparti, - prosegue – Un giorno incontrerai una persona che ti farà battere il cuore e vedrai, non vorrai più sognare altro.
L’abbraccio, rassicurata dalle sue parole, e quei pensieri svaniscono dalla mia mente mentre mi preparo per una nuova giornata di giochi, di studio, di vita.
 
 
 
Quando torno nel salone Rumpelstiltskin è ancora all’arcolaio; non alza gli occhi dal fuso, ma so che si è accorto di me.
- Dimenticato qualcosa, Dearie? – sogghigna col suo solito tono canzonatorio.
- No, - rispondo allegra – Vorrei solo chiedervi una cosa.
Mi guarda per un istante prima di prorompere in una risatina acuta.
- Quale diritto hai intenzione di rivendicare questa volta, quello di dormire fino a tardi? La risposta è negativa, mia cara, perciò tornatene in camera e approfitta delle ore di sonno che ho la grazia di concederti!
Sempre il solito, penso divertita.
- In realtà vorrei solo un bucaneve.
Finalmente lo stregone si alza.
- Un bucaneve, eh? – ripete avvicinandosi. Non mi ritraggo: so che non mi farà del male. – Oggi è la vigilia di sant’Agnese, vero. Hai ragione, Dearie, scusa l’imperdonabile maleducazione: avrei dovuto immaginare che una fanciulla sdolcinata e credulona come te non si sarebbe lasciata sfuggire quest’occasione! – Ridacchia ancora – Chi vorresti sognare, quel pezzo di legno che ti ha strenuamente difesa da me?
- Non è affar vostro chi voglio sognare, - replico - E comunque non sarebbe un pezzo di legno che vi somiglia, se è quel che temete!
Il folletto resta in silenzio per un istante prima di far apparire il fiore tra le mie mani.
- E sia! – dichiara voltandosi per tornare all’arcolaio – Non si dica che maltratto la mia governante negandole il piacere dell’illusione! Mi raccomando, buonanotte!
- Grazie, e sogni d’oro anche a voi! – accenno una riverenza e sorrido, inspirando il profumo delicato del bucaneve.
 
 
 
Dai miei nove anni in poi ripeto sempre questo piccolo rituale: non sogno mai, ma addormentarmi con accanto quel fiore candido mi infonde sicurezza, una sorta di atavica serenità che è la mia costante mentre tutto, me compresa, cambia.
 
E poi arriva il tempo in cui sono lieta di non sognare.
Il tempo del mio matrimonio.

So che prima o poi quel momento giungerà, ma non ci penso, certa che riuscirò a incontrare la persona giusta per me e vivere l’Amore di cui i trovatori cantano e di cui tanto leggo nei libri; ma poi un giorno mio padre mi manda a chiamare.
Lo rivedo darmi la notizia senza guardarmi negli occhi, quasi vergognandosene, ben sapendo che la sua unica e ribelle figlia non si piegherà facilmente; sento ancora una volta il sangue defluire dal viso quando apprendo la verità.
Brutte annate, carestia, orchi, debiti, bancarotta, capisci?
Partecipo ai Consigli, so che la situazione non è delle più rosee, ma non immaginavo fossimo sull’orlo del baratro.
Questo matrimonio è l’ultima possibilità, capisci?
Sì, capisco.
La famiglia di Gaston è la più ricca del regno: la nostra unione rimpinguerà le casse reali e, forse, i venti di guerra soffieranno più distanti.
Come potrei sacrificare migliaia di persone per il mio egoismo?
Potrei trascorrere il resto della mia vita con la consapevolezza di aver portato alla morte la mia gente?
No, non potrei.
Sono una principessa e diventerò regina; ho delle responsabilità ed è arrivata l’ora di assumerle, anche se questo significherà dire addio ai miei desideri.
- Sposerò Gaston, - mormoro, mentre la corte tira un sospiro di sollievo.
Seguono balli e presentazioni ufficiali, mentre tento di convincere me stessa: il mio promesso sposo non è cattivo, mi tratterà bene, mi difenderà sempre come si addice a un cavaliere. Col tempo imparerò a volergli bene e saremo felici assieme, sì.
E poi… Poi poggio lo sguardo sull’anello che mi orna l’anulare sinistro e il cui peso sembra un fardello indicibile.
Ho accettato e mai, mai mi tirerò indietro; ma non posso essere felice.
Gaston è gentile, vero, attento e premuroso, ma non ha nulla in comune con me; per quanto mi sforzi non riusciamo a entrare in contatto, a capirci. Per lui sono qualcosa di prezioso, da sfoggiare, esibire e proteggere; non comprende che io non ho bisogno di ciò, che sono in grado di decidere da me e difendermi da sola. Non capisce come possa trascorrere ore e ore nella Biblioteca Reale, perché preferisca i libri alle feste e come mai quei bei vestiti, quei gioielli che tanto piacciono alle sue sorelle non abbiano alcuna presa su di me.
Dov’è la Belle che voleva viaggiare, scoprire il mondo, vivere mille avventure? Che fine ha fatto la ragazza che sognava di compiere mirabolanti gesta? Si può essere eroi anche senza sconfiggere un drago, anche con un matrimonio che salverà il reame, mi ripeto; ma come posso non contraddirmi, accettando poi un anello il cui costo sfamerebbe interi villaggi per mesi?
La Belle che sono stata è la stessa che ora, su un piedistallo, si fa ricoprire di pizzo candido e oro, distante da tutto e tutti nonostante il vociare delle cameriere?
Per quanto mi sforzi per trattenere le lacrime, gli occhi della ragazza riflessa nello specchio sono lucidi.
- Guardate, la sposa si commuove già alla prima prova! – sussurra eccitata la servitù.
No.
La sposa piange perché quell’abito bianco è il sudario dei suoi sogni.
 
 
 
Mi stendo sulla branda mentre continuo a giocherellare col fiore, passandolo da una mano all’altra, e guardo verso l’alto come vuole la tradizione; ma quando incontro le grandi macchie di umidità della cella, mi ritrovo a riflettere su quanto sia cambiata la mia vita in appena una manciata di mesi.
 
 
 
Il matrimonio non si è mai celebrato.
Gli Orchi hanno attaccato il regno.
Un’offensiva spietata e vigliacca: dopo mesi di apparente quiete e tacite speranze, i villaggi al confine sono stati improvvisamente rasi al suolo e tutti i loro abitanti passati alle armi. Uomini e donne, anziani e bambini: nessuno è scampato a quella violenza cieca.
La rabbia è tanta, il dolore indicibile, ma non c’è tempo per l’indignazione: dobbiamo organizzare un esercito, disporre strategie, combattere. Non ci arrenderemo alla barbarie di quei mostri, resisteremo sempre, fino allo stremo;  perché le speranze di vittoria sono scarse, ma ci sono e dobbiamo aggrapparci a esse con furia, senza lasciarci vincere dallo sconforto.
È questo ciò cui pensiamo, mentre le nostre truppe vengono annientate, le diserzioni aumentano e le nostre città, fino a poche settimane fa prospere e fiorenti, sono ridotte al fantasma di se stesse.
È allora, dopo l’ennesima disfatta, che mio padre lo invoca tra le lacrime.
La mia preghiera è inutile: il Re sussurra quel nome tre volte, come vuole la tradizione.
Oscuro Signore, vieni a me.
Oscuro Signore, vieni a me.
Oscuro Signore, vieni a me.
Quel nome, al centro di tante dicerie e leggende, è per la prima volta oggetto di suppliche davanti a me; ogni sillaba, ogni lettera che lo compone è un cupo rintocco di campane, un presagio di dolore che pervade la bocca lasciandola amara e secca.
Oscuro Signore, vieni a me.
Oscuro Signore, vieni a me.
Oscuro Signore, vieni a me.
Aspettiamo in silenzio per quelle che ci paiono ore; nessuno giunge in nostro soccorso.
È solo un racconto per spaventare i bambini, mi dico, non esiste alcun Signore Oscuro.
Il giorno seguente, Avonlea cade.
 
 
 
Il sole è accecante, ma il suo bacio è dolce sulla pelle.
- Dearie, dearie, sei la solita fannullona. Fosse per te, poltriresti tutto il giorno con un libro in mano.
- Beh, non sono certo l’unica a star distesa qui al sole, non trovate?
- Prima o poi ti trasformerò in lumaca per la tua impudenza.
- E poi chi resterebbe a farvi compagnia?
- Meglio soli che male accompagnati, mia cara.
- E chi trova un amico trova un tesoro, ve l’hanno mai detto?
Quella che sento all’improvviso non è la solita risata demoniaca e inquietante, che si insinua sotto la pelle e fa rabbrividire, no. È una risata molto più…Umana, sì,“umana” è la parola giusta. Come se Rumpelstiltskin avesse tutto d’ un tratto ricordato quello che in fondo al cuore è sempre stato.
Un uomo.
E io non posso non ridere con lui.
 
 
 
Mi rigiro sul pagliericcio, schiacciando il volto sul cuscino, gli occhi che non vogliono aprirsi.
Devo alzarmi, mi ripeto per l’ennesima volta, e anche i pensieri sono ancora impastati di sonno; non so che ore siano, ma sicuramente sarà tardi e non ho voglia di sentire già di mattina i rimproveri isterici di Rumpelstiltskin che…
Aspetta.

Rumpelstiltskin.
 
Nella notte il bucaneve mi è scivolato dalle dita finendo sul pavimento di terra battuta. Le ore senz’acqua lo hanno un po’ sciupato, ma conserva ancora quella fresca bellezza di speranza tra il gelo.
La raccolgo e lo fisso in silenzio, mentre un sorriso nasce sul mio volto.

Stanotte ho sognato Rumpelstiltskin.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
N. d. A. : Tesori! :)
Come va? Allora, che ne pensate di questa one-shot, un po' diversa dalle altre anche graficamente? Devo spendere due paroline in merito all’idea alla base del racconto… Ho scoperto l’usanza di cui ho parlato leggendo “Effie – Storia di uno scandalo” – che consiglio a tutti e soprattutto agli appassionati di pittura preraffaellita – ed è subito scoccata la scintilla: ho fatto delle ricerche, scoprendo così che la leggenda è stata oggetto, oltre che di quadri, di poesie, e che ne esistono più versioni – quella letta nel libro, quelle qui riportate http://en.wikipedia.org/wiki/The_Eve_of_St._Agnes, altre ancora. Alla fine ho deciso di unirle ed ecco il risultato! Spero di non essere uscita OOC in alcun punto… Comunque sia, recensite, esprimetevi e, se opportuno, lanciatemi pomodori! XD
Laertia è un personaggio della mia minilong “Books can be our best friends”; per Gaston non mi sono ispirata all’omonimo del cartoon Disney, perché sinceramente il cavaliere apparso nella serie tv non mi è sembra particolarmente cattivo o pericoloso….
Grazie a Hey J, DreamWriten, KikiWhiteFly, Jessica21, Stria93, Araba Stark, Nari92, valeego e jarmione per aver recensito il precedente capitolo;ad annachiara27, Beabizz, Boris88, Caribe, DreamWriten, Giu_99, Hey J, isabelle10, Jessica21, Julie_Julia, La Lady, Lety Shine 92, licet, Lilly_93, loveis4ever, LovelyAndy, martaxx, Stria93, valeego, _Pietra Di Luna_, valeego, a crazycotton, ctdg, Facciadamonella, GiulyMUSE, Kika, Anya85, Bellaurora, buffy4ever, coccinella75, Emily Gold, fatinaviola, FiammaAvis17801, Haiku, itspulcina, kagura, KikiWhiteFly, Kuro_rin, LadyViolet91, nari92, NevilleLuna, NoemiBoh, PiccolaRumple, Rosaspina7 S05lj, SaRa93, Silver Loreley, TheQ e WhoCaresGirl, che hanno aggiunto la raccolta alle storie preferite/ricordate/seguite; e, ovviamente, a ogni lettore silenzioso – che invito a recensire! :)
Ci leggiamo tra due settimane, Dearies! Baci! <3
Euridice100
 
   
 
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