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Autore: Phantom13    25/01/2014    3 recensioni
Storia che si svolge in seguito agli eventi di Twilight Princess.
Un eroe che non vuole essere tale, costretto a dover affrontare le conseguenze delle sue azioni: sopportare gli sguardi piedi di venerazioni, di rispetto e gratitudine profonda della gente. Una vita di gloria che lui, l'eroe del Crepuscolo, abituato a combattere nelle ombre, silenziosamente, invisibile a tutto e a tutti, non vuole.
Quando la Triforza chiama, lui deve rispondere, volente o nolente.
Dal capitolo cinque:
"Compagni di un destino condiviso da millenni a quella parte; condannati a dover combattere un’eterna battaglia senza fine nel nome della Triforza; qualche volta erano stati amici, altre volte qualcosa di molto di più, ma non quella volta. Entrambi avevano la consapevolezza di essersi già conosciuti in ère già morte."
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In questa fic, l'atmosfera generale sarà sul serio-triste, com'è lo stile di Twilight Princess. Non aspettatevi dunque una storia d'amore tra Link e Zelda. Sarà più che altro una fic che (si spera) faccia riflettere.
Genere: Avventura, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Link, Princess Zelda, Un po' tutti | Coppie: King of Red Lions/Daphnes Nohansen Hyrule
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
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Avevo detto che avrei aggiornato a breve ... 
Phantom merita una grandegrande punizione. Troppo tempo passò dall'ultimo aggiornamento!!!
Ora, però, finalmente il nuovo capitolo è pronto!!
Casomai vi interessasse saperlo, questo è il capitolo che mi è piaciuto di più dall'inizio di questa storia ^v^ Phantom si dichiara pienamente soddisfatta del risultato.
Non so se anche voi la penserete come me, ma io semplicemente ADORO questo capitolo ^v^ che, bisogna dirlo, gode di un'atmosfera più "rilassata" e "famigliare" rispetto al resto della storia u.u 
ora la smetto di cianciare e vi lascio alla lettura.
Come sempre, Phantom ce la mette tutta!!!

Ancora, scusatemi davvero per il ritardo XD



 
Capitolo 6


 
Ci furono due, anzi, tre sensazioni brutalmente contrastanti che si impossessarono dell’animo di Link, quando aprì la porta e si ritrovò a fissare i grandi, dolcissimi occhi color foresta della sua migliore amica.
La prima sensazione era di immensa gioia, un calore che partiva da cuore e si espandeva per tutto il resto del corpo.
La seconda sensazione era di gelo. C’era una ragazza (quella ragazza) alla sua porta e lui era praticamente in mutande. Non letteralmente, ma quasi. I pantaloni c’erano, ma tutto il resto della sua figura era talmente stropicciato da renderlo ben oltre l’impresentabile, circa come se fosse stato effettivamente in mutande.
La terza sensazione era di rabbia verso sé stesso per la sua prima e seconda reazione. Loro erano sempre stati amici, avevano sempre condiviso tutto. Quindi non c’era motivo di sentirsi tanto raggianti e tanto umiliati per averla ora davanti agli occhi. E non c’era motivo di essere così apprensivo circa il proprio aspetto e la propria presentazione dinnanzi ad un soggetto femminile.
Fra le tre fazioni si scatenò una vera e propria battaglia, all’interno del cranio dell’hylian, che si manifestò esteriormente con interminabili secondi di silenzio.
-Ciao, Link!- ruppe il ghiaccio lei. –Ho visto Epona sotto casa tua, e così ho pensato che fossi tornato.-
-Sono giusto sceso di sella cinque minuti fa.- riuscì a gracchiare Link. –Entri?- chiese l’hylian, facendo un gesto con una mano verso l’interno della sua modesta casetta ancorata alla base del grosso albero secolare che torreggiava sul villaggio di Tauro.
Iria sorrise, annuendo.
-Se mi concedi un minuto, mi metto dei vestiti decenti e mi rendo presentabile.- disse Link, ridacchiando.
Iria sbattè le palpebre. Poi rise. –Come vuoi, a  me non cambia di certo. Volevo solo vedere se stessi bene e, magari, anche scoprire se ti va di venire a cena da noi.-
Ecco. Da quanto la prima preoccupazione di due amici di infanzia, che si incontrano a fine giornata, è quello di verificare se l’altro è sopravvissuto o meno?
Solitamente, si chiede com’è andata, ti sei divertito, cos’è successo. Non “volevo controllare che il cavallo non fosse tornato a casa per abitudine, ma che sulla sella c’eri anche tu”. Forse, era semplicemente lui, un po’ troppo paranoico .
-La cena sarebbe davvero un’ottima idea.- lanciò uno sguardo sconsolato verso il focolare spento. –Proprio non avevo voglia di cucinare.-
Iria rise. –Sempre il solito pigrone, eh?-
A Link scappò un sorrisetto mesto. –E chi ha voglia di cucinare dopo una giornata passata a correr da un capo all’altro del Regno?-
Ogni volta che incrociava quello sguardo, quegli occhi di smeraldo di Iria, la sua mente non faceva mai a meno di ricordargli quanto poco era andato vicino dal perderla per sempre. Rivide in un lampo l’immagine soffusa di lei che cadeva, con una freccia conficcata nella schiena.
Scosse la testa, attraversando la stanza in direzione della cassapanca con i vestiti. Sentì Iria sedersi sul divano, abbandonandosi ad un profondo sospiro.
Loro due erano sempre stati uniti. Fin dall’età di tre anni, quando il capovillaggio trovò un piccolo bimbo hylian abbandonato in una cesta davanti ai cancelli di legno della Fonte. Da quel giorno, lui e la piccola Iria erano diventati inseparabili.
Battaglie di fango, nascondino tra i cespugli, bagni nel fiume, agguati alle capre, scherzi a chiunque capitasse a tiro, rapine ai biscotti, battute di pesca, assalti a orde di mostri immaginari, fendenti di spade di legno, pomeriggi passati sdraiati nell’erba di un prato, evasioni notturne per andare a dormire a casa dell’altro, condivisione delle seguenti punizioni, sostegno reciproco, cieca fiducia, indissolubile affinità, amicizia eterna, per sempre e comunque. Pomeriggi, mattinate, giornate, notti, serate, primavere, estati, autunni, inverni.
Poi lui era diventato grande abbastanza per poter aiutare gli adulti con i raccolti nei campi e con le capre. Il tempo insieme era diminuito, ma nulla di insostenibile. Poi era cresciuto ancora e il lavoro era aumentato e i momenti di svago ridotti nuovamente, ma il loro legame era rimasto immutato. Al contempo, la sua natura di hylian si aguzzava: maggior agilità, udito più fine, maggior resistenza, la Triforza …
Lui era diventato un uomo che lavorava, lei una donna, forse un po’ troppo ribelle, ma pur sempre una deliziosa creatura.
Poi erano arrivati i bokoblin ed era nato il più grande disastro delle loro vite. Lui aveva indossato la Tunica Verde ed era diventato praticamente un semi-dio, lei era rimasta invisibile. Lontana. Link, per quanto si malediceva continuamente per questo, non osava avvicinarsi a lei. Aveva sempre paura che qualcuno o qualcosa l’aggredisse con l’intento di ferire lui.
Aveva l’ossessione che lei potesse rischiare di nuovo la vita, come già era successo, per colpa sua.
Dubbi non espressi da entrambe le parti. Erano cambiati moltissimo tutti e due, ne erano coscienti. Ma non ne parlavano. Sapevano, e basta. A loro bastava uno sguardo solo per leggere l’animo dell’altro.
Quella comunicazione interna sviluppatasi nel tempo di una vita. Quella loro affinità.  Le parole non erano necessarie per comunicare.
Lui non osava avvinarsi per il rischio di metterla in pericolo?
Lei aveva il costante terrore che il suo migliore amico, il suo Link, non tornasse a casa la sera, che incontrasse un mostro più ostinato degli altri, di ritrovarlo morto da qualche parte o non ritrovarlo affatto, di vederlo tornare grondante di sangue.
Iria aveva, in cuor suo, a consapevolezza del fatto che Link non voleva quella vita. Ed era ciò che distruggeva nel profondo il cuore di Iria. Vedere il suo migliore amico soffrire in silenzio e non sapere cosa dire per aiutarlo. Né Link sapeva come fare per rassicurarla.
Avevano patito entrambi molti dolori, durante la disavventura che aveva coinvolto l’intera Hyrule. Si erano presi un pomeriggio, che era stato protratto fino all’alba, per raccontarsi esattamente ogni dettaglio che avevano vissuto.
Iria voltò indietro la testa, intravvedendo la sagoma di Link che estraeva una maglia dalla cassapanca. Quando lui si sfilò la giubba che già indossava, la ragazza rabbrividì quanto vide le tre cicatrici parallele, lasciate da una grossa zampata artigliata, che gli attraversava quasi per intero la schiena.
Non fece domande, semplicemente, si volse in avanti, posando distrattamente gli occhi sulla tunica verde, abbandonata sull’altro versante del divano. Poco oltre, la Spada Suprema infoderata, vicino alla sella di Epona.
Quante cicatrici …
Troppe.
Un tempo il suo migliore amico aveva gli occhi color dell’acqua del torrente che tagliava in due Tauro. Un azzurro liquido, dolce, morbido, che rifletteva le volte del cielo. Poi, dopo, quell’azzurro si era indurito, l’acqua del fiume era ghiacciata, nel cielo s’era fatto inverno.
Cicatrici sulla pelle, cicatrici sul cuore.
Lui era cambiato. Gli occhi erano il primo indizio, la postura era il secondo.
Camminata era più silenziosa, rapida, cauta. Il passo di chi è pronto ad attaccare e venir attaccato.
La schiena era più dritta, le braccia più forti, muscoli più delineati. E la Triforza sul dorso della mano.
Una luce arcana gli splendeva nelle pupille, ora, ombre di ricordi di ère passate, saggezze di altri mondi, ombre di battaglie e spade incrociate.
Là in mezzo, da qualche parte, c’era anche lui, il suo migliore amico, oltre che l’Eroe.
A lei andava bene comunque, quando incrociavano gli sguardi, in lui risorgeva il suo amico. A lei bastava quello, era sufficiente riavere per sé il suo Link, anche se per la maggior parte del giorno vestiva i panni di un altro. A volte, agiva in modi che il Link della sua infanzia non avrebbe nemmeno mai contemplato. Certi atteggiamenti, certi movimenti, i sensi sempre pronti a scattare.
Era cambiato.
La disavventura con il Crepuscolo l’aveva cambiato.
Ma, del resto, non si diceva proprio che ogni singola cosa, ogni singolo essere vivente cambia e muta nel corso della sua esistenza?
Guardando Link, in altre occasioni, con indosso quella tunica verde, aveva realmente compreso e assimilato il fatto che lui era diventato un uomo fatto e finito. Non più un ragazzino. Un uomo. Hylian, nel suo caso, ma comunque un uomo. Era un guerriero.
Esperienze a tonnellate, battaglie senza numeri, gli occhi di chi a visto e di chi sa.
La spensieratezza e l’innocenza erano solo ricordi lontani di una vita passata.
Ma quello valeva circa per tutti, lì a Tauro. In altre zone di Hyrule, invece, non s’erano nemmeno accorti del rischio mortale che avevano corso. Ma rendevano onore ugualmente al portatore della Triforza.
-Pronto.- annunciò Link, comparendole davanti, vestito di nuovo civilmente.
Lei gli sorrise, sentendosi ancora un pochetto in colpa di esser piombata lì a quel modo, senza preavviso alcuno, prendendo il Leggendario Eroe di sorpresa.
Uscirono.
L’aria fresca della sera punse loro il viso mentre il cielo infuocato dal tramonto cominciava a spegnersi. Dopo il crepuscolo venne la notte.
Loro camminavano sull’erba, muovendosi verso la casa del capovillaggio. Non c’era anima viva per le vie di Tauro, tutti erano rintanati a casa, seduti attorno ai tavoli, pronti a consumare la cena con i loro cari. Innumerevoli fragranze inondavano quella quiete serale, sottili strisce di fumo si levavano dai vari comignoli. Lame di luce colavano fuori dalle finestre o dalle imposte accostate o da sotto gli stipiti delle porte, lasciando intuire alla fantasia il tepore che doveva per forza regnare all’interno. L’acqua del fiume frusciava placida mentre un soffio di vento agirò le cime dei grossi pini, alle loro spalle.
Loro due camminavano, vicini.
-Qual è stata, questa volta, la ragione per cui ti hanno chiamato al Borgo?- chiese Iria.
Link volse appena la testa verso di lei, decidendo in fretta se dirle tutto o meno. Esitò un attimo, prima di rispondere. –Gli Zora hanno avuto un problema, un mostro è entrato nel loro territorio e ha fatto prender loro una paura tremenda. Quando sono arrivato io, però, non c’era più nessun mostro. Solo acqua.-
-Ah.- Iria alzò il naso verso il cielo, già punteggiato dalle prime stelle. –Quindi te ne vai anche domani?-
-Già.-
Una pausa.
-Tornerai per cena?- chiese ancora Iria.
Link sorrise. –Non so. Forse. Dipende.-
Attraversarono il piccolo ponticello di legno che univa i due lembi di Tauro, tagliati dal ruscello. Appena oltre, v’era la casa di Iria e Bob, il capovillaggio.
Salirono i tre gradini che conducevano all’uscio, bussarono lievemente ed entrarono.
La visione di Bob, con tutta la sua massa, agghindato in un grembiule ricamato a fiori, intento a rimestare in un pentolone colmo di stufato, lasciò interdetto Link. Il mastodontico capovillaggio si voltò dalla brace e sorrise ai due nuovi arrivati.
-Ah! Iria aveva visto giusto, allora: sei tornato davvero!-
Link sorrise. –Ho fatto giusto in tempo a scender da cavallo ed entrare in casa che tua figlia ha bussato alla porta.-
Bob rise di gusto, con quel suo profondo vocione. –Resti a cena, dunque? Ovvio che sì, altrimenti Iria non sarebbe mai riuscita a farti uscire di casa. Avrai fame, presumo.- Link allungò il collo, studiando il contenuto della pentola e constatando che il capovillaggio aveva decisamente toppato le dosi: quello stufato sarebbe bastato per tutto l’esercito di Hyrule. Altro che per loro tre soli! Bob continuò, sorridendo, gioviale. –Dovrai pazientare ancora un attimo, purtroppo. Non è ancora pronto.-
-Nessun problema.- Link fece un gesto con la mano. –Credo di avere ancora un certo margine di autonomia prima di crollare a terra.-
Bob rise ancora. –E bravo il mio ragazzo!-
Iria, qualche passo più indietro rispetto a Link, aveva seguito con occhi scintillanti l’intera conversazione, spostando lo sguardo da uno all’altro. Un timido sorrisetto le aveva piegato le labbra senza motivo. Nessuno dei due uomini, però, parve notarlo.
Lentamente, si mosse avanti e, sfruttando una piccola pausa del dialogo, sfiorò con le dita una manica a Link. –Vieni su?- gli chiese, accennando alle scale che portavano in camera sua. –Vorrei farti vedere una cosa che ho trovato proprio oggi frugando in cantina.-
Gli occhi azzurri dell’hylian si voltarono verso di lei. –Certo.- sorrise.
Bob ridacchiò –Vi chiamerò quando sarà pronta la cena.-
Ma i due erano già arrivati a metà della scala che cingeva il fiano dell’ampia stanza che fungeva da salotto, da cucina e da camera da letto del capovillaggio. Ovviamente, lo spazio a disposizione era davvero molto rispetto a quello delle altre abitazioni, più piccole di quella grande casa. A volte, quasi fin tropo grande per due sole persone, diceva talvolta Iria quando si faceva cogliere dalla malinconia al ricordo della madre, defunta ormai da quasi quindici anni.   
Raggiunsero il piano superiore, occupato da una libreria, da un piccolo tavolino con seggioline, e dalla camera di Iria. Il letto foderato da una trapunta rosea era situato proprio sotto una stretta finestrella, sul cui davanzale la ragazza aveva sistemato un vaso contenente un unico, ricurvo fiore. Una vecchia bambola di pezza giaceva sul cuscino, una posizione di grande onore. Link sorrise, ricordando i pomeriggi di pioggia che aveva passato in quella stanzetta con Iria, a sfogliare libri, a raccontarsi storie di paura. Ricordò anche, forse con una punta di reticente timore, tutte le volte che la ragazzina l’aveva forzato a giocare a prendere-il-tè con lei, cosa che lui aveva sempre rifiutato e che aveva generato risse furibonde.
Notò con stupore il rozzo cavallino di legno* sulla mensola della libreria ai piedi del letto di Iria. Gliel’aveva intagliato lui, quel cavallo, come regalo per il decimo compleanno di Iria. Sorrise. Non sapeva che lei l’avesse ancora.
Iria, intanto, si era inginocchiata davanti al comodino e, apertone un cassetto, aveva estratto un polveroso ammasso di pagine rilegate da una copertina di cuoio talmente malconcia che ci sarebbe stato da stupirsi che fosse rimasta integra fino a quel giorno.
La ragazza si sedette sul bordo del letto, invitando Link a fare lo stesso. Hylian e umana guardarono affascinati il vecchio manoscritto. –Cos’è?- chiese Link, sfiorandolo con un dito. Non era tanto spesso, come libro, sembrava più un vecchio quaderno per appunti.
Lo sguardo di Iria si fece malizioso. Lei già sapeva la risposta, ma voleva tenerlo sulle spine. Con lentezza snervante aprì cerimoniosamente il libro, mostrando al trepidante amico il contenuto.
Era illustrato. All’interno, sulle sgualcite pagine giallognole vi erano rappresentati, con inchiostro ormai in parte sbiadito, archi e frecce di tutti i tipi immaginabili, accompagnati da descrizioni a parole, talvolta lunghe appena poche righe, altre volte interi paragrafi.  
Link sgranò gli occhi, vivamente sorpreso da ciò.
Erano illustrate le piante migliori con cui fabbricare un arco. Tutti i tipi di rami e legni per ottenere ogni tipo di arco immaginabile, dal più rigido, al più morbido, dalla corta o dalla lunga gittata. Alcune pagine erano dedicate alla dimensione dell’arco, i pro e i contro di quelli corti e di quelli lunghi in rapporto ai tipi di risultati ottenibili e alla prestanza fisica dell’arciere.
Poi il libretto spiegava come costruirlo, l’arco, e istruiva sulla tecnica migliore per scegliere e tagliare il ramo che sarebbe in seguito divenuto l’arma. Nelle pagine successive v’erano disegni e spiegazioni scritte su come fabbricare la corda, con attente raccomandazioni al riguardo, sia sulla scelta del materiale che sull’accuratezza della fune a dipendenza della gittata che si vorrebbe ottenere. Poi si passò alle frecce e i vari modi per costruirle. Erano disegnate le varie aste, le tecniche di lavorazione, di taglio, e le piante da cui trarre il legno necessario. Il tutto sempre accompagnato da descrizioni a parole oltre che tramite miniature. C’erano poi i vari tipi di punta applicabili alla freccia: quelle d’osso, quelle di metallo, quelle di pietra, quelle di legno. V’erano anche accurate istruzioni su come renderle aguzze senza creare squilibri durante il volo. C’era anche una serie di miniature riguardanti il modo di legare la punta all’asta della freccia, diverse tipologie di nodi e legacci.
Il pennacchio del dardo occupava in spiegazioni e disegni circa quattro o cinque pagine. Tutti i tipi di penne utilizzabili, i vari tipi di uccello, i pro e i contro di ogni penna rispetto all’altra, la rigidezza o la flessibilità di queste e le rispettive gittate, i modi migliori per sagomare e fissare le penne alla arte terminale della freccia.
E poi si passava agli aspetti pratici. Come tenere la freccia, le misure precauzionali da prendere, la posizione ideale di un arciere, come situare braccia e gambe prima e dopo e durante lo scocco. Gli appunti poi deviavano su osservazioni di tipo meteorologico, quindi come impostare il tiro a seconda del vento, dell’umidità, della posizione del sole, della vegetazione circostante.
Gli occhi di Link scintillavano sempre più, man mano che voltava le pagine, avidamente, curioso sempre più. Va bene che lui aveva già avuto occasione di conoscere in prima persona l’arco, ma non s’era mai soffermato su quelle infinite sfaccettature, si tipi di legno o di penne. In quel libro erano racchiusi anni di esperienza e osservazioni di un arciere che, anni e anni prima, era passato o addirittura vissuto a Tauro.
Svogliava il libro, come incantato, mentre Iria studiava lui con la stessa attenzione. Ci aveva visto giusto, allora, pensò la ragazza, a Link quel piccolo libro piaceva moltissimo.
-È meraviglioso- commentò semplicemente l’hylian, ammaliato.
-Sapevo avrebbe suscitato il tuo interesse.- disse piano Iria.
-Come l’hai trovato?- domandò Link, alzando lo sguardo dalle carte sgualcite per la prima volta da quando il libro era stato aperto.
-Te l’ho detto. Frugavo in cantina e m’è capitato per le mai. Anzi, a dir la verità m’è caduto in testa, e ancora non ho capito da dove.-
Gli occhi dell’hylian lasciavano chiaramente intendere che volesse chiedere qualcos’altro, così come quelli di Iria tradivano un secondo intento ancora non espresso, nel mostrare all’amico quel ritrovamento. Nessuno dei due ebbe però il tempo di parlare. Dal piano di sotto giunse il vocione di Bob. –La cena è pronta!-
I due si guardarono ancora per un po’, promettendosi silenziosamente di tornare sull’argomento più tardi. Si alzarono e si avviarono alle scale, il delizioso profumo di stufato, di funghi e di castagne li investì.
Lo stomaco dell’Eroe ululò senza ritegno. Iria ridacchiò. –Sei proprio al limite, amico mio.-
Link storse il naso, con fare giocosamente offeso.
Iria rise. Si sedettero a tavola, constatando con gioia le abnormi dimensioni delle porzioni situate in ogni piatto. Stufato di cervo, con salsa ai funghi e di castagne, accompagnato da patate.
Senza pudore alcuno, si gettarono tutte e tre all’arrembaggio.
 

* il cavallno di legno nella camera di Iria, così come il fiore sul davanzale della finestra (e forse anche la bambola, ma di quest'ultima non sono così certa) esistono davvero all'interno del gioco. La prossima volta ce inserte il disco di Twilight nel vostro Cube o nel Wii, fate un salto nella cameretta della dolcissima Iria a dare un'occhiata ;) 
Lode eterna agli "arredatori" di The Legend Of Zelda! Ogni volta che si gioca a Twilight, si scoprono cose nuove ^v^ 
solo i migliori riescono a fare ciò. 
ok, ora la smetto -.-' 
  
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