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Autore: mattmary15    27/01/2014    3 recensioni
Lei allungò una mano e gli spostò una ciocca di capelli dal viso. Lui inspirò cercando di raccogliere il profumo della sua pelle, la guardò dritta negli occhi azzurri come il mare e disse solo poche parole. Sempre quelle.
“Saori, lo sai”
Le disse con un sospiro, come se una malinconia antica di mille anni volesse farsi largo improvvisamente.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gemini Saga, Nuovo Personaggio, Pegasus Seiya, Saori Kido
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il destino di una vita intera'
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Capitolo VII : La vita salvata da Hyoga
 
Asgaard non era cambiata. La città fortezza abbarbicata su quello spuntone di roccia innevata e sferzata dal gelidi venti non sembrava né migliore né peggiore di quella da cui era letteralmente fuggito dieci anni prima. Dimostrazione di forza della creazione dell’uomo. Immutabile vestigia di un dio muto e solitario.
Hyoga era stato accompagnato da Mizar al cospetto di Orion. A quanto pareva, la regina non poteva ricevere visite a seguito di una leggera influenza. Il cavaliere del cigno era stato ricevuto con tutti gli onori ma Hyoga, col cuore, udiva le parole non dette, i rimproveri di coloro che, per un breve lasso di tempo, aveva chiamato compagni. Ci aveva messo poco infatti a comprendere che non avrebbe potuto mai avere altri ‘compagni’ al di fuori di Seiya, Ikki, Shiryu e Shun. Ne avevano passate troppe assieme perché il loro legame potesse essere sostituito da quello nato con i cavalieri di Odino.
Hyoga notò che, oltre ad Hilda e ovviamente Flare, nella grande sala del trono era assente anche Artax. Lo scranno riservato al guerriero di Sleipnir era vuoto. I cavalieri del nord si congedarono tutti velocemente quella sera compreso Orion che, certamente, doveva tornare da Hilda. L’unico che dimostrò un cenno di comprensione per la situazione nel suo complesso fu Argor il quale, seduto sullo scranno di Mizar, gli lanciò una bottiglia di vodka.
“Bevi. Ne hai bisogno mi sembra” disse aprendone un’altra e trangugiando un lungo sorso.
Hyoga si attaccò alla bottiglia e lo imitò.
“Credevo che mi avrebbero lasciato alle calcagna Mizar. Se mi hanno affidato a te vuol dire che non sono più il benvenuto qui.”
Argor sorrise.
“E ti stupisci? Dopo il modo in cui hai lasciato Flare?”
Hyoga prese un altro lungo sorso di liquido trasparente e sospirò.
“Non mi giustificherò con te per quello che ho fatto. Ho agito in coerenza con i miei sentimenti allora e l’ho fatto anche oggi tornando. Visto che hai avuto la generosità di parlare con me, vorresti dirmi dove sono Flare e Artax?”
Argor posò la bottiglia in terra e poggiò i gomiti sulle ginocchia lasciandosi andare ad un gesto di sconforto.
“Io non ti giudico per le tue azioni di dieci anni fa. Siamo simili noi due. Io ritengo, come te, che la verità, per quanto terribile, sia meglio di qualunque bugia. Lo so per esperienza personale. Tuttavia hai gettato la disgrazia su Flare. Non si è mai ripresa dalla tua partenza. Le donne sono creature strane. Vivono di piccole cose. Un bacio, il ricordo di un’emozione provata, una promessa. Cose impalpabili che lo scorrere del tempo allenta e distrugge mentre la vita va avanti impietosa. A pensarci bene forse non solo le donne sono vittime, in tal senso, delle emozioni.” disse alzandosi e raggiungendo una finestra che dava sul profondo dirupo sotto la statua di Odino. Il freddo aveva gelato i vetri. Argor si attaccò ad una delle pesanti tende.
“Artax giace in un letto in fin di vita.”
Hyoga sobbalzò.
“Che gli è successo?”
“Ha affrontato, per così dire, il generale degli abissi a cui Flare ha consegnato uno degli oggetti del tesoro di Odino macchiandosi del reato di alto tradimento.”
“Tradimento? Flare? Ma è assurdo! Lei ama la sua gente, non la metterebbe mai in pericolo alleandosi con un nemico di Asgaard. Nettuno poi!”
“Ti dico che è così. Ha sottratto un potente artefatto da una delle camere del tesoro di Asgaard a cui hanno accesso solo lei ed Hilda. Artax è intervenuto per riprendere l’oggetto. L’ha trovato Mizar in fin di vita durante una perlustrazione.”
“E dov’è adesso Flare?”
“Nelle segrete di palazzo, sorvegliata a vista da Thor. Se vuoi vederla dovrai farlo domani poiché fra due giorni verrà giudicata dal consiglio degli anziani”
“Giudicata? Che succederà se la riterranno colpevole?”
“La pena per l’alto tradimento è la morte per decollazione.”
Hyoga chiuse gli occhi e strinse i pugni. Non poteva permettere che Flare morisse. Già una volta l’aveva fatta fuggire dalle prigioni di Asgaard, ma ora sarebbe stata la cosa giusta da fare?
“Cosa dovrebbe fare o dire per evitare la condanna a morte? Hilda non può concederle grazia?”
Argor si voltò e lo guardò negli occhi.
“Non c’è nulla che Hilda possa fare. Ha sottratto il Ragnarock un artefatto magico del tesoro di Odino che consente a chi ne ha il potere di evocare le anime. Quello che Nettuno potrebbe fare con un oggetto come quello è impossibile da stabilire con certezza. Se non dirà che è stata costretta o ingannata, non si salverà. Per aiutarla Artax, ferito a morte, ha sostenuto che il generale degli abissi l’ha minacciata. Ha chiesto ad Orion di tenere presente la sua versione dei fatti. E’ solo per questo che la principessa è ancora viva. Tuttavia nessuno crede alla versione di Artax. Sono anni che vive isolato da tutto e tutti per vegliare su Flare. Lui la ama.”
“Ha guadagnato tempo comunque. Fammi parlare con lei.”
Argor abbassò per un momento lo sguardo e parlò.
“Vieni con me. Tanto peggio di così non può andare!”
I due si incamminarono lungo i corridoi deserti del palazzo e si infilarono lungo una stretta scala che scendeva di diversi piani fino ad una spessa inferriata. Due guardie la sorvegliavano. Argor diede loro la bottiglia di vodka e uno dei due aprì la porta. Percorsero la piccola stanza fino ad una porta di legno spesso con battenti di ferro.
Argor bussò due volte e un altro soldato l’aprì. A destra e sinistra della stanza c’erano tante piccole celle vuote. In fondo se ne stava Thor di lato all’accesso ad una cella più grande oltre la quale stava seduta una donna.
Hyoga fece quasi fatica a riconoscerla. I lunghi capelli biondi erano mossi come una volta ma portati con la disinvoltura di una donna ormai adulta. L’abito, per quanto pesante, era profondamente scollato. Le bianche mani erano impegnate a lavorare ad un ricamo. Quando Argor e Hyoga si avvicinarono, non alzò il capo dal lavoro ma sorrise.
“Non dovevi portarlo qui!” disse Thor rivolgendosi ad Argor e coprendo alla vista di Flare la figura di Hyoga con la sua possente corporatura.
“Se ti è rimasto un po’ di affetto per lei” gli rispose il gemello di Mizar indicando con un cenno del capo la principessa “allora vieni a bere qualcosa con me.”
Thor sospirò e lasciò la stanza con il cavaliere ombra.
“Flare...”
La donna non si mosse. Hyoga si avvicinò alle sbarre e provò ad allungare una mano. Solo allora la principessa diede segno di avvertire la sua presenza.
“Non toccarmi” disse pacatamente tirandosi indietro “Non osare toccarmi.”
“Flare cos’è questa follia?”
“Me lo chiedi dopo dieci anni? Non ti sembra un po’ tardi?” chiese sorridendo.
“Flare ti prego...”
“Vattene.”
“Vuoi morire?” chiese lui con rabbia.
“Te ne importa?”
“E’ questo il punto? Vuoi sapere se m’importa di te?”
Lei rise come se fosse realmente divertita e per nulla preoccupata della propria sorte.
“La domanda a questa risposta la conosco da anni.”
“Allora perché ora? Perché allearti proprio con Nettuno che così tanto male ha fatto alla tua gente?”
“In realtà credo di avere dato alla mia gente molto più di quello che la mia gente abbia dato a me. Non ho fatto quello che ho fatto per danneggiare Asgaard. Nettuno non vuole attaccarla.”
“E’ questo che ti ha detto per convincerti? Mai avrei creduto che le sue parole avrebbero avuto presa su di te!”
Flare si risedette.
“Nettuno sa essere persuasivo!”
“Ma cosa dici!” urlò Hyoga “Sei preda di qualche sortilegio che ha lanciato su di te come fece con Hilda?”
“Sai Hyoga, è sempre stato questo il tuo problema. Tu ti fai un’idea delle persone e pensi che loro saranno sempre così. In questo modo hai idealizzato tua madre, il tuo maestro , il tuo migliore amico e i tuoi compagni. Hai idealizzato me e persino il tuo adorato Shun!”
“Cosa c’entra Shun ora?”
“Hai ragione. Shun non c’entra nulla ora. Sappi che non sono l’influsso di alcun incantesimo. Forse un giorno lo sarai tu però! Nel frattempo sparisci dalla mia vista. La mia vita , così com’è, non mi è affatto cara!”
Crystal rimase immobile. Si sentì improvvisamente carico di collera verso se stesso.
“Non pensi a coloro che ti amano, a tua sorella?”
“Lei non mi ama affatto! Non sapevi che sono la sua sventura? Dicono che sia colpa delle mie maledizioni se non riesce a dare un erede ad Asgaard! Io non ho nessuno. Sono sola da dieci anni. Non ci saranno lacrime alla mia decapitazione!” esclamò ridendo.
“Basta!” urlò Hyoga “Non t’importa neppure del dolore che hai causato ad Artax?”
Solo al nome di quest’ultimo la donna si scosse e fu come attraversata da un brivido.
“Si è impicciato in cose che non lo riguardavano.” disse con un’espressione improvvisamente triste.
“Si è sacrificato per te!” urlò ancora Hyoga “Perché lui ti ama! Lui ti ama!”
“Lui mi ama!” urlò allora anche lei attaccandosi alle sbarre e fronteggiando Hyoga occhi negli occhi “Lui mi ama! Lui, non tu!”
Crystal arretrò di qualche passo. I suoi occhi umidi di rabbiose lacrime gli lacerarono il cuore. Tirò un respiro profondo e parlò con la calma che Acquarius gli aveva insegnato.
“E’ il mio sangue che vuoi Flare? L’avrai. Scenderò negli abissi di Nettuno e riprenderò il Ragnarock così il consiglio degli anziani non avrà più motivo di condannarti a morte. Non posso cancellare il dolore che hai provato in questi anni, spero sarai soddisfatta del sangue che scorrerà dai miei pugni perché ti giuro Flare che qualunque cosa accada, tu non verrai giustiziata!”
“E’ troppo tardi. Tornatene al Santuario!”
“No Flare. Non è mai troppo tardi. Me l’ha insegnato una persona cara.” Disse Hyoga voltandosi e prendendo la via per uscire da quella stanza fredda. La risata di Flare lo colpì come un coltello nella schiena.
“Non avrai ciò che desideri, Crystal il cigno! Lasciami morire o vedrò la mia vendetta. Soffrirai come ho sofferto io! Ciò che ami scomparirà come neve al sole sotto ai tuoi occhi!”
Hyoga vide nella sua mente l’immagine di Shun che dormiva.
“Io ti ho lasciata Flare. Non era mia intenzione farti soffrire. L’ho fatto. Lo vedo con i miei occhi. Non posso rimediare, ma il cielo mi è testimone: se ti ho portata io a questo, io rimedierò.”
Crystal uscì dalla stanza e Flare pianse. Pianse di rabbia e di disperazione. Lo amava come il primo giorno. E lui provava per lei la stessa cosa di sempre. Un affetto infinito che lo avrebbe esposto ad un pericolo mortale. Pianse e, soffocando i gemiti, pensò a quanto sarebbe stato bello abbracciarlo e perdonargli ogni cosa. Sentirlo di nuovo vicino, riavere il suo abbraccio. Pianse e la voce di Kanon Dragone del Mare risuonarono nella sua mente.
“Credete che se ad un uomo strappate ciò che ha di più caro al mondo, questo possa dopo amarvi? Sul serio?”
Cadde sulle ginocchia e nascose il viso fra le mani.
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Kanon non credeva che, durante la sua missione, si sarebbe ritrovato senza nulla da fare. Aveva consegnato il Ragnarock a Pandora e ora doveva attendere il corso degli eventi. Certo, una donna di tale intelligenza avrebbe dovuto fiutare lontano un miglio l’inganno celato dietro i suoi modi di fare gentili. Quella donna però era Pandora, colei che aveva liberato tutti i mali del mondo all’epoca del mito e poi ancora e ancora e ancora nelle sue mille reincarnazioni. Puntare sulla sua sanità mentale era da imbecilli. Se avesse accettato lo scambio, si sarebbe ritrovato con il Titanium fra le mani. Il passo successivo? Consegnarlo o meno a Nettuno? Se lo avesse fatto, Julian avrebbe riavuto il suo giocattolo e risvegliato uno dei flagelli dell’umanità. Saga non ne sarebbe stato contento di sicuro. Di contro, Julian avrebbe attivato il sortilegio con cui l’aveva marchiato e ucciso Saga insieme a lui. Un bel dilemma.
C’era una sola persona al grande tempio che poteva sapere come sciogliere quella potente maledizione, tuttavia contattarla sarebbe stato molto pericoloso. Di certo impersonare Saga davanti ad un cavaliere d’oro non sarebbe stato facile come recitare con gli altri che aveva incontrato fino a quel momento. Si disse che tutti questi pensieri erano prematuri. Ora doveva solo aspettare in un posto tranquillo la decisione di Pandora. Si diresse involontariamente verso capo Sounion.
Quando si rese conto di dove il cuore lo avesse portato, sorrise tra sé. Stava per darsi dello stupido, ma la sagoma di una persona che si stagliava contro il profilo della scogliera lo colpì. Conosceva quel profilo a memoria poiché era il suo stesso. La figura che se ne stava in piedi, eretta contro lo sferzante vento che veniva dal mare, era quella di Saga. Kanon rimase nascosto dietro ad alcune rocce azzerando il proprio cosmo. Suo fratello portava i suoi abiti da allenamento e i capelli sciolti. Tra le mani aveva un singolo, grande giglio bianco. Con un gesto lento lo lasciò cadere nel vuoto e lo seguì con lo sguardo adagiarsi tra i flutti. Aveva un’espressione triste sul volto. Quando il giglio scomparve sotto le onde, strinse un pugno.
Kanon stava quasi per uscire dal proprio nascondiglio e prenderlo alle spalle per stringerlo e fargli sapere che in fondo a tutto quel tempo che avevano passato separati, lui aveva trovato l’affetto fraterno che aveva soffocato sotto la corazza di scaglie rubata a Nettuno, quando vide Shaina.
La donna se ne stava in piedi qualche metro più indietro. Doveva essere arrivata mentre era assorto nei suoi pensieri. Anche Saga la vide e si girò a guardarla.
“Perché sei qui Shaina?”
“Atena mi ha mandata a cercarti. Dice che ha percepito una minaccia e voleva parlartene. Si è stupita che non fossi al santuario. Credo fosse preoccupata per te. Stai bene?”
Saga la superò prendendo la via di casa senza risponderle. Quando le passò accanto Shaina gli parlò senza guardarlo in viso.
“Cassios per me non era niente. Fino a che non è morto. Allora avrei voluto avergli detto che era una persona straordinaria. Che amavo il modo in cui andava a comprare la frutta al mercato e me la faceva trovare sul tavolo senza che io la chiedessi. Mi sono accorta che la sua ombra alle mie spalle mi faceva sentire più sicura di me stessa solo quando è sparita. E’ morto per darmi una possibilità di essere felice. Sono certa che a tuo fratello farebbe piacere sapere che pensi ancora a lui. Quel giglio era per Kanon, vero?”
“Kanon diceva che era uno spreco recidere fiori per portarli sulle tombe dei morti. Adorava i gigli che coltivava nostra madre. A volte mi chiedo perché lui non sia al mio posto. Tra noi, ero io il fratello malvagio. Lui lo sapeva. Dovevo morire io.”
“Non dire così. Kanon, nella nostra lingua, significa ‘criterio’ mentre Saga vuol dire ‘leggenda’. Forse tua madre, quando vi ha dato questi nomi sapeva che il destino di un di voi era di essere la chiave del futuro dell’altro. Sta a te ora vivere la tua vita.”
Saga si voltò a guardarla negli occhi.
“Mi domando perché Atena abbia deciso di reincarnarsi in una fanciulla fragile ed indifesa invece che in una donna forte e decisa come te. In fondo è la dea della guerra!” disse sorridendo.
Shaina vide negli occhi di Saga l’universo e per togliersi quella sensazione di dosso, scosse le spalle e parlò guardando la scogliera che si tingeva del rosso del tramonto.
“Saori non è né indifesa, né fragile. Semplicemente si comporta così per essere vezzeggiata dai suoi cavalieri!”
Saga rise di gusto.
“Forse è come dici tu. Shaina, sei ancora innamorata di Seiya?”
La domanda arrivò a bruciapelo e Shaina arrossì. Tirò un respirò, riprese il suo colore e parlò.
“Prima di Seiya non avevo mai provato l’amore. Per me, lui è stata un’ossessione. Non ho mai avuto una possibilità con lui. Quello che provo non conta o vuoi saperlo per altri motivi?” concluse Shaina sorridendo.
“Nessun altro motivo. Sei sprecata per quel ronzino! Andiamo ora.”
Shaina avrebbe voluto approfondire quella conversazione, ma lo seguì in silenzio. A volte Saga si vestiva davvero di quell’autorevolezza da grande sacerdote e quello era uno di quei momenti. Si lasciarono la scogliera alle spalle e presero la via di casa.
A guardarli mentre si allontanavano, Kanon sentì le lacrime pungergli gli occhi. Saga era ancora molto legato a lui. Avrebbe voluto che fosse stato al suo posto tra i cavalieri di Atena. Soffocò il dolore. Doveva portare a termine i suoi propositi e non farsi distrarre da tutti quei nuovi sentimenti che stavano prendendo piede nel suo cuore.
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Pandora si era coricata dopo che Ikki si era già addormentato da un pezzo. Aveva passato le ultime due ore a guardare Eden dormire.
Se avesse riportato indietro una parte dello spirito di Hades, suo figlio ne avrebbe avuto qualche pregiudizio? La sua visione lo coinvolgeva in una battaglia, ma di Hades, in essa, non c’era traccia. Forse avrebbe potuto salvare la vita di Shun senza provocare alcun danno. Eppure il Titanium poteva risvegliare il Kraken dormiente nel fondo degli abissi e lei aveva visto un mostro attentare alla vita di Atena. Le sue visioni però erano mutevoli. In fondo quante volte aveva visto il trionfo dei piani degli dei gemelli e poi Hades era stato sconfitto dai santi di Atena? Si mosse nel letto e si sentì stringere.
“Pandora cosa c’è? Non riesci a dormire?”
Anche se Pandora sapeva di quale dolcezza fosse capace il cavaliere di Phoenix, rimaneva sempre stupita della tenerezza che sapeva esprimere quando si rivolgeva a lei.
“No, amor mio, non ci riesco. Penso sempre che sia in agguato un grande pericolo.”
“Non dire così. Non dopo tutto quello che è successo. I ragazzi stanno bene. La festa ha ridato a tutti calma e serenità.”
“Non a tutti. Tu non hai visto Mizar?”
Ikki sorrise e la strinse ancor di più.
“Sì, l’ho visto. Lascia ad Atena i suoi affari. Noi siamo venuti per Eden. Domani intendo portarlo al cospetto di Shaka. Se sarà degno di essere suo allievo, io e te avremo un po’ di tempo per noi. Potremmo perfino partire per un viaggio. Vorrei portarti a Luxor. Intendo chiedere a Hyoga di ospitare Eden.”
“A Hyoga? Non sarebbe meglio che rimanesse qui con la famiglia di Shun?”
“Scherzi? Non intendo lasciare Eden all’affetto sdolcinato di Shun. Meglio il rigore di Hyoga.”
“Non hai mai avuto buone parole per lui.”
“Solo perché ha un ossessione per Shun, ma come guerriero non si discute. E’ stato il maestro di Yuna e Kouga. Hai visto i loro progressi?”
“A proposito di Kouga. Hai parlato con Seiya alla fine?”
Ikki approfittò dell’oscurità della stanza e rispose solo con un verso.
“Vedo che non ne vuoi parlare. Sai quel che fai marito mio?”
“Ho mai dimostrato il contrario?”
“No.”
“Allora vorresti rilassarti e dormire? Perché. nel caso contrario, posso baciarti fino al mattino.”
Pandora sorrise e si lascò baciare. La sua mente però volò all’involto nascosto nel suo cassetto. C’era solo una cosa da fare. Parlare con Shun. La cosa migliore sarebbe stata fare decidere a Shun stesso. Sorrise per la sua decisione e strinse il suo compagno.
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Saori era seduta nella stanza del grande sacerdote. Si guardava le mani. Tremavano. Alzò la testa non appena la grande porta della sala si aprì.
Saga e Shaina entrarono camminando fianco a fianco. Il primo la guardò in viso. Era pallida. Accelerò il passo.
“Che succede Atena?”
“Grazie per essere venuto subito. La barriera ha tremato. Leggermente, ma lo ha fatto. Come se vi fosse penetrato qualcosa di oscuro.”
“Seiya cosa dice?” chiese Shaina.
“Non ha lasciato la fiamma. Non so se l’abbia avvertito anche lui.”
“Non sarebbe il caso di chiamarlo?” riprese la sacerdotessa.
“No” intervenne Saga deciso “se un pericolo realmente esiste, allora è meglio che Seiya rimanga di guardia alla fiamma. Shaina convoca Shaka.”
Il cavaliere dell’Ofiuco annuì e lasciò la stanza. Quando raggiunse la porta si voltò a guardare indietro. Saga era inginocchiato vicino al trono e teneva la mano a Saori. Sospirò e lasciò la stanza.
Quando Saga capì che erano rimasti soli, prese entrambe le mani di Saori e le strinse per farle smettere di tremare.
“Saori che accade? Cos’hai? Stai male?”
“Saga è come se una grande ombra si fosse posata sul santuario. Non è il cosmo di un nemico. Nulla che io abbia mai percepito fino ad ora.”
“Percepito?” chiese Saga “Saori stai usando il tuo cosmo?”
La donna abbassò lo sguardo.
“Saori non farlo. Piuttosto lascia che me ne occupi io. Se ti accade qualcosa non potrei perdonarmelo. Pensa anche a Kouga. Ha bisogno di te.”
La donna chiuse gli occhi e si lasciò andare ad un gesto di sconforto portandosi una delle mani alla fronte.
“E’ accaduto qualcosa. Forse non dovevamo abbassare la guardia. E’ come se il mio settimo senso mi stesse avertendo di un pericolo imminente! Tuttavia non è il cosmo di Marte o quello di Nettuno. E’ come se il mio scettro fosse entrato in risonanza con un’altra arma divina. Non so spiegare...” disse tremando.
“C’è un modo per capire. Lascia che me ne occupi io. Ora andresti a riposare? Quando arriva Shaka, lo accompagno da te.”
Saori sorrise e sollevò il busto.
“No Saga, mi fido di te e prometto di non usare il mio cosmo, ma se c’è davvero un pericolo, voglio mostrarmi forte. Sono la dea della guerra e non voglio più che debbano essere i miei cavalieri a fare tutto. Voglio combattere al vostro fianco. Ora più che mai. Inoltre sono preoccupata per Hyoga. Non abbiamo avuto notizie.”
“E’ partito solo da due giorni. Sono certo che sta bene. Se vuoi, potrei mandare un manipolo di cavalieri d’argento al nord o magari Acquarius. Sarebbe più adatto.”
“E’ una buona idea grande sacerdote. Ora però aspettiamo Shaka. Vediamo cosa ci dice a proposito di questa mia brutta sensazione.” concluse Saori sorridendo.
Saga si alzò, fece un inchino e sparì dietro le tende rosse e pesanti della sala del trono.
Saori si alzò e raggiunse uno dei grandi specchi della sala che un tempo avevano riflesso l’immagine del perfido Arles. Nonostante fosse trascorso molto tempo dalla prima volta in cui aveva messo piede al tempio di Atena e quelle stanze avessero assistito silenziose e protettive a tanti eventi della sua vita, la sua immagine non era molto cambiata. V’era una donna dove, un tempo, una fanciulla timidamente aveva imbracciato lo scettro della Nike. Un riflesso dorato luccicò nello specchio e Sagitter apparve al suo fianco nello specchio. Se non avesse sentito il calore del suo respiro sulla spalla, avrebbe pensato che davvero quella superficie riflettente aveva il potere di indurre la gente verso la propria nemesi e la follia. Allungò una mano e senti il freddo oro stringergliela. Nello specchio, le loro dita intrecciate sembravano appartenere ad una sola mano.
“Sei venuto...”
“Hai sentito quel tremito nella barriera? E’ come se qualcosa l’avesse scossa.”
“Sì. Tu stai bene?”
Seiya annuì e parlò.
“Non è stato come se fosse stata colpita dall’esterno. Mi è sembrato che qualcosa, nel santuario abbia come pulsato e la barriera ha trattenuto l’energia al suo interno vibrando.”
“E’ così. Ho temuto un attacco diretto.”
“E da chi? Io non ho percepito niente. La fiamma brucia normalmente.”
“Allora perché sei qui mio generale?” disse la donna lasciandosi finalmente andare ad un sorriso.
“Perché hai usato il tuo cosmo e avevi promesso di non farlo!” rispose lui serio.
Lei diede le spalle allo specchio senza lasciargli la mano.
“Ho voluto provare a cercare la fonte di quel potere. Non ci sono riuscita. E’ durato troppo poco.”
“Vale lo stesso per me.”
La porta del tempio si aprì e i due ritirarono contemporaneamente le mani. Shaka avanzò fino a Saori e fece un inchino col capo.
“Sono lieto che il primo cavaliere della dea sia al suo fianco. Abbiamo sentito tutti la tua assenza in questi anni Sagittarius no Seiya.”
Seiya sorrise amaramente notando che Shaka aveva sapientemente usato la parola ‘assenza’ e non ‘mancanza’. Dei cavalieri d’oro solo Saga e Mur conoscevano la verità sul suo compito e sulla fiamma. Gli altri lo credevano affaccendato in missioni sulla ricerca di Marte.
“Sono qui adesso, anche se non so per quanto.”
“Atena dovrebbe trattenerti al santuario per qualche tempo! Almeno fino a che non sapremo cosa ha penetrato la barriera che Atena ha alzato per proteggere il grande tempio.” Concluse Shaka con la sua solita pacatezza.
Saga riapparve da dietro le tende con uno scrigno in mano. Quando Seiya lo vide, si frappose d’istinto fra Saga e Saori. Shaka si avvicinò a Saga e lo prese per un braccio.
“Perché hai preso quello scrigno?” chiese.
“Calmatevi tutti. Atena sostiene che la forza che ha scosso la barriera non appartiene ad un cavaliere o ad un dio. Le è sembrato che appartenesse ad un’arma divina come quella che promana dal suo scettro. Proviamo a fare entrare in risonanza due armi sacre come la daga del grande sacerdote e lo scettro di Atena. Magari anche quella che ha fatto tremare la barriera si manifesterà.”
“Non sono d’accordo,” disse Seiya che non lasciava la posizione assunta “entrando in risonanza lo scettro potrebbe aggravare la condizione di milady.”
“Però Saga non ha torto” disse Shaka “potrebbe essere la soluzione.”
Seiya si voltò a guardare il volto di Saori. Era serena e fiduciosa. Si inginocchiò e parlò guardando l’orlo del suo abito.
“Atena concedimi ancora una volta il tuo scudo!”
La donna si inginocchiò di fronte a lui e gli prese entrambi gli avambracci.
“Seiya non devi preoccuparti, andrà tutto bene.”
“Ditemi di sì, Atena...”
Lei lo guardò, negli occhi la muta speranza che lui capisse che non voleva metterlo a repentaglio, che voleva tentare in prima persona. Sapeva però che Seiya non glielo avrebbe permesso. Cedette.
“Sì.”
In pochi istanti furono tutti sotto la grande statua di Atena. Seiya prese lo scudo e Saga sfoderò la daga. Atena stava vicina a Shaka.
“Sta pronto Seiya, colpirò forte!” esclamò Saga con un pizzico di ironia nella voce.
“Che c’è, ne vuoi ancora? Non ti è bastato prenderle tanti anni fa?” gli fece eco Seiya con un sorriso di determinazione “Colpisci, io sono pronto!”
Le armature d’oro di Gemini e Sagitter brillarono nella notte. Saga spiccò un balzo e si lanciò contro Seiya. Questi di contro sollevò lo scudo dorato e parò il colpo. L’eco del clangore dei metalli che si scontravano senza ferirsi a vicenda, fece tremare la barriera della fiamma della Nike.
Saori chiuse gli occhi e cercò di percepire in essa il riverbero di qualcos’altro. Seiya e Saga la raggiunsero speranzosi. Atena riaprì gli occhi senza parlare.
“Nulla.” Intervenne Shaka con voce decisa “Non è successo nulla. Qualunque cosa fosse nel tremolio di prima, ora è scomparsa. Non è servito a nulla.”
Seiya guardò lo scudo e il volto preoccupato di Saori. La donna guardava la stanza di Kouga ed era facile, per lui, immaginare i suoi pensieri.
“Ebbene Shaka, torna alla sesta casa. Abbiamo tentato. Domani mattina decideremo il da farsi. Per questa notte non abbiamo che da riposare.”
Il cavaliere di Gemini ripose la daga nello scrigno e fece un cenno a Saori.
“Torna anche tu alla tua casa Sagitter.”
Seiya fece cenno di annuire, ma attese comunque di rimanere un ultimo istante solo con Saori.
“Non temere per Kouga,” disse “la barriera è ancora intatta e lui è al sicuro.”
“Questa cosa è dentro la barriera Seiya.”
“Ci sono anche io dentro la barriera Saori” disse avvicinandosi a lei.
Saori sollevò lo sguardo al cielo. Le stelle di Pegasus brillavano nitide come a voler ancora risplendere sul capo di colui che le aveva accarezzate per anni.
“Perdonami Seiya, devo sembrare ridicola a preoccuparmi così!”
“No, sono preoccupato anche io, ma siamo qui tutti insieme. Non c’è nulla che non possiamo affrontare. Sii serena.”
“Non tutti. Hyoga non ha dato notizie.”
“Non temere anche per quell’orso polare. Sono certo che se la caverà e se avrà bisogno, ce lo farà sapere.”
Lei sorrise e appoggiò la guancia alla mano che lui aveva sollevato per spostarle una ciocca di capelli dagli occhi.
“Saori, lo sai.”
“Sì, lo so Seiya, anche io.”
Lui la lasciò rientrare nelle stanze di Atena e rimase vicino all’alta statua. Stanotte la fiamma avrebbe atteso invano. Sarebbe rimasto lì a vigilare che le due persone che amava di più al mondo, fossero al sicuro.
“Io proteggo” disse “a qualunque costo. Sappilo, chiunque tu sia a minacciarci!”
Nell’ombra Kanon si chiese se quel piccolo uomo, che aveva sconfitto gli dei, fosse davvero più meritevole dell’amore di Atena di quanto non lo fosse Saga.

Note dell'autrice: Rieccomi!!!
Inanzitutto due note tecnice ... Avete letto che Shaina dice a Saga che Kanon significa criterio e Saga vuol dire leggenda. Ebbene in effetti Kanon significa criterio, mentre Saga non vuol dire assolutamente leggenda. E' una forzatura letteraria e un'assonanza creata tra il nome del guerriero e la parola italiana saga.
In secondo luogo capo Sounion non è esattamente vicino a Rodorio e al grande tempio. Per comodità ho gestito la situazione come nell'anime. Chiedo venia.
Infine, non so se c'è un particolare periodo dell'anno in cui le stelle della costellazione di Pegaso brillano sull'acropoli di Atene, ma che cavolo... è Saint Seiya... se non brillano le stelle di Pegaso sul tempio, allora quali???
Veniamo ora ad un paio di commenti. Ringrazio tutti coloro che hanno recensito la storia o mi hanno mandato un messaggio in privato. Non sapete che gioia mi date, davvero! Siete stupendi perchè vi appassionate, fate il tifo, cercate di indovinare il seguito, vi adoro! Mi scuso per qualche errore, refuso e punteggiatura non a posto. Magari un giorno troverò il tempo di fare correzioni. Ora vi lascio... o le note diverranno più lunghe del capitolo. Grazie e alla prossima!
  
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