Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: pocketsizedtitan    29/01/2014    3 recensioni
Levi/Eren | Coffee Shop AU
Eren Jaeger lavora come barista nel caffé di sua madre, ed è uno specialista di Latte Art. E poi c'è Levi, che non è esattamente il cliente tipico perchè è brusco e rozzo (il che in realtà, secondo Eren, non è poi così diverso dal cliente tipico), ma che soprattutto non fa altro che confondere il tenero cuoricino di Eren.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Eren Jaeger, Rivaille, Un po' tutti
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve a tutti! Qui la traduttrice. Un enorme GRAZIE da parte mia e dell'autrice per tutti i commenti/preferiti/da ricordare che ci state lasciando. Mi scuso anche per la lentezza nel rispondere ai commenti, ma tendo ad aspettare l'ultimo minuto per tradurli all'autrice in modo da poterglieli comunicare tutti in una volta. Lei è sempre contentissima, quindi, come sapete, ogni commento e feedback è sempre accettatissimo, ogni commento fa venire voglia all'autrice di scrivere e a me di tradurre (ne parlavamo oggi eheh). Buona Lettura!
SULLA TRADUZIONE: Il capitolo vedere la comparsa di Ymir e Christa, in coppia :D man mano vedremo tutti i vari personaggi.


The Little Titan Café
CAPITOLO 3: Il suo modo di reggere la tazza

Benvenuti al Little Titan Café
Speciale di oggi: Romeo e Giulietta

Eren sapeva che Levi era consapevole del fatto che lui lo fissava. Poteva vedere la vena che pulsava sulla sua tempia, poteva notare il modo in cui le sue dita stringevano con più forza la penna, e trovava divertente la maniera in cui spingeva la punta della penna più profondamente nel foglio di carta. Oggi Levi non aveva né il pc portatile né la borsa in pelle nera. Solo un quaderno e una penna. Eren passava di tanto in tanto per lanciare un’occhiata a quello che Levi stava scrivendo, ma non era riuscito nemmeno a iniziare a decifrare le piccole lettere. Si diede per vinto dopo parecchi tentativi, optando sul solo osservare l’uomo.

Quello fu il momento in cui realizzò che Levi prendeva in mano la sua tazza sempre in un certo modo. Proprio come in quell’attimo, la mano di Levi copriva il suo ormai-quasi-finito caffé, e le dita afferravano i margini della tazza. Poi la inclinava, sempre tenendola in quella maniera, e la portava alle labbra, il tutto senza distogliere gli occhi dal foglio di carta.

La curiosità si impossessò di lui, e Eren prese un bicchiere di carta riempendolo con dell’acqua di rubinetto. Lanciò un altro sguardo a Levi, che aveva posato la sua bevanda, prima di imitare il modo in cui aveva preso in mano la tazza. Non sembrava male, fu quello che Eren pensò mentre si portava il bicchiere alla bocca, tentando di inclinarla come aveva fatto Levi. Solo che, più la avvicinava alla bocca, più impacciati gli erano i movimenti, e finì col battere il dorso della mano contro il suo naso, mentre il bicchiere scivolava dalla sua presa, spruzzandogli acqua su tutto il grembiule.

“Dannazione.”

Un udibile “tsk” gli fece alzare la testa. Levi roteò la penna tra le dita, sbeffeggiandolo: “E’ quello che ti meriti, moccioso.”

“Sì, sì.” Eren si sfilò il grembiule da dosso e lo alzò sopra la sua testa, strizzandolo e lanciandolo in qualche angolo lì vicino. Poi prese un paio di fazzoletti di carta per pulire il casino che aveva fatto. “Non è colpa mia se mantieni le tazze in quel modo strano.”

Levi fece spallucce. “E non è colpa mia il fatto che tu sia stupido abbastanza da provarci.”

“Ero curioso.” Il suono del campanello lo fece voltare per sbirciare oltre il bancone.

“Benvenuto al Little Titan Cafè!” Eren si accigliò quando vide due ragazze, o, perlomeno, quando vide quella più alta in particolare. “Ah, sei tu.”

Levi alzò un sopracciglio e lanciò uno sguardo dietro le sue spalle. La prima cosa che notò fu che le due ragazze creavano una strana coppia: una piccola, biondina dal viso angelico e l’altra alta, una brunetta dallo sguardo furbo. Quest’ultima si strofinò un dito sotto al naso, inspirando rumorosamente – senza dubbio per il freddo – e si diresse impettita verso Eren, sbattendo rumorosamente gli stivali da motociclista sul parquet di mogano. Una mano si poggiò sul fianco vestito di jeans, mentre l’altra cadde sul registro di cassa. “Due cioccolate calde. Entrambe Corazzate.”

“Ymir, non essere maleducata.” Un paio di occhi blu guardarono i loro compagni più in alto, mentre un piccolo sorriso adornava il viso fanciullesco. “Ciao, Eren.”

“Ciao, Christa,” Eren si alzò, con una manciata di fazzolettini ancora in mano, ma senza l’arrabbiatura di prima. “Avete appena finito in facoltà? Un po’ tardi, no?”

“La nostra recita è finita un’oretta fa. Abbiamo deciso di fermarci tornando a casa.”

“Ah, giusto! Come è andata? Ho sentito che tu avevi il ruolo di Giulietta. E fammi indovinare,” il ragazzo lanciò un cenno malizioso a Ymir che lo guardò dall’alto in basso, “Ymir ti ha fatto da Romeo.”

“Bè,” Ymir sbuffò, mani ai fianchi. “Come se avessi lasciato qualche tipo baciare la mia Christa.”

“Sai bene che non mi avrebbero baciato sul serio.” Disse Christa, con occhi divertiti. Il sorriso sul suo viso mentre guardava la sua ragazza, era pieno di nient’altro che affetto.

“Non avrebbero dovuto ma sono certa che ne avrebbero approfittato, facendolo lo stesso.” Ymir diede un pizzicotto a Christa. “Tu sei troppo ingenua. Giuro.”

Dopo aver pagato, le due si andarono a sedere ad un tavolo. Quando Eren ebbe finito di preparare le loro bevande, girandosi trovò le due ragazze sedute comodamente su una panca. Christa aveva optato per togliersi sciarpa e cappottino, e Ymir sedeva accoccolata contro di lei, un braccio intorno alle spalle della biondina. Non che ci fossero molti clienti. C’erano solo quattro persone oltre la coppia e Levi, e no, Eren non stava sorridendo vedendo quanto erano assolutamente, incontrovertibilmente adorabili. Perché Ymir non era adorabile. Christa lo era, e la sua altezzosa ragazza no.

Quando Eren si accorse dello sguardo di Levi si allontanò in fretta, assolutamente senza arrossire per l’imbarazzo. L’atto gli aveva richiesto un secondino in più di quello che normalmente necessitava per preparare le bevande a dei clienti. Ma c’era qualcosa nel modo in cui Levi lo aveva guardato – divertimento, da una parte, e ammirazione? No, Eren si levò quel pensiero dalla testa – che lo aveva colpito. Nel momento in cui raggiunse il tavolo delle ragazze, si convinse che era stata una trovata della sua immaginazione e posò le bevande davanti alle ragazze. Christa sorrise, mentre le sue piccole dita afferravano la tazza, notando che Eren si era preso la libertà di etichettare i loro ordini come Romeo e Giulietta.

“Grazie, Eren.”

“Dunque chi è quel tipo?” chiese Ymir, senza afferrare del tutto la bevanda. Il suo polso era rilassato, mentre lei aspettava che la cioccolata si raffreddasse un po’.

“Levi?” Eren alzò le spalle. “Ha iniziato a venire solo un paio di giorni fa.”

“Sul serio.” Non era una domanda, ma Eren intese l’incredulità nel suo tono di voce. “E tu già sai il nome di un cliente non abitudinario?”

“E quindi?”

“E’ ovvio che te lo vuoi portare a letto. Non facevi che guardarlo mentre preparavi i nostri ordini.”

Eren divenne rosso quanto la gonna di Christa, farfugliando: “Ch-che stai dic…” E poi, abbassando la voce in un sussurro, chiese: “Sono così ovvio?”

“Parecchio.” Ymir testò la temperatura della cioccolata calda con un sorso. “Ma conoscendo la tua fortuna, lui sarà probabilmente super etero.”

Eren sospirò. Come se non l’avesse già pensato. “Probabil-” Ma si interruppe per dare un affrettato benvenuto a un cliente che stava mettendo piede nel negozio. “Ci vediamo dopo, ragazze.”

Niente da aggiungere sul fatto che Eren fu in grado di inciampare nei suoi stessi piedi.




“Compagne di classe?” Levi chiese mentre Ymir e Christa lasciavano il negozio, mano nella mano.

“Più o meno. Andavamo al liceo insieme.” Eren rispose, terminando di pulire il bancone.

“E io che pensavo che frequentassi ancora alle scuole superiori.”

Eren si gettò lo straccio dietro le spalle. Aveva capito che Levi stava cercando di provocarlo di nuovo, ma ci pensò un attimo prima di commentare. “Non sarebbe illegale per uno studente delle superiori lavorare fino a tardi?”

“Vero.” Levi concesse. Aveva smesso di scrivere un’oretta e mezzo prima, optando piuttosto per fissare torvo il suo quaderno – o perlomeno questo era quello che Eren credeva, dal momento che era difficile dire quando l’espressione dell’uomo fosse effettivamente cambiata. Di tanto in tanto scriveva qualche parola con la penna battendola poi accanito contro il foglio. Ma ora il quaderno era chiuso, e la penna poggiata sulla copertina.

“E poi se fossi stato uno studente delle superiori, non avresti avuto niente di meglio da fare che spendere un’intera serata con me?” chiese Eren. Vedeva chiaramente la sua opportunità di provocare l’uomo e coglierlo di sorpresa. Non che Levi sembrò reagire.

“Quello che faccio si chiama lavorare.”

“Non puoi lavorare a casa?” ‘Zitto, Eren!’ Una voce sibilò nella sua testa. L’ultima cosa che voleva era mandare via Levi, ma la sua bocca si era mossa prima del cervello.

“No.” Fu l’unica cosa che Levi rispose in proposito. Qualsiasi cosa gli impediva di lavorare a casa in pace e tranquillità, lo turbava abbastanza da far ricadere un’ombra sui suoi occhi. Eren si ricordò dello sguardo furioso di Levi la sera in cui per la prima volta era venuto al caffè, uno sguardo che credeva fosse riservato solamente agli scherzi sulla sua altezza.

Per Eren quello fu un promemoria sul fatto che non sapeva assolutamente nulla di Levi. Okay, magari non del tutto. Sapeva che Levi manteneva la sua tazza in un modo inusuale, o che comunque Eren reputava scomodo. Sapeva che Levi aveva un bel paio di spalle larghe e un collo possente. Sapeva che a Levi piaceva la caffeina – anche se detto così era farla semplice: la caffeina era una necessità. Sapeva che Levi aveva delle belle braccia. Sapeva che, quando Levi era immerso nel suo lavoro, gli si formava una piccola grinza tra le sopracciglia, e che qualche volta alzava la testa, come se una nuova, meravigliosa idea si fosse impossessata di lui.

“Ora dovrei andare.” Disse Levi con un sospiro stanco, strofinandosi gli occhi con le dita. Eren occhieggiò l’orologio appeso al muro: ventitré e cinquanta. Quasi ora di chiusura. Avrebbe voluto chiedere a Levi di rimanere un altro po’, ma questo avrebbe reso la sua leggera infatuazione un po’ troppo ovvia , facendolo sembrare un po’ troppo disperato, quindi tenne la bocca chiusa. “Torna a casa sano e salvo, moccioso.”

Se Levi fosse stato colpito dall’improvvisa indole raggiante di Eren o dal sorriso genuino che si era disteso sul volto del ragazzo, non era facile a dirsi.

“Anche tu, Levi.”

  
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