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Autore: Kuri    07/06/2008    6 recensioni
"E per l’ennesima volta è ancora estate. Gli yukata leggeri vengono tirati fuori dalle loro buste di plastica, il condizionatore riprende a riempire tutta la casa del suo quieto ronzio. E come ogni estate si rinnova questo rito, da anni e anni e anni, questo aggrapparsi ostinatamente alla memoria per non andare alla deriva."
Satsuki è cresciuta. Ha diciassette anni e vorrebbe solo essere felice, vorrebbe solo potergli dire che lo ama. Ma ci sono troppe cose che non conosce del passato delle persone che la circondano.
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Inizio


Sollevo lo sguardo verso l'alto, e non posso impedirmi di sorridere felice.
Come sempre, dall'ultima volta che mi sono trovata sotto l'appartamento settecentosette, è passato un anno. Un lungo anno fatto di un autunno piovoso, un inverno dalle luci vivide nell'aria tersa, e una primavera di trepida ansia per gli esami di fine anno, il diploma e l'esame di ammissione all'università.
Appoggio la mano aperta sul cappello, per evitare che il vento marzolino me lo porti via, mentre me ne sto con il naso all'insù e le nubi, bianche e soffici come spumose meringhe, scorrono sulla tavolozza turchese del cielo.
In una tasca degli skinny si trovano un paio di chiavi, nell'altra una busta chiusa, la cui presenza basta a farmi battere il cuore all'impazzata.
È strano come a vent'anni di distanza la stessa strada conduca me di fronte a questo palazzo di mattoni rossi in stile occidentale, come è successo per mia madre.
Come se tra i caseggiati dal gusto retrò e le sponde erbose del fiume corresse una strada dei sogni.
Il mio è a poco più di un passo. È necessario avanzare solo di pochi centimetri.
C'è voluta molta fatica per arrivare fino a qui. Ci sono voluti i sacrifici dei miei genitori, l'entusiasmo del desiderio smodato di crescere, e tante lacrime.
Io, le mie, credo di averle versate tutte l'anno scorso, quando l'estate ha lasciato il posto alle foglie secche e accartocciate dal freddo dell'autunno. Sicuramente la delusione che ho ricevuto da Shin e Reira sarà quella meno dolorosa della mia vita, ma so con certezza che è stata la più importante, quella che mi ha permesso di essere qui, ora, e di sorridere con il cuore colmo di serenità.
Quando mi ritrovai tra le braccia di Naoki e di mia madre, l'anno scorso, avevo creduto che non sarei mai più stata felice. Quando vidi il volto malinconico di mio padre, abbandonato dalla donna che per lui era stata tutto, avevo creduto che sarebbe stato impossibile avere nuovamente qualcosa di bello tra le mani.
Non abbiamo più saputo nulla di loro. Oppure, se anche Naoki e la mamma sono riusciti a mettersi in contatto con loro, hanno avuto la delicatezza di non dire nulla a me e papà. Ma questo per me non ha alcuna importanza. Ho ritrovato mio padre, che è rimasto in Giappone visto che non aveva più nulla da fare all'estero. Ho ritrovato mia madre che mi ha detto tutto quello che non sapevo di lei, i suoi sogni quando aveva la mia età, i suoi dolori, le delusioni grandissime e i mille insignificanti dettagli che costellavano le sue giornate.
Sono cresciuta. Sono diventata grande. E sto per compiere il primo passo verso l'inizio della mia vita.
Non c'è stato un vero e proprio cambiamento e non ho sicuramente iniziato da una giorno all'altro a fare qualcosa di diverso, o di più adulto.
Più semplicemente tutto ha acquisito una prospettiva diversa rispetto al mio punto di osservazione, come se avessi salito un paio di gradini per vedere un pezzetto più vasto di orizzonte.
Entro nell'atrio fresco, immerso nella penombra.
Sette piani senza ascensore in un palazzo dal gusto così particolare.
Esattamente come vent'anni fa, quando tutto è iniziato nell'appartamento settecentosette. Prima ancora che io fossi anche solo un piccolo pensiero nella testa della mia mamma, forse nulla di più che un sogno molto vago proiettato in un futuro incerto.
Invece sono qui, arrivata quando nessuno se lo sarebbe aspettato, e salgo le scale, ventuno rampe che si arrampicano quasi fino al cielo, mentre canticchio a bassa voce una delle vecchie canzoni della band di papà. Cancello con le mie parole tutte quelle dette in passato da Reira, e riscrivo la mia melodia.
Quando arrivo di fronte alla porta dell'appartamento, infilo le mani in tasca. Strattono le chiavi, che si sono incastrate in uno degli strappi della stoffa, mentre la borsa a tracolla mi scivola di lato e il cappello mi cala sugli occhi.
«A...aiuto!» esclamo mentre ondeggio incespicando sui lacci sciolti delle Converse. Un tiro più forte fa scattare le chiavi contro la porta di legno, mentre io mi ritrovo con il sedere per terra e tutte le mie cose sparse intorno.
La porta accanto a quella dell'appartamento settecentosette si spalanca di colpo e un ragazzo si affaccia sul pianerottolo, fissandomi stupito dietro le lenti degli occhiali.
«Ahi!» mi massaggio la coscia mentre tento di rialzarmi.
«Tutto bene? Ti sei fatta male?» si rivolge a me in modo molto compito, arrossendo appena quando lo guardo a mia volta.
«No, non ti preoccupare... è colpa mia che sono un disastro!» mi rimetto in piedi e mi avvicino a lui di un passo. Porta i capelli a mezza lunghezza, con un ciuffo che gli scende su lato destro del viso e gli da l'aria da bravo ragazzo.
«Sei la nuova inquilina?» indica con il dito sottile l'appartamento.
Sorrido.
«Sì.»
Quando ho chiesto a mamma e papà di lasciarmi vivere nell'appartamento settecentosette, c'è mancato poco che non gli venisse un colpo. Hanno protestato che ero troppo piccola, che non mi avrebbero mai permesso di imbarcarmi in un tale insensato-colpo-di-testa.
Ma ormai avevo deciso. Era arrivato il mio momento per spiccare il volo.
«Mi chiamo Satsuki Ichinose!» esclamo allungandogli la mano tesa.
Lui avvampa, poi porge anche la sua, ghiacciata.
«Kazuo. Kazuo Takeshima.»
«Settecentosei.»
«Già.»
Si crea un attimo di imbarazzo tra di noi, mentre io recupero le mie cose.
«Beh, allora ci vediamo, Kazu!»
Il suo rossore aumenta ancora di più, mentre il cellulare inizia a squillare dentro la tasca dei suoi jeans.
«Telefono.» dico con un sorriso, inclinando la testa di lato.
«Ah!» esclama lui. Il suo imbarazzo è evidente, e mi intenerisce. Prende il cellulare e se lo porta all'orecchio.
«Buongiorno, avvocato Takagi... sì, è tutto pronto...»
Faccio appena in tempo a sentire quelle parole prima che lui possa richiudersi la porta alle spalle.
Sorrido.
E le chiavi tintinnano, sono come una musica mentre entro nell'appartamento illuminato dal sole. La mamma ha insistito tantissimo per poterlo ripulire prima che mi ci trasferissi, e ora tutto è pronto. Nell'armadio rosa dalla linea anni cinquanta ci sono già i miei abiti, come gli mp3 sono già caricati nello stereo. Ogni cosa è stata pianificata con attenzione, e in ogni oggetto, nella cura con cui è stato predisposto, sento l'amore della mamma. Non per Nana, non per la vita che hanno avuto insieme tra queste pareti tanto tempo fa, ma per me.
Si è liberata dal passato guardando nel mio futuro.
Mi avvicino al tavolo colpito dal sole caldo.
Prendo la busta che ancora se ne stava stropicciata in una tasca dei pantaloni. La guardo a lungo, un rettangolo bianco dove si trova scritto il mio nome negli asettici caratteri formali di un computer.
Strappo con lentezza il lato corto. Le mie dita tremano un po'.
Spiego la lettera e i miei occhi corrono così veloci sugli ideogrammi che ho bisogno di qualche istante per capire il significato di quelle parole.

“Gentile Signorina Ichinose, siamo lieti di comunicarLe che...”


Un tremito, gli occhi che si chiudono, le orecchie che rombano per il flusso violento del sangue.
Ce l'ho fatta. La luce che entra dalla finestra colpisce il foglio bianco su cui è riportata la notizia più bella che mi avessero mai potuto dare. La porta del mio sogno si è spalancata.
Sopra tutti i dolori, oltre ogni difficoltà, tutto inizia da qui.
«Yatta!»





   
 
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