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Autore: Laylath    18/01/2014    2 recensioni
Eppure a guardare più da vicino i ragazzi di quella realtà, ci si sarebbe accorti che le loro esistenze non erano così scontate: i piccoli grandi problemi dell’infanzia e dell’adolescenza a volte andavano ad intrecciarsi con situazioni difficili, dove spesso il legame con un amico fidato era la cosa migliore per poter andare avanti.
E spesso le persone più impensabili stringevano un forte legame tra di loro per uno strano susseguirsi di eventi, all’apparenza così normali… anche se poi viverli era tutt’altra cosa.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Team Mustang
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un anno per crescere'
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Capitolo 12. Legami.

 

“Ahiaaaa! Accidenti, mamma, fai piano! Sembra quasi che tu voglia farmi male piuttosto che curarmi!”
“Finiscila di lamentarti, Jean! – disse Angela Havoc, mettendo nuovi impacchi sui lividi nella schiena del figlio – Hai quattordici anni suonati e piagnucoli come un bambino… non che dimostri una maturità maggiore! Tornare a casa in questo stato! Lasciando tua sorella a scuola!”
“Te l’ho detto mille volte! – protestò Jean, stringendo i denti: sua madre in genere era una brava infermiera, ma quando era arrabbiata il ragazzo era sicuro che fosse deliberatamente di mano pesante – Era una questione che andava risolta! E lo vedi pure tu che anche papà non è arrabbiato con me!”
“Oh, ma certo, – annuì sarcastica lei, abbassandogli la casacca del pigiama e facendolo girare supino. Gli prese il viso tra le mani e controllò il livido sotto l’occhio che ormai stava iniziando a sbiadire – le classiche questioni tra uomini, vero? Tanto poi tocca sempre a noi donne raccogliere i cocci e provvedere alle vostre ferite d’onore. Se penso che ancora qualche centimetro e ti spaccava lo zigomo… oh, Jean!”
“Mamma… - sospirò il ragazzo, mentre la fase arrabbiatura passava per lasciare il posto a quella di emotiva preoccupazione materna – e dai! Lo vedi benissimo che sta guarendo… E poi papà lo racconta sempre che pure lui a volte tornava a casa pesto per qualche scontro! E all’epoca tu e lui eravate già fidanzati!”
“Quell’irresponsabile era il mio fidanzato e ora è mio marito… tu sei mio figlio, è molto diverso. Bambino mio, proprio non capisci come mi sono sentita quando tuo padre ti ha preso in braccio praticamente privo di sensi e ti ha portato a letto? La paura che ho provato nel vederti così pallido, con quel respiro affannoso e….”
“No, dai, mamma non piangere, ti prego!” si imbarazzò Jean, cercando di bloccare la cascata in arrivo.
Ma Angela Havoc era una donna espansiva in tutte le sue manifestazioni e dunque, se qualche giorno prima non si era fatta alcun problema ad abbracciare Kain Fury per ringraziarlo di aver riportato a casa Janet, si pose ancor meno dubbi per stringere il figlio maggiore.
“Cacchio, mamma! – protestò il ragazzo dopo una decina di secondi stretto in quella presa – Mi stai stritolando! Stai premendo sui lividi!!”
“Che cosa hai detto? – il tono della voce si fece pericolosamente minaccioso, mentre la donna si scostava da lui e gli prendeva di nuovo il mento tra le mani – non ho capito bene la prima parola, signorino.”
“Oh, quella! – disse Jean a metà tra l’esasperato ed il preoccupato – Scusa, mi è scappata! Ahia!”
“Scusa tanto, è scappato pure a me questo schiaffo! Ti ho detto mille volte che non voglio sentire parolacce in casa mia, chiaro? Ti paiono cose da dire? E se tua sorella inizia a ripeterle?”
“Ma se ora è a scuola e ci siamo solo io e te in casa!”
“Non tirare fuori giustificazioni, altrimenti te ne arriva anche un altro! Ah, e prima che me ne scordi: dato che ormai ti alzi senza problemi da letto, domani mi fai un grande favore.”
“Che cosa?” chiese lui col broncio, sperando che quel supplizio finisse e potesse finalmente essere lasciato in pace.
“Vai a casa di quel ragazzo, Kain, e chiedi personalmente scusa a lui e ai suoi genitori per quanto è successo. E già che ci sei lo ringrazi anche per aver riportato a casa Janet… preparerò un dolce che porterai in regalo.”
Ma Jean non sentì nemmeno l’ultima parte della frase: la richiesta di andare a casa di quel dannato secchione, scusarsi e ringraziarlo era l’ultima cosa che voleva fare in vita sua. Piuttosto meglio morire!
“Spero che tu stia scherzando!” disse con foga.
“Non sono mai stata così seria in vita mia, Jean Havoc! E non voglio sentire alcuna obiezione in merito, sono stata chiara?”
Fin troppo chiara: quando gli occhi castani di Angela Havoc si stringevano in quel modo, Jean sapeva benissimo di non aver via di scampo. Sua madre sapeva essere molto persuasiva.
Dannate femmine…
 
E così, il giorno dopo, di pomeriggio, Jean fu costretto a mettersi in cammino, ancora leggermente dolorante, per andare a casa della sua vittima. Janet gli faceva da scorta d’onore e anche Heymans era con lui, praticamente obbligato a partecipare a questa sortita.
Non puoi lasciarmi solo in questo momento difficile! Non darò mai la soddisfazione a quel marmocchio di vedermi scusare da solo… con te e Janet la cosa verrà leggermente nascosta.
Heymans aveva protestato, dicendo che il problema non lo riguardava, ma alla fine, ovviamente, aveva acconsentito ad assistere il suo dolorante amico anche in questa situazione, per certi versi più difficile rispetto al duello che aveva avuto con Roy Mustang.
“Senti, Janet – disse il biondo all’improvviso, quando ormai stavano per arrivare – perché non vai solo tu? Noi ti aspettiamo, va bene?”
“Mamma ha detto che tu devi chiedere scusa: – rispose la bambina, fissandolo con aria maliziosa – e io le ho promesso che ti avrei controllato!”
“Fantastico, ho anche una piccola spia in famiglia! Traditrice! Non dovresti fare una cosa simile al tuo fratellone! Chiedimi di nuovo di prenderti sulle spalle e vedrai…”
Heymans scoppiò a ridere: a volte le donne della famiglia Havoc riuscivano proprio a mettere in riga il suo migliore amico. Tutto sommato era sinceramente convinto che questa prova di umiltà avrebbe giovato all’esuberante biondo: l’incontro tra lui e Roy si avvicinava ed era meglio che la questione di Kain venisse chiarita definitivamente… si trattava solo di far capire a Jean che poteva anche finirla con la sua fase di odio nei confronti di quel ragazzino.
“Ecco, quella è casa sua; – annunciò, mentre uscivano da un boschetto – un respiro profondo, Jean, e possiamo andare.”
“Credi che lo sappiano?” mormorò il biondo girandosi a guardarlo.
“Cosa?”
“Sua madre e suo padre… credi che sappiano che io per tutto questo tempo l’ho…”
“No, non credo. – scosse il capo Heymans, accorgendosi che una prima nota di pentimento aveva iniziato a comparire nella voce del suo amico – In questi giorni l’ho conosciuto meglio e mi sono fatto l’idea che Kain sia molto discreto per determinate cose.”
“Kain! Kain! – chiamò intanto Janet, mentre arrivavano nel cortile – Sei in casa?”
“Janet, non urlare in questo modo! – la rimproverò il fratello, raggiungendola – Una brava bambina non…”
“Cercate mio figlio?”
La voce fece girare il terzetto ed Ellie fece la sua comparsa dal lato del cortile, con in mano un cesto di biancheria appena ritirata. Era bella, di quella bellezza eternamente giovane difficilmente riscontrabile nelle persone: Heymans e Jean ne rimasero affascinati e per qualche secondo si chiesero come fosse possibile che quella ragazza fosse sposata ed avesse un figlio di undici anni.
“Ciao, signora, io sono Janet Havoc, – salutò la bimba accostandosi a lei, conquistata da quella figura così tranquillizzante – c’è Kain?”
“Ciao Janet, - sorrise lei, spostando con abilità il cesto su una sola mano e accarezzandole la testolina bionda – sono felice di conoscerti. Sai, Kain parla spesso di te; in questo momento non è in casa, ma tornerà a breve: è andato in paese a prendere alcuni suoi amici. Perché nel frattempo non entrate?”
“Veramente noi… - iniziò Jean con imbarazzo – noi saremmo qui per…”
“Tu devi essere Jean, vero?”
“Sì…” annuì lui, arrossendo.
“Tu e tua sorella vi assomigliate tanto: siete davvero adorabili. E tu invece devi essere Heymans, vero?”
“Kain le ha parlato anche di me?”
“Certo, ma ti riconoscerei in ogni caso: i tuoi capelli ed il bellissimo grigio dei tuoi occhi, per quanto leggermente differenti, li hai presi dalla tua mamma.”
E con quelle parole Heymans Breda fu letteralmente conquistato da Ellie Fury: era la prima volta che qualcuno gli faceva i complimenti per il colore di occhi e capelli, facendo esplicito riferimento a sua madre. In genere le persone lo riconoscevano immediatamente come il figlio di Gregor per via della stazza e dei lineamenti, ma Ellie non aveva fatto alcun riferimento all’uomo. Se gli era apparsa adorabile a primo impatto, adesso quella donna aveva meritato un posto d’onore nel suo cuore.
“Allora, vogliamo entrare in casa? Dato che ho preparato la merenda per gli ospiti di questo pomeriggio, sono sicura che a Kain farà piacere se vi unite pure voi.”
“Davvero!? Oh sì che bello!” esultò Janet, iniziando a saltellare intorno alla donna.
“Ecco… - disse Jean, all’improvviso, profondamente imbarazzato – veramente io sono qui solo perché… mia mamma le manda una torta e…”
“Davvero? Che gentile, non doveva! Ma considerato che anche voi vi unite alla merenda farà proprio comodo. Venite, ragazzi, passiamo dal giardino sul retro, così poggio questo cesto in cucina.”
 
“Sul serio, Kain, – disse Elisa, seduta sopra un muretto –  non era necessario che venissi a prenderci in paese.”
“Oh, ma figurati. L’ho fatto con piacere… ah ecco Riza! Ciao Riza!”
“Ciao a tutti, scusate il ritardo!” disse la ragazza arrivando di corsa al luogo dell’incontro.
“Fa nulla, tanto sono solo un paio di minuti che aspettiamo. Allora, lui è Vato e lei è Elisa – presentò Kain con entusiasmo – mentre lei è Riza.”
I tre si guardarono con curiosità mentre si scambiavano le canoniche strette di mano: da una parte Vato ed Elisa studiavano quella ragazza così famosa per via della sua eccentrica famiglia; dall’altra Riza si poneva per la prima volta a confronto con le persone che Kain aveva scelto come suoi primissimi amici… in particolare fu quasi istintivo paragonarsi a quella ragazza più grande di lei di tre anni che stava già iniziando a sbocciare in donna. In genere non era tipo da lanciarsi in confronti simili, ma questa volta non poté far a meno di pensare come tre anni in più potessero fare la differenza sotto molti aspetti.
“Eri da Roy? – chiese Kain, distogliendola dai suoi pensieri femminili – Come sta?”
“Molto meglio: finalmente i lividi stanno iniziando a sgonfiarsi e la sua faccia sta tornando ad avere un aspetto decente.”
“Per stare a casa così tanto la rissa tra lui e Jean Havoc dev’essere stata davvero pesante.” commentò Vato.
“Non si sono risparmiati; – ammise lei, mentre si avviavano – tutta la scuola ne parla, vero?”
“Direi; due indipendenti che si scontrano non sono un evento da niente.” disse Elisa.
Riza non seppe che rispondere, ma quando Kain le si affiancò e le rivolse un sorriso si sentì maggiormente a suo agio; sentiva che il bambino aveva una particolare predilezione per lei e questo la poneva in una posizione di vantaggio che la faceva sentire più sicura. Alla luce di questo si trovò a considerare i due ragazzi di quarta in una luce più positiva. Guardandoli camminare uno accanto all’altra, le mani che ogni tanto si sfioravano, si chiese se quanto le aveva raccontato Rebecca, cioè che fossero fidanzati, fosse vero: era innegabile un certo affiatamento tra di loro però… sembrava che mancasse quel qualcosa in più che rendesse sicura la cosa.
Mi pare che lui sia parecchio timido sotto questo punto di vista…
Sembrava una cosa così strana da pensare per un ragazzo di sedici anni, specie per chi come Riza era abituata alla sicurezza sfrontata di Roy.
Ma era innegabile che tra i due quella maggiormente spontanea fosse Elisa.
“Mio padre arriverà verso le cinque e mezza, – spiegò nel frattempo Kain, - ma intanto potremmo fare merenda tutti assieme. Mia madre è un’ottima cuoca e quando sono uscito stava preparando un sacco di cose.”
“Allora le chiederò di certo qualche consiglio! – disse Elisa – Con i dolci ho ancora qualche difficoltà: ieri non mi è uscita granché la torta di mele. E tu, Riza, come te la cavi in cucina?”
“Io? Beh, in casa cucino io… ma non mi cimento molto spesso nei dolci, a dire il vero praticamente mai.”
Non credo che mio padre noterebbe la differenza.
“Secondo me dovresti provare, – suggerì Kain – e poi li assaggio io. Per i dolci mi offro sempre volontario… specie se sono con il cioccolato!”
“Non ti conviene esagerare, Kain, – lo mise in guardia Vato – poi diventi grasso.”
“Magari ti decidessi a mettere qualche chilo tu, Vato! – sospirò Elisa – Se non ti vedessi mangiare regolarmente direi che stai a digiuno… anche con i miei dolci.”
“E’ costituzione, non ci posso fare niente. E’ come per i miei capelli: sono bicolore e così restano.”
“Ah, questi maschi, sono davvero difficili da gestire – sbuffò la compagna, andando verso Riza e prendendola a braccetto – vieni, lasciamoli alle loro discussioni!”
E la bionda si trovò trascinata indietro, mentre Vato scuoteva il capo e si affiancava ad un perplesso Kain. Ben presto i due iniziarono a parlare del lavoro dei rispettivi genitori, mentre tra le ragazze il silenzio durò per qualche secondo in più.
“Che buon profumo!” esclamò Riza all’improvviso.
“Oh allora qualcuno se ne accorge, meno male! – si illuminò lei – Non è proprio profumo ma essenza di ortensia: mia madre l’ha fatta qualche giorno fa; sei la prima che dice qualcosa in merito.”
E Riza si accorse che gli occhi verdi si puntavano con rassegnazione sul ragazzo che procedeva a un cinque metri davanti a loro.
“Non se ne è ancora accorto?” chiese con solidarietà femminile.
“No, per certe cose è il ragazzo più acuto e sveglio del mondo, ma per altre, magari più banali, è davvero un disastro… un adorabile disastro, lo ammetto.”
C’era così tanto amore in quella dichiarazione che Riza ne fu conquistata: Elisa iniziava a piacerle. Era una versione più matura e discreta di Rebecca e delle sue chiacchiere femminili. Strano a dirsi ma le ispirava fiducia immediata, come una sorta di sorella maggiore a cui si possono confidare i propri segreti e che rende partecipi di misteri intriganti di cui si è ancora troppo giovani per arrivarci da sole.
“Elisa… ma tu e lui… uhm, insomma a scuola circolano delle voci su voi due…” si trovò a chiedere, in un improvviso impeto di curiosità. E vide con sorpresa che le guance di lei arrossivano con grazia.
“No, non lo siamo. – disse con sincerità – O per lo meno non ancora… insomma, ci manca quel passo avanti che…”
“Il classico più che amici meno che fidanzati?”
“Già. Lui ha i suoi tempi, e non mi va di forzarlo… è uno dei motivi per cui mi piace tanto: è completamente diverso dagli altri ragazzi. E tu e Roy Mustang?”
“Come?” si sorprese lei.
“Beh, anche su di voi girano parecchie voci; anche se mi pare strano: tu sei in prima superiore e dunque hai tredici anni… e non mi pari ancora interessata a determinate cose, no?”
“No, io e Roy siamo solo amici…” disse lei con tutta la tranquillità possibile, cercando di dimenticare i pensieri che l’avevano colta qualche giorno prima.
“Mh, lo immaginavo… sai, il fatto è che è strano vedere un ragazzo come lui che ha come migliore amica una ragazza.”
“Strano come essere migliori amici senza arrivare al fidanzati?” ritorse lei con un sorriso divertito e complice.
Elisa scoppiò a ridere e Riza la seguì; non le era mai capitato di trovare i discorsi sugli uomini così divertenti.
 
Jean nel frattempo si trovava in una situazione notevolmente imbarazzante: stare nella cucina della casa di Kain a far finta di essere un suo amico non era proprio una bella cosa, specie davanti a quella donna così dolce e premurosa. Si sentiva tremendamente in colpa, anche perché Janet ne era completamente conquistata e ora la stava aiutando a decorare dei biscotti con grande entusiasmo.
“Ha gli stessi occhi di Kain, vero?” gli mormorò Heymans, dandogli una gomitata e guardandolo con una strana malizia.
“Lei è molto più bella, mi pare ovvio – sbuffò il biondo con lo stesso tono basso, non capendo cosa volesse intendere il suo amico – e non ha l’espressione da cane bastonato di quel nano maledetto.”
“Signora lei è molto più giovane della mia mamma, vero?” chiese Janet all’improvviso.
“Ma che domande fai!?” accorse subito Jean mettendole una mano sulla bocca. Non sapeva il motivo, ma le donne erano in genere suscettibili sulla loro età e dunque non bisognava fare domande in merito.
Ma Ellie sembrava non essere per niente sconvolta da quella domanda e scoppiò a ridere.
“Beh, credo di essere abbastanza giovane rispetto al resto delle mamme: ho trent’anni.”
A quell’affermazione per poco Jean non fece sbattere Janet contro il tavolo e anche Heymans rischiò di far cadere il bicchiere di succo di frutta che teneva in mano.
“Vuol… vuol dire che… che ha avuto Kain a…. a diciannove anni?” sbiancò.
Ellie arrossì in un modo al dir poco fanciullesco e annuì.
“Proprio così: mi sono sposata a diciotto anni e Kain è nato dopo circa sedici mesi.”
Jean scosse il capo incredulo: quella donna si era sposata che aveva quattro anni in più di lui; gli sembrava una cosa così assurda… a diciotto anni non si era ancora completamente adulti, non secondo il suo modo di vedere. Insomma, era un’età per avere una fidanzata o uscire con le ragazze, ma da qui a sposarsi e avere un figlio poco dopo.
“Vuol dire che ha trovato subito il suo principe azzurro? – chiese Janet estasiata – Proprio come nelle favole?”
“Beh, sì, direi che ho trovato il mio personalissimo principe azzurro… ma a dire il vero lo conoscevo da quando andavamo a scuola. Era un compagno di classe di tua madre, Heymans.”
“Davvero?” si sorprese il rosso.
A pensarci era ovvio che gioco forza i loro genitori si conoscessero in qualche modo sin da quando erano giovani; certo quelli di Janet e Jean erano più grandi di circa una decina d’anni, ma sicuramente avevano frequentato la scuola nello stesso periodo, per quanto in classi differenti.
Mentre la donna distoglieva i due fratelli Havoc da quei pensieri, chiedendo loro di assaggiare i biscotti, Heymans pensò a quanto poteva essere strana la vita. Lui era nato che sua madre aveva vent’anni, Kain aveva fatto ancora meglio, nascendo che la sua ne aveva appena diciannove. Eppure l’età giovane non contava nulla: si vedeva che Ellie Fury era una donna pienamente felice della sua vita, con un matrimonio tranquillo e sereno, nonostante fosse avvenuto forse troppo presto.
Mio dio… quando sono nato lei andava ancora a scuola…
“Mamma! Siamo arrivati!” esclamò la voce di Kain dal cortile, distogliendolo da quelle  rivelazioni assurde. Immediatamente si premurò di lanciare un’occhiata significativa a Jean per avvisarlo di fare buon viso a cattivo gioco e si preparò a dirigere quei primi cruciali momenti di commedia.
“Vieni, tesoro, sono in cucina coi tuoi amici.” chiamò Ellie.
“Amici?” chiese il bambino entrando. Ed immediatamente il suo viso sbiancò nel riconoscere Jean che lo fissava impassibile con ancora il viso leggermente pesto dalla rissa.
“Ciao, Kain! – salutò Heymans facendosi avanti e prendendolo per le spalle – Io e Janet abbiamo accompagnato Jean a trovarti: sai, ti voleva ringraziare di persona per aver accompagnato sua sorella a casa qualche giorno fa.”
“Oh…” mormorò Kain, spinto verso il suo aguzzino, mentre anche Riza, Vato ed Elisa entravano nella cucina e assistevano increduli a quella scena. Ma un’occhiata calcolata di Heymans li avvisava di tenere il gioco e così se ne stettero in silenzio, senza sporgere obiezioni.
“Certamente: – disse Jean con un sorriso a denti stretti, cercando di mantenere l’aria più sciolta possibile – grazie mille Kain.” ma contemporaneamente i suoi occhi azzurri lo trafissero come per dire che stava facendo tutto questo non di sua spontanea volontà.
“Datevi la mano, avanti!” incitò Janet, inconsapevole di quanto stava chiedendo ad entrambi.
A quella richiesta Kain rinculò contro Heymans, mentre la mano di Jean si serrava a pugno, in preda a una violenta tensione. Fortunatamente il biondo dava le spalle alla madre di Kain e dunque evitò che lei vedesse l’aria omicida con cui osservava il ragazzino.
“Su, coraggio, – disse Heymans, inclinando lievemente la testa con un gesto significativo – del resto sei venuto qui per questo motivo, no? Capisco che davanti a tutta questa gente sia imbarazzante, del resto a scuola non ci si lascia andare a questi spettacoli, no? Ma la situazione lo richiede, certamente sei d’accordo con me, Jean.”
A quelle parole il biondo non poté più tirarsi indietro e tese la mano verso la sua vittima che, a sua volta e con grande esitazione, allungò tremante la propria. Jean la prese nella sua e la strinse con particolare forza, ma non il tanto da farlo lamentare: troppi testimoni in giro.
“Che bravi! – sorrise Heymans soddisfatto, tirando indietro Kain e liberandolo dalla presa – Non ho mai visto una stretta di mano così sincera.”
 
Paradossalmente quello che era iniziato come un incontro estremamente forzato si trasformò in una merenda abbastanza piacevole. Eccetto Jean, Kain non aveva nessun problema di interazione con le altre persone presenti e dunque riusciva a reggere il gioco in maniera abbastanza disinvolta: se non fosse stato per il biondo, il bambino sarebbe stato profondamente felice della presenza di Heymans e Janet.
Per fortuna sia Riza che Vato ed Elisa erano stati rapidi ad afferrare la situazione e avevano aiutato a portare avanti la commedia in quei primi imbarazzati minuti: alla fine si erano tutti frapposti tra vittima e carnefice e la situazione era diventata sicuramente più rilassata.
E così quando circa un’ora dopo, Andrew tornò a casa, trovò un’allegra compagnia di ragazzi ad invadere la cucina e a divorare con entusiasmo notevoli quantità di cibo, con somma soddisfazione di Ellie.
“Ti prego – mormorò Jean, dando una gomitata ad Heymans dopo che l’uomo si fu presentato – non dirmi che anche lui ha trent’anni.”
“No, andava a scuola con mia madre, quindi ne ha trentaquattro.”
“Oh, meno male!”
“Ti sconvolge così tanto l’idea che lei avesse solo diciannove anni? Guarda che mia madre ne aveva solo uno in più quando sono nato io.”
“Sconvolgere… beh, scusa non lo trovi strano? A quell’età si è troppo giovani! I miei si sono sposati che avevano ventiquattro e ventitre anni! Quella inizia ad essere l’età giusta a parer mio… prima non si è abbastanza maturi.”
“Non fare il moralista: a me sembra che loro due siano perfettamente felici della loro scelta.” il rosso scrollò le spalle con noncuranza mentre uscivano dalla cucina per andare in cortile. Vato, Kain e il padre stavano andando a vedere i progetti, mentre Elisa, Riza e Janet stavano allegramente chiacchierando con Ellie, mentre la aiutavano a rimettere a posto la cucina.
“Posso farti una domanda a proposito dei tuoi?” chiese Jean dopo aver riflettuto a lungo.
“Chiedi pure.” annuì Heymans.
“Quanti anni avevano quando si sono sposati?”
“Mamma quasi venti, mio padre trenta.”
Jean emise un fischio di sorpresa nell’apprendere quella grande differenza d’età.
“Non sono certo una coppia ben assortita – commentò il rosso, interpretando quel fischio – tutt’altro. Forse la differenza d’età è l’ultimo dei loro problemi.”
“Se lo dici tu… - Jean aveva colto il lieve cambiamento nel tono di voce e non aggiunse altro: fece qualche passo avanti nel cortile e si mise a fissare distrattamente il paesaggio – in ogni caso il mio dovere verso il nano l’ho fatto. Spero che mia madre sia soddisfatta! Ehi, a proposito, quei due di quarta superiore non sono male… anche se lui dovrebbe smetterla di parlare come un libro.”
Heymans capì al volo il tentativo di cambiare argomento e fu profondamente grato all’amico per la sensibilità che dimostrava in determinati frangenti. Si affiancò a lui e mettendosi a guardare nella stessa direzione disse:
“La settimana scorsa, quando hai aggredito Kain, ti paragonai a mio fratello: non c’è niente di più falso, Jean. Scusami… sei l’ultima persona che merita simili parole.”
“Acqua passata.” dichiarò il biondo con semplicità, anche se in cuor suo esultava per quel chiarimento.
“Senti, Jean, so che non parlo mai della mia famiglia. – disse ancora il rosso, con lieve imbarazzo – Non lo faccio per colpa tua, vorrei chiarire questo punto… è che le cose non vanno bene a casa e preferisco evitare l’argomento.”
“E’… è strano sentirti dire questo. In genere sei tu tra i due quello che affronta le cose… guarda cosa si sono dovuti inventare per farmi dare la mano a Kain e chiedergli scusa.”
“Una dimostrazione di come le persone a volte siano diverse da come pensiamo. E a tal proposito, vorrei che tu lasciassi in pace il ragazzino: non ti chiedo di diventare un suo grande amico, assolutamente, ma… credo che due anni e passa di tormenti possano bastare, no?”
“Kain ti piace, vero?”
“Sì, perché negarlo?”
“Sai che cosa mi dà fastidio di lui? Quell’aria eterna da cucciolo impaurito e bastonato… ogni volta che lo vedo mi viene voglia di scrollarlo. E’ un debole!”
“Fisicamente te lo concedo, specie se si confronta con te; – ammise Heymans – ma ha un bel cervellino il nostro secchione e una bella dose di determinazione e ostinazione. L’ho conosciuto meglio in questi giorni in cui tu mancavi e credo di capire perché piaccia anche a Roy.”
“Piace anche a Roy? A me sembrava che lui fosse solo una scusa per attaccare briga con me.”
“L’ho pensavo anche io, ma se anche la cosa è iniziata così ora si è evoluta. Ti posso chiedere il favore di concedergli qualche possibilità?”
“A Janet quel marmocchio piace, ormai non credo di potermela più prendere con lui, non ti pare?” sospirò Jean, ma dietro quella scusa la risposta alla richiesta dell’amico era affermativa.
“Eh già; tua sorella è quella che taglia definitivamente la testa al toro.”
“La tua futura mogliettina!” sghignazzò Jean.
“Non sei divertente.”
“No, sul serio: quando vi sposerete? Cerca almeno di aspettare che lei abbia vent’anni perché non credo che…”
La frase venne troncata da Heymans che gli saltò addosso, facendolo cadere a terra. Il rosso si mise a cavalcioni sul ventre dell’amico e iniziò a dargli lievi pugni che l’altro era abile a parare.
“Ma quanto puoi essere idiota, Jean!” disse tra un pugno e l’altro, mentre il biondo se la rideva di gusto.
“Avanti, dillo! Chi è il miglior amico che potresti mai avere sulla faccia della terra? L’unico che ti concederebbe anche sua sorella in sposa!”
“Finiscila!” rise di gusto Heymans afferrandogli i capelli biondi.
“Aspetto un nome, dai! – lo stuzzicò lui, approfittando della distrazione data dalle risate per sgusciare via dalla sua presa e gettarlo a terra a sua volta – Dillo! Dillo! Dillo!”
“Vai al diavolo, Jean Havoc, sei tu! – sghignazzò riprendendolo per il ciuffo e dandogli una lieve testata – E giuro che lo sarai per sempre.”
“Per il mio miglior amico sono persino disposto a lasciare in pace il nanetto, per adesso.”
“E fai bene, - sospirò Heymans, mettendosi seduto a gambe incrociate e fissandolo con aria furba – Roy Mustang è alle porte, amico mio: sei disposto ad accettarlo come capo?”
Jean prese una margherita che stava nel prato e la strappò, mettendosi il lungo stelo in bocca e ciucciandolo distrattamente. Si concesse diversi minuti per pensare e alla fine disse.
“Non ne sono ancora convinto, ma di una cosa sono certo: se mai diventerà nostro capo o comunque ci uniremo in gruppo, quello che siamo noi due avrà sempre la priorità. Janet ed Henry sono nostri fratelli per legame di sangue, ma noi lo siamo in maniera diversa, vero?”
“Perché? Hai mai avuto dubbi in merito?”
“No, ma dopo quattro anni era giusto ribadire il concetto a parole. Ti va di fare il giuramento di sangue?”
Quest’ultima frase venne detta con noncuranza, ma si capiva che per Jean era un qualcosa di davvero importante.
Heymans lo fissò profondamente e poi annuì: si frugò nella tasca fino a quando non trovò una limetta che usava per affilare le matite e si fece un taglietto nel palmo della mano. Nel frattempo Jean, che proprio nel palmo della propria aveva una delle tante ferite, si levò la sottile crosta, riaprendola.
I due amici si strinsero le mani in una salda presa e le ferite entrarono in contatto.
“Jean Havoc, sei il mio miglior amico, il mio fratello di sangue acquisito. Quando avrai bisogno di me, io ci sarò sempre e so che anche per te sarà così” recitò il rosso.
“Heymans Breda, sei il mio miglior amico, il mio fratello di sangue acquisito. Quando avrai bisogno di me, io ci sarò sempre e so che anche per te sarà così” ripeté Jean con un sorriso.
Niente e nessuno li avrebbe mai potuti separare.





il bellissimo disegno è di Mary_
^^
  
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