The Seventh:
Hellraiser
Part 8: Dawning
Chapt 2: Clash and Burn
Non
c'è fuoco né gelo tale da sfidare ciò che un uomo può accumulare nel proprio
cuore.
[Il
Grande Gatsby, Francis Scott Fitzgerald]
Si assicura la bambina sulla schiena e poi la copre con il
mantello. È riuscito a farla mangiare a sazietà e già la testolina ciondola
dalla sonno: riuscirà a spostarsi più velocemente se dorme tranquilla. Si
raccomanda a Fenrir di non lasciare mai il loro fianco neppure per un leprotto
succulento finché non gli darà il suo benestare. Raccoglie la lancia ed una
sacca con poco altro, getta un ultimo sguardo a quella che è stata una
confortevole e sicura tana ed esce.
Cammina sino al crepuscolo, ormai sono lontani quando Hela si
sveglia ed inizia a piagnucolare che vuole scendere. Loki per un po’ le parla
per farla desistere, le racconta qualche storiella che ricorda dalla sua
infanzia, ma la bambina ha ereditato la cocciutaggine di entrambi i genitori ed
inizia a scalciare e a piagnucolare più forte: "Su, smettila." Tra
gli alberi scende la sera e nel silenzio l'eco del piagnisteo è chiaro.
"Ti ho detto di SMETTERLA!" È costretto a fermarsi e a
farla scendere: "Ti ho detto di smetterla di piangere!" La sgrida
spazientito mollandola a terra su un mucchio di foglie. Il labbro inferiore di
Hela inizia a tremare e gli occhi le si riempiono di lacrime. "No. No.
Niente capricci. Non accetto che t-" Hela si copre gli occhi con le
manine. Non piange: Sta ferma con gli occhi chiusi ed il broncio. I suoi non
sono capricci: è spaventata, lontana da casa, non comprende perché suo padre
improvvisamente sia così irato e probabilmente le è anche tornata la fame. Loki
si china ad arrivare al suo livello e la raccoglie tra le sue braccia,
sedendosi a gambe incrociate con lei in grembo. La culla per tranquillizzarla e
quando lei scioglie appena il broncio batte la manina sulla sua.
Loki sorride, aprendo la mano: sul palmo steso si formano due
piccole sfere di luce azzurra, che danzano l'una accanto all'altra formando due
piccole spirali che si intrecciano. Hela
le guarda per qualche minuto, un piccolo sorriso, prima di abbandonarsi contro
il petto di suo padre e addormentarsi.
“Sai
cos’è che mi infastidisce di più?” Raggomitolata tra il cornicione ed il muro,
una ventosa a tenermi appesa a centosette piani da terra, mi sto prendendo in
pieno l’anticipo monsonico che sferza Giacarta da ormai sei giorni.
Resosi
invisibile con la tuta mimetica scura OcchioDiFalco sogghigna sul tetto del
grattacielo di fronte e non stacca il visore notturno dalla finestra sotto cui
sono accovacciata. “Il sacco nero in cui
sei avvolta a testa in giù? Sembri la figlia un pipistrello.”
“Sei
un amore, come tuo solito. Immagino che Natasha adori questo tipo di
carinerie.”
“Mi spezzerebbe l’osso del
collo se facessi questo paragone. Attenta!” Mi appiattisco contro il muro ed inizio a
togliermi dal bozzolo, il tutto sperando che la ventosa regga. “La
riunione è finita. Si stanno salutando. GreyRaven, pronta a muoverti tra dieci
secondi.”
“Che
quando finiremo qui e torneremo a casa avrò ancora i miei scatoloni da
disfare.” Borbotto. “Ecco cosa mi dà più fastidio.”
“Fuori tra tre… due… “inizio a dondolarmi avanti
ed indietro per prendere slancio. “Uno…
VAI!”
Mi
isso sul cornicione velocemente. Estraggo due grossi spilli dalla tasca della
tuta e li infilo negli angoli del vetro. Un piccolo brusio e il campo
elettromagnetico che protegge la finestra si disattiva. “Ricordami di portare
un dolcetto a Fitz: se lo merita.” Faccio scorrere la finestra verso l’alto ed
entro, richiudendola subito dopo.
“Il posto a destra dello
schermo al plasma.” Indica Clint all’auricolare. Agguanto il bicchiere usato e lo
passo nel mio portacipria scanner, poi lo rimetto a posto e sono costretta a
nascondermi sotto al tavolo per evitare l’assistente entrata improvvisamente a
rassettare tutto.
Invio
i dati: nell’arco di dieci secondi saranno elaborati e processati alla base,
finendo stampati sul guanto di lattice che uno dei miei colleghi indosserà per
avere accesso al Caveau della società che teniamo sotto controllo.
Ottimo.
“Fase Uno completata.
Lascio la mia postazione e scendo.”
Bene.
Appena
accenno a muovermi da sotto il tavolo, mi trovo davanti la canna di una
pistola.
Fase Due iniziata.
Un
cazzotto sull’orecchio e parte anche il silenzio radio.
Hanno
passato la notte piovosa tra le radici secche di un grosso albero, ma Loki non
ha chiuso occhio neppure un attimo, con Hela addormentata in grembo e Fenrir
che si è concesso una piccola battuta di caccia andata a segno.
Alle
prime luci dell’alba si è riassicurato di nuovo la bambina sulla schiena – che
ha protestato mugolando nel dormiveglia – e si sono rimessi in cammino.
Le
montagne non sono poi così lontane. Loki inizia a sentirsi stanco e logorato
dalla preoccupazione – quando si fermano deve usare molta magia per gli
incantesimi protettivi e per cancellare le tracce - il cibo in quella zona scarseggia e non
possono permettersi di accendere un fuoco né di impegnarsi nella caccia, ma si
sforza di proseguire aggrappandosi alla lancia per farsi più forza.
Si
nutre di radici amare e quando vede quella che sembra una grossa capra
selvatica tra i cespugli riesce ad fermarla, ipnotizzandola il tempo necessario
per arrivare a mungerla per dare ad Hela un po' del latte.
Mentre
Fenrir la tiene occupata giocando con lei, si arrampica di nuovo su un albero
per controllare: le montagne a nord si stanno avvicinando, ma i fuochi a sud si
sono moltiplicati. E un filo di fumo ora si alza anche da est.
Non c’è tempo da perdere.
Torna
a terra e recupera la bambina non curandosi della sua lagna. Vorrebbe camminare
anche dopo il crepuscolo, poi si rende conto che il rischio di imbattersi in un
qualche predatore notturno è troppo alto, perché non riesce a proseguire alla
cieca – ha notato che Hela schiva tutti gli ostacoli al buio, probabilmente ha
ereditato il potere di sua madre - e
deve comunque riposarsi, che in caso di attacco deve essere in grado di
difendersi.
Guarda
Hela mordicchiare una delle radici accompagnandole da smorfie di disgusto: la
fame sembra aver preso il sopravvento, perché continua a masticare comunque
senza lamentarsi ulteriormente. Che fosse una bambina sveglia già lo sapeva, ma
la considerazione che abbia già capito in che razza di situazione siano lo
colpisce come uno schiaffo.
Le
accarezza la testina per coccolarla e si sforza di vezzeggiarla con qualche
complimento: "Avremo una nuova casa, più bella e sicura. Manca poco."
Ma
si rende conto che sta solo cercando di convincere sé stesso.
Gli
appartamenti della Regina non sono mai stati toccati dalla morte di Frigga.
Suppellettili, arredi, tendaggi son sempre gli stessi, e se Sif osasse aprire
bauli e armadi ne è certa che troverebbe le sete e i broccati dei suoi vestiti.
A volte, quando la brezza serale entra dalla loggia aperta facendo alzare le
tende a Sif sembra quasi di intravedere la sua sagoma ritta e fiera vicina alla
balaustra. Sono i suoi appartamenti da che il fidanzamento con Thor è stato
annunciato, Odino glieli ha concessi per ambientarsi al Palazzo e ai suoi agi:
Sif preferirebbe piuttosto vivere nelle stalle e dormire su un pagliericcio,
piuttosto che sola in quell’alcova. La differenza tra l’essere amica di Thor e
sua futura sposa sono solo un pugno di baci tiepidi; l’affetto, la confidenza e
la complicità gli stessi dei compagni d’arme.
A
volte Sif pensa che il titolo di ‘Principessa’ con cui qualcuno già la fregia
sia quasi di scherno, e ringrazia mentalmente l’esilio di Loki che gli
impedisce di sbeffeggiarla ulteriormente con battute taglienti.
Jane
Foster non era stata particolarmente amata dal popolo, ma lo era stata
abbondantemente – e, Sif ne è certa, deve esserlo tutt'ora – da Thor, che
faceva tutto fuorché mitigare quel sentimento e quella relazione: non lasciava
il suo fianco nelle situazioni ufficiali né in quelle quotidiane, pieni di
sorrisi radiosi e di gesti premurosi. Il cuore di Sif aveva subito un duro
colpo quando li aveva visti percorrere insieme i corridoi che portavano alle
camere di Thor. Mai quanto, però, non venire mai accompagnata da lui negli
appartamenti reali.
“Che
cosa hai fatto Sif?” La devozione a Thor le aveva ottenebrato la mente già una
volta, inducendola alla disobbedienza e al tradimento come la più plagiabile
delle fanciulle. Non ne aveva provato rimorso allora, quando era scesa su
Midgard a cercare il compagno che amava più di un amico e che era stato
bandito, non ne prova rimorso ora che ha aiutato il suo futuro sposo in
un’impresa che faticava a giudicare giusta. Eppure non riesce a riconciliarsi
con il suo orgoglio ferito: se Thor ha chiesto il suo aiuto è solo perché certo
che il suo amore avrebbe fatto di tutto pur di essere ricambiato, pur di
spodestare dal suo cuore il fantasma di quella minuta midgardiana. Si è
lasciata vincere dal sentimento, da quella fragilità che ha sempre detestato
nelle altre donne.
Con
un moto di stizza, Sif rifila un calcio al piede del mobile più vicino: la
brocca sul ripiano cade e l’acqua scivola lungo il legno scuro sino ad inondare
un cofanetto di madreperla che non si è mai azzardata ad aprire. Lo solleva per
salvarlo dall’acqua, ma il piccolo scrigno le sfugge dalle dita e si apre
rovesciando a terra la cascata di perle bianche appartenute a Frigga. Quando
cerca di raccoglierle scivolano tra le sue dita, seguitando a rotolare sul
pavimento di marmo. Si blocca quando si accorge che non sembrano rimbalzare
impazzite ma si muovono tutte quante, ordinatamente, in una direzione: la
parete dietro l’alcova.
Le
perle si accostano lungo l’orlo dell’arazzo che la ricopre, come a formare una
lunga collana stesa in terra. Cauta, Sif si avvicina e quando si china a
sfiorarle si blocca nuovamente: c’è un alito di vento, uno spiffero che
proviene dall’arazzo e solleva appena le frange del bordo. Invece di
raccogliere le perle Sif alza l'arazzo, e scopre il passaggio che si apre
sotto.
Prima
di muovere un passo Sif getta uno sguardo alle sue spalle, verso la loggia
aperta: tra le tende sottili vede chiaramente un'ombra; l'elegante sagoma di
Frigga che contempla l’orizzonte dalla balaustra.
Alla
fine del terzo giorno di marcia si è reso conto di non aver spiaccicato parola.
Non ha parlato ad Hela come è solito fare e l’ha addirittura zittita seccamente
un paio di volte quando la sentiva piagnucolare o scalciare. Fenrir lo fissa in
attesa di istruzioni, di una carezza o di un grazie. Gli strofina il muso
distrattamente e lui infine crolla al suo fianco.
Loki
si rende conto che non mangia da più di un giorno e che il paesaggio sta
diventando brullo e spoglio: prima di arrivare alle montagne dovranno
attraversare un’ampia radura.
Saranno
scoperti.
Dovranno
essere veloci e preparati al peggio.
Dopo
qualche ora di riposo e qualche parca pietanza recuperata fortuitamente, Loki
riesce a riprendere energie sufficienti per utilizzare la magia. Scinde il suo
corpo in molteplici copie che iniziano a percorrere velocemente la radura
circondandolo. Ha il cuore in gola e fa attenzione ad ogni piccolo rumore.
Fenrir
è più lontano e segue una sua illusione. Ha le orecchie tese e sembra molto
nervoso, fiutando l'aria più volte.
Quando
ormai il bosco è prossimo un sibilo veloce attraversa l'aria ed una palla di
fuoco colpisce il limitare degli alberi.
Gli
è passata vicinissimo, ha falciato alcune sue proiezioni e lo spavento gli ha
fatto perdere il controllo delle altre, che si sciolgono.
Richiama
Fenrir ed inizia a correre il più velocemente possibile.
Altre
palle infuocate seguono la prima, per schivarle Loki è costretto a correre a
zigzag tra i sassi della radura faticando per non inciampare e cadere, ma deve
girarsi più volte per controllare i suoi assalitori: Figli di Muspel, giganti di fuoco. Re Surtur è stato il più celere
nel mandare le sue milizie a cercarli.
Raggiunge
il limitare degli gli alberi, i sibili e gli schiocchi delle palle infuocate
non smettono di sfiorarlo. Salta radici e schiva i primi alberi in fiamme,
cercando disperatamente con lo sguardo una via di fuga riparata.
Quando
è certo di essere riuscito a mettere un po' di distanza tra sé ed i suoi
inseguitori si volta: la foresta sta prendendo fuoco velocemente e si sta
trasformando in una trappola mortale di fumo e fiamme.
Non
può fuggire, deve affrontarli.
Non
ha altra scelta, per spegnere le fiamme velocemente dovrà usare quel potere.
Fa
scendere Hela dalla schiena e le calca bene il cappuccio in testa.
Non vuole che lo veda
trasformarsi in un mostro.
È
qualcosa dentro di sé. Un freddo ancestrale e radicato, un pezzo di ghiaccio
tra il cuore e lo sterno. Le mani di Loki si striano sfumando nel blu quando lo
richiama.
Poi
allarga le braccia e lo fa uscire tutto d'un colpo: Il vortice gelato riempie
l'aria ed inonda i tronchi di sempreverdi, soffocando le fiamme e costruendo un
muro di ghiaccio.
Ha
poco tempo, dovrà farne buon uso.
Afferra
la bambina, scende nel greto di un torrente e cerca un riparo tra i sassi. Hela
è sin troppo spaventata per piangere e trema come una foglia. Loki vorrebbe
avere il tempo per tranquillizzarla, ma non può far altro che infilarla dentro
ad un piccolo buco tra i sassi dell'argine. "Torno a prenderti" Le
spiega accarezzandole il visetto pallido e sporco. Sente l'angoscia riempirgli
i polmoni, quanto il fumo della foresta in fiamme. "Devi aspettarmi."
Poi si rivolge a Fenrir: "Devi starle accanto, qualsiasi cosa accada. Te
l'affido, devi proteggerla, capito?" Il lupo guaisce e tocca con il
tartufo il suo viso. Loki non si è mai sentito più spaventato e allo stesso
tempo determinato di così: "Grazie" Gli sussurra rialzandosi. Quando la
riprende in mano la lancia diventa una cuspide ghiacciata.
Sono
enormi.
Sono
una dozzina.
Sono
troppi.
Per
Loki è difficile riuscire a gestirli tutti insieme - Deve continuamente
scindere il suo corpo in più parti per ingannarli, e continuamente fare ricorso
al suo potere da Jotun per contrastare le fiamme che lanciano.
Riesce
ad atterrarne uno e a staccargli la testa con una lastra di ghiaccio: L'immenso
corpo di pietra bollente smette di agitarsi e si spegne.
Schiva
il colpo di un altro e la presa di un terzo: Richiama le sue proiezioni per
disturbarli, ma ormai hanno capito che sono solo innocue copie e non gli danno
più corda.
Loki
cerca di attirarli dalla parte opposta del bosco, c'è un lago lì vicino dove
vuole riuscire a buttarceli dentro: con quei corpi pesanti e fiammeggianti non
potranno sopravvivere.
Riesce
a creare un vortice di ghiaccio che ne distrugge uno e mutila un altro.
Sono
dieci. Molto furiosi.
Son
sempre troppi, ma meglio di niente.
Sarà
un lavoro lungo e logorante, ma Loki non ha alternative che sconfiggerli.
Finché
uno di loro non riesce ad agguantargli una caviglia con una lingua di fuoco
schiantandolo a terra.
Stringe
i denti resistendo al dolore lanciando l' incantesimo che trasforma la frusta
di fuoco in un serpente che si rivolta contro la mano che l'ha lanciata, ma
ormai gli altri giganti sono riusciti a scagliarsi su di lui e ad arpionarlo a
terra. Loki si dimena, fa appello a tutte le sue forze e al ghiaccio nelle sue
vene. Riesce a scappare una, due volte, ma alla terza l'arpione di un Gigante
di Fuoco lo inchioda al terreno.
La
spalla brucia ed è un dolore atroce. Loki non riesce a non urlare, restare
lucido è quasi impossibile.
Uno
dei giganti gli grugnisce in faccia la richiesta della creatura, Loki gli sputa in un occhio e si ritrova il pugno del
gigante ad ustionargli il viso: "Se non ce la consegnerai viva, la
prenderemo noi da morta."
Il
Gigante si rivolge agli altri, ordinando di radere al suolo la foresta.
La fine. È la fine.
È la nostra fine.
Un
cono di luce scrosciante colpisce il suolo.
A
malapena se ne accorge: tutta la sua attenzione è per le palle di fuoco che solcano
il cielo. Quando cadono nella foresta e la incendiano sente il suo cuore
esplodere.
Thor
non da neppure tempo alla polvere di posarsi: mena il Mjolnir ed abbatte il
gigante più vicino, ne fa esplodere due con lo stesso fulmine. Uno riesce a
sfuggirli e a corre tra gli alberi.
Togliersi
l'arpione dalla spalla è una tortura a cui Loki appena resiste: vince l'attimo
di debolezza e di dolore e si getta all'inseguimento del gigante nella foresta.
Le
fiamme sono ovunque, per Loki è difficile seguire il gigante e tentare di
colpirlo con la vista offuscata ed i polmoni che bruciano dal fumo caldo.
Riesce
a scagliare un incantesimo, a farlo cadere a terra, ma non si ferma a finirlo:
il fuoco sta divorando ogni cosa, deve accorrere da Hela prima che sia troppo
tardi. Il greto del torrente è risparmiato dalle fiamme ma non dal fumo: Loki è
costretto a proseguire carponi per poter vedere qualcosa, con la spalla destra
ustionata e ferita praticamente inutilizzabile.
Riesce
ad arrivare al nascondiglio, a scavare tra i sassi, a chiamarla.
Hela
non c'è e neppure Fenrir.
Urla
nuovamente il suo nome, più e più volte, con il panico che prende il
soppravvento.
Gli
risponde un ululato dall'altra sponda.
L'ultimo
gigante di fuoco ha la testa fracassata e Thor ci ha rimesso mantello e parte
della pelle sulla schiena. Punta gli occhi verso il bosco in fiamme e si sente
raggelare nonostante le ustioni.
Ruota
il Mjolnir e lo alza verso il cielo. La pioggia scrosciante segue il lampo.
Fenrir
non demorde dall'attacco del gigante neppure quando viene sbattuto
ripetutamente a terra. Allenta un attimo la presa all'avambraccio, carica
ringhiando e lo attacca di nuovo, mentre Hela si è infilata tra le radici di un
albero e si è rannicchiata su sé stessa, completamente terrorizzata.
Fenrir
cede al quinto colpo e rimane a terra con un guaito strozzato.
La
pioggia che sferza il bosco spegne l'incendio e le fiamme del Gigante di Fuoco.
Il suo ringhio di rabbia si trasforma in urlo di dolore quando le gocce d'acqua
che lo copliscono diventano spilli di ghiaccio che penetrano la sua pietra e lo
fanno esplodere in milioni di piccoli ciottoli.
Le
gambe di Loki cedono e cade in ginocchio. Incrocia lo sguardo vitreo di Fenrir,
il suo respiro che diminuisce, i rivoli di sangue che escono dal tartufo e
dalle orecchie. Gli domanda perdono, gli sfiora la pelliccia sporca di sangue
con le dita. Poi cerca con lo sguardo la bambina: lei lo ha visto, sta uscendo
carponi dal suo nascondiglio e lo chiama piangendo.
La
pioggia bagna il viso di Loki.
Perde
i sensi con il pianto di sua figlia nelle orecchie e la voce di Thor che lo
chiama.
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Spero di poter compensare
la brevità di questo capitolo con una certa densità.
Sono estamente soddisfatta
del seguito che questa storia sta avendo, non so come ringraziarvi per tutte le
manifestazione di affetto che ricevo!
Grazie, Grazie e Grazie.
I giganti di fuoco, del
regno di Muspelheim, non li avevo ancora 'usati'. Sono sempre dei simpaticoni
amici-ci con Asgard e l'hobby della rosticceria.
Per ogni richiesta, vi rimando al mio ask.
Giuro che il prossimo
capitolo sarà un po' più lunghetto. (E che avremo una visuale più ampia delle
reazioni ad Hela. ;)
Grazie ancora. Alla
prossima (Se vorrete)
EC