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Autore: misslittlesun95    28/01/2014    1 recensioni
Bruno, Mirella e Guido, ventidue, diciassette e sette anni, tre figli di una coppia torinese, mamma casalinga e papà poliziotto.
Una famiglia normale nella metà degli anni settanta, finché il padre non muore, ucciso da dei terroristi che inizialmente si pensano di matrice comunista, e la madre porta la famiglia a Roma, dove forse i pericoli sono meno.
Qui, però, la vita di Bruno si scontrerà col mondo della droga minacciando l'integrità familiare, e lasciando a Mirella il compito di educare Guido.
Se non fosse che lei ha scoperto come realmente sono andate le cose il giorno della morte del padre, e ha giurato a se stessa vendetta.
A costo di prendere a sua volta le armi, a costo di diventare anche lei una terrorista.
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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XI

I pomeriggi di Maggio stavano andando via rapidi tra la biblioteca ed il parco per la preparazione agli esami e agli ultimi compiti in classe.
Mirella, Rachele e i due ragazzi stavano costantemente insieme, riuscendo ad alternare lo studio e lo svago in modo maturo e proficuo.
Dopo la discussione con Danilo Bozzi la ragazza di Torino aveva cercato di dimenticare tutto, la stella cerchiata in bagno e le occhiate dei compagni stupiti di avere a che fare con la figlia di una vittima del terrorismo, ma non era una cosa semplice.
Non aveva raccontato a nessuno, neanche alla sua amica, dello schiaffo. Anzi, a mala pena le aveva detto del litigio, se così lo si poteva definire, mentre ai due ragazzi aveva appena accennato i sospetti che aveva su Bozzi per quanto riguardava il disegno apparso a scuola.

In fondo, tolto a lei, degli autori di quello non interessava niente a nessuno.
All'inizio il preside dell'istituto e qualche professore avevano minacciato ritorsioni, alcuni avevano addirittura iniziato a fare attenzione alle parole che uscivano dalla bocca di quei ragazzi definiti più facinorosi, ma alla fine non era successo altro e tutto era stato sostanzialmente dimenticato.
A casa Mirella aveva raccontato della stella solo al fratello, ma neanche con lui aveva fatto parola riguardo a Danilo e tutto il resto.
Bruno continuava la sua sconclusionata vita nascondendo sempre meglio ciò che faceva.
Non riusciva a smettere, non era in grado di chiedere aiuto.
La casa dove vivevano era piena di foto loro e, soprattutto, del defunto padre.
Era passando davanti a quelle che Bruno si sentiva più in colpa, quando realizzava che la Dama Bianca, così la chiamava con i suoi amici, aveva tradito tutte le aspettative che Rodolfo aveva potuto avere su di lui, e non solo; a causa del modo malsano con cui stava conducendo la sua vita si era lentamente trasformato da vittima del terrorismo, del fato o di chi fosse, a carnefice di sé stesso e della sua famiglia.
Per quanto fingesse di credere che tutta quella storia avrebbe danneggiato solo lui, infatti, sapeva benissimo che prima o poi ci sarebbero andati in mezzo anche sua madre, sua sorella e il piccolo Guido.
Lo sapeva e si faceva schifo, se lo ripeteva continuamente, ma non poteva uscire da una cosa del genere semplicemente desiderandolo.
Magari fosse stato così facile, si diceva spesso, magari fosse stato solo un fatto di volontà.
La dipendenza che aveva sviluppato in quei mesi non si riduceva ad una semplice necessità fisica della dose di cocaina, perché lui paura di morire non ne aveva e se si fosse trattato solamente di quello avrebbe provato a dire basta, a costo di affrontare le crisi di astinenza e, forse, anche l'ora più grave della vita.
No, la dipendenza era psicologica e assolutamente necessaria per andare avanti.
C'era la morte di suo padre dietro a quel bisogno costante di sporcarsi di bianco il naso e assaporare il violento distacco con la realtà.
Era per lui ormai un obbligo dimenticare, spesso, i minuti più tristi della sua vita con un semplice respiro profondo che gli apriva i polmoni a qualcosa di innaturale.
Innaturale come l'omicidio di Rodolfo, innaturale come suo fratello minore che si svegliava in lacrime sognando la sparatoria.
Pareva quasi una gara a ciò che era meno naturale tra il suo drogarsi e l'uccidere dei terroristi.
E per quanto ci provasse a dire che loro avevano potuto scegliere e lui no, perché la droga come sollievo gli era capitata solo a causa del dolore provato, sapeva benissimo che non era vero.
Lo sapeva perché spesso ammirava sua sorella.
Mirella era bella, di una bellezza che andava oltre i lineamenti ancora dolci e a tratti infantili.
Aveva quella bellezza che regalano gli occhi di chi ha sofferto ma riesce ancora a sorridere, la bellezza di una forza d'animo che lui in sé non aveva mai trovato.
Si rispondeva sempre allo stesso modo, come si era risposto una sera tornado a casa in macchina; per lei era stato semplice, aveva guardato negli occhi Guido e aveva capito di doverlo proteggere, e quando devi proteggere qualcuno il tempo per guardarti dentro e decidere che il peso che hai sul cuore deve essere esternato non c'è.
Anche Bruno adorava il fratellino, come adorava la ragazza e la madre, e per loro ancora portava a casa lo stipendio e aiutava quanto potevano.
Ma erano gesti divenuti di routine, gesti necessari alla sopravvivenza di quattro esseri umani, non a quella di una famiglia.
Si rendeva sempre più conto di come avesse fatto suo il ruolo del padre non come figura piena di affetto e premure ma come semplice mezzo di sussistenza.
Lui era l'uomo di casa in quanto grazie a lui si metteva un pasto caldo in tavola, nient'altro.
Quando guardava i suoi cari sorridere, magari anche a causa sua, si sentiva comunque combattuto tra un sentimento di gioia e una completa apatia.
Si chiedeva se non fosse stato semplicemente ingiusto l'obbligo che gli era calato sulle spalle, forse arrivato proprio come fosse una punizione.
Un sacco di amici della sua età erano vicini al metter su famiglia, mentre lui, prima, quando le cose erano diverse e la vita era ancora bella davvero, preferiva solo divertirsi e non pensarci, lasciare tempo al tempo.
Aveva vent'anni e si sentiva ancora un ragazzino, e ogni volta che vedeva suoi coetanei in giro per il centro di Torino a cercare un abito per il matrimonio aveva voglia di prenderli in giro.
Poi da un giorno all'altro, senza mettere in mezzo fidanzate o cerimonie, si era trovato con una famiglia da portare avanti.
E si era sentito solo, triste, stanco.
Ed era arrivata la Dama Bianca, lei che portava via ogni tristezza, ogni dolore.
Al posto dell'amore per quel pezzo di famiglia che gli era rimasto, al posto del desiderio di riscatto dopo quell'assurdo dramma, al posto della voglia di trovare una donna tutta per lui con la quale avere una propria famiglia a cui per nulla al mondo avrebbe fatto passare i suoi dolori.
Al posto di ogni possibilità di andare avanti aveva preferito dimenticare.
E tra tanti metodi per farlo aveva scelto il peggiore.

****
Tre settimane prima della fine della scuola il malato modo in cui Bruno stava vivendo la sua vita lo aveva portato in galera.
Mirella era tornata a casa dalla biblioteca come tutti i giorni e aveva trovato nell'appartamento la madre in lacrime e la polizia.
Il ragazzo era già stato portato in questura, ma gli agenti dovevano fare una perquisizione.
Guido era stato mandato da un amichetto e lì sarebbe rimasto fino al giorno seguente, non gli era stato detto nulla e nulla gli sarebbe stato detto successivamente.
Nella camera di Bruno erano state trovate tre bustine di cocaina, e neanche l'abbraccio stretto della figlia era riuscita a calmare le lacrime di Maria quando, dopo ore interminabili, erano rimaste sole nell'intimità della casa.
La donna si incolpava, si malediceva per come aveva creduto che il figlio fosse grande e forte abbastanza per andare avanti senza problemi né dolori dopo la morte del padre.
Mirella, invece, ancora una volta aveva anteposto il dolore di chi amava al suo, e aveva fatto il possibile per calmare la madre.
Poi l'aveva fatta cenare e l'aveva messa a letto, dicendole che sarebbe andato tutto bene, che avrebbero parlato con Bruno il prima possibile, che si sarebbero chiariti e che lui sarebbe uscito di galera per dire basta a quella merda e ricominciare una vita vera.
Maria aveva annuito con lo sguardo vuoto alle parole della figlia, e la ragazza aveva capito che in quel momento non aveva senso parlare del futuro.
Lo shock della madre era stato molto forte, forse il secondo più forte della sua vita dopo la morte di Rodolfo, e almeno per quella sera non si poteva pretendere molto da lei.
Quando la donna si era addormentata la ragazza aveva sistemato la cucina e poi aveva fatto per coricarsi.
Ma appena prima di raggiungere la sua camera era passata davanti a quella del fratello e aveva visto il disordine lasciato dalla perquisizione.
Bruno e Guido dormivano assieme, e Mirella non poteva permettere che il piccolo trovasse la stanza in quelle condizioni una volta tornato a casa.
Anche perché a quel punto avrebbe dovuto inventare altre bugie oltre tutte quelle che aveva promesso alla madre di dire al fratellino per nascondere l'arresto del ragazzo.
Si era così messa a risistemare un minimo le cose, per far finta che nulla fosse accaduto e rendere la camera ordinata.
Mentre sistemava aveva trovato una foto di famiglia a terra, sotto la scrivania del fratello più grande.
Era la foto del giorno dei suoi diciotto anni, appena dieci giorni prima che uccidessero suo padre.
A quella vista gli occhi le si erano riempiti di lacrime, e si era addormentata sul letto di Bruno con la fotografia tra le braccia.
La mattina dopo le imposte rimaste aperte della camera l'avevano svegliata molto presto, e il caffè che aveva bevuto assieme alla madre, la quale si trovava in condizioni lievemente migliori rispetto alla sera prima, le aveva fatto pensare che inutile era rimuginare sull'accaduto, bisognava andare avanti e attendere di poter parlare con Bruno e con chi lo aveva arrestato.
La scuola era ormai agli sgoccioli e lei aveva davanti a sé un esame da affrontare per chiudere definitivamente il capitolo liceo.
Non sarebbe stato semplice da quel giorno andare a scuola sapendo che il fratello era in carcere, né sarebbe stato semplice non poterne parlare con nessuno, perché seppur Maria non le aveva detto nulla a riguardo lei non era intenzionata a raccontare dell'accaduto neanche agli amici più cari, ma ce l'avrebbe fatta.
L'anno precedente aveva affrontato gli esami con le immagini terribili della sparatoria ancora fresche nella mente, quell'anno sarebbe riuscita a fare lo stesso pur tenendo nel cuore quel pesante segreto.
Alla fine era rimasta a casa, per quella mattina, ed era stata grata al Cielo del fatto che fosse sabato, così che avrebbe avuto anche il giorno successivo per riprendersi e stare con la madre.
Guido era tornato a casa nel pomeriggio e subito aveva domandato dove fosse il fratello maggiore, credendo senza problemi a ciò che gli era stato raccontato, ovvero che il ragazzo era via per motivi di lavoro.
La domenica mattina era arrivata una telefonata dalla questura che chiedeva alla madre di presentarsi lì la mattina seguente.
Maria aveva a lungo domandato alla figlia di accompagnarla, come se per un attimo i ruoli tra le due si fossero scambiati, ma alla fine aveva accettato di andare da sola.
Non le avevano fatto vedere il figlio, le avevano solamente detto che era imputato per la detenzione della cocaina e che sarebbe stato processato subito quella settimana.
Tornata a casa Maria aveva parlato con la ragazza e lei aveva deciso che, se la loro presenza fosse stata consentita, sarebbe andata con lei all'udienza.
Il giovedì successivo, a nemmeno una settimana dall'arresto, Bruno era stato condannato a tre mesi, una specie di grazia dovuta alla quasi totale impurità della sostanza.
Durante il processo Bruno non aveva guardato neanche per un momento nella direzione delle due, ma poi, prima di lasciare la gabbia per tornare in carcere, aveva alzato gli occhi e incrociato lo sguardo triste e addolorato di Mirella.
Lei lo aveva fissato un attimo, poi aveva scosso la testa e a sua volta aveva abbassato gli occhi.
Avrebbe voluto far scendere calde lacrime lungo le sue gote, ma alla fine si era finta forte per sua madre.
Ancora una volta aveva poi pianto di notte, nel silenzio del suo letto.
Ed era andata avanti, fino all'esame.
Si era nascosta per bene il peso dell'incarcerazione del fratello dentro al cuore, aveva detto a sua madre di farsi forza, aveva convinto Guido che presto Bruno sarebbe tornato.
E aveva concluso il suo periodo da liceale su una spiaggia, con Rachele, Carlo e Simone.
Davanti ad un tramonto spettacolare, ad Ostia.
Dimenticandosi del fratello cocainomane, dei ricordi della morte di suo padre che le venivano in mente appena chiudeva gli occhi.
Aveva concluso il suo periodo da liceale come qualsiasi altra ragazza.
E lì, su quella spiaggia, dopo chissà quanto tempo si era sentita felice.

****

La vita del carcere era dura.
Bruno, quando con gli amici si divertiva in modi poco legali, non ci pensava neanche a cosa gli sarebbe potuto accadere.
Ma trovandosi lì capiva benissimo la grandezza dei suoi errori.
Forse morire sarebbe stato anche meglio, ma l'idea di ammazzarsi non lo sfiorava neanche.
Un conto sarebbe stato morire, per overdose, ammazzato o in un incidente, un altro era uccidersi, privarsi di propria spontanea volontà della vita. Da una parte c'era anche un sottofondo di orgoglio nell'essere liberi di scegliere se vivere o morire, ma dall'altra sapeva che non avrebbe avuto il coraggio di fare una cosa del genere.
No, forse era meglio attendere che quei tre mesi passassero e poi decidere cosa fare davvero della sua vita.
Intanto però quei tre mesi dovevano passare, e sembravano non averne nessuna voglia.
Aveva come compagno di cella un ragazzo della sua stessa età, un comunista finito in galera perché prima aveva frequentato il gruppo sbagliato.
Proprio come lui.
Non si parlavano molto, ma riuscivano a intendersi quelle poche volte che scambiavano due parole.
Un pomeriggio di luglio Bruno era stato chiamato a colloquio con l'avvocato o con la famiglia, non lo ricordava più, e il compagno di galera aveva sentito il secondino fare il suo cognome.
Quando il ragazzo era rientrato nella cella l'altro lo aveva bloccato.
- Fai di cognome Birgazio?-
- E anche fosse?
- E sei di Torino?
- Ma mi spieghi perché domandi? Qui non siamo noi a fare gli interrogatori .- Aveva sospirato Bruno buttandosi sulla brandina, sperando che il compagno di cella smettesse istantaneamente di fare domande.
Ma quello non ci pensava minimamente.
- L'altro anno a Torino è morto un commissario di polizia che aveva il tuo stesso cognome, mi chiedevo se foste parenti.-
A quel punto Bruno aveva girato il volto e lo aveva fissato stranito, con uno sguardo che voleva essere incazzato ma che non riusciva a essere più di stupito.
Sbuffò guardando in alto e poi decise che non c'era più niente da nascondere.
- Era mio padre. L'hanno ammazzato dei comunisti di merda come te. Sotto casa, sotto i miei occhi. Sotto gli occhi di mia sorella di appena diciotto anni e mio fratello di neanche otto. Neanche otto anni, capisci? E si è visto ammazzare il padre nella via di casa.
Ma ora dimmi a te di tutto questo che cazzo te ne frega!-
Lentamente la rabbia era montata, il ricordo della sparatoria e del resto, dopo quasi diciotto mesi, non faceva altro che provocargli quel sentimento, il dolore era ormai così continuo da non venir più fuori per eventi simili.
– Perché sono un comunista di merda, hai ragione tu. Ma proprio per questo so cose che non sai. So che chiunque abbia sparato sotto casa tua quel giorno non era un compagno, so che si sono finti rossi perché neanche loro avevano capito cosa fosse accaduto.
So che tuo padre non doveva morire.-



Note dell'autrice

Bella l'ultima frase? Eeeeh curiosi vero? :D
LoL.
No, tanto non anticipo nulla ^-^
Mi scuso solo perché questo e i prossimi capitoli saranno un po' rapidi, ma per esigenze narrative ho bisogno di far accadere parecchie cose in poco tempo :P
Vi ringrazio per le recensioni, le letture e i seguiti, è bello sapere che una storia particolare come questa possa piacere.
Spero di riuscire ad aggiornare in fretta anche prossimamente, ho stilato un primo piano per la stesura e parrebbero venir fuori ben cinquanta capitoli esatti (spero di farcela perché adoro le cifre tonde **)
Niente, io vi saluto, che magari mi viene anche voglia di fare fisica, e vi mando tanti tanti baci :**
Ci sentiamo alla prossima!

Ciao :3

   
 
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