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Autore: mattmary15    02/02/2014    3 recensioni
Lei allungò una mano e gli spostò una ciocca di capelli dal viso. Lui inspirò cercando di raccogliere il profumo della sua pelle, la guardò dritta negli occhi azzurri come il mare e disse solo poche parole. Sempre quelle.
“Saori, lo sai”
Le disse con un sospiro, come se una malinconia antica di mille anni volesse farsi largo improvvisamente.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gemini Saga, Nuovo Personaggio, Pegasus Seiya, Saori Kido
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Il destino di una vita intera'
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Capitolo VII : La vita salvata da Hyoga (seconda parte)


Pandora si levò presto la mattina seguente. Prese il Ragnarok facendo attenzione a non svegliare Ikki e uscì. Sorrise pensando che era la stessa abitudine di Shun di cui June le aveva parlato. Si diresse verso l’arena e la casa di Hyoga. Shun era ancora li. Anche se lei sapeva che il motivo per cui lui si era trasferito in quella casa non c’era più. Centinaia di spighe di grano la salutavano mentre percorreva la strada stretta che tagliava il campo che dall’arena arrivava fino alla casa del cavaliere del cigno. Erano spighe mature che parlavano fra loro di estate e del calore del sole. Spighe orgogliose che, come Icaro, tendevano al cielo. Spighe colore dell’oro. Pandora arrivò a destinazione pensando a quel colore e a come, anche dopo la dipartita di Hades, lei non lo avesse mai indossato. Si era concessa il rosso, il blu, il viola, l’argento e anche un tono chiaro di verde. Tornava sempre al nero. Un giorno però, le sarebbe piaciuto osare l’oro. Il colore che tanto piaceva ad Ikki. Lei non l’aveva mai portato perché sapeva che quello era il colore dell’infanzia di Ikki, il colore del suo primo amore. Così abbandonava l’idea di un confronto tanto crudele e tornava al nero.
La casa di Hyoga era spartana. La casa di un uomo solo. Sul davanzale però c’era un vaso di argilla con una piantina di Pieris japonica. I suoi fiori, campanelli dal colore rosa chiaro, si agitavano al vento come in una danza. Se fossero stati dei campanelli di metallo, avrebbero suonato come la catena di Andromeda quando si avvolge cauta intorno a coloro che vuole difendere.
Bussò alla porta con un tocco leggero. Shun aprì quasi subito. Aveva gli occhi stanchi. Sorrise comunque. Com’era dolce Shun. Sorrise anche lei.
Shun rimase sorpreso da quella espressione. Forse non l’aveva mai vista sorridere davvero. Era come se la luna stesse splendendo su un lago chiaro e tranquillo.
“Vuoi entrare?” chiese con gentilezza il cavaliere.
“Ti va di passeggiare? Fuori è una così bella giornata!” rispose lei.
Shun chiuse la porta alle sue spalle e si incamminò al suo fianco lungo le spighe.
“Sei stanco Shun. Il tuo braccio come va?”
“Non è il braccio che mi fa male, Pandora.”
“Sei in pena per Hyoga?”
Shun non rispose. Era sul suo viso la risposta. Pandora si fermò pungendosi una mano con le spighe.
“E’ partito solo da pochi giorni. Vuoi che veda dove si trova ora?”
Shun scosse il capo. “No, hai già visto il suo futuro. Spero che, come mi hai detto, esso prenda un altro corso. Del resto non posso fare altro.” Concluse con tristezza.
“E se avessi una scelta?” chiese Pandora finalmente disvelando l’involto che aveva nascosto nell’ampia manica dell’abito nero.
Shun la guardò con curiosità. Pandora sollevò la pesante stoffa marrone e mostrò il Ragnarok.
“Che cos’è?” chiese Shun.
“E’ il Ragnarok. Un oggetto dotato di molta magia.”
“Ma questo è l’oggetto che Mizar ha raccontato essere stato rubato da Flare! Secondo lui ha tradito Asgaard per consegnarlo a Nettuno. Perché ce l’hai tu?”
“Non ti mentirò Shun. Me lo ha consegnato un emissario di Nettuno. Vorrebbe in cambio una cosa a me molto cara. Prima di prendere una decisione, ho voluto mostrartelo.”
“A me? Perché?”
“ Perché quest’oggetto può liberarti dalla maledizione di Marte. Potrebbe consentirti di tornare ad essere il cavaliere che eri. Saresti di nuovo te stesso. Libero. Dopo potremmo consegnarlo ad Atena perché lo restituisca ai legittimi proprietari.”
“Ho affrontato troppe battaglie e ucciso troppi uomini ingannati dal desiderio di gloria, amore, ricchezza e potere per non sapere che una magia simile richiede il pagamento di un prezzo. Consegnalo ad Atena. Magari così Hyoga farà ritorno sano e salvo.”
“Oppure no. Sappi che se lo consegno ad Atena e non do a Nettuno ciò che vuole, né pagherà Eden le conseguenze e questo non lo posso permettere. Se non è utile a te, lo restituirò a chi me l’ha consegnato.”
Pandora abbassò il capo sulla sfera tinta di ambra ma non si mosse. Shun intuì che non riteneva ancora chiusa la questione. Tentò un altro argomento.
“Anche Atena soffre della mia stessa malattia. Non potremmo curare lei?”
“No.”
“Perché Pandora? Eden poi sarebbe al sicuro!”
“Questo oggetto non può salvare la vita di Saori, ma solo la tua.”
“Non capisco.”
“Parlerò chiaramente. Il Ragnarok è un contenitore. Ha assorbito tutte le ere del mondo. Ogni volta che l’universo collassa su se stesso e da se stesso rinasce, una parte del mondo perduto finisce assorbita nel Ragnarok. Lo chiamano l’occhio onniveggente. Ma il suo potere è maggiore. L’occhio può trovare l’anima di qualunque creatura che appartenga ai mondi perduti e restituirne una parte a questo mondo. Certo una piccolissima parte, ma pur sempre qualcosa.”
“Le anime dei morti?”
Pandora annuì e Shun cominciò a intuire il prezzo da pagare per il ritorno ad una vita normale.
“Le anime svanite nelle dimensioni che furono. Anime di uomini. Anime di dei. Certo, ogni divinità si risveglia più forte e più determinata di era in era, ma alcune sono perdute per sempre. Nettuno contava che avessi un forte desiderio di riportare indietro mio fratello.” Concluse lei.
Shun si sentì gelare il sangue nelle vene e il suo cosmo si attivò autonomamente, gettando subito il suo corpo in preda dei dolori tremendi che gli causava la ferita di Marte. Pandora poggiò in terra il Ragnarok e si avvicinò.
“No, Shun, non devi temere. Non voglio farti alcun male. Se non è questo ciò che desideri, io lo restituirò a Nettuno.”
Shun cercò di riacquistare il controllo e le rispose.
“Ad Atena. Devi consegnarlo ad Atena.”
“Non posso!” lo interruppe lei “In cambio di questo oggetto, Nettuno mi ha chiesto il Titanium. Te lo ricordi? Te lo misi al collo quando diventasti Hades.”
Shun corse con la mente al ciondolo di grigio metallo che raffigurava una stella a cinque punte con la scritta ‘Tuo per sempre’.
“Continuo a non capire Pandora. Nettuno, di punto in bianco, viene da te e ti chiede uno scambio. Un oggetto che appartiene a Odino e che è in grado di riportare indietro un frammento di Hades contro l’oggetto che collega lo spirito di Hades stesso con la sua incarnazione in questo mondo? Vuole o non vuole che Hades ritorni?”
“Hai ragione ad essere confuso. Ora ti spiegherò.” Disse lei sedendosi su una pietra e continuando con la mano a carezzare le spighe. Il sole, di tanto in tanto, si nascondeva dietro vaporose nuvole candide che facevano cambiare colore ai campi di Grecia. Shun la imitò e Pandora prese a narrare.
“Per molto tempo anche io ho creduto che il Titanium fosse il tramite per il quale Hades prendesse possesso dei corpi in cui sceglieva di risvegliarsi. Poi lui stesso mi raccontò che, l’abitudine di indossare il Titanium, non aveva nulla a che fare con ciò. Il Titanium gli era caro. Lo considerava il suo tesoro più grande. Mi disse che era il simbolo del suo trionfo su Poseidone. Ora che Hades è stato definitivamente sconfitto, il dio dei Mari mi ha proposto questo scambio in modo tale che io richiami un briciolo dello spirito di mio fratello. Hades, infatti, ha collegato il Titanium alla sua anima e solo lui è in grado di richiamare l’oggetto dal mondo dei morti dove il Titanium si perde ogni volta che Hades torna a dormire. Nettuno pensava che avrei provato piacere nel riavere, seppure in minima parte, l’anima di mio fratello.”
“Un’anima che tornerebbe nel mio corpo, perché Hades non ne ha più uno proprio.” Concluse Shun.
“Un’anima che rinvigorirebbe il tuo corpo straziato dalla maledizione di Marte!”
“E che cambierebbe di nuovo la mia personalità!” esclamò Shun alzandosi di scatto.
Pandora non era stata completamente sincera. Non aveva rivelato a Shun del Kraken. Sapeva che, se lo avesse fatto, Shun avrebbe collegato la bestia alla minaccia contro cui lottava Hyoga e di cui lei gli aveva parlato la sera della festa. Si morse le labbra. Shun meritava una possibilità di guarire. Ikki non meritava di perdere suo fratello.
“Non essere affrettato. Hai resistito contro lo spirito di Hades nel pieno del suo potere, credi che una briciola della sua essenza potrebbe piegarti? Non ho piacere nel restituire a Nettuno il Titanium, eppure vorrei davvero che tu guarissi. Se non vuoi essere generoso con te stesso, rifletti bene nell’interesse di coloro che ti amano e che soffrirebbero per la tua perdita!”
“Sussurri dolci parole al mio cuore desideroso di speranza, Pandora. Ma la parte più profonda di esso mi mette in guardia da una così semplice soluzione che viene per mano dei nemici di Atena.”
Pandora scattò in piedi con gli occhi ora furenti.
“Bravo Shun! Diffidi del Ragnarok eppure sembri appartenere ad uno dei suoi mondi perduti! Di quali nemici parli? Le guerre sono finite da anni! Hai una compagna e una figlia che è diventata a sua volta un guerriero! Tuo fratello ti ha dato un nipote della cui vita ti sei rifiutato di far parte poiché avevi paura dei tuoi propri fantasmi! Il tempo è trascorso e la vita si è consumata senza che tu ne diventassi padrone. Hai lasciato che i giorni si susseguissero tutti uguali poiché non avevi la forza di farli diventare migliori! Di farli diventare come volevi tu! Ha ragione Ikki. Sei debole, debole e vigliacco! Ti ho offerto un modo per tornare ad essere un cavaliere e correre a cambiare il destino di Hyoga. Tu preferisci pensare che non ne saresti in grado comunque. Se avessi voluto, avrei usato il Ragnarok su di te comunque! Non te ne saresti neppure accorto! Ho voluto invece lasciare scegliere te. E tu mi ripaghi chiamandomi nemica. Ti auguro una buona giornata Shun e spero davvero che il tuo sogno di riabbracciare Crystal si avveri. Sappi però che se sarai esaudito, sarà stato solo per la forza di Hyoga. Per l’ennesima volta, tu non avrai fatto nulla!”
Pandora si allontanò lasciando Shun in balia delle sue parole. Quanta verità c’era in esse. Il dolore si fece largo nell’animo del cavaliere di Andromeda e gonfiò i suoi occhi di calde lacrime.

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Kouga si stiracchiò nel letto sollevando entrambe le braccia verso l’alto. Era di buon umore. Si alzò e si rinfrescò il viso con l’acqua che Lucina era solita versargli la mattina molto presto nella conca vicino alla finestra. L’acqua gli bagnò i capelli rossi e lui si passò l’asciugamano sulla testa.
Tirò una tenda e guardò in direzione della statua di Atena come ogni mattina. Fino a qualche mese prima era solito indirizzarle qualche boccaccia o pronunciare frasi del tipo ‘dormito male? Ti vedo un po’ rigida!’. Quando era scoperto da Saga, si beccava un pugno sulla testa. Ora però la considerava diversamente. Aveva cominciato a nutrire nei confronti dell’effigie un certo rispetto.
Kouga la fissò e le sembrò che la statua fosse diversa dal solito.  Uscì e corse sotto l’alta raffigurazione della dea.
“Le hanno rubato lo scudo!” esclamò “Atena non ha più il suo scudo!”
Si voltò e corse verso le stanze di Saga. Il grande sacerdote non c’era. Si diresse verso la sala del trono. Fuori dalla porta, come spesso capitava, c’era Shura cavaliere del Capricorno.
Kouga non avrebbe saputo dire se, nei confronti di quel cavaliere d’oro, provasse soggezione o vera e propria paura. Shaina era una maestra severa e Ilio gli aveva raccontato che Milo sapeva essere veramente severo così come Sibilla raccontava che Death Mask spesso era addirittura crudele con i suoi allievi. I ragazzi che vivevano alla decima casa, invece, non raccontavano mai nulla del loro maestro. Aveva sentito dire che aveva una spada sacra in un braccio e, da piccolo, una notte, aveva segnato di essere tagliato da Shura in quattro pezzi. Saori però gli aveva spiegato che, fra tutti i cavalieri d’oro, Shura era da considerarsi il più affidabile di tutti. Gli aveva detto che nessuno gli aveva mai ordinato di stare di guardia fuori dalla sala del trono. Eppure, quando non era affaccendato altrimenti, Shura saliva alla tredicesima casa e si metteva di guardia. Kouga era affascinato dall’idea di una così grande forza di spirito e l’aveva spesso confrontata con quella di Seiya. Due persone così diverse eppure così devote ad Atena. Anche se Kouga non aveva ancora ben compreso il mistero di una dea che vive dentro il corpo di una donna, aveva orami compreso che la devozione di Seiya e quella di Shura erano diverse. Shura, con la sua spada nel braccio, difendeva la dea e le sue leggi, Seiya con il suo arco difendeva Saori e le persone. Una spada e un arco a disposizione di Atena. Un oggetto affilato e indistruttibile e un’ arma flessibile e capace di colpire anche da lontano. Lui un giorno sarebbe diventato più simile ad una spada o ad un arco? Scosse il capo e avanzò verso Shura pensando tra sé che era li per lo scudo invece.
“Salve a te Shura di Capricorn.”
Il cavaliere d’oro si sfilò l’elmo e lo guardò.
“Non dovresti essere agli allenamenti tu?”
“Il maestro Hyoga è partito in missione. Gli allenamenti sono spostati al primo pomeriggio. Li tiene il maestro Kiki.”
“Capisco. Perché sei qui?”
“Devo parlare con il grande sacerdote. Lo scudo di Atena è sparito!”
A Kouga sembrò che le sottili labbra del cavaliere del Capricorno si fossero allungate verso l’alto. Sorrideva di una cosa così grave?”
“Pegasus Kouga” esclamò rinfilandosi l’elmo dalle lunghe corna puntute “Atena fa del suo scudo ciò che vuole. Ora va nelle tue stanze o scendi all’arena ad allenarti come farebbe l’allievo che non mostri di essere!”
Kouga incrociò le braccia sbuffando. Lo faceva sempre con Saga. Questa volta fu gelato dallo sguardo di Shura che sembrò davvero volerlo fare a fettine. Girò i tacchi e prese la via per la grande scalinata.
Fece attenzione a non toccare nessuna delle rose che adornavano la scalinata e chiese il permesso per attraversare le varie case fino a quella dello Scorpione. Milo era allegro e canticchiava una canzone che faceva ridere le ancelle della sua casa. Si infilò nella stanza di Ilio.
Il ragazzino era assorto nella lettura di un libro insieme a Ryhuo. Kouga glielo sfilò da sotto il naso.
“Ehi Kouga! Quando sei arrivato?”
“Proprio ora! Che fate?”
“Studiamo! Il maestro dice che conoscere la storia mitologica delle armature, vale quanto un colpo segreto!” rispose Ilio.
“Lo dice anche Saga. Comunque è successa una cosa strana. Volevo parlane con voi e Soma. Che fate venite giù con me?”
“Che cosa è successo da essere tanto agitato?” chiese Ryhuo.
“Ve lo racconto alla casa del Leone andiamo?”
I tre ragazzi misero il naso fuori dalla porta e sgattaiolarono giù per le scale approfittando del buon umore del custode dell’ottava casa. Si stupirono di riuscire ad attraversare indenni la casa di Virgo e raggiunsero Soma.
Tanto per cambiare il ragazzo combatteva contro Yuna. Kouga fu un po’ infastidito di scoprire che i due si allenavano da soli.
Yuna li accolse con il sorriso di sempre.
“Salve ragazzi. Mia madre è venuta a trovare Marin e io ne ho approfittato per dare una lezione al leoncino!”
“Sì, ti piacerebbe vero?” la interruppe lui “Voi che fate da queste parti?”
“Kouga dice che è successa una cosa strana.” Disse Ilio.
Kouga tirò un profondo respiro e con un gesto plateale delle braccia parlò.
“Lo scudo di Atena è sparito! Stamattina mi sono alzato e la statua della dea, sotto la mano sinistra, non ha più il grande scudo!”
I ragazzi rimasero tutti a bocca aperta tranne Soma che scoppiò a ridere.
“Ma sei impazzito Kouga? Hai presente quanto è grosso quello scudo? Chi potrebbe mai staccarlo dalla statua e portarlo via in piena notte? Dai tempi di Fidia nessuno lo a mai spostato da li. Credimi. Hai bevuto forse?”
“Invece ti dico che stamattina sono uscito e non c’è. Se non mi credete perché non saliamo alla tredicesima casa?”
“Non possiamo salire lassù senza permesso o ragione!” disse severamente Ryhuo.
“Ryhuo ha preso tutto da tuo padre vero?” disse Yuna sorridendo “Andiamo, che sarà mai?”
“E tu non hai preso niente da tuo padre, vero?” rispose il ragazzo dagli occhi di smeraldo sorridendo bonariamente.
“Va bene, andiamo!” concluse Soma “Se ci beccano daremo la colpa a Kouga!”
“Tanto per cambiare!” gli rispose il rosso sorridendo e prendendo la via per risalire le scale.
Certo i cavalieri d’oro li videro attraversare le loro case, tuttavia non conoscendo il motivo di tanta fretta, mostrarono indulgenza non essendo ora di addestramento. Fare gruppo era anch’esso, in fondo, una sorta di allenamento.
I lunghi corridoi della tredicesima casa, un labirinto agli occhi dei ragazzi, non avevano segreti per Kouga che li condusse fino alla statua della dea Atena.
“Per tutti i fulmini di Zeus!” esclamò Soma mentre gli altri rimanevano a bocca aperta.
La grande statua di Atena era lì splendente sotto i raggi del sole con l’effigie della Nike nella mano sollevata e con l’altra protesa verso il vuoto. Come aveva detto Kouga, lo scudo non c’era più.
“Qualcuno lo ha rubato!” esclamò Yuna.
“Impossibile. Nessuno può profanare le stanze di Atena!” le fece eco Ryhuo.
“Allora l’ha preso qualcuno dei nostri!” intervenne Ilio.
“Shura ha detto che Atena fa del suo scudo ciò che vuole.” Riprese Kouga.
“Ma figuriamoci! Lady Saori che solleva un oggetto così pesante da sola?” disse Soma con un po’ di irriverenza che Yuna punì con un pugno dritto alla sua testa.
“Il suo cosmo è più grande di tutti quelli dei cavaliere messi insieme! E’ una dea!” disse la ragazza.
“Certo che è un mistero!” riprese Soma.
“Mio padre ha detto che la statua di Atena una volta è sparita.” Disse Ryuho.
“Come fa a sparire una cosa tanto gigantesca?” gli rispose ancora sarcastico Soma.
“Forse davvero ce l’ha Saori!” riprese Kouga che non riusciva a togliersi dalla mente le parole di Shura “Io vado a vedere.” Concluse correndo verso le stanze di Atena.
“Fermati Kouga non puoi entrare nelle stanze private di una signora!” esclamò Yuna correndo però insieme a lui.
In pochi istanti furono nella camera da letto di Saori e con enorme sorpresa videro che, vicino al suo letto, poggiato ad un triclinio rivestito di velluto rosso, stava un grande scudo dorato.
I ragazzi si avvicinarono carichi di eccitazione.
“Aveva ragione Capricorn! Atena fa del suo scudo ciò che vuole!” esclamò Ilio.
“No! Questo non è lo scudo di Atena!” lo contraddisse Soma “è d’oro, non di pietra!”
“E’ lo scudo di Atena non vedi? E’ identico a quello che la statua aveva fino a ieri!” gli rispose Yuna.
“Mi dispiace dare ragione a Soma” intervenne Ryuho toccandosi il mento con un dito “ma sia le dimensioni dello scudo che il materiale di cui è fatto, fanno ragionevolmente credere che non sia lo scudo della statua. Piuttosto sono indotto a credere che sia una sua fedele riproduzione, più piccola e in oro massiccio.”
“Grazie per la lezione professorino,” riprese Soma avvicinandosi allo scudo “ma sono stato io a prenderci stavolta” concluse toccando l’oggetto.
A quel tocco Soma si fece serio.
“Che succede Soma?” chiese Yuna preoccupata.  
“Nulla, mi da la stessa sensazione che provo quando sfioro l’armatura d’oro di mio padre.” fece il ragazzo pensoso.
Kouga, nel sentire quelle parole, fu colto dal profondo desiderio di toccare lo scudo. Si avvicinò e, lentamente, posò due dita sul bordo dello scudo, dove, si presume, si sarebbe dovuto fare pressione per sollevarlo. Per un attimo una sensazione di forte appartenenza lo colse e gli sembrò che, nonostante l’aspetto e la forza che l’oggetto promanava, fosse leggero. Poi una luce accecante lo avvolse e non vide più nulla.

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Erano passati due giorni dal suo arrivo ad Asgaard e Hyoga non aveva combinato nulla di utile. L’indomani Flare sarebbe stata condotta davanti al consiglio degli anziani e lui non aveva ancora ottenuto udienza da Hilda. Decise di tentare il tutto per tutto e seguì Orion lungo un oscuro passaggio nascosto dietro un arazzo.
Quanta maestosa bellezza era celata dentro le gelide mura di quel palazzo. Da sole quelle tele, che ricoprivano le pareti al duplice scopo di abbellirle e rendere meno fredde le stanze abitate, valevano più di mille tesori. Flare sarebbe dunque stata decapitata per aver sottratto uno dei tanti tesori di Asgaard?
Non si era sbagliato quando aveva deciso di seguire Orion. Certo, non avrebbe potuto farlo, se Argor non avesse fatto finta di non accorgersi che se la stava svignando dalla biblioteca in cui lo aveva confinato quella mattina. Per una qualche ragione, il cavaliere ombra si fidava di lui.
Orion e Flare rimasero stupiti nell’accorgersi che qualcun altro si era intrufolato nelle loro stanze private. Hyoga invece apprese, in quel momento, che Orion aveva ben ragione di voler tenere Hilda al sicuro. Anche se non di molti mesi, era evidente che la regina di Asgaard fosse incinta. Si inginocchiò al suo cospetto chiedendo perdono.
Hilda gli sorrise con benevolenza e gli chiese di alzarsi.
“Non devi inginocchiarti innanzi a me. So che sei qui per il bene di Flare e immagino il motivo per cui tu sia venuto a parlare direttamente con me. Immagino che tu voglia il mio permesso per fuggire con Flare.”
Hyoga sollevò per la prima volta lo sguardo su di lei e la osservò con attenzione. Era triste la regina di Asgaard. In pena per la sorella che amava.
“Non sono queste le mie intenzioni, Hilda” disse con voce atona “Se ora la conducessi via, non solo farei scoppiare una nuova guerra tra Asgaard ed Atene, ma metterei a repentaglio anche te. Non crederebbero che la principessa sia fuggita senza il tuo aiuto.”
Orion, che era rimasto in silenzio fino a quel momento, parlò.
“E’ solo per questo motivo che non l’ho portata via io stesso. Avevo già preso accordi con la famiglia di Mime. E’ da sempre fedele a quella della sacerdotessa di Odino. Avrebbero tutti dato la vita per lei. Sono consapevole però che, tra gli anziani, molti aspettano un passo falso di Hilda. Anche se cavaliere di Odino, Megres semina ancora sospetto e malignità sperando che possa presto coglierne i frutti. Io devo difendere Hilda prima di ogni altra cosa.”
Hilda gli prese una mano e chiuse gli occhi. Una lacrima le cadde dal viso e andò ad infrangersi dove splendeva l’anello nuziale che aveva rimpiazzato il meno luminoso anello del Nibelungo.
“Ero venuto qui per un altro motivo. C’è un solo modo per dimostrare l’innocenza di Flare: recuperare il Ragnarok. A tale scopo ero venuto a chiedere il permesso di discendere negli abissi utilizzando il potere di Odino.”
Orion, istintivamente, strinse di più la mano di Hilda.
“Dimentichi due cose, cavaliere di Atena. La prima è che Flare non è innocente, per quanto Artax abbia cercato di dimostrarlo facendosi ferire a morte da un generale degli abissi. La seconda è che, per discendere in Atlantide, occorre aprire il passaggio nel mare.”
“Ho appena detto che sono venuto a chiedere di utilizzare il potere di Odino.” Rispose Crystal.
Orion si accese come una fiamma che nasce dalla carta secca.
“Solo Hilda può adoperare il potere di Odino! Nelle sue condizioni, ora non può farlo!”
Hyoga abbassò il capo e strinse i pugni.
“Non mi aspetto una grande accoglienza nel regno dei mari. Probabilmente vado incontro alla morte. Ho già affrontato Nettuno e so per certo che non posso batterlo. Ma andrò. Per Flare, per la sua vita. So che chiedo un grande sacrificio. Devo chiederlo però.”
Hilda si alzò e lo raggiunse. Quando fu occhi negli occhi con Hyoga, sorrise.
“Lo farò. Andiamo alla statua del dio. Se vuoi affrontare questo rischio, io ti aiuterò. Non posso lasciare che uccidano mia sorella.”
“Hilda, te ne prego, pensa alle tue condizioni.”
Lei si girò e tornò da suo marito. Lo abbracciò e gli parlò all’orecchio.
“Porto in grembo tuo figlio. Posso essere solo più forte di ieri, non più debole. Ad invocare Odino ci saranno la sua sacerdotessa e il figlio del drago.”
Orion la strinse e cedette.
“Anche se non sono degno di pregare il nostro dio, io ti sosterrò.”
“Come hai sempre fatto del resto!”
In quelle parole dette con una leggera malia, Orion rivide la regina di Asgaard di cui si era innamorato e con cui era cresciuto. La donna in grado di colpire l’unico posto del suo corpo non bagnato dal sangue del drago e vulnerabile.
Di nascosto, lasciarono le stanze e raggiunsero l’altare di Odino. Hilda impugnò la lancia sacra e aprì le braccia allargandole verso il cielo. Orion rimase di un passo dietro di lei.
“Dio Odino! Padre di Asgaard, ascoltami! Tu che sai leggere l’anima degli uomini e pesi i loro desideri e i loro sogni, tu che sai distinguere il giusto volere dalla malvagia bramosia, ascolta la mia preghiera! Apri il mare e lascia che possiamo raggiungere Atlantide. Consegnaci, ancora una volta, il tuo favore e taglia il mare col tuo potere. Per la prosperità della tua gente e la salvezza! Se ancora ti aggrada l’alleanza con la nobile Atena, dacci la prova della tua immensa forza!”
Per un momento nulla accadde e Orion pensò che forse sarebbe stato meglio così, poi però Hilda si tese come una corda d’arpa e una possente voce riempì l’aria.
“Il cavaliere di Atena ottiene, per intercessione di Polaris, quanto richiesto. Il passaggio per Atlantide verrà aperto. E per dare prova di quanto sia salda l’alleanza tra le nostre genti io farò un dono. Io consegno la sfera dell’Inverno senza fine.”
A quelle parole, il mare sotto la statua di Odino vorticò e una lunga scala di ghiaccio comparve lentamente. Sembrava discendere fino negli abissi più profondi. Inoltre una sfera di ghiaccio apparve di fronte al petto di Hilda e ondeggiò fino a depositarsi su uno dei palmi aperti di Crystal. Odino tornò a parlare per voce di Hilda.
“Va dunque e fa buon uso dei miei doni, cavaliere!”
Lo spirito del dio svanì e Hilda ricadde tra le braccia di Orion.
Crystal corse loro incontro.
“Hilda, come stai?”
“Bene, sta tranquillo. Riposerò e sarà tutto a posto.” Disse sorridendo.
“Va, Crystal, prima che si richiuda. Non sarà in grado di rifarlo.” Concluse stringendo amorevolmente la moglie. Hyoga si alzò e corse verso la scala di ghiaccio. Si voltò un istante a guardare la coppia che lo aveva aiutato e si lanciò verso gli abissi.
Come aveva detto Orion, il mare si richiuse dopo poco sulla sua testa. Discese la scala di ghiaccio fino all’ultimo gradino e si ritrovò in un giardino di coralli. Non ricordava di averne mai visto uno durante la sua prima discesa negli abissi.
Una voce di donna lo accolse.
“Benvenuto Crystal il cigno! Sono qui per condurti alla corte del mio signore.”
Hyoga la riconobbe. Era Tetis, la sirena.
“Non è stato cortese da parte tua entrare nel mio giardino senza invito. Ad ogni modo, poco importa. Nettuno, il mio signore, ha percepito l’aprirsi delle acque e mi ha mandato ad accogliere chiunque stesse arrivando. Amico o nemico. Tuttavia sono lieta che sia sopraggiunto un amico. C’è salda amicizia tra Nettuno, il mio signore e Atena. Giusto?”
Hyoga sorrise con sarcasmo.
“Salda amicizia, certo. In nome di questa amicizia mi porterai da Nettuno senza aver nulla da temere giusto?”
La sirena sorrise e s’incamminò. Hyoga la seguì. Durante la sua infanzia in Russia, sua madre Natassia gli aveva raccontato molte volte le favole del mondo sotto il mare. Gli aveva narrato delle sirene che incantavano gli uomini con la loro voce melodiosa per poi trascinarli negli abissi, delle navi che si incagliavano tra le braccia di mostri marini e di una città fortezza abitata solo da sagge creature che avevano donato agli uomini il sapere. Gli aveva raccontato che laggiù c’era un luogo pieno di libri con la storia del mondo. Il mare lo aveva affascinato ma, dopo la morte di sua madre, per lui aveva rappresentato solo un oscuro mausoleo.
Ora era sconcertato da tanta luce e meraviglia. I colori e, avrebbe detto profumi, di quel luogo erano meravigliosi. Quando raggiunsero il tempio di Nettuno, non lo riconobbe. Era fatto di colonne alte e chiare. Si accorse che un leggero filo d’acqua era ovunque eppure la temperatura del luogo era mite.
Tetis lo condusse nel tempio. Hyoga rivide se stesso con l’armatura di Acquarius e la sua mente corse a involontariamente a Shun. Strinse il pugno e percepì un gelo irreale nascere al suo interno. Si trattava certamente del potere dell’Inverno senza fine.
Nettuno era nel giardino interno del tempio. Da lì si poteva osservare la sua colonna, quella in cui aveva rinchiuso Saori. Nettuno era seduto ad un tavolo rettangolare simile ad un altare. Sorseggiava del vino.
“Da molto tempo non ricevo visite Crystal, cavaliere di Atena. Quali notizie mi porti dal mondo emerso?”
“Non vorrei offendere un dio, ma non sono qui per fare conversazione.”
Nettuno sorrise.
“Mi hai gelato con tanto entusiasmo!” gli disse poggiando il bicchiere di vino.
“Cos’è umorismo da dei?” gli rispose Hyoga.
“Può darsi. Allora dimmi, se non sei un messaggero e non sei in visita di cortesia, perché sei disceso nel mio regno?”
“Sono venuto a chiedere ad un dio che sostiene di essere alleato di Atena, la restituzione del Ragnarok.”
“Dovrei sapere di che si tratta?”
Hyoga sorrise di scherno.
“Avanti Nettuno, hai mandato un tuo generale a prenderlo ad Asgaard dalle mani della principessa Flare.”
Nettuno finse di ricordare e si alzò.
“Forse ho capito di cosa stai parlando. Una sfera color ambra che si dice contenga i frammenti dei mondi che furono. Un dono adorabile di una fanciulla adorabile anche se non da tutti apprezzata allo stesso modo, dico bene cavaliere?”
“Forse, se ad ogni modo tu ne parli così, non vorrai che venga giustiziata per averti consegnato, diciamo per errore, un oggetto di cui non poteva disporre.”
“Certo che no! Seguimi cavaliere. Se ci tieni, a dimostrazione della mia buona fede, ti ridarò il Ragnarok.”
Hyoga sentì la speranza rinascere nel suo cuore e seguì Nettuno. Si accorse troppo tardi che era stato condotto proprio nella colonna portante di Atlantide. Delle catene dorate gli legarono i polsi.
“Nettuno cosa fai?” urlò divincolandosi.
“Per qualche giorno te ne starai buono qui. Isaac ti farà compagnia, non è vero?” concluse invitando il generale degli abissi a palesarsi.
Hyoga lo vide apparire da dietro ad una colonna.
“Isaac liberami, tu sai cosa sta facendo? Fermalo! Una ragazza innocente morirà!”
A quelle parole Nettuno si voltò con un’espressione furente sul volto.
“Una ragazza innocente? Folle! Quella donna ha venduto il suo popolo pur di avere vendetta su di te! E ora tu sei qui in catene a subire quella vendetta. Sappi che il suo e tuo sacrificio non saranno vani. Grazie ad essi, Marte sarà sconfitto per sempre e Atena potrà liberarsi dall’esilio forzoso che ha scelto. Da oltre dieci anni infatti non ha più lasciato il santuario di Grecia. Io la libererò.”
“Tu sei pazzo! Ossessionato ancora da Saori. Credi che se anche uccidi Marte, lei ti amerà? Seiya ti strapperà il cuore dal petto come ha fatto con Hades!”
A quelle parole Nettuno materializzò il suo tridente e lo puntò contro Hyoga che però fu raggiunto dal colpo di Isaac e cadde a terra privo di sensi.
“Vostra maestà non deve sporcarsi le mani con una simile feccia” disse Isaac invitandolo, con un braccio teso verso l’uscita, a lasciare la colonna.
“Non andarci giù pesante, Isaac. Questo sciocco mi serve ancora!” gli rispose Nettuno lasciando la camera. Isaac si chinò su Crystal e gli gettò dell’acqua sul viso.
Hyoga riprese i sensi.
“Non provocarlo se non vuoi farti uccidere!” disse Isaac rialzandosi.
“Mi hai salvato di nuovo.”
“Non contarci. Nettuno sta per risvegliare il Kraken. Da quel momento nessuno sarà più al sicuro, neppure il tuo prezioso Seiya.”
“E’ questo il piano di Julian Solo?”
“Per ora so solo che vuole usare la bestia per trovare il luogo in cui si nasconde Marte. E, se me lo stai per chiedere, per ora non posso fare niente per te. Stattene buono.” Concluse lasciando la torre.
Hyoga urlò il suo nome molte volte ma Isaac non tornò indietro. Provò ad invocare l’Inverno senza fine nella sua mano, ma le catene di Nettuno non si sciolsero. Cadde in ginocchio. Se fosse rimasto lì più di un giorno, Flare sarebbe stata condannata e il suo sacrificio, sarebbe stato vano. Doveva trovare un modo. Un modo per mantenere la promessa fatta a Hilda, quella fatta a Flare e anche quella fatta a Shun.


Note dell'autrice:
Salve a tutti! Innanzitutto alcuni piccoli chiarimenti... la Pieris Japonica di cui si parla all'inizio del capitolo è una pianta capace di resistere alle basse temperature che produce fiori rosa a forma di campanelli. Il suo nome volgare è Andromeda. Per questo mi è sembrata idonea a stare sul davanzale della casa di Shun.
Insecondo luogo ho dedicato un piccolo cameo a Shura dato che ho riletto qualche giorno fà il capitol di Los Canvas extra su El Cid... adorabile!!
Infine realmente tra i tesori di Odino ci sono delle gemme potenti legate ai poteri elementali, ma il nome l'ho inventato su due piedi. Forse non è molto originale ma indica esattamente il suo potere e l'ho scritto di getto. Sorry.
In ultimo, ma non per ultimo, grazie  a tutti coloro che continuano dopo tutti questi capitoli, a seguire e recensire la storia. Siete splendidi, grazie mille! A presto!!

  
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