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Autore: hiccup    19/01/2014    1 recensioni
“Anno nuovo, vita nuova, giusto?”
“Speriamo siano trecentosessantacinque giorni unici, emozionanti, miei. Non chiedo altro”
“Si inizia oggi; con questo sole aranciato e con questo sguardo stanco, ereditato dal passato.”
[365 poesie per 365 giorni]
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Diciannove gennaio: Ofelia.
 
 



 
AMLETO: Sì, oh sì! Ha più potere la bellezza
di cambiare l’onestà da quella che è in una ruffiana,
di quanto l’onestà non abbia forza di tradurre la
bellezza a sua somiglianza. Una volta era un paradosso,
ma ora i tempi ne offrono prove. Vi amai.
OFELIA: Così mi faceste credere, monsignore.
AMLETO: Credermi non dovevate, non si può
innestare la virtù sul nostro vecchio ceppo e
fargli perdere la sua natura. Non vi amavo.
OFELIA: Tanto più fui ingannata.
AMLETO: Va’ in convento.
Vorresti farti madre di peccatori? Io sono passabilmente
onesto, eppure potrei accusarmi di vizi tali,
che sarebbe meglio se mia madre non mi avesse partorito. […]
 
(Amleto, Atto III – scena I)
 
 
 


 
Camminiamo ad un passo dall’oblio,
istigatore e tentatore ci sospinge il vento
verso la piacevole fine della storia:
l’ultimo capitolo sfogliato con dita febbrili
ed occhi languidi di speranze presto disilluse.
 
E’ cedevole e superbo
l’ultimo capitolo;
la resa dei conti,
la fine della tragedia,
l’atto finale.
 
E noi camminiamo con i cuori in mano,
tra i palmi piagati; oltre quelle fronde profumate
e quelle nuvole plumbee ci sarà la pesa dei sentimenti.
 
Camminiamo con l’amore e l’odio ghermiti nel petto,
la gola occlusa dal finto coraggio:
non è mai troppo tardi per scappare e fingere di vivere di nuovo;
fuggire e trattenere il respiro.
 
Ma singhiozza il tramonto
tra barlumi cerulei e dorati;
il sipario si chiude e,
questa volta, forse,
Ofelia vivrà.
 
O forse no, e crollerà 
una volta ancora
nell'inganno.
 
 
 
 

 
 
LAERTE: Miseria mia, è annegata!
REGINA: Annegata, annegata.
LAERTE: Di troppa acqua sei già vittima, povera Ofelia:
tratterrò le mie lacrime. Pure, non c’è vergogna dove la natura
reclama i suoi diritti: quando avrò pianto queste,
non avrò più niente di femmineo in me. Addio Monsignore.
Ho un discorso di fuoco, e vorrebbe divampare,
ma la sciagura lo estingue.
 
(Amleto, Atto IV – scena VII)
 
 
 
 
 *
  
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