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Autore: donalbain    27/01/2014    0 recensioni
"L'inizio di qualcosa" è il primo capitolo di "Le dodici fatiche di Ernesto". Ernesto operaio quarantacinquenne viene lasciato dalla moglie e colto dalla disperazione decide di ubriacarsi. Seduto al bancone del bar conosce un uomo affetto da nanismo, Lino, che gli chiede di aiutarlo in dodici misteriose fatiche.
Genere: Parodia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ernesto abbassava il finestrino per sputare l’acqua ancora in bocca,Lino invece era asciutto, poiché si rifugiò sulla scalinata durante l’inondazione. Il nano tirò fuori la carta e senza avvisare l’amico lesse ad alta voce il sesto punto:”Allora dobbiamo … trafiggere degli uccelli che si rispecchiano nell’acqua e rendono la vita impossibile alla gente”. Ernesto stremato disse:”Io mi fermo non ce la faccio più a continuare! Ho bisogno di sedermi e bere un goccio” Lino comprensibile accettò la sua proposta. Si fermarono in una piazza con una fontana al centro e un bar al lato; Ernesto si diresse subito lì,Lino anch’egli stremato si sedette su una panchina. C’era poca gente, neanche dei giovani di passaggio, c’erano solo due vecchi seduti che parlavano della loro gioventù. L’operaio raggiunse l’amico con una cassa di birra in mano, guardavano la fontana ed Ernesto sorseggiava una delle birre. Improvvisamente uno dei due vecchi urlò:”Maledetti uccelli!” un piccione gli aveva defecato sui pantaloni che cercava di pulire con un fazzoletto, l’amico rideva a crepapelle. Il maledetto uccello nel frattempo si era posato sulla fontana e guardava il suo riflesso nello specchio d’acqua. Lino guardava la scena e i suoi occhi attenti si posarono sul piccione, senza esitare corse verso l'animale, ma questo volò via, intanto Ernesto era passato alla seconda bionda e gridò:”Cosa fai folletto?” gli anziani si sistemarono l’apparecchio acustico, Lino rispose:”Prendi quel dannato piccione!”. Ernesto si alzò con la cassa di birra in mano e vide il pennuto posatosi su un lampione. Emise un lungo respiro e cominciò ad arrampicarsi grazie ai rampini con la cassa in mano. La salita era dura, oltre i suoi quarantacinque anni aveva una mano occupata e ti minacciava se li chiedevi di mollare la birra. A metà percorso gli scivolò e gridò:”Perché questo?! Prendi la mia di vita!” Lino lo incoraggiava di continuare la strada, al tifo del nano si aggiunsero anche i vecchi che volevano cacciare via dalla città quei maledetti uccelli, allora Ernesto si fece forza; scalò ancora ed ancora,quasi alla cima scivolò ma si tenne ancorato con una mano mentre l’altra mano impediva che il copricapo cadesse. L'uccello guardava Ernesto. Il piccione poi si rivolse ad Ernesto:”Uomo cosa fai? Mi vuoi forse uccidere?” l’operaio adirato:”Non fare il presuntuoso con me! Piccione io ti ammazzo!” i vecchietti dal basso si chiedevano che stesse facendo forse parlava con il piccione, Lino si faceva le stesse domande. Ernesto ansimando raggiunse la cima e guardò l’uccello, l’uccello guardò lui, lentamente il gigante protese le sue grandi mani verso esso, ma questo volò via e si posò a terra. Ernesto gli urlò contro e il piccione lo guardò, l’operaio scese velocemente dal lampione e riguardò il piccione, il piccione riguardò lui,il pubblico poco numeroso guardò loro, sembrava di essere in un film di Sergio Leone prima di un duello a fuoco. Ernesto fece un passo in avanti, il piccione uno indietro e così via, dopo cinque passi si fermò. Ernesto stufo si accovacciò mentre si prepara a compiere uno scatto felino. All’improvviso si sentì un rumore e il piccione cadde a terra, Ernesto vittorioso si avvicinò e lo prese nelle sue grandi mani, lo esaminò e vide che era stato trafitto da una pallottola. Lino si guardava intorno, gli anziani scapparono lentamente. Ernesto si voltò e vide Artemio Diano con il fucile in mano. La voce greve di Ernesto divenne stridula ed emise un grido di terrore, il nano correva verso la macchina, l’amico fece lo stesso. Artemio gridò:”Bastardi! Per colpa vostra mi hanno assalito due guardie a villa Del Manto o quello che ne rimane!” e sparò il secondo colpo che riprese il gatto morto, Ernesto si girò e disse:”Ma c’è l’hai per vizio allora!” e si rimise subito a correre. Diano sparò il terzo colpo e prese il tallone di Ernesto che continuò a correre con il volatile in mano, finalmente riuscì a salire in macchina con l’amico di fianco. Ernesto fece retromarcia, accelerò e puntò Diano, questo in preda al panico sparò alla macchina disintegrando il vetro posteriore; ma l’operaio non si fermò. Artemio divenuto preda si buttò dietro la fontana, Ernesto la prese e ne spaccò buona parte, poi uscì dalla piazza e lasciò Diano incolume a terra ma in preda al panico che non aveva mai provato. L’operaio dopo poche centinaia di metri si fermò, mise il piccione nel sacco e poi disse all’amico pallido in volto:”Lino, sto morendo …” e scoppiò a piangere. Lino gli tirò fuori il piede dalla scarpa che celava un taglietto che sanguinava a malapena:”Achille ti ha solo sfiorato, per oggi sopravvivi” Ernesto si asciugò le lacrime e ripartirono. Lino diede una pacca sulla schiena all’amico che sorrise nuovamente. Il campanile scoccava mezzanotte.
  
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