Venti gennaio: malattia.
( Dormo. Tracanno acqua.
Provo a scrivere, ma mi stanco subito.
Mi addormento tra un pensiero e l’altro.
Mi risveglio tra un conato e una tazza di tè al limone.
Tossisco, la gola lacerata, ingoio le pastiglie.
Leggo e la testa pulsa;
scrivo di nuovo e la penna mi scivola tra le dita. )
Provo a scrivere, ma mi stanco subito.
Mi addormento tra un pensiero e l’altro.
Mi risveglio tra un conato e una tazza di tè al limone.
Tossisco, la gola lacerata, ingoio le pastiglie.
Leggo e la testa pulsa;
scrivo di nuovo e la penna mi scivola tra le dita. )
Le sinapsi cerebrali intorpidite
gemono – rallentate
e sussultano – sollecitate invano,
nell’aria crepitante, densa e rarefatta;
boccheggi appena tra nuvole di farmaci amari,
lacrimano e bruciano le orbite.
C’è odore pregnante di malattia nella sala:
sentore dolciastro e grigio
che corrode - intacca malizioso,
la pelle cianotica e le pareti striate da ombre distorte.
Un latrato lontano, oltre la finestra socchiusa,
e una risata virtuale,
tra veglia e oblio in soffici coltri,
scuotono prepotentemente le membra abbandonate;
la bocca si storce in risa dolorose,
ma sincere prima del sonno indotto.
*