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Autore: TheHeartIsALonelyHunter    31/01/2014    2 recensioni
2065: Harry Potter, all'età veneranda di ottantaquattro anni, apre per l'ultima volta le porte di casa sua a una giornalista ambiziosa in cerca di gloria e fama, per raccontarle la storia che a nessuno ha mai svelato.
Una storia d'amore e di passione, di dolci momenti e di tristi, un amore che va oltre i labili confini di vita e morte.
La storia mai raccontata di due Campioni.
Dal capitolo 4:
Harry sapeva di infanzia e di freschezza, sapeva di ciò che lui era stato un tempo, di ciò che di infantile o di fanciullesco c’era stato nella sua vita. C’era tutta la sua infanzia, la sua breve e beata infanzia dietro quelle lenti spesse, in quei laghi verdi.
C’era ogni ricordo, ogni rimembranza.
[Ispirato in piccolissima parte al film "Titanic"]
Genere: Drammatico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Cedric Diggory, Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Ron Weasley | Coppie: Harry/Luna, Ron/Hermione
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, Più contesti
Capitoli:
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Nei giorni che seguirono, il copione si mantenne più che altro immutato: Harry arrivava la mattina in Sala Comune con le occhiaie agli occhi, Hermione diventava di un bianco marmoreo, tentava di estorcere qualche informazione a Ron e poi, quando le era ben chiaro che non le avrebbe detto una sola parola, gettava le braccia intorno al corpo con uno sbuffo di disapprovazione. Il moro era cos abituato a quelle scenate che, ormai, non ci faceva neanche più caso: rimaneva a fissare i due ragazzi senza ribattere, senza neanche prendersi il disturbo di fare a Ron cenno di stare zitto. Stava perdendo tanto di quel sonno che ormai si addormentava perfino sul banco durante le lezioni. Quando si era permesso di chiudere gli occhi in aula di Pozioni, c’era mancato poco che Piton non lo mandasse da Silente.
Il ragazzo passava tutto il pomeriggio a sentire, la testa appoggiata al mento e pulsante dal mal di testa, Hermione che tentava di attirare la sua attenzione e Ron che le intimava, timidamente, di lasciarlo un po’ in pace.
“È una cosa grave, Ron, non te ne rendi conto?!” sbraitò la ragazza all’ennesima protesta del rosso. “No, dico, già sarà difficile rimanere al passo col programma senza i suoi incubi, figuriamoci con!”
Harry ascoltava tutto questo e annuiva senza vitalità, come un bambolotto di gomma, come se dentro non avesse nulla se non il vuoto.
Non avrebbe mai saputo se definire quei sogni incubi. Di certo non erano il suo terrore più grande (al primo posto spiccavano i Dissennatori), ma si guadagnavano un bel secondo posto: arrivavano quando meno se lo aspettavano, senza pietà, e senza lasciargli il tempo di capire cosa fosse appena accaduto lo facevano svegliare, ancora rintontito e con la sensazione di non ricordare nulla se non un gran calore sulle sue labbra.
Il viso del biondo Tassorosso continuava a tormentarlo, ossessivo e ripetuto, e quasi non se ne accorgeva. Sbucava dal nulla, quando stava pensando a tutt’altro, e poi rimaneva per tutto il giorno nella sua testa come un chiodo fisso. E tentare di scacciarlo era come chiedere a un cieco di vedere: impossibile.
Lì era e lì rimaneva, ostinato, cocciuto, testardo.
Col vero Cedric Harry non aveva avuto più contatti, se non uno scontro in corridoio in cui gli aveva fatto cadere, senza volerlo, i libri.
Il moro si era risolto a uno “Scusa” frettoloso quando si era accorto di chi fosse e si era allontanato a passo di marcia.
Eppure era bastato un singolo istante per riaccendere in lui la fiamma del’imbarazzo, il tumulto di sentimenti, la consapevolezza di quanto quel viso fosse perfetto. Semplicemente perfetto.
Il biondo gli era entrato nell’animo senza far rumore, senza che se ne accorgesse, aveva messo radici profonde e durature. Ed ora non voleva andarsene, continuava ad alloggiare lì, in un posticino nel suo cuore di adolescente smarrito. Harry aveva la sensazione che probabilmente non si sarebbe mai potuto disaffezionare da quel ragazzo. Se la loro unica chiacchierata poteva valere come “affetto”. Eppure lui aveva la sensazione che ci fosse sempre stato, che da qualche parte lui avesse sempre saputo che Cedric doveva essere nella sua vita, e così era stato.
Fino a un mese prima non sapeva neppure della sua esistenza, o meglio, sapeva della sua esistenza sulla carta, ma era bastato un unico incontro per renderlo consapevole del fatto che lui c’era sempre stato per lui.
Era la cosa più strana che avesse ma provato. Era come avere un fratello perduto e poi ritrovarlo un giorno: la sensazione era la stessa. Erano stati collegati, in qualche modo che non capiva o che stentava a capire, ed ora che si erano trovati quel filo fremeva impaziente per essere rinforzato, chiedendo affetto, chiedendo che si avvicinassero ancora di più.
Non bastava un unico incontro per capire che cosa provasse per lui, Harry lo sapeva benissimo. Eppure temeva un secondo confronto con Cedric con la stessa intensità con cui lo bramava. Temeva quella tempesta di emozioni che già una volta l’aveva preso tutto e allo stesso tempo sapeva, con la stessa sicurezza con cui sapeva che doveva respirare per vivere, che gli incubi non avrebbero avuto fine fino a che non si fosse avvicinato al Tassorosso.
“Harry, ma mi stai ascoltando?” esclamò Hermione, riscuotendolo dal suo stato.
“S… Sì… Sì, certo” tentò lui, lasciando però trasparire senza volerlo il fatto che non la stesse proprio a sentire.
La ragazza sbuffò arrabbiata come non mai.
“È ora di farla finita con questa storia, dannazione!” esplose, spaventandolo non poco. “Senti, è da più di un mese che questa storia va avanti…”
“Un mese e tre giorni” sussurrò lui tra sé e sé. Tutto da quel dannatissimo 6 novembre…
“E non puoi andare avanti così, OK?” continuò Hermione, con una tale forza che lo spaventò.
“Se conosci un modo per… Per far smettere questi incubi…”
Ron ridacchiò tra sé e sé, ma Harry lo zittì con un’occhiataccia. Questo scambio non scappò agli occhi implacabili di Hermione.
“… Lui sa che cosa sogni?” balbettò lei, guardandolo stortissimo.
“Può darsi” sussurrò Ron, ridacchiando di nuovo. Dopo il primo momento di imbarazzo, il rosso aveva iniziato a scherzare sui suoi sogni chiamandolo “piccolo pervertito” e chiamando Cedric “pedofilo”. Harry gli diede un pugno sulla spalla deciso. Il sonno perduto gli aveva dato una rabbia inaspettata, che spesso e volentieri si rivoltava contro il malcapitato Weasley.
“E… E si può sapere cosa sogni di così sconvolgente da non poterlo dire alla tua migliore amica?” domandò lei, la voce determinata.
Harry scosse la testa.
“Non lo vorresti sapere…”
“Ma sì, che lo voglio sapere!” ribatté quella. “Sapere cosa sogni può essere il primo passo per capire come agire…”
“Gliel’ho detto pure io” disse Ron, alzando le spalle. “Ma non è servito a molto…”
Hermione si passò le mani tra i capelli, nervosi.
“Insomma, Harry, si può sapere che diamine sogni?”
Il moro divenne rosso come un peperone.
“Lascia stare” sussurrò, iniziando a boccheggiare come un pesce rosso.
“Ma no, perché?” domandò Hermione, visibilmente contrariata. “Spiegami perché, che cosa c’è di così orribile da non potermela dire?”
“Non lo vuoi sapere” intervenne Ron tentando di lenire la sua rabbia.
“SI’ CHE LO VOGLIO SAPERE!!!!” urlò Hermione, ormai prossima ad una crisi di nervi sicura.
“Io glielo dico” sussurrò Ron all’amico.
“No, tu non dici una parola!” tentò Harry.
“RON, PARLA!”
“Ron, sta zitto o ti infilo la bacchetta su per il naso!”
“Amico, tra te e lei ho più paura di lei!”
Detto ciò, si avvicinò all’orecchio di Hermione che ormai fumava dalle orecchie per la rabbia.
Harry non poté intervenire: nella frazione di secondo che servì a Hermione per capire, la ragazza divenne prima bianca, poi rossa, poi verde.
E infine cadde a terra svenuta.
 
“Oggi sono andata a trovare Mione in infermeria”.
“Bene…” sbuffò Harry, stringendosi il libro al petto. “Che cosa ti ha detto?”
“Ehm… Si è guardata intorno allarmata ed ha chiesto se c’eri…” sussurrò quello divenendo rosso come i suoi capelli.
“Fantastico…” commentò il moro senza slancio.
“Madama Sprite ha detto di averla sentire farfugliare un bel po’ di cose senza senso mentre era priva di sensi…”. Harry lo guardò in modo disperatamente investigatore.
“Senza senso per lei…” si affrettò a specificare Ron.
Il ragazzo tirò un sospiro di sollievo. Era diventato così indispensabile mantenere quel suo segreto insostenibile che desiderava sentire tutto ciò che Hermione aveva detto, visto che, di comune accordo con Ron, avevano deciso di non farle vedere Ron fino a che non si fosse “ripresa” del tutto.
“E… E mi ha chiesto come stavi…” continuò il rosso, scavando nella sua mente per ricordare le precise parole della ragazza. “E si è lamentata perché avrebbe perso la verifica di Rune Antiche”.
Harry ridacchiò.
“Solo lei potrebbe lamentarsi di una cosa simile…”
“Secondo la Sprite ha avuto una specie di crollo di nervi” spiegò Ron alzando le spalle. “Però lei si lamenta che è solo svenuta e che perderà due giorni di lezioni…”
“Tutta Mione” rise Harry.
Ron non rispose alla battuta.
“Che c’è?” domandò lui, accorgendosi dell’aria preoccupata e svogliata del rosso.
Lui si mise le mani in tasca e alzò gli occhi al cielo rannuvolato di metà dicembre per dire, sicuro e determinato:
“Credo che Mione abbia ragione…”
Harry non disse nulla.
“Dovresti tentare di risolvere questa situazione”.
Il moro lo fissò lievemente scocciato.
“Credi che non ci abbia provato?”
“A me sembra che tu non abbia fatto proprio nulla per risolvere…”
“E cosa dovrei fare, secondo te?” domandò lui in tono di sfida.
Il rosso non si scompose, ma alzò le spalle e disse, con quanta semplicità poteva.
“Hai idea di come potresti far cessare questi incubi?”
Lui allargò le braccia sbuffando.
“Credi non l’avrei già fatto se l’avessi saputo?”
“Forse sì”, gli fece notare Ron. “Ma forse la soluzione ti fa più paura che la certezza che sognerai tutta la vita Cedric Diggory che ti BACIA in una vasca da bagno!”
“Sssssh!” gli fece Harry, guardandosi intorno circospetto. “Fai piano” sussurrò, imporporandosi lievemente.
“Calmati…” lo rassicurò Ron. “Nessuno sa di te e…” sorrise lievemente. “Il tuo Cedric” sibilò sarcastico.
Harry lo guardò male.
“Lui non è MIO” ribatté. “Né tantomeno lo sarà mai”.
“Ceeeeeerto…” scherzò quello, alzando gli occhi al cielo. Il moro gli diede un pugno sulla spalla.
“Non ho IDEA del perché lo sogno, OK?” si affrettò a dire notando un sorriso scherzoso di Ron. “È la cosa più strana che mi sia mai capitata… Più strano di Allock”.
“Vorresti paragonare Cedric Diggory a Gileroy Allock?” gli fece notare Ron, scherzoso.
Harry alzò l’angolo destro della bocca.
“Effettivamente…”
Quello che i due ragazzi non sapevano, ignari di tutto se non del grande “problema” di Harry, era che, nel gazebo poco lontano da loro, in attenta quanto cauta osservazione, un ragazzo li fissava.
Cedric Diggory, completamente ignaro di essere proprio lui l’oggetto della discussione che stava osservando in quell’istante, guardava, pieno di curiosità e di qualcosa nelle pupille che assomigliava vagamente a desiderio, il moro Grifondoro parlare con il rosso Weasley.
Il guardare il giovane Potter era diventata un’abitudine ormai giornaliera, da tre settimane a quella parte. Era sopravvissuto solo una settimana a quegli incubi che lo massacravano lentamente, ed era stato con triste arrendevolezza che aveva cominciato a osservarlo (o forse avrebbe dovuto dire spiarlo?). Gli incubi avevano vinto su di lui, e la triste consapevolezza che più avrebbe continuato a guardarlo più sarebbe stato difficile staccarsi da quell’abitudine era ogni giorno più forte in lui.
Cedric non era certo contento di quella situazione, di quel suo bisogno quasi viscerale e primitivo che non riusciva a dominare di dover vedere, almeno una volta al giorno, il viso di Potter.
O meglio, il viso di Harry.
Lo seguiva nei suoi passi, ombra silenziosa e strisciante nei corridoi, tremando quando gli pareva che avesse potuto notarlo, più sicuro quando capiva di essere totalmente coperto.
Era così dannatamente frustrante sapere di dipendere da qualcosa di così stupido (così lo definiva la sua mente quando aveva la forza di ragionare) come gli occhi (quegli occhi verdi) di un ragazzo, sapere di anelare al ricordare per sempre tutti quei passi, quei movimenti, l’imperscrutabile movimento delle pupille sotto le ciglia folte, l’imporporarsi di quelle guancie, le risate di quel bambino.
Harry sapeva di infanzia e di freschezza, sapeva di ciò che lui era stato un tempo, di ciò che di infantile o di fanciullesco c’era stato nella sua vita. C’era tutta la sua infanzia, la sua breve e beata infanzia dietro quelle lenti spesse, in quei laghi verdi.
C’era ogni ricordo, ogni rimembranza.
Non sapeva come definire ciò che provava per Harry, e non riusciva a trovare parola che potesse descriverlo. Forse l’unico vocabolo giusto è “dipendenza”. Non poteva staccarsi da quelle iridi, non poteva evitare che i suoi occhi grigi tornassero a posarsi verso di lui, inevitabilmente, senza che potesse fare nulla per controllarli.
A volte aveva l’impressione che anche lui lo osservasse. A volte sentiva il peso degli occhi verdi che lo scrutavano attentamente, e un lieve pizzicorino alla base del collo. Ma quando si voltava, lui aveva già distolto lo sguardo. O forse non l’aveva mai posato su di lui ed era stata tutta una sua fantasia.
E probabilmente era anche vero. Cosa mai sarebe importato a Harry di quell’incontro? Cosa avrebbe potuto mai essere significato per lui quando nemmeno Cedric capiva cosa era significato per sé stesso?
Lo vedeva con le sue occhiaie sotto gli occhi, la stanchezza che gli dipingeva il volto, il viso smunto dalle notti insonni. Eppure, come poteva sospettare che fosse proprio lui la causa di tale insonnia? Come poteva immaginare che, in fondo al cuore, Harry sapeva quanto quell’incontro fosse stato importante per lui?
Cedric si appoggiò a una colonna del giardino sospirando.
Gli appunti di Erbologia lo attendevano in camera sua, pronti per essere sfogliati, risfogliati, letti e riletti. Ma lui non aveva né la voglia né l’intenzione di studiare, come non aveva voglia di allontanarsi.
Ma il giardino si stava riempiendo, e qualcuno avrebbe notato…
Con un ultimo sospiro, si allontanò dal ragazzo, rivolgendogli un ultimo sguardo prima di andarsene.
Fu in quel preciso momento che Harry si girò a fissarlo, incrociando i suoi occhi grigi e mozzandogli il fiato per secondi che parvero un’infinità di tempo.
Il Tassorosso contrasse le labbra, indeciso. Era come essere nudi di fronte a centinaia di ragazzi: si sentiva spogliare dallo sguardo di Harry, si sentiva come denudato da quegli occhi magnetici.
Harry parve fare un passo avanti, incerto, come se avesse voluto dirgli qualcosa, ma Cedric si voltò prima che potesse anche solo salutarlo.
Il Tassorosso richiuse gli occhi come tentando di scacciare un pensiero fastidioso e strinse i pugni decisi: non si sarebbe certo lasciato domare dalle emozioni.
Basta, quella situazione doveva finire lì: non poteva certo mettersi a osservare tutto il giorno Harry Potter, come se fosse stata la cosa più normale del mondo: aveva il Quidditch, lui, e i doveri da Prefetto, e la media dell’E da mantenere.
Non poteva certo assecondare i desideri del suo stupido inconscio.
Non poteva certo assecondare i suoi desideri.
Andò a dormire promettendoselo, serrando i denti e il pugno fino a farsi male, e sperando con tutto sé stesso che non arrivasse a fargli compagnia un altro incubo.
Da domani smetteva.
Già, proprio così.
Dal giorno dopo sarebbe tornato ad essere un ragazzo libero.
 
Lo rivide al tavolo di Grifondoro la mattina dopo. Aveva i capelli spettinati e gli occhi che imploravano un minuto di sonno, ma stavolta non c’era la Granger a fargli compagnia: solo la piccola dei Weasley e Ron.
Cedric si sentì quasi pervadere da una scossa di gelosia quando vide il ragazzo dare una pacca sulla spalla del moro, ma poi si ricompose dicendosi che non c’era ragione di essere gelosi.
No, non c’era assolutamente ragione di esserlo.
A quanto pareva non c’era stato verso di far ragionare il suo inconscio: Cedric non staccò un istante i suoi occhi da quelli del ragazzo.

Note d'autrice:
Non sono proprio brava a descrivere i preamboli di una storia d'amore... Spero vada meglio quando i nostri piccioncini passeranno all'azione, non so se mi spiego (ridacchia sadica). Comunque dal prossimo capitolo si avvicineranno e comincieranno a diventare amici...
E dopo l'amicizia...
BUM!
Chiaro il concetto? XD
  
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