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Autore: mattmary15    19/01/2014    2 recensioni
Lei allungò una mano e gli spostò una ciocca di capelli dal viso. Lui inspirò cercando di raccogliere il profumo della sua pelle, la guardò dritta negli occhi azzurri come il mare e disse solo poche parole. Sempre quelle.
“Saori, lo sai”
Le disse con un sospiro, come se una malinconia antica di mille anni volesse farsi largo improvvisamente.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gemini Saga, Nuovo Personaggio, Pegasus Seiya, Saori Kido
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il destino di una vita intera'
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Note dell'autrice: Rieccomi! Piccole note giuro. Arriva Kanon per cui non vi faccio aspettare. Devo confessarvi che non so chi scegliere tra i due santi di Gemini! E poi fanno tanto di quel casino! Mi scuso per la lunga attesa. Questa prima parte del capitolo è un po' di transizione e introspettiva. Spero non vi annoi...Ringrazio ancora una volta tutti coloro che seguono e ancora di più chi ha la pazienza di lasciare anche un commento. Grazie mille e kisses!!!

Capitolo VI : La vita salvata da Kanon (prima parte)
 
Shaina aveva bevuto troppo.
La considerazione si era fatta strada lentamente nella sua testa solo a notte fonda quando Marin si era proposta di accompagnarla a casa.
Aveva rifiutato.
Il tempio era bellissimo quella notte. Lei aveva delle stanze private vicino a quelle di Atena da quando era arrivato Kouga. Sarebbe rimasta a dormire li. Sollevò il bicchiere che era ancora mezzo pieno e lo trangugiò tutto d’un fiato.
“Alla tua salute Shaina! Com’era quella storia? Meglio soli che male accompagnati? Certo che sono proprio patetica se non sono riuscita a rimorchiare un uomo neppure stasera!” disse a voce alta.
Le parve di vedere una figura con la coda dell’occhio.
“Saga? Saga sei tu? Vieni fuori sottospecie di gran sacerdote! Dico a te!”
Prese a seguire la figura nel corridoio che portava alla biblioteca piccola. Quella grande, la biblioteca vera e propria era situata ai piedi del santuario. Non in molti però sapevano che la biblioteca piccola conteneva testi particolari degli annali del grande tempio. Se Saga sentiva il bisogno di leggere quella sera, evidentemente era rimasto solo anche lui. Del resto lei sapeva che se Seiya non era in giro, anche Saori mancava all’appello.
La figura scomparve dietro la porta che si richiuse subito.
“Non c’è niente di male se gli rompo le scatole stanotte!” pensò tra se e afferrò la maniglia. Improvvisamente la porta si aprì e Shaina, che aveva già afferrato la manopola, fu tirata in avanti finendo tra le braccia della persona che aveva aperto la porta. Questa ne fu stupita al punto che rimase immobile. Shaina invece, ubriaca e con un bisogno impellente di equilibrio, si strinse forte alla giacca scura dell’uomo cui era finita addosso saggiandone i pettorali scolpiti sotto i vestiti. Alzò lo sguardo lentamente. La chioma scura e gli occhi profondi colore del mare in tempesta le provocarono un ulteriore capogiro.
“Saga...”
“Sì?”
“Perché sei venuto in biblioteca? E mollami!”
“Veramente sei tu che mi stai stringendo!”
Shaina arrossì e si allontanò bruscamente rischiando di cadere. La mano dell’uomo la spinse di nuovo contro il suo petto evitandole la caduta.
“Sei ubriaca”
“Sono leggermente brilla! Non trattarmi da stupida!”
“Ma se non riesci neanche a capire con chi stai parlando!”
“Ascoltami Saga” disse prendendo le distanze e barcollando paurosamente “sei veramente noioso! Prima hai organizzato una festa così con champagne e caviale e poi, il massimo che sai fare per divertirti è rinchiuderti in una biblioteca? Patetico!”
“Io sarei il patetico?” disse l’uomo ironicamente dandole per la prima volta un’occhiata vera. Di certo era bellissima con quell’abito che lasciava veramente poco all’immaginazione e con quella massa di capelli mossi pieni di fissante, il viso rosso per l’alcol in circolo.
“Tu sei ubriaca. Punto. Prima di finire nei guai, dovresti andare a casa signorina!”
Shaina scoppiò a ridere.
“Mi hai davvero chiamata signorina? Che c’è sei ubriaco anche tu? E in che guai dovrei finire? Magari me li vorresti creare tu?” disse avvicinandosi di nuovo a lui lentamente. Gli passò un dito sulla camicia e lo fece salire fino al mento e gli soffiò vicino alle labbra.
“Di che genere di guai stai parlando? Magari sto proprio andando in cerca di quel tipo di guai!” disse la donna sottovoce scoppiando però un attimo dopo a ridere.
“Shh! O sveglierai tutto il santuario!”
“Qui non dorme proprio nessuno stanotte!” riprese lei giocano con i suoi capelli, la voce stridula tipica di chi ha alzato il gomito.
“Non si deve urlare nel santuario di Atena.”
“Noioso. Noiosoooo! NOIOSO!”
“Zitta!” disse lui tirandola a sé e soffocandola con un bacio.
Shaina si lasciò condurre in quel gioco di cui non era esperta. Lasciò che la lingua dell’altro le bagnasse le labbra e si unisse alla propria. Quando le bocche si separarono lei lo fissò dritto nelle iridi blu.
“Non avrei mai immaginato che sapessi baciare tanto bene!”
“Segreto di famiglia!”
Shaina lo guardò maliziosa.
“Vorresti dire che tuo fratello ti è gemello anche in questo?”
“Non così gemello!” rispose lui sorridendo.
Shaina non l’aveva mai visto sorridere così. Provò a ricordare se, in tutti quegli anni trascorsi al tempio, l’avesse visto sorridere in quel modo. No. E pensò che forse stava sorridendo in quel modo perché l’aveva appena baciata.
“C’è qualcos’altro che dovrei sapere sui tuoi segreti di famiglia?”
“Ho un sacco di segreti. Se ora andiamo via di qui e ti fai accompagnare a casa, te ne rivelo qualcun altro!”
“Io sarò pure ubriaca ma tu stanotte sei strano. Non devi accompagnarmi in nessun posto. Le mie stanze sono qua dietro...”
“Strano? Finiscila! Ti porto a letto”
“Ti prendo in parola!” disse lei sfilandosi le scarpe alte e tirandolo per un braccio lungo il corridoio.
“Guarda che mi doveva capitare stanotte! Dura la vita del grande sacerdote!” disse l’uomo prima di chiudersi alle spalle la porta della stanza di Shaina.
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Hyoga infilò l’ultimo maglione nello zaino e allacciò i bottoni. Shun dormiva ancora. La notte era volata e l’alba era arrivata a tradimento cercando di violare il loro rifugio. Lui aveva chiuso le tende per evitare che la luce ferisse gli occhi arrossati per il pianto di Shun. Non voleva lasciarlo partire. Anche se aveva giurato che sarebbe tornato presto, che si trattava solo di una missione di pochi giorni, Shun aveva pianto come se quella notte si stessero dicendo addio. Vano era stato anche il bacio leggero che gli aveva posato sulle labbra dopo avergli detto di contare sette notti. All’ottava sarebbe stato già a casa. Gli aveva detto che lui poteva restare lì. Sapere che lo aspettava nella sua casa e che non sarebbe tornato in quella dove era Pandora lo tranquillizzava. Quando lo aveva trascinato via dalla festa e lo aveva portato a casa si sentiva determinato a fare in modo che quella notte fosse speciale. In fondo non lo aveva letto negli occhi di Shun quel desiderio? Eppure una volta soli, al riparo tra quelle mura amiche, tutto ciò che era stato in grado di fare era stato abbracciarlo. Del resto Shun non aveva avanzato nessun’altra pretesa. Aveva ricambiato la stretta in un modo difficile da descrivere. Avevano passato la notte così. Stretti l’uno all’altro parlando sottovoce. Si erano detti tante cose, piccole verità che il tempo aveva nascosto e che la vita da cavaliere aveva impedito loro di dissotterrare. Parole che bisognerebbe sempre dirsi quando la vita è così incerta. Hyoga sorrise per quel pensiero. La vita, in fondo, è sempre incerta. Hyoga cercò di imprimere nella sua mente il volto di Shun. Guardò la piega delle sue labbra, il colore dell’incarnato, memorizzò la piega dei capelli sulla fronte candida, le piccole orecchie e il collo sinuoso. La camicia verde acqua quasi interamente sbottonata. Cercò di fissare quanti più particolari possibile. In fondo cosa ricordava delle persone che aveva perso e che amava? Non si riesce mai a ricordarsi l’ultima volta che si vede una persona. Forse perché non si pensa mai veramente che, staccandosi da una persona, non la si riveda mai più. Questo è il problema dell’“ultima volta”. Arriva a tradimento, come  un’auto a fari spenti nella notte. E’ lei e tu non la riconosci se non appena l’istante è passato. Era l’ultima volta che vedeva Shun? No. Aveva promesso che sarebbe stato fuori sette notti soltanto. Giusto il tempo per parlare con Hilda e Orion e, forse, con Flare. Doveva partire. Era letteralmente scappato da Asgaard dieci anni prima e ora doveva chiudere i conti. Per l’ultima volta.
Ebbe la tentazione di svegliarlo. Si avvicinò e gli sfiorò l’orecchio con le labbra.
“Dormi Shun, riposa. Tornerò presto. Te ne prego, mentre sono assente non fare cose stupide. Pensa solo a te stesso e sta lontano da Pandora. Io sarò di ritorno prima che tu possa sentire la mia mancanza. Allora ti dirò l’unica cosa che ancora non ti ho detto. Abbi cura di te.”
Il cavaliere del cigno si sollevò e raggiunse la porta. L’aprì lentamente per non fare rumore e uscì. Mizar era la.
“Sei pronto?”
Hyoga annuì.
“Bene allora, vieni accanto a me. Il Bifrost è calibrato sul mio cosmo.”
“Un modo carino per dire che tuo fratello mi lascerebbe volentieri fuori dalle mura di Asgaard?”
“Dopo che Artax ha lasciato il palazzo, solo io e mio fratello abbiamo la sintonia necessaria per attivare il Bifrost. Prima anche lui e Orion avevano il giusto equilibrio per farlo funzionare. Muoviamoci. Argor, portaci a casa.”
Hyoga sentì lo stesso gelo del giorno in cui Mizar era arrivato e poi vide svanire nel nulla la sua casa e le colonne del tempio di Atena.
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Saori aprì gli occhi. L’alba era spuntata da poco e la luce del primo mattino irradiava la camera. Sul cuscino di fianco al suo c’era una rosa e un biglietto.
“Io vado. Visto che non è andata così male? La rosa l’ho rubata dal salone. Non è di Aphrodite! Hai dormito così serenamente che penso che dovremo tornare presto a stenderci sotto quella quercia. Saori, lo sai. Seiya.”
“Sì, lo so. Anche io Seiya.”disse stringendo il biglietto e alzandosi. Si sentiva piena di energie come non le accadeva da molto tempo. Pensò immediatamente a Kouga. Si diresse verso la porta che conduceva direttamente nella sua stanza. L’aprì e vide il ragazzo che dormiva con ancora addosso il completo scuro della sera prima. Doveva essere stata una bella serata anche per lui perché sussurrava qualcosa nel sonno e sorrideva. Saori si avvicinò e gli passò una mano sulla fronte. Pensò che per una volta poteva preparargli la colazione dato che certamente tutti si sarebbero alzati più tardi e solo le anziane signore di Rodorio sarebbero state, ligie al loro dovere, nelle cucine del santuario a quell’ora. Uscì dalla camera di Kouga senza fare rumore e giunse nella zona del refettorio attraverso dei corridoi di servizio. Le sembrava incredibile come l’odore del pane fresco le desse un senso di allegria. Incrociò due donne che portavano delle ceste di viveri coperti da un sottile velo bianco e che si inginocchiarono non appena la riconobbero.
“Vi prego no! Alzatevi. Ditemi, dove posso trovare le cucine?”
“Se milady ha fame, le prepariamo subito qualcosa!” esclamò una delle donne.
“No. Stamattina vorrei preparare io la colazione per una persona.”
“Possiamo farlo noi per vostra grazia!” rispose l’altra.
“Vi ringrazio ma stamattina dormono ancora tutti e io vorrei davvero preparare la colazione per Kouga con le mie mani.”
“Ma milady a quest’ora la cucina è piena di inservienti che preparano la colazione per i cavalieri d’oro e il pasto per la mensa degli allievi! Non sta bene che vostra grazia entri nelle cucine!” disse la più anziana delle donne.
“Già a quest’ora?” fece Saori rabbuiandosi.
“C’è la cucina piccola!” disse la donna più giovane.
“Elena! Come ti permetti! Milady perdonatela.”
“Non hai detto nulla di male. Elena, dimmi dov’è questa cucina piccola?”
“E’ proprio in fondo a questa scala. La chiamano così perché è a disposizione del grande sacerdote e non la usa mai nessuno né per mangiare, né tantomeno per cucinare. Però c’è tutto quello che può servire per preparare la colazione ad un ragazzino goloso!”
“Elena! Per tutti gli dei dell’Olimpo!”
“Ditemi donna qual è il vostro nome?”
“Mi chiamo Lucina, mia signora. Sono la governante nonché capo cuoco del santuario. Elena è mia nipote.”
“Lucina non arrabbiarti con Elena. Mi ha reso un grande servigio. Se mai doveste avere bisogno di qualcosa, sappiate che sono in debito con voi per la vostra gentilezza.”
Lucina arrossì e per levarsi dall’imbarazzo sollevò il suo cesto e richiamò la fanciulla.
“Elena andiamo! Se la torta di mele non sarà fumante chi lo sente quel ragazzaccio di Milo!”
Le due donne sparirono dietro l’angolo parlottando e Saori scese la scala che le era stata indicata.
La cucina era accogliente e piena di ogni genere di leccornia. Spalancò una finestra, si mise un grembiule e tirò fuori dai cassetti farina, zucchero e, da una cesta, le uova. Sorrise e si sentì stupida. Lei non aveva mai cucinato nulla in vita sua. Che pensava di fare? Forse sarebbe stato meglio accettare subito l’aiuto di Lucina. La torta di mele che avrebbe fatto per Milo sarebbe stata certamente un capolavoro. Una voce la sorprese alle spalle e lei fece cadere l’uovo che aveva tra le mani. Prima di toccare terra e rompersi l’uovo scomparve e si materializzò tra le mani della persona che aveva parlato.
“Cosa ci ha portato stamattina il carro del divino Apollo? Niente meno che la figlia prediletta di Zeus in persona!”
“Saga che ci fai tu qui?”
“Tecnicamente queste sono le mie cucine!”
“Lucina dice che non le usa nessuno da anni!”
“Per questo sono le ‘mie’ cucine! Ci nascondo le migliori bottiglie di ouzo che arrivano al santuario! In passato anche armi sacre con le quali attentare alla vita di giovani reincarnazioni divine!”
Saori sorrise poi, rendendosi conto di dover apparire molto ridicola con quel grembiule addosso, si fece più seria e si mise le mani sui fianchi.
“D’accordo Saga, tu non rivelerai mai a nessuno di avermi vista qui e io terrò il segreto su dove fai sparire l’ouzo migliore. Comunque non dici sul serio... il gladio sacro non è mai stato in questa cucina vero?”
Saga fece passare l’uovo da una mano all’altra e le arrivò ad un passo.
“Non me lo ricordo più” disse sottovoce.
“Saga quanto hai bevuto?” chiese Saori sentendo l’odore di anice provenire dall’uomo.
“Dicono che con un bicchiere fai sparire un brutto pensiero. Io ne avevo parecchi di brutti pensieri stanotte!”
“Sei ubriaco?”
“No. Non credo. Forse. Ieri sera sei sparita Saori.”
La fanciulla sentì di nuovo quella sensazione di stretta familiarità che avvertiva ogni volta che Saga la chiamava per nome.
“Ero con Seiya.”
“Seiya, Seiya, Seiya. Non che non lo sapessi, ma vedo che non te ne fai remore a parlarne.”
“Con te, no. Dovrei?”
Saga avvertì un leggero sbandamento. Era il liquore? Sospirò.
“Io so tutto di te. Ti ho vista nascere ricordi?”
Saori sorrise.
“Bene bene. Cosa volevi combinare? Cucinare la colazione per Seiya?”
“Seiya è andato via. Volevo preparare la colazione per Kouga però in realtà non so cosa fare. Vedo che la mattina spesso mangia quel dolce con l’uvetta. Lo sceglie spesso ma non so come si prepara. A dire il vero ero convinta che i cornetti nascessero nel forno come gli uccellini sugli alberi!” disse ironicamente.
“Sono molto addolorato nel dovervi svelare che purtroppo è dalla fine dell’età dell’oro che i cornetti hanno smesso di riprodursi nei forni a gas! Ma non ci vorrà il cosmo della dea Atena per preparare la colazione di Kouga. Datemi un secondo” rispose Saga infilando la testa sotto l’acqua fredda del rubinetto “Questo era per la sbornia. Ora, in quello scaffale c’è della pasta sfoglia già pronta. Stiamo barando ma barare è la mia specialità quindi prendetela. Lasciate perdere la farina e prendete il burro. Niente di ciò che è veramente buono sulla faccia di questa terra si fa senza burro! Poi mandorle, uvetta e sì ci vuole la cannella!”
“Saga sai fare i dolci?”
Saga lasciò per un minuto la teglia con il burro e un velo di malinconia si posò sul suo sguardo.
“Nostra madre è morta che eravamo bambini. Troppo piccoli per non averne ancora bisogno. Io reagì soffocando il dolore. Mio fratello invece lo fece esplodere. C’era solo una cosa in grado di placare la sua rabbia da bambino ferito. Il profumo della baklava calda. Così osservai la governante preparale e, di nascosto, le cucinai per lui sapendo che non le avrebbe mai accettate da nessun altro. Funzionò. E’ una vita che non lo faccio. Del resto siamo cresciuti. Dubito che una baklava avrebbe potuto sistemare le cose tra noi da adulti.”
Saori gli posò una mano sulla spalla.
“Forse non è troppo tardi.”
“E’ morto. Nettuno ha preteso la sua vita in cambio del tradimento che ha compiuto a capo Sounion. Non dobbiamo parlare di questo ora. Succo d’arancia. Senza lo sciroppo non sarà buono!”
Saori s’affaccendò nel dargli una mano e alla fine un odore dolcemente intenso di miele e frutta secca si diffuse nell’aria.
“Che buon profumo!”
“E’ il profumo della baklava calda. E’ il profumo della famiglia. Portali a Kouga prima che si risvegli.”
“Grazie Saga.”
“Non ringraziarmi. Quando sono con te i miei spettri si allontanano.”
Saori gli prese una mano.
“Sarò sempre qui per questo anche se so che non cederai mai più alla tua parte oscura.”
Saga fece un piccolo inchino consegnando un cestino con i dolci alla ragazza. Saori lo raccolse con lo stesso inchino e lasciò la cucina. Il cavaliere di Gemini si guardò intorno. Non era mai stata tanto sporca e in disordine. Sorrise. Realmente il suo gemello malvagio non era più li con lui dato che non avrebbe davvero sorriso a quella violazione dell’ordine. Si girò e chiuse la porta della cucina. Un bagno veloce e sarebbe tornato a ricoprire il suo ruolo di grande sacerdote. Si portò entrambe le mani sul naso e bocca e inspirò l’odore della baklava. L’odore della famiglia.
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Shaina si stiracchiò come un gatto nell’ampio letto della sua camera. Era al santuario. Questo lo sapeva perché nel piccolo letto della sua casa nei pressi di Rodorio, muoversi così sarebbe stato impossibile. Si portò una mano alla testa. Cos’era quel dolore lancinante? Il giorno prima non c’era stata una festa? No. Molto più probabilmente c’era stato l’attacco di qualche nuova pseudo divinità e lei era stata colpita alla testa con qualcosa di molto, molto pesante.
Però la festa lei la ricordava. Dolore. Seiya che correva via con Saori. Dolore. Champagne. Dolore.
Provò a mettersi seduta e il lenzuolo candido le cadde sui fianchi lasciandole i prosperosi seni scoperti.
Shaina avvertì una fitta più forte delle altre. Era nuda. Completamente. Il letto era disfatto e il suo vestito era riverso sulla poltrona al lato opposto della camera. Si portò entrambe le mani alla bocca in un’improvvisa presa di consapevolezza. Le sue gote divennero sempre più rosse non appena il ricordo le riaffiorò alla mente. Le sue mani che spogliavano con ardore l’uomo e l’uomo che con altrettanto ardore la gettava sul letto e si spingeva dentro di lei fino a farla urlare di piacere. Dopo una sbornia non si dovrebbe essere incapaci di ricordare gli eventi? Allora perché lei ricordava tutto così intensamente? Le sue mani, la sua bocca, i suoi occhi profondi come il mare  i suoi capelli scuri. Aveva fatto l’amore con Saga. Amore? Si strofinò gli occhi. Aveva fatto sesso con lui. Forse non si poteva dire neanche così dato che quasi certamente entrambi erano ubriachi. Saga era ubriaco? Maledizione questo non se lo ricordava. Che cosa doveva fare adesso? Si fiondò sotto la doccia e cercò di riprendere il controllo. In fondo sia lei che Saga erano soli, adulti e in grado di capire che avevano agito per compensazione. Già, lei non aveva bevuto per colpa di Seiya? Saga un sostituto di Seiya? Scosse la testa e i suoi capelli lanciarono gocce come proiettili contro il vetro e il marmo.
Si asciugò velocemente, indossò la solita uniforme e decise di passare per la camera di Kouga, non voleva rischiare di ritrovarsi Saga proprio fuori dalla porta.
Nella stanza del ragazzo c’era però Saori seduta con lui sul letto. Sembrava un pic-nic.
“Shaina! Buongiorno! Saori ha preparato la colazione!”
“Davvero?”
“Incredibile, ma vero!” disse l’incarnazione di Atena “Shaina stai bene?”
“Sì certo.”
“Dai prendi una baklava anche tu. Saori è stata brava, sono buonissime! Ne voglio tenere una da parte per Seiya, e una per Yuna e una per...”
“Oi, di questo passo non ne resteranno più! Dammene una, ho proprio fame stamattina.” Fece Shaina addentando il dolcetto fatto di pasta sfoglia “Mmh! Sono davvero buoni! Tu che fai un dolce tipicamente greco? Insomma, sei Atena, ma che Atena sapesse anche fare i dolci non lo avrei mai detto!”
“Bhè non è tutto merito mio. Mi ha dato una mano Saga.”
A Shaina andò di traverso l’uvetta.
“Chi?”
“Sì, lo so che può sembrare strano, ma la ricetta me l’ha data lui.”
“Quando?” chiese Shaina a muso duro.
“Perché questa tua reazione Shaina?”
“Non ha importanza, dimmelo quando?”
“Stamattina. Mi ero alzata all’alba. Ci siamo incontrati in cucina. Perché?”
Shaina gettò quel che restava del dolcetto nel cestino e si voltò verso l’uscita dicendo solo poche parole uscendo dalla camera.
“Vi prego di perdonare i miei modi ma sono sempre molto scorbutica dopo una sbornia!”
Saori, che non riusciva a capire la reazione della donna, ci rimase male. Kouga le prese una mano.
“Lasciala stare. Lo sai com’è fatta! I dolci sono stupendi. Non importa se ti ha aiutata Saga, il pensiero l’hai avuto tu. E Shaina ieri ha bevuto troppo per apprezzarli! Ho un idea! Perché questi non li portiamo tutti a Seiya?”
“Non possiamo andare da lui a quest’ora. Potrebbero vederci. Gli altri cavalieri non sanno dov’è.”
“Potremmo sempre dire che eravamo in cerca di un posto dove fare colazione! E’ ancora così presto! E poi chi vuoi che ci sia in giro oggi! Saranno tutti a letto per via dei bagordi!”
“Kouga! E tu che ne sai?”
“Mi dispiace Saori! Più di quel che tu vorresti!”
“E va bene. Andiamo. Devi promettermi però che se qualcuno ci nota, prendiamo subito la strada per Rodorio e portiamo i dolci alla madre di Jona e Josa”
“E chi sono?”
“Due ragazzini più sfortunati di te a quanto pare!”
“Evviva!” urlò il ragazzino facendo una capriola e saltando giù dal letto.
Saori prese il cestino e lo seguì facendo attenzione che nessuno li vedesse.
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Shun aprì gli occhi. Di scatto. Il posto al su fianco era vuoto. Sentì le lacrime tornare a pungere ai lati degli occhi. Eppure la sua voce, il calore della sua pelle, esitavano ancora vicino alla sua guancia. Se la toccò con una mano. Aveva sognato? Si alzò e andò alla finestra. Gli sembrò che ci fosse qualcosa in terra nell’erba.
Corse fuori e raggiunse il punto che aveva attirato la sua attenzione. Qualcosa brillava nell’erba. Era un fiore. Completamente congelato. Shun lo staccò da terra e lo fissò.
“Sei partito alla fine. E io devo, ancora una volta, aspettare qui senza fare nulla. Ancora una volta incatenato come Andromeda. Questa volta però so che corri un grave pericolo Hyoga. Cosa ti aspetti da me? Cosa si aspetterebbe che facessi Atena? Dovrei parlare con lady Saori. Io stavolta devo agire. Mi hai chiesto sette giorni Crystal. Ebbene sia. Se al settimo giorno tu non sarai ritornato, io troverò il modo di raggiungerti. E salvarti.”
Shun tornò dentro casa e si sedette al tavolo con una mano alla fronte e con il fiore di cristallo nell’altra.
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Shaina entrò nella sala del trono decisa ad affrontarlo. D’accordo l’ubriacatura, passi la serata di festa, va bene i ruoli da rispettare, ma che dopo avere passato la notte con lei Saga se ne fosse andato ad impastare dolci con Saori, questo non riusciva a sopportarlo. La sala era vuota ma si udivano rumori di carte e libri provenire dallo studio del grande sacerdote.
“Perfetto! Dopo i dolci di prima mattina è già al lavoro!” esclamò entrando nello studio.
Indossava l’ampia tunica sacerdotale senza elmo e sembrava tutto preso da alcuni rotoli di pergamena. Decise di soffocare la rabbia. In un angolo della sua mente pensò che forse Saga fosse in imbarazzo quanto lei e volesse fingere indifferenza. Ci andò giù piano.
“Bene, bene. Passata la sbornia?”
L’uomo lasciò cadere le carte sullo scrittoio e s’illuminò in viso.
“Allora la tua è un’abitudine!”
“A cosa ti riferisci?” chiese lei sedendosi sullo scrittoio e curiosando tra le carte.
“Al fatto di entrare nelle stanze senza annunciarti!”
“Davvero? Dovevo farmi annunciare?” chiese Shaina giocando con il collo dell’abito del grande sacerdote.
“Non si entra così nelle stanze del grande sacerdote! O nella sua biblioteca!”
“Non mi è sembrato che la cosa ti sia dispiaciuta poi molto ieri sera!”
“Ammetto che è così, mia cara!”
“Mia cara? Sai Saga, non che mi fossi fatta illusioni su di te, ma credevo avessi imparato dai tuoi errori.”
Le dita di Shaina sfiorarono le sue labbra e l’uomo avvertì distintamente l’odore di miele ed uvetta.
“Baklava...”
“Già mi riferisco proprio a questo! Sei un idiota se credi che Saori possa trovare un po’ di posto per te nel suo cuore per quanti dolci tu possa cucinare per lei!”
L’uomo sorrise. Un posto nel cuore di Saori?
“Sai Shaina, sei talmente bella che non ci dovrebbe essere posto per l’insicurezza nei tuoi pensieri!”
Shaina impallidì e si scostò da lui.
“Io non sono insicura! Sei tu che sei senza speranza!” disse uscendo sulla veranda.
La voce di Lucina che rispondeva ad alcune domande rivelò la presenza di terzi nella sala del trono. La governante entrò e vide Shaina sul balcone.
“Mia signora cosa fate qui?”
Shaina rientrò e vide la donna al fianco di Saga che si affaccendava nel mettere ordine sullo scrittoio. Saga la guardò con freddezza e Shaina pensò che non volesse più parlare di quelle cose davanti alla donna.
“Che c’è Saga, ti rendo nervoso?”
“Non capisco a cosa ti riferisci Shaina. Se hai qualcosa da dirmi parla, altrimenti va via, ho un mal di testa tremendo!”
“Ma certo! Ti sarà venuto cucinando! Spero che piaceranno a Seiya!”
Saga l’afferrò per un braccio e disse a Lucina di lasciarli. La donna uscì chiudendo la porta.
“Tu che ne sai donna?”
“Io che ne so? Preferisci persino essere il suo sguattero che l’uomo di una qualsiasi altra donna non è vero?”
“Questi non sono affari tuoi!”
“Stanotte però lo sono stati, non credi?” urlò Shaina liberandosi dalla stretta di Saga.
“Non capisco di che parli!”
“Ma sì. Faremo a modo tuo Saga e non parliamone mai più!”
La donna tornò sulla veranda e saltò fuori correndo verso l’antica Acropoli. Aveva bisogno di frantumare qualche colonna.
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Syria sapeva della cupola. Per questo si era fermato, come un visitatore qualunque, sull’antica acropoli. Non poteva mettere piede a Rodorio o il nuovo cavaliere di Sagitter avrebbe percepito il cosmo di un generale degli abissi e tutti i piani di Nettuno sarebbero andati in fumo. Com’era quella storia? Eseguire gli ordini, non giudicarli. Si sedette su una roccia e prese il flauto dalla borsa. Intonò una melodia delicata. A quell’ora non c’era nessuno all’Acropoli. Il sito era ancora chiuso ai visitatori. Kanon era in ritardo. Poteva aver tradito? Lo aveva già fatto eppure stavolta in gioco c’era la vita di suo fratello. Questo lo avrebbe trattenuto? Syria non ne era convinto. In cuor suo sapeva che Kanon non si era fatto scrupoli ad usare Julian e, se avesse potuto, lo avrebbe rifatto. Un rumore sordo e una nuvola di polvere attirarono la sua attenzione. Si avvicinò con prudenza e vide una donna sferrare un colpo a mani nude contro una roccia. Doveva essere un cavaliere. Se Kanon fosse comparso in quel momento e un cavaliere di Atena l’avesse visto, tutta la missione sarebbe stata compromessa. Sollevò il flauto e iniziò una dolce melodia.
La donna inizialmente si guardò intorno come volesse capire da dove provenisse il suono, poi si mise sulla difensiva come se avesse compreso che la musica costituiva un pericolo. Troppo tardi, pensò Syria. Quando le vittime intuivano che la musica era fatale, il loro corpo era già preda del potere della melodia che uccideva la mente dei malcapitati prima del loro corpo. La donna vacillò e cadde, ma non in terra. Due braccia la sostennero e la sollevarono. In quello stesso istante Syria dovette evitare un colpo diretto contro di lui. Il generale degli abissi guardò chi lo aveva attaccato.
Kanon. O Saga? Da quella distanza non poteva stabilirlo con certezza. Doveva avvicinarsi e scoprirlo o defilarsi?
Scelse di non rischiare e, con il suo potere, si teletrasportò lontano.
La donna aprì gli occhi.
“Saga... cos’è stato?”
“Sai sciocchina non dovresti lasciare la cupola! Non ti ho dato il permesso. E’ pericoloso. Poteva essere un sottoposto di Marte!”
“Mi ha colpito a distanza... mettimi giù! Non credere che possa perdonarti per ciò che hai fatto! Anche se mi hai salvata.”
Il cavaliere le fece posare i piedi in terra e sorrise. A Shaina sembrò di rivedere il sorriso dell’uomo che aveva passato la notte con lei.
“Perché mi hai seguito?”
“Perché volevo scusarmi per il mio comportamento inappropriato di stamane. So che devo essere sembrato odioso. Scusami. Vorrei però che ciò che è accaduto stanotte rimanesse tra noi!”
“E’ chiaro, certo. Saori né sarebbe sconvolta se sapesse che uno dei suoi cavalieri non spasima per lei!”
Lui rise.
“Non è per questo. Diciamo che fino a che non avremo le idee chiare su cosa è accaduto esattamente preferirei tenere questa cosa per noi.”
“Te lo spiego io cosa è successo! Siamo stati a letto. Abbiamo fatto sesso. Ecco cosa abbiamo fatto!”
“Tutto qui?” chiese il cavaliere.
Shaina si bloccò come se fosse stata colpita dal sacro Acquarius di Camus. Lui le si avvicinò e le sfiorò una guancia con due dita. Poi parlò sottovoce.
“Forse è come dici tu o forse no. Dammi un po’ di tempo per decidere. Vuoi?”
Shaina fece solo un cenno del capo.
“Torna al santuario adesso. Io faccio un piccolo giro di perlustrazione e ti raggiungo.”
Normalmente Shaina si sarebbe opposta e avrebbe chiesto di restare a dare una mano. Le sue gambe però tremavano e preferì togliersi da quella situazione.
Il cosmo di Gemini si librò nell’aria e, un istante dopo, si azzerò del tutto. L’acropoli era di nuovo deserta e silenziosa.
 
  
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