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Autore: Patta97    22/01/2014    3 recensioni
Mary non era con lui. Mary era nel loro appartamento, lontano da Baker Street. Mary non gli avrebbe tenuto la mano durante gli incubi, perché adesso Mary faceva parte di essi.
Momento inserito all'interno di His last vow.
Note: lievemente angst, lievemente Johnlock, Jary, missing moment, SPOILER S3
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Buonasera!
Non so voi, ma io sto ancora tentando di riemergere dal vortice della terza stagione, la quale mi ha lasciato con una botta significativa di feels.
So che probabilmente metà di voi mi odierà dopo questo, ma nonostante io sia shippatrice convinta ed accanita della Johnlock, non ho potuto fare a meno di amare Mary Morstan. Ragazzi, che personaggio. Sembra inevitabile che tutte le donne di questa serie siano fantastiche, da Mrs. not-my-drug-cartel Hudson a Molly io-schiaffeggio-Sherlock-Holmes Hooper. Quindi, d'ora in poi, non potrò fare a meno di scrivere storie dove lei sia presente. Che John la lasci non se ne parla... se avrò bisogno di un momento shipping compulsivo, farò semplicemente finta che lei non esista! :D
Siccome questo non vi interessa... Ho inteso che, durante i tre mesi che passano dallo sparo a Sherlock fino al giorno di Natale, John e Mary non si siano visti e che John sia andato a vivere al 221 B per non stare con lei e per maturare il proprio perdono. Partendo da questa premessa, vi lascio alla storia, se vi va.
Chiara


 


Missing






- John! Watson! Laggiù, sono laggiù! Porca puttana! …Watson!
 
- Avrà visto molte ferite… morti violente… vuole vederne qualcun’altra?
 
- Uomini come Magnussen devono essere uccisi. Ecco perché ci sono quelli come me…
 
John si tirò su a sedere mentre ancora dormiva, le mani sudate come appoggio insicuro sul materasso, il fiatone e il cuore che batteva all’impazzata.
Allungò una mano alla sua sinistra, trovando il letto freddo e vuoto.
Si portò le mani al viso, cercando di ricomporre i pensieri.
Mary non era con lui. Mary era nel loro appartamento, lontano da Baker Street. Mary non gli avrebbe tenuto la mano durante gli incubi, perché adesso Mary faceva parte di essi.
Fuori era ancora buio ma la sua gola agognava un po’ di acqua fresca: probabilmente aveva parlato nel sonno. Probabilmente aveva urlato nel sonno.
Uscì cauto dalla stanza, svegliandosi del tutto nel sentire il freddo dei gradini di legno contro la pianta nuda del proprio piede.
Il 221 B era vuoto. Forse era una delle rare notti in cui Sherlock dormiva o forse era semplicemente uscito.
John si rese conto che non gli importava poi molto.
Afferrò un bicchiere pulito dalla credenza e fece scorrere per un po’ l’acqua del rubinetto.
Quando si sedette sulla sua poltrona in salotto, comunque, si era già dimenticato del bicchiere pieno d’acqua che stringeva nella mano sinistra.
Unì i piedi nudi sul tappeto e pensò che forse avrebbe fatto meglio a farsi un tè.
Mary faceva un tè buonissimo, con il latte. Se si svegliava per un incubo, di notte, trovava Mary accanto a sé, con una tazza di tè caldo fra le mani, pronta ad abbracciarlo finché non si fosse riaddormentato. Gli piacevano, gli abbracci di Mary. Era alta quanto lui, ma in quei momenti gli si modellava addosso, facendosi piccola e facendo sentire lui più grande, più amato, più sicuro.
Lo sfiorava sempre quando gli passava accanto. Se litigavano, bastava un frase irritata ma bonaria da parte di John e un sorriso o una carezza da parte di Mary per fare pace.
Questa volta non sarebbe bastato.
Dio, quanto gli mancava! Tre mesi di lontananza e si sentiva morire dentro ogni secondo di più. Gli aveva mandato un’e-mail, la sera prima, con solo un allegato: la scannerizzazione dell’ecografia del bambino – il loro bambino. Si distinguevano la forma della testa e delle mani. Si succhiava il pollice. La canaglia non aveva voluto dare comunque indizi su cosa fosse però, se un maschietto o un femminuccia.
John aveva sentito gli occhi pizzicare ed aveva stretto le labbra per non cedere a un crollo emotivo, da bravo ex-militare inglese.
Sherlock gli era passato accanto, lanciandogli un’occhiata significativa.
John era tornato a vivere a Baker Street dopo la… chiacchierata con Mary, ma Sherlock era stato dimesso dall’ospedale solo un paio di settimane prima, i primi giorni di Dicembre.
E da allora quasi non gli rivolgeva la parola.
Non lo coinvolgeva nei casi o negli esperimenti, tuttavia lasciava la cucina abbastanza ordinata - niente parti umane nel frigo, almeno -, non sparava al muro e non gli ricordava quanto fosse idiota ogni ventiquattro ore. Era come vivere con un coinquilino ordinario.
Ma Sherlock era tutto tranne che ordinario ed era per questo che John lo amava in quel modo profondo, di quell’amore con cui amava solamente lui e Mary.
Se solo fosse potuto tornare indietro nel tempo a quell’estate, a loro tre insieme, quando si prospettava una vita piena di loro davanti…
 
- John.
 
Si svegliò, sorpreso, trovando il viso di Sherlock vicinissimo al proprio.
Fuori era l’alba e il suo amico odorava di Londra.
Istintivamente, lo sguardo di John volò alla propria mano sinistra, vuota. Sporgendo un po’ la testa oltre il bracciolo della poltrona, vide che il bicchiere miracolosamente intatto era a terra e che il tappeto era leggermente più scuro dove l’acqua l’aveva bagnato.
Sherlock intercettò il suo sguardo e, raccolto il bicchiere, lo andò a posare nel lavello.
Fece per andare in camera sua, ma gli occhi di John lo inchiodarono sul posto.
 
- Mi manca.
 
- Lo so - disse semplicemente Sherlock, sfilandosi il cappotto e sedendosi sulla sponda della poltrona nera, i gomiti sulle ginocchia, allungato verso John.
 
- È incinta… porta in grembo mio figlio.
 
- Non è solo questo.
 
- No, non lo è. Mi manca lei, la mia Mary.
 
- La tua Mary non è lei.
 
- Sì che lo è! – John alzò la voce, che rimbombò nel silenzio ronzante dell’appartamento vuoto. – No, invece, non lo è. E io conosco solo Mary Morstan, la donna che ho sposato. Non so nulla di… lei – i suoi occhi vagarono per un secondo di troppo sulla mensola del camino, dove la pen-drive con su scritto A.G.R.A. stava a prendere polvere.
 
- E non ti importa sapere nulla sul suo conto.
 
- No. Perché, al contrario di quello che pensate tutti, non mi sono innamorato di Mary Morstan perché pensavo fosse una psicopatica. La amo perché mi ha salvato. Perché ha rivoluzionato la mia vita ed è stata la cosa migliore che mi sarebbe potuta capitare. Ed è stata lei a fare tutto questo, senza l’aiuto di...
 
- Dell’assassina?
 
- – John sentì la voce venire meno e prese una boccata d’aria, cercando di calmarsi. - Sì, dell’assassina.
 
- Diglielo. Mia madre sta organizzando qualcosa che suona tremendamente come “Natale in famiglia”, la settimana prossima. Vorrebbe invitare anche te e Mary, sai quanto la adori. Tra pazze si intendono, probabilmente.
 
- Mary non è pazza. Con questo non voglio dire che tu madre lo sia… E comunque non saprei che dire. Non sono molto bravo in queste… cose. Il parlare di sentimenti. E tutta questa storia è troppo… troppo.
 
- Preparati un discorso, allora.
 
- Uh?
 
- Un discorso da adorabile soldatino. Poi dovrai solo ripeterlo a memoria, come una di quelle inutili filastrocche natalizie. Sono disponibile per le prove generali, mettiti d’impegno per buttare giù qualcosa di romantico ed incisivo. Non dovrà risultarti particolarmente difficile.
Si alzò dalla poltrona con una mezza piroetta, tentando nuovamente di dirigersi verso camera sua.
Venne fermato un’altra volta.
 
- Sherlock… Perché mi stai aiutando?
 
Un centinaio di motivazioni passarono la mente di Sherlock nel giro di un secondo. Il suo “se stesso” del Palazzo Mentale afferrò il foglietto con la scusa più banale, tentando di cestinare quelli più dolorosamente ingombranti.
- Farei di tutto per il mio blogger.
 
John si fece scappare una piccola risata al pensiero di quanti secoli sembravano essere passati da quando Sherlock gli si era rivolto con quell’espressione per la prima volta. Prima di Mary, prima della caduta, persino prima di Moriarty… Occhi lucidi presero il posto del sorriso e rivolse al proprio migliore amico - solo questo? - un secco cenno del capo, con fare quasi militare.
Il detective si congedò con un sorriso e sguardo trafitto dall’emozione.
  
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