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Autore: Mimiwitch    20/01/2014    5 recensioni
Mille anni.
La gente tende sempre ad arrotondare le cifre, forse per impressionare il prossimo.
Perché dire mille anni fa molto più effetto che dire novecento ottanta nove o mille e due; o forse la gente trova la cosa solo più semplice da scrivere e ricordare.
E così la bella addormentata viene svegliata dopo cento anni dal bacio del principe, ma per quel che ne sappiamo avrebbero potuto essere settantasette o cento ventidue; per chi racconta non fa nemmeno differenza arrotondare per difetto o per eccesso, purché le menti di chi ascolta siano aggiogate alla storia.
Numeri buttati a caso, per impressionare.
Mille anni.
Eppure, per chi aspetta, il tempo non è così clemente, non si può raccogliere in un unico mucchio come se fosse sabbia senza importanza: per chi aspetta, ogni secondo si trascina infinito e angosciante, lungo come l'eternità, scavando un buco di dolore nel cuore, come una goccia su una pietra, lentamente.
Per chi aspetta senza sapere se e quando ciò che brama avverrà, il tempo diventa nemico e compagno eterno, in una lotta senza fine, trascinandosi.
*"Spoiler 5x13. Au, futuro alternativo. Una nuova avventura per Merlin e Arthur, una possibilità per un futuro assieme."*
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Gender Bender, Spoiler! | Contesto: Nel futuro
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Arthur si era svegliato di malumore. Che cosa inusuale.
Dopo aver fatto colazione, annunciò a Patricia che avrebbe saltato le lezioni di quel giorno e che avrebbe dovuto coprirla.

Beh certo, cosa pensi che abbia fatto per una settimana?” le aveva risposto la coinquilina, arricciando il naso con aria saputa. Poi però, prima che uscisse le aveva urlato: “Spero che sia talmente carino da valerne la pena!”

Arthur trasse un grosso sospiro, la piccola chiave dorata nella mano a pochi centimetri dalla toppa.
La casa di Merlin.
Stava per entrare nella sua casa, senza chiedere permesso né avvisarlo. Non era azzardato? Un tempo lui, nel suo castello, non aveva avuto bisogno di farsi troppe remore per decidere di andare in camera sua o negli alloggi di Gaius; ma ora non aveva più un castello e Merlin viveva in una sua proprietà.
Improvvisamente sentì nostalgia per le cose che erano state sue, oggetti stupidi come gli scudi attaccati alle pareti o il suo calamaio o i suoi anelli.
Aprì la porta, dandosi per l'ennesima e non ultima volta, dell'idiota.

Merlin?” chiamò dall'ingresso, mentre richiudeva l'uscio. Delle voci concitate si spensero in quel momento.
Siamo in camera da letto!” rispose la voce del ragazzo, attirandolo verso la stanza.
Merlin teneva un piatto con una mano, mentre con l'altra imboccava Lancelot, semi sdraiato sul letto; entrambi si girarono alla sua comparsa, con due sorrisi identici e stupidi. Chissà che razza di discorsi aveva interrotto. Lancelot stava meglio e Merlin si era arrischiato a dargli qualcosa di più sostanzioso, un leggero brodino per reintegrare sali minerali e zuccheri; lo imboccò fino all'ultima goccia, nonostante le proteste dell'ex cavaliere. Sempre così, Merlin, a rendersi servizievole con gli amici, a farsi in quattro e non pensare mai a sé stesso per primo; Arthur notò le occhiaie sotto gli occhi dell'ex servitore, segno di una notte, se non proprio insonne, nemmeno molto tranquilla.

Lancelot si sdraiò nel letto e acconsentì a raccontare cosa gli fosse accaduto, adesso che anche il Re era presente.
Rimasero in silenzio ad ascoltare la voce della ragazza raccontare, della vita tranquilla, un po' da maschiaccio, che aveva avuto, con alti e bassi, ma mai grossi problemi; narrò di come, dieci giorni prima, avesse fatto un sogno, della voce che gli raccontava di Lancelot du Lac, -uomo dai solidi principi, che desiderava essere un cavaliere, nonostante non fosse un nobile,- e di come tutti i ricordi di allora gli fossero piombati addosso, implacabili. Arthur ascoltò ed il racconto gli causò una prepotente sensazione di déjà vu, riconoscendo la rabbia, la frustrazione e il senso di pazzia che aveva attanagliato anche la sua mente, quando le sensazioni e le memorie di ciò che era stato erano tornate da lui, confondendolo.
Era accaduto tutto esattamente come era successo a lui, non si poteva parlare di coincidenze o altro, c'era evidentemente una connessione.
Un altro maledetto enigma da risolvere.

La voce, ti ha detto per quale motivo sei rinato?” chiese improvvisamente, brusco, dopo che Lancelot ebbe raccontato di come fosse andato in giro a cercare risposte e aiuti. Forse un po' troppo bruscamente, decise, mentre aspettava la risposta.
No, ha detto solo che una promessa antica mi richiamava. Un contratto che non sapevo di aver stipulato, ma che doveva tuttavia essere rispettato” rivelò il cavaliere, gettandoli ancor di più nel panico.
Una promessa, un contratto?

Merlin aggrottò la fronte. Solo una creatura magica o uno degli Dei poteva avere il potere di far rinascere Arthur e Lancelot, e di fargli ricordare la loro vita precedente, per di più; con chi avevano stretto un accordo? Kilgharrah? Era l'unica creatura che avessero incontrato entrambi ed era stato il drago a predire il ritorno del Re.
E quegli uomini, chi erano?”
Li ho incontrati per caso, mentre mi dirigevo verso Camelot. Mi hanno accerchiato e mi hanno 'offerto' di lavorare per loro; quando ho rifiutato, hanno iniziato a darmi la caccia” raccontò, chiudendo appena gli occhi, come se il ricordo fosse troppo doloroso.

Arthur lo vide affondare un po' nei cuscini, con aria stanca.
Ok, cosa ne dici di un bagno caldo?” propose, alzandosi per raggiungere il bordo del letto.
Lancelot tirò su la testa, gli occhi sbarrati dalla sorpresa; Merlin era scivolato un po' dalla sedia, con un espressione attonita.

Voi, Sire? Non potrei mai accettare di farmi lavare dal re di Camelot!”
Preferisci che lo faccia Merlin? E' un idiota, ma è pur sempre un uomo. E non è abituato a vedere ragazze nude” esclamò scettico Arthur, puntando un pollice oltre la sua spalla ad indicare il povero servitore.
Ehi!” ribatté il ragazzo, con le orecchie rosse.
Sì, sì, Merlin, indignati e arrossisci come la ragazzina che sei, ma dopo avermi aiutato a portare Lancelot nella vasca!”


Tra schiuma e acqua calda, il cavaliere riprese colore.
Arthur gli stava insaponando la testa, pensando a come fosse strano sapere che dentro quel corpo femminile ci fosse Lancelot: la faccia del suo ex cavaliere gli balenò perfetta nella mente, nitida come se fosse una fotografia.

Cosa state pensando, Sire?” chiese la ragazza, accortasi che aveva smesso di strofinare.
Tu ricordi il tuo aspetto come Lancelot? Il tuo viso, il tuo corpo?” domandò Arthur, rovesciando un catino di acqua calda sui suoi capelli, lavando via il sapone.
Lancelot sospirò di benessere.

Vaghi ricordi. Se cerco di definire i dettagli mi sfuggono, sono sfocati. Mi son detto che probabilmente è perché non mi sono mai specchiato molto, allora. Ero troppo impegnato a combattere” rispose, facendo ondeggiare le braccia sulla superficie dell'acqua, creando onde di schiuma e vapore.
Ma ricordo il vostro!” aggiunse poi strizzando gli occhi per ricordare.
Credo che tu possa darmi del tu, ormai. Siamo nella stessa situazione e io non sono più re, al massimo una regina” sbottò Arthur, sfregando ancora la cute e districando i capelli stopposi. Il bagnoschiuma e lo shampoo avevano quel profumo così... Merliniano, che gli faceva venire i brividi e il nervosismo allo stesso tempo.

Cosa ne pensi di tutto questo?” chiese poi, desideroso di sapere il parere del cavaliere, che sentiva davvero affine, data la situazione.
Del fatto che siamo rinati come donne e dei ricordi di allora? Non lo so. Ho creduto di essere matto, di aver immaginato tutto. Credo che se non avessi visto Merlin, con lo stesso aspetto di allora, avrei continuato a vagare e a impazzire fino alla morte. Siano benedette le sue orecchie a sventola!” ridacchiò, soffiando via un po' di schiuma che gli era calata sull'occhio.
Sì, ho avuto la tua stessa reazione” ammise Arthur un po' a malincuore.
Lo avete... lo hai abbracciato?” chiese ironico l'altro, beccandosi un'occhiataccia.
Ma figurati! L'ho schiaffeggiato!”
Lancelot rise di cuore e Arthur si aprì in un sorriso. Avere Lancelot lo faceva sentire bene.
Lui poteva capirlo perfettamente, era nella sua stessa situazione, aveva vissuto la sua stessa esperienza; era stato il suo cavaliere più valoroso e in quel momento era un'alleata, qualcuno che sentiva vicino come fosse una sorella.

L'aiutò ad asciugarsi e a mettere il cambio d'abiti che le aveva portato, facendo attenzione ai tagli e alle abrasioni, mentre gli raccontava dell'incontro con Merlin avvenuto pochi giorni prima.
Sono contento che tu abbia preso bene la storia della magia di Merlin” mugugnò la bruna mentre infilava la testa nel dolcevita verde.
Arthur si bloccò nell'atto di infilare la manica nel suo braccio, interdetto.
Quello che aveva sentito, non era quello che aveva inteso, giusto? Gli era parso di capire che...

Da quando sai che Merlin ha poteri magici?” domandò, con finta nonchalance, aggiustando le righe sopra le spalle e tirando su il colletto.
Lancelot si ravvivò i capelli, distrattamente.

Dal periodo in cui mi presentai al castello facendo finta di essere un nobile per diventare cavaliere; Merlin mi aiutò a sconfiggere il grifone, grazie ad un incantesimo. In realtà i meriti andrebbero tutti a lui” rivelò lisciando la maglia, tirandola giù con delicatezza.

Arthur sentì qualcosa rompersi al suo interno.
Qualcosa che, ne era certo, a dispetto del silenzio con cui si era rotto, era di sicuro importante e doloroso. Ascoltò vagamente i discorsi dell'altro, mentre guardava Merlin trasportare la ragazza nel letto, e si tenne in disparte mentre i due parlavano tra loro.
Lancelot sapeva.
Da così tanto tempo, lui sapeva. E tutto acquistò senso, come le volte in cui il cavaliere si era offerto di accompagnare il servitore da solo in missioni, o altre in cui li vedeva parlottare con sussurri, gettando occhiate fugaci attorno perché nessuno sentisse; allora non vi aveva dato peso, ma adesso, adesso sapeva che stavano parlando di magia, dei poteri di Merlin; e quello sguardo rilassato che l'idiota sfoggiava in quei casi, era finalmente spiegato.
Per sette lunghissimi anni, durante i quali era stato il suo servitore, Merlin non gli aveva mai confessato nulla e quando lo aveva scoperto in punto di morte, dopo l'iniziale rifiuto, si era detto che sicuramente era stato difficile, per lui, vivere nascondendosi da chiunque, senza avere un amico con cui parlarne; e lo aveva giustificato, alla fine.

Ma Merlin l'aveva detto a qualcuno, lo aveva avuto un amico con cui parlarne, e non era lui, Arthur, nonostante tutti i suoi vaneggiamenti sulla fiducia.
Si sentì tradito, come se fosse caduto in un'imboscata mentre cavalcava tranquillo, credendosi tra amici; si sentì come se ormai si trovasse in catene, senza possibilità di salvezza; le chiacchiere lo infastidivano e la voce di Merlin gli feriva le orecchie, intrisa di veleno e bugie.
Si alzò di scatto, attirando l'attenzione senza volerlo, deciso a mettere quanta più distanza possibile tra sé e quel posto; uscì senza una parola, senza nemmeno guardarli in volto.

Arthur? Arthur?” sentì chiamare dalla stanza.
Merlin guardò la porta in cui era sparito, poi Lancelot, che con la sua espressione attonita esprimeva la sua sorpresa; quando sentì la porta di casa aprirsi e poi richiudersi con forza si alzò velocemente, correndo verso l'esterno.

Arthur stava per salire in macchina, il volto una maschera di furia. Lo raggiunse, a piedi nudi, incurante della ghiaia del vialetto che gli feriva la carne.
Sire? Che cosa è successo?” domandò, spaventato dal comportamento del suo signore.
Sai una cosa, Merlin?” iniziò, voltandosi verso di lui, con voce concitata. “Lealtà non ha solo un significato. Ti sei riempito per anni la bocca con quella parola, professandola come se ne fossi fiero, ma credimi, non hai mai capito cosa volesse dire!”

L'altro rimase a fissarlo, sopportando quel fiume di parole che gli rovesciava addosso con tono irato, senza capire che cosa avesse scatenato quella rabbia.
Lealtà non significa solo servirmi, seguirmi e rischiare la tua vita per me. Lealtà significa anche fiducia e tu, Merlin, non ne hai mai avuta. Non in me” gli sputò contro, avvicinandosi minaccioso.
Lo colpì al petto con una mano e Merlin sentì qualcosa di metallico incidergli la pelle; quando Arthur si allontanò, veloce, qualcosa scivolò, cadendo a terra con un tintinnio sordo, attirando il suo sguardo: la sua chiave giaceva nella ghiaia, scintillando innocentemente. Si chinò a raccoglierla, come in trance.

Arthur, cosa...” provò a chiedere, ma l'unica risposta furono la portiera sbattuta e lo stridio delle gomme, improvviso e rabbioso, mentre la macchina sfrecciava via.
Merlin rimase immobile, la chiave stretta nella mano, a domandarsi cosa fosse davvero accaduto.



Dovresti uscire da quella camera! Ti avviso che se entro stasera non uscirai da lì, chiamerò la polizia, i vigili del fuoco e anche gli scout della parrocchia qui vicino!”
Patricia continuò a urlare frasi sconnesse e fuori di testa, incurante dei suoi silenzi. Arthur si voltò appena sulla poltrona, osservando lo sfacelo che aveva creato in poco più di un giorno nella sua stanza: i soprammobili infranti contro il muro, le lenzuola lanciate con foga dall'altro lato della camera, i suoi poster di film e band strappati dalla frustrazione. La sua povera stanza aveva subito la furia che avrebbe voluto riversare su Merlin. Oh, quell'idiota non sapeva nemmeno quanto dovesse ringraziare che non si trovassero più a Camelot, che lui non fosse più Re: lo avrebbe mandato al patibolo in quel caso, per tradimento alla corona.
Per tradimento personale.
Non gli importava più nemmeno della missione, delle cavolo di domande irrisolte, del maledettissimo motivo per cui era lì! Che andasse tutto al diavolo, insieme a quel cretino di Merlin. Di nuovo, l'impulso di spaccare o lanciare qualcosa lo assalì improvviso, soffocato immediatamente dalla realizzazione che non si era salvato nulla, da rompere; solo il PC, ignaro e costoso, era rimasto intonso e inviolato, poggiato con cura sulla scrivania.

Sospirò sofferente, affondando la testa nelle spalle.
Sei da più di un giorno lì dentro! Cosa diamine è successo? Parlami Althea, perché non mi muoverò di qui se non lo farai!” gridò Patricia con una voce strana e Arthur immaginò che avesse la faccia premuta contro la sua porta per capire cosa stesse combinando.
Va via! Non ho niente e non ho bisogno di niente!”
Udì un grosso sospiro di liberazione.

Grazie al cielo! Credevo fossi morta! E' da tre ore che non sentivo più nemmeno un respiro, stavo iniziando a preoccuparmi! Credevo fossi rimasta schiacciata mentre provavi a lanciare il cassettone!”
Arthur sorrise suo malgrado, pensando a quale Dio burlone e con dubbio senso dell'umorismo avesse deciso di affibbiargli Patricia come amica.

La musica di “the final countdown” riempì la stanza, all'improvviso, facendolo sobbalzare. Ricordandosi che era la suoneria del suo cellulare, si alzò per cercarlo, certo di averlo lanciato da qualche parte un paio di ore prima; alla fine lo trovò avviluppato nel piumone, che giaceva triste vicino alla finestra, tutto spiegazzato.
Il numero non era registrato.

Pronto?” rispose incerto, premendo il telefonino contro l'orecchio.
Arthur? Sono...”
Tu tu tu tu tuuuuuu...
Con un gesto deciso aveva messo fine alla conversazione, col batticuore, e adesso guardava il telefono come se fosse stato lui a tradirlo, a dire a Merlin come contattarlo. E in effetti, come diamine faceva lo zotico ad avere il suo numero di telefono?

Un debole trillo. Messaggio.
Sono andato da vostra madre per farmi dare il vostro numero, vi prego rispondete” lesse ad alta voce, sempre più indignato.
Quel maledetto cretino, mettere addirittura in mezzo sua madre! Sicuramente di lì a breve avrebbe ricevuto ottanta chiamate dalla donna, che le avrebbe fatto il terzo grado per sapere perché avesse litigato con quel ragazzo così per bene e a modo, ci avrebbe scommesso.

Secondo debole trillo.
Vi prego, non serve a niente fuggire. Ho parlato con Lancelot. Parliamone.”
Oh, che onore! Merlin ne voleva parlare! Avrebbe dovuto sentirsi lusingato dalla sua magnanima concessione, dal suo moto di bontà, perché lui ora ne voleva parlare. Incredibile... e di sua spontanea volontà, poi! Non perché si sentisse costretto dalla situazione, no, affatto.
La canzone ripartì con foga, tra giri di tastiera elettrica e batteria a ritmo dannato; Arthur guardò il display con ardore, ma non rispose alla chiamata.
La musica si interruppe.

Terzo debole trillo.
Sappiate che non demorderò per così poco!”
Aveva messo anche il punto esclamativo. Uh, c'era da avere paura.

Cos'è, una minaccia, Merlin?” chiese al suo telefonino, come se quello incarnasse lo spirito del suo servitore. Certo che avrebbe continuato a chiamare e a mandare messaggi, decise di spegnere del tutto il cellulare e per precauzione tolse anche la batteria.
Arroventati il cervello per cercare di assillarmi, Merlin” ghignò con un sorriso folle, sempre al suddetto telefonino.

Soddisfatto di sé stesso per aver chiuso la chiamata di Merlin, che era un po' lo sbattere la porta in faccia dei tempi moderni, Arthur decise di andare in cucina a rubacchiare del gelato dal freezer; zittì con una mano ogni parola di Patricia, meravigliata dalla sua apparizione, e ritornò subito indietro con una vaschetta di affogato al cioccolato sotto il braccio, richiudendo la porta della sua camera con un piede.
Assaporò ogni singola cucchiaiata, perdendosi in vaneggiamenti mentali, come ad esempio: come era stato possibile vivere senza conoscere il gelato e il cioccolato? Camelot era stato un posto stupendo, ma lo sarebbe stato di più con un freezer di gelati e una scorta di cioccolato ad ogni gusto. Raspò il fondo della vaschetta, succhiando l'ultimo cucchiaio di gelato con gli occhi chiusi, un po' sollevato.

Il campanello trillò, gelandogli le vene. Ma non poteva essere lui, no?
E' per me! Esco con Gerard, fai la brava!” urlò Patricia, facendogli riacquistare l'uso dei polmoni, dal sollievo. Udì un chiacchiericcio indistinto e un risolino emozionato. Patricia faceva quel verso solo quando c'era qualcuno che trovava carino e Gerard non si poteva definire tale: l'amico, pezzo di pane e cervello fino, avrebbe fatto apparire Piton come Miss Universo per dieci anni di fila.
Si alzò dal pavimento, pulendosi distrattamente le mani appiccicose di gelato sulla maglietta, e si avvicinò alla porta per ascoltare.

Quindi, ehm, che rapporti ti legano ad Althea... Mervin?” sentì l'amica domandare, con tono falsamente innocente.

Spalancò la porta come una furia, balzando in salotto come una piccola tigre feroce. Merlin stava in piedi vicino all'ingresso, sconvolto e imbarazzato, con le occhiaie sempre più evidenti, mentre Patricia lo osservava sorridente.
Come hai osato? Con che coraggio ti presenti in casa mia?” urlò ergendosi fiero, ignaro dello sbafo di gelato sotto il naso, che pure, lo faceva apparire più grottesco.
Arthur, se mi fate spiegare...”
Non mi va di sentire niente, Merlin. Niente che esca dalla tua bugiarda, infida bocca!” lo bloccò allontanandosi da lui, schifato.
Patricia girava la testa da uno all'altra, pronta ad intervenire non appena avesse capito se le colpe di questo Merlin fossero così ignobili da essere buttato fuori.

Ma se solo mi ascoltaste...”
L'ho sempre fatto! Non c'era nessuno che ascoltassi come facevo con te, non c'era nessuno di cui mi importasse il giudizio oltre al tuo, Merlin, e lo sai, certo che lo sai. E nonostante io avessi deciso di darti la mia amicizia, nonostante sapessi quanto fosse impossibile data la differenza di ceto, tu hai pensato bene di mentirmi, giorno dopo giorno per sette maledettissimi anni. Cos'altro devo ascoltare? Cos'altro mi vuoi dire?”
Merlin stette in silenzio a quell'affermazione, ma fu come essere schiaffeggiato. Lo aveva sospettato, che la questione magia non fosse chiusa, che era solo stata rimandata a un momento in cui entrambi avrebbero dovuto ascoltare e spiegare, cercando di capire se quel legame che c'era tra loro si fosse rotto per sempre o se avessero potuto recuperarlo.

Il campanello suonò di nuovo e Patricia, che era rimasta attonita a seguire la scena, si risvegliò come da una trance. Si mosse indecisa, da un piede all'altro, valutando il da farsi.
Vai, Patricia. E' tutto a posto” mormorò Arthur, intuendo i suoi pensieri.
Sicura? Io...” rispose, occhieggiando titubante verso Merlin.
Tranquilla. Sarà anche uno schifoso bugiardo, ma non si azzarderebbe mai a toccarmi” disse con cattiveria, piantando i suoi occhi in quelli di Merlin, che sostenne lo sguardo col suo, lucido di lacrime.
Patricia spostò lo sguardo da uno all'altra e poi, bisbigliando un “chiamami se sei nei guai” all'orecchio dell'amica, sparì, chiudendosi la porta dell'appartamento dietro.

Silenzio. Irreale, pesante, che nessuno dei due sembrava avere la forza o la voglia di spezzare.
Vorrei che te ne andassi!” esalò Arthur, incrociando le braccia sotto il seno, irremovibile.
No” rispose Merlin, senza farsi intimidire.
Sono sempre il tuo re, corpo femminile o meno! Te lo devo comandare? Voglio che tu te ne vada!” replicò, iniziando ad arrabbiarsi.
No. Non prima di aver chiarito la questione!”
Chiarire? Cosa c'è da chiarire? Hai tradito la mia amicizia! Per non parlare del fatto che hai tradito il tuo re, verso il quale professavi lealtà imperitura!” urlò fuori di sé, passandosi la mano nei capelli, forse per non metterla addosso a Merlin, sotto forma di pugno.
Arthur, non è andata così e lo sapete! Volevo dirvelo, gli Dei solo sanno quante volte ci ho provato, ma poi non c'è mai stata l'occasione.”

Arthur iniziò a camminare avanti e indietro, in circolo, per sfogare la rabbia.
No, io non lo so! Ti ho scusato, ti ho giustificato, mentre stavo morendo. Già allora sapere delle tue bugie mi aveva sconvolto, ma mi dicevo che non mi rimaneva molto tempo e che avrei dovuto cercare di capirti; mi son detto che ti eri di certo sentito solo, che doveva essere stata dura per te, senza un amico con cui confidarti, nascondendoti da tutto e tutti. Balle! Lancelot sapeva! E chissà che belle risate vi siete fatti alle mie spalle! L'asino Arthur Pendragon, che non riusciva a scoprire le magie che gli facevi sotto il naso! Complimenti, Merlin! Sei stato bravissimo!” esplose, battendo le mani con sarcasmo, in un finto tripudio.
Maledizione! Non è affatto vero, Arthur. Io avrei voluto che voi mi vedeste per come ero davvero, non c'era persona a cui desiderassi dirlo più che a voi, ma non potevo! Non con quello che pensavate della magia, non con quello che Uther vi aveva inculcato nella testa!”

Le orecchie di Merlin si stavano colorando di rosso, dalla rabbia. 
Arthur aveva ragione a sentirsi tradito, a reagire in quel modo, ma non era tutta colpa sua il modo in cui erano andate le cose; si era sentito un verme a mentirgli, a nascondergli la sua vera natura, ma non aveva avuto davvero alternativa.

Avevi paura che ti mandassi al patibolo? Davvero mi credevi capace di tanto? Certo, all'inizio forse non avrei capito, probabilmente ti avrei allontanato, ma non ti avrei mai mandato a morire, dovresti saperlo. E non mi importa se puoi sparire in un soffio o far piovere con un battito di ciglia: è il tradimento che mi brucia, Merlin. Ti ho confidato tutti i miei dubbi e le mie paure, ti chiedevo consigli quando non sapevo come agire, ho parlato di affari di cuore con te, di politica e strategia. Dove hai mai sentito parlare di un re che chiede consigli a un servitore? Sei stato la figura più importante e vicina ad un amico che avessi a Camelot e tu invece non ti sei mai fidato abbastanza da dirmi nulla. Io non ti conosco, Merlin. Non so chi sei davvero!”
Arthur ansimò un poco, per la rabbia trattenuta nel petto mentre vomitava quelle accuse. 

Merlin lo guardò a bocca aperta, mentre cercava il modo di rispondere, ma sapeva già di aver perso in partenza. Abbassò la testa, sconfitto. Arthur aveva ragione: non gli aveva mai confidato nulla, non si era mai aperto con lui. Era stata sempre un'amicizia unilaterale e non se n'era mai accorto. Per anni aveva dato la colpa al suo re, perché non lo trattava come amico ed era stato lui, Merlin, il primo a remare contro la loro amicizia.
La ragazza girò i tacchi e si chiuse in camera, sbattendo la porta; si appoggiò contro la superficie legnosa, chiudendo gli occhi, arrabbiata.

La voce di Merlin gli arrivò attutita dall'altra parte.
Mi dispiace, Arthur. All'inizio non potevo dirvelo, perché voi eravate un borioso arrogante e io sapevo che non avreste perso un secondo a farmi uccidere. Poi, quando ci conoscevamo già da qualche anno, mi sono detto che eravate a posto, che eravate finalmente maturo abbastanza da sapere la verità, ma Morgana tradì e si scoprì essere una strega e non fece che alimentare il vostro odio per la magia. Più il tempo passava, più le cose si facevano difficili e più il momento della verità sembrava lontano e temuto. Non ho mai avuto paura di morire per mano vostra o per ciò che sono, avevo paura che voi non mi vedeste più con gli stessi occhi e che potessi perdervi, in qualche modo.”
Arthur rimase immobile, bevendosi quelle parole, volendo crederci davvero, ma il dolore che sentiva nel petto gli imponeva di non cedere, di non cascarci.

Gli occhi con cui ti vedevo erano ciechi, Merlin. Io non ti conosco!”

Un grosso sospiro frustrato echeggiò dall'altra parte.
Mi chiamo Merlin, sono nato a Ealdor, mille cento vent'anni, fa. Non conoscevo mio padre allora, mia madre non me ne parlò mai durante la mia infanzia e gli altri bambini del villaggio a volte mi prendevano in giro per questo. E per le orecchie a sventola” iniziò a raccontare, sedutosi di fronte alla porta della camera di Arthur.
L'ex re, nella stanza, si sedette anch'egli per terra e rimase a fissare la porta, ascoltando con aria assorta. Ascoltò dell'infanzia del suo servitore, di come già appena nato facesse magie e di come sua madre gli avesse insegnato a nasconderlo, non appena fu in grado di capire che era sbagliato farlo davanti agli altri, intorno ai due anni. Scoprì che i bambini del villaggio gli stavano alla larga o lo prendevano in giro e che nessuno aveva cercato di capirlo; Will era stato l'unico a non curarsi delle voci e che era diventato suo amico.
E si perse, rapito, a immaginare la vita di Merlin, costellata di domande e a volte rabbia repressa, per ciò che era e che non poteva essere. Scoprì che era stata Hunith a mandarlo a Camelot, per fargli cercare la sua strada, un modo di impiegare la magia.

Passarono le ore e Merlin continuava a raccontare alla porta e quella trasmetteva le sue parole ad Arthur, che seguiva in religioso silenzio.
Scoprì ogni cosa, ogni volta in cui Merlin aveva usato la magia: per far apparire i serpenti dallo scudo di Valiant, per creare la bolla di luce che lo aveva guidato fuori dalla caverna, per salvargli la vita quando la bestia errante lo aveva colpito e centinaia di volte ancora. Apprese che era stato lui a salvare la ragazza pantera, che Balinor era suo padre, che era stato lui a far forgiare la spada dal Drago e mille altre cose ancora.

Arthur aveva poggiato la fronte al legno della porta, pensieroso. Per anni, non aveva mai sospettato nulla, per anni c'era stata una barriera tra loro che non aveva mai nemmeno percepito. Ma il modo in cui Merlin raccontava la sua vita, ridendo di tanto in tanto ad un ricordo felice o con quel tono di dolore, che di sicuro non sapeva nemmeno di trasmettere, ma che c'era nel fondo e non poteva essere ignorato, lo toccarono.

Si alzò e con decisione abbassò la maniglia, scoprendo Merlin accucciato per terra, la testa contro lo stipite; la frase che stava pronunciando morì tra le sue labbra e il suo viso si alzò verso l'alto, in attesa.
Non sapevo sapessi usare un telefonino” esclamò Arthur, scettico.
Non lo sapevo fare, infatti. Ne ho comprato uno in fretta e furia. E' stato difficile imparare a scrivere” rispose Merlin, con un filo di voce.
Arthur lo guardò, sbuffando leggermente per non ridergli in faccia, e scavalcandolo si diresse verso il divano.
Gli fece segno di avvicinarsi.

Ricomincia da capo” ordinò, non appena il ragazzo si fu seduto sulla poltrona vicina.
Merlin sorrise, sorpreso; dopo aver annuito con fare stupido, iniziò di nuovo a raccontare, gesticolando e con la voce ormai roca, mentre Arthur, rannicchiato sul divano, seguiva ogni parola guardandolo negli occhi, ascoltandolo con tutto sé stesso.



Note:
Benritrovate! E' passato un secolo, vi chiedo scusa. Dicembre è stato molto impegnativo e anche ora non trovo tempo nemmeno per allacciarmi le scarpe. Sì, sono una che si infila le scarpe già allacciate per fare prima!

Allora: siamo in un punto di svolta, si può dire. Una scena che avevo in mente sin dall'inizio, perché non era stata sviscerata per nulla nel telefilm: la giusta sfuriata di Arthur. Perché possiamo fluffare quanto vogliamo, ma Arthur non avrebbe reagito così tranquillamente alla notizia della magia di Merlin. Si sarebbe sentito tradito. Si sarebbe sentito preso in giro. E avrebbe reagito di conseguenza.
Nel telefilm stava morendo e ho pensato che sia stata quella la ragione per la sua arrendevolezza, perché non voleva morire lasciando Merlin convivere con i sensi di colpa per avergli mentito. Ma qua sono entrambi vivi e vegeti e c'è già della tensione tra loro, di ogni genere.

Ne approfitto per ringraziare chi ha messo la storia tra le seguite, tra le preferite, addirittura chi l'ha già messa tra le ricordate nonostante sia ancora in corso! Grazie! Mi date così tanta fiducia!
E grazie per i vostri bellissimi commenti! Sono strafelice che la storia stia piacendo così tanto!

A presto!
Un grosso abbraccio!
Mimì

Ah, già! L'errore di Patricia nel chiamare il nostro maghetto Mervin è voluto! E' così emozionata dalla sua bellezza da capire male il suo nome! XD Potete biasimarla?

  
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