Nick
(efp e Forum): slytherin
ele
Titolo: A tedious
life, I
wished I could live one
Pacchetto: Pacchetto
Veritaserum
Numero degli oggetti del pacchetto
usati: 3 (Eileen Prince, Spinner’s End,
Angst)
Rating: Arancione
Personaggi: Eileen
Prince,
Tobias Piton, Severus Piton, OC
Introduzione: Tutti
abbiamo
sempre pensato che i genitori di Piton dovessero essere cattivi di
natura e che
dovessero odiare il figlio dal principio, soprattutto per quanto
riguarda il
padre… questa è la mia versione dei fatti su cosa
possa aver scatenato tanto
rancore in Piton Senior…
(eventuali) Note: L’intera
storia è dal punto di vista di Eileen Prince. Potrebbe
risultare un po’ OOC in
alcuni punti, anche se sappiamo davvero poco su Eileen, quindi
è soggettivo
vederla in un modo oppure in una altro. È una death-fic ed
è triste… spero che
non la troviate inverosimile.
A tedious life, I
wished I could live one…
Tutti mi
hanno sempre considerata una persona rude, asociale e incapace di
amare. La
misantropa per eccellenza che preferirebbe far di suo figlio un
estraneo
piuttosto che parlargli per un attimo da madre; una donna incapace di
superare
i pregiudizi e ammettere i suoi sentimenti per il marito.
Vi
dirò, non
vi siete fatti un’idea così sbagliata di me, ma
sappiate che c’è stato un tempo
in cui anch’io ho saputo amare, forse non sarò
stata la miglior moglie né
miglior madre, ma sapevo provare affetto; ero un essere umano. Ora, non
sono
che l’ombra della donna che non avete voluto conoscere.
Mancava
poco alla
festa di compleanno di Severus, circa due ore e tutti i nostri parenti
sarebbero giunti a casa, nella villetta di Spinner’s End per
celebrare i suoi
sette anni. Non saremmo stati molti, come sempre del resto, mio marito
odiava
che invitassi i miei parenti e io sopportavo poco i suoi. Era
impensabile farli
stare tutti insieme in una sola stanza, però
quell’anno avevo deciso di
dargliela vinta e i Babbani sarebbero stati miei ospiti, a patto che
Severus
non smettesse di considerare il Mondo magico migliore.
Risi
a quel pensiero
stupido, il mio bambino venerava la magia, ambiva a far parte del mio
mondo e
io amavo lui, come il piccolo che portavo in grembo e che sarebbe nato
di lì a
due mesi. Era da quando avevo scoperto di essere, nuovamente, incinta
che i
miei rapporti con Tobias andavano meglio, sembrava che le divergenze
potessero
aspettare, che non fossero fondamentali gli universi da cui
provenivamo, che potessimo
scendere a patti come persone normali, come una coppia che si ama.
Questo non
voleva dire che Tobias avesse smesso di considerarmi diversa, ma
entrambi
tendevamo a sopportare la natura dell’altro come se il fatto
di averci scelti
come coniugi comprendesse anche il dover sopportare tutti i difetti
dell’altro.
Guardavo
Severus dalla
finestra, seduta su una poltrona: un movimento brusco poteva provocare
conseguenze disastrose secondo il Medimago e mi vedevo ben da lasciare
che
accadesse; non solo la vita di mio figlio non sarebbe mai iniziata, ma
la mia
si sarebbe distrutta. Sev giocava con una bambina dai capelli rossi, di
cui non
riuscivo a memorizzare il nome ma che si era presentata in modo gentile
e mi
sembrava tanto carina; sembrava felice, sereno e non potevo essere
più
contenta. Dentro di me speravo che ella potesse rivelarsi una strega
come me,
ma mi tenevo ben lontana dal dirlo ad alta voce.
Sentì
Tobias entrare
in casa, mi sorrise, poggiando una mano sul mio ventre e
sussurrò: “Sillius,
manca poco e ti vedremo…”. Risi per quel gesto:
era strano vederlo così, erano
rari quei momenti, dovevo tenermeli stretti, perché appena
sarebbero arrivati i
suoi parenti, avrebbe ricominciato a guardarmi dall’alto in
basso, a trattarmi
come un trofeo, neanche troppo prestigioso, da sfoggiare.
La
prima ad arrivare
fu mia suocera, Janet, mi guardò di sfuggita, mentre
chiacchierava
sommessamente con il figlio. Sentì solo l’ultima
frase, che mi urtò nel
profondo: “E se anche quello lì fosse
come loro, che farai? Non ne voglio un altro,
sappilo!” Tobias non disse nulla, limitandosi ad annuire e ad
andare
a chiamare nostro figlio. Dopo che Severus mi salutò con un
gran sorriso e mi
abbracciò piano, non sentii gli altri ospiti
arrivare, né avvicinarsi a me;
c’era qualcosa che non andava: mi sentivo in una bolla
d’aria, il respiro corto
e le mani fredde. Tentai di chiamare Tobias, di farmi aiutare, ma
sembrava
essere sordo alle mie preghiere o forse ero io a non proferir parola?
Non
riuscivo a capirlo.
Fu
un attimo e poi il buio
mi avvolse.
Mi
svegliai tre ore
dopo in un ospedale babbano, Severus piangeva mentre suo padre gli
urlava
contro; non sentivo che cosa dicesse né intendevo
perché gridasse a quel modo.
“Mamma!”
lessi il
labiale di mio figlio, mentre si avvicinava con uno slancio. Tesi le
braccia,
ma mi fu impossibile raggiungerlo: Tobias si era messo in mezzo,
lanciandolo
contro il carrello del pranzo. Vidi mio figlio sbattere la testa e
cominciare a
sanguinare. Non ebbi il tempo di dire nulla contro quell’uomo
che aveva
attentato alla vita del mio bambino, perché le sue parole mi
pietrificarono.
“Eileen,
è morto!
Sillius è morto… te lo avevo detto che Severus
non doveva abbracciarti o
salirti in grembo… lo avete ucciso! Avete ucciso mio
figlio!” Sentii un rumore
sordo, vicino all’orecchio, ma non mi accorsi che mi aveva
schiaffeggiata, finché
la guancia non cominciò a pulsare.
Guardai
la sua figura
sparire, poi il punto dove Severus era caduto: le infermiere lo avevano
portato
via.
Mi
lasciai scivolare
contro il letto, mentre le lacrime scendevano senza controllo. Non solo
avevo
perso il mio bambino, ma ero anche stata accusata di averlo
ucciso… Tobias mi
aveva distrutto dall’interno, mi aveva fatto marcire: era
stato uno sbaglio sposarlo,
era stato un errore anche Severus, ma ormai era fatta. Non mi sentivo
di
rinnegare mio figlio, non con il padre che lo avrebbe ucciso senza
alcun
rimorso. Lo avrei portato dalla mia parte, messo contro suo padre e
contro il
suo stupido e infimo mondo, lo avrei protetto ed educato.
Quando
tornai a casa
le accuse di mia suocera e dei parenti non furono che
l’ennesimo brusio di
esseri indegni di starmi accanto, ma cercai di ignorarle. Fu quando
Thea, la
cugina di secondo grado di Tobias, mi disse che avremmo dovuto
riprovarci subito
che non ci vidi più, non bastò contare fino a
dieci, non sarebbe bastato fino a
mille; misi mano alla bacchetta, incurante delle conseguenze e la
scagliai su
un muro, poi presi Severus per mano e corsi al piano si sopra,
sigillando le
porte ed ergendo barriere contro Tobias e i suoi simili. Quel giorno
cominciò
la mia nuova vita: istruii Severus come il migliore dei maghi,
facendolo uscire
il più raramente possibile, ma riconoscendo i suoi bisogni
di bambino. Evitai
del tutto Tobias, che continuava a scagliarmisi contro verbalmente, ma
non osava
picchiarmi più, consapevole che non mi sarei trattenuta; se
la prendeva con
Severus, incolpandolo della morte del fratello, quando mi riusciva, lo
proteggevo,
ma vivere nel mondo dei Babbani aveva molte pecche tra cui essere
condannati
per l’uso della magia: ero stata fortunata con Thea; Tobias
non lo sapeva.
Ricordo quel 9 gennaio
1967 come il peggiore della mia
esistenza, ma ce ne furono altri che ebbero molta rilevanza nella mia
vita: il
primo giorno di scuola di Sev, il suo primo voto, i racconti su come i
compagni
lo maltrattassero. Come madre cercai sempre di essere dalla sua parte,
di
convincerlo a reagire a volte, a lasciar correre delle altre.
Il nostro rapporto, forse
non perfetto ma accettabile, si
sfaldò quando mi confessò la sua infatuazione per
una Babbana, tale Lilian
Evans, non mi ricordai che si trattava della stessa bambina che mi era
sembrata
così a modo e me la presi con mio figlio. Sapevo che non era
colpa sua, che
avevo paura di vederlo soffrire, come me, quando tentai di spiegargli
la
verità, era troppo tardi: non c’era più
alcun rapporto da recuperare e ormai
lui ci odiava entrambi, forse più Tobias, ma questo non
faceva differenza, non
per me almeno.