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Autore: MadAka    21/01/2014    3 recensioni
Le note di una canzone che risuonano in una stanza, una fotografia e la pagina di un diario lasciato aperto su un frammento di vita.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le note di One Day risuonano leggere nella stanza, la fotografia, che ritrae due giovani sorridenti, un ragazzo ed una ragazza fianco a fianco, giace abbandonata accanto alla penna nera, che quasi si mimetizza sul legno scuro della scrivania. Il telefono cellulare trilla debolmente una sola volta, lo schermo si illumina e un’icona verde brilla accanto alla parola ciao. Il diario, con le sue pagine a tratti stropicciate, a tratti perfette o macchiate, straborda di foglietti di carta, annotazioni, biglietti di concerti e foto di ogni tipo. La pagina aperta è scritta da cima a fondo, l’inchiostro si sta ancora asciugando nei punti in cui si è indugiato maggiormente e brilla colpito dalla luce. Tutto è perfettamente leggibile, dalla prima all’ultima riga.

 

Era il 7 Dicembre 2013

 

Inizia.

 

Io e Davide ci siamo conosciuti così, nel modo più impensabile che mi sia mai capitato.

«Ciao, sei da sola?» mi ha chiesto lui quando mi ha vista al bancone del bar.

Non sapevo assolutamente se fidarmi o meno, ma i suoi occhi, che per molte cose mi hanno ricordato quelli di Steve, grigi con sfumature verdemare, mi hanno dato fiducia.

«Già.» gli ho detto.

Lui ha sorriso: «Anche io, non ho trovato nessuno disposto a venire con me, ma non potevo perdermi i Kodaline.»

È stato pressappoco assurdo trovare qualcuno al concerto nella mia stessa situazione, anche io ero andata sola perché non avevo nessuna intenzione di perdermi la band di cui sono innamorata.

Così io e Davide abbiamo deciso di goderci il concerto insieme e abbiamo fatto amicizia.

Non credo ci abbia provato con me, anzi, ne sono certa. Non mi ha fatto avance, non mi ha offerto da bere, niente del genere, ha solo conversato.

Abbiamo parlato tutta sera di qualunque cosa, fino ad inizio concerto. E quando i Kodaline sono comparsi sul palco il mio mondo si è illuminato. Non so neanche descrivere cosa ho provato, solo è stato meraviglioso, è l’unico termine con cui posso descrivere il tutto.

Eravamo quasi sotto al palco, io e Davide, e lui ha cantato con me ogni singola canzone, dalla prima all’ultima parola, ha riso con me alle battute dei membri della band e mi ha lasciato tenere la testa sulla sua spalla quando è cominciata High Hopes e io quasi non potevo crederci.

A fine concerto siamo tornati a parlare, nella speranza di vedere i Kodaline uscire, ma niente.

Ci siamo scattati una foto con il telefonino per impedire all’uno di scordarsi dell’altro. Mi ha accompagnata all’auto perché: «Milano di notte è pericolosa.» e mi ha chiesto se mi andava di lasciargli il mio contatto Facebook.

Sono passati due mesi e noi ancora ci sentiamo, parliamo anche se siamo distanti tantissimi chilometri e ancora ricordiamo quel concerto e quella musica che ci ha permesso di diventare amici.

Che la musica unisse le persone l’ho sempre sospettato, ma ora, almeno, ho la conferma.

 

La tazza fumante viene abbandonata sul tavolo nel momento esatto in cui la traccia quattro dell’album affiora dallo stereo. La ragazza nota il messaggio presente sul suo cellulare e afferra quest’ultimo, aprendo la chat.

Il suo sorriso si fa largo spontaneo mentre, in risposta a quel semplice saluto, lei scrive:

 

Sai, ti stavo giusto pensando.

 

 

 

  
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