Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
Segui la storia  |       
Autore: Midnight the mad    03/02/2014    2 recensioni
Un vecchio diario trovato per caso, una pagina che racconta una storia di cui non c'è memoria.
Un segreto che centinaia di persone proteggerebbero con la vita, e che altrettante sarebbero disposte a rubare allo stesso prezzo.
Una scelta sbagliata, un potere perduto.
Come puoi scegliere da che parte stare?
E, soprattutto, come puoi essere certo di stare facendo la cosa giusta, se sai di non poterti fidare neanche di te stesso?
"Lo guardai. - Credo che tu non pensi davvero quello che stai dicendo. -
- E come fai a saperlo? Sai che non ho mentito. -
- Sì, ma so anche che non l'hai fatto neanche prima. Non hai mentito, quando hai detto che mi amavi. -"
"- Per proteggere te. E' per questo che l'ho fatto, dannazione! -
- Ah, davvero? Secondo me non è la verità. Secondo me l'hai fatto solo per proteggere te stesso, la tua felicità. Non ti è mai importati di quello che ne sarebbe stato di me. -
- Loro volevano ucciderti. - sussurrò, gli occhi lucidi.
- Anche tu mi hai uccisa. Non sono più io, questa, accidenti! Come fai a non rendertene conto? -"
Genere: Avventura, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
MIKE
- Allora, alla fine non abbiamo mai parlato di te. –
Ed ecco che ci riprovava. Alzai gli occhi al cielo. – Odio parlare di me. –
- E perché? – domandò, fissandomi.
- Beh, non penso di avere niente da dire, ad essere sincera. Cioè, non c’è niente di particolare, nella mia vita. Non vedo cosa potrei raccontare. –
Mike ridacchiò.
Lo guardai. – Che c’è di così divertente? –
Scrollò le spalle. – Comunque, davvero, non sembri la classica ragazzina rose e fiori. –
- Non ho mai detto di esserlo. Sono una punk malata di quasi qualsiasi gruppo rock esistente e non. –
- E ti sembra normale? Cioè, di solito quelle come te non vanno pazze per roba tipo Gagnam Style? – scherzò.
- Non è proprio così. – risposi. In effetti, nella mia classe c’erano un mucchio di ragazze a cui piacevano gli AC/DC o i Guns o gli Stones. Però non credo che fossero fissate come lo ero io. Praticamente vivevo con le cuffie nelle orecchie.
- Qual è la tua canzone preferita? – chiese.
- Sai, è un po’ come chiedere a un bambino di tre anni se vuole più bene alla mamma o al papà. –
Rise. – Questa non l’avevo mai sentita. Comunque… ok, una che ti piace? –
- Non lo so, ce ne sono tante. Più che altro vado su… roba spudorata. Cioè, quelle canzoni che urlano che il mondo fa schifo. Tipo Holiday, o Know your enemy. –
- Anche a me piacciono. E direi che sei fan dei Green Day, eh? – chiese.
- Già. La loro canzone che mi piace di più è… beh, non so se St. Jimmy o Murder City. Mi piace un sacco quando dice… “The clock strikes midnight in the Murder City”. Non lo so, mi sa tanto di… boh, qualcosa che sta per succedere. – Arrossii un po’, rendendomi conto che era una spiegazione stupida. Però era la verità. E ultimamente non riuscivo a smettere di ascoltarla. Tutte le volte che la sentivo, mi sentivo uno strano groviglio di emozione e aspettativa addosso, anche se ovviamente non succedeva mai niente. E poi, quando diceva “Christian sta piangendo nel bagno”, frase che una volta avevo letto tradotta come “Cristo sta piangendo nel bagno”, mi sembrava così… vero. Un Cristo che piange nello schifoso bagno pubblico di una città morta, perché quello che ha cercato di fare, provando a riappacificare il mondo, non è servito a niente.
- Mh. In effetti, forse lo sembra. E secondo te cosa succederà quando gli orologi segneranno la mezzanotte? – scherzò Mike.
- Boh, non lo so. Magari però cambierà davvero qualcosa. – Scrollai le spalle. Tanto non sarebbe successo mai.
- Cambia sempre qualcosa. – osservò lui. – Basta saper aspettare. Pensi che te ne accorgerai quando succederà? –
- Perché non dovrei? –
- Beh, a volte i cambiamenti sono… strani. Arrivano in modo strano. – rispose. – Sì, però questi sembrano discorsi da filosofi. – aggiunse, ridacchiando.
- Sei tu che hai cercato di rimorchiare una filosofa. – scherzai, mentre dal corso svoltavamo in una stradina secondaria.
- Mh. Sempre a dare la colpa a me, tu, eh? –
- E pensa che mi conosci da neanche un’ora. –
- Ok, mi sto preoccupando. – borbottò, ma si vedeva che era ironico. Cavolo, iniziava a piacermi davvero. Non sembrava che gli stessi rompendo le scatole, ed era anche divertente.
- Fai bene. – dissi, in tono lugubre.
Alzò gli occhi al cielo e continuò a camminare in silenzio. – Quanto manca? –
- In realtà non lo so bene. So più o meno la zona, ma il centro in questo posto è una specie di labirinto. – In effetti, non sarebbe stata la prima volta che mi perdevo, nonostante vivessi lì da secoli e secoli amen.
- Ok, diciamo che avrò bisogno di qualcuno che mi faccia strada almeno per il primo mese. –
- Non ci posso credere che tu ci stia provando un’altra volta. Cioè, ma mi hai vista? E ti sei visto? Perché non vai a rimorchiare… che ne so, Emma Watson, invece di me? –
- Beh, Emma Watson sarebbe troppo facile. Lei non mi chiama “stronzo”. – borbottò, con una falsa arroganza che mi fece sorridere. Probabilmente non ci stava provando con me sul serio, era tutto una specie di scherzo. A nessun ragazzo come lui sarebbe mai potuta interessare una come me. Però magari saremmo potuti essere amici. Non sembrava male, affatto. Anzi. Cioè, anzi anzi. Anzi anzi anzi.
“Ma smettila.” borbottò una voce nella mia testa, probabilmente la mia parte razionale che fino a quel momento era finita chissà dove. Sollevai lo sguardo, e improvvisamente lessi il nome di una via sulla targhetta appesa al muro di una casa.
- Ah, ecco, è di là. – dissi, indicando in quella direzione. Mike annuì e accelerò un po’ il passo. Aveva tenuto in mano borsa e valigia per tutto il tempo, ma non sembrava che per lui fosse un problema. Si avvicinò alla palazzina dove avrebbe abitato. Aveva solo due piani e quindi due appartamenti; la maggior parte delle case in centro erano fatte così, con la porta di ingresso che dava direttamente sulla strada.
– Pronta alla grande inaugurazione? – chiese, tirando fuori la chiave.
- Mi sa che non ho portato lo spumante. –
- Cazzo, allora dobbiamo andare a comprarlo. – rispose, a tono, e infilò la chiave nella serratura. Quella girò, e rivelò un interno piuttosto spoglio, come tutti gli ingressi dei palazzi, del resto. Una scala con il corrimano verniciato di fresco – miracolo! – conduceva al piano di sopra, e Mike la imboccò per primo tirandosi dietro borsa e valigia. Lo seguii fino a un’altra porta, dalla vernice un po’ scrostata, e quando aprì anche quella apparve un bilocale abbastanza spazioso, impressione probabilmente accentuata dal fatto che non c’era un mobile neanche a pagarlo.
- I mobili arrivano poi con il camion. – disse, come per prevenire un mio commento. – Però come posto non mi sembra male. Non ci sarà bisogno di imbiancare. – aggiunse. In effetti, la vernice sulle pareti sembrava non avere più di un anno o due.
- Allora, che dici, è la tua casa perfetta? – chiesi.
Lui ridacchiò. – Ovvio che è perfetta, ci abito io! –
- Ma vai un po’ in culo, va’. –
-
Quel pomeriggio, casa mia era stranamente silenziosa. I miei erano entrambi a lavoro, e non avevo la musica sparata a tutto volume nelle orecchie. Il perché? La prof avrebbe sicuramente pensato che avessi saltato il compito di proposito – cosa che effettivamente avevo fatto – e si sarebbe vendicata. Oh, se l’avrebbe fatto. Quelle come lei non te la facevano passare liscia mai.
All’improvviso, il mio cellulare squillò, facendomi sobbalzare. Sullo schermo lampeggiava il nome di Jo. – Ehi. – dissi.
- Ciao. Tutto ok? –
- Sì, perché? – chiesi, giocherellando con una penna.
- Beh, ti ricordo che oggi a scuola non c’eri. A meno che tu non abbia sbagliato classe, direi che o sei malata o sei scappata con il principe azzurro per evitare il compito. – scherzò.
- In effetti, sono scappata. Però non con il principe azzurro. Diciamo con il principe dark e superfigo. –
- Ma che cavolo dici? –
- è la verità! Ho incontrato uno stamattina da Nadia. Beh, diciamo che mi è caduto addosso e io gli ho tirato un bicchiere di cioccolata calda in testa. Comunque è simpatico. –
- E ci sei uscita? –
Alzai gli occhi al cielo. A volte sembrava mio padre. – Diciamo che sono uscita dal bar. E l’ho aiutato a trovare casa sua, visto che si è trasferito ora. Perché? –
- Non hai pensato che sarebbe potuto essere… che ne so, un… –
- Ma devi sempre rompere? – sbuffai. – Ho capito che lo vuoi tutto per te, ma insomma… – aggiunsi, ironica.
Dal modo in cui rispose, sembrava imbarazzato. – Non sono gay. –
- Sì, e io sono l’aiutante segreta di Babbo Natale. Potresti renderti utile e spiegarmi cosa avete fatto oggi? –
Lui sbadigliò. – Beh, niente di che. Dante, sempre Dante. Cosa vuoi fare, con quella rompipalle? Ah, e la Rossi è incazzata nera. –
- Sai che novità. –
- Sì, ma stavolta di più. Ti conviene metterti sotto a studiare. – Sbadigliò di nuovo.
- Scommetto che tu ci hai passato la notte, a ripassare. Stai dormendo in piedi. – notai.
- Veramente sono seduto. E comunque… boh, nottataccia. – Lo disse con un tono strano. – Quando non dormo otto ore di fila poi sono una specie di zombie. – aggiunse.
- Beh, allora fatti un riposino. Ci vediamo domani. – Sorrisi, e riagganciai. Poi il sorriso sparì quando guardai di nuovo il quintale di versioni che avevo da fare per latino. Per perdere tempo, ripresi il cellulare e controllai se c’erano messaggi. Ce n’era uno di Marghe, mandato alle otto e mezza di quella mattina.
Ehi, ma non vieni?
Decisi che rispondere sarebbe stato inutile, perciò stavo per spegnere il telefono quando lo notai. L’ultima nostra conversazione risaliva al pomeriggio del giorno prima.
Al pomeriggio, non alla sera.
Guardai i messaggi, scorrendo un po’ su e giù per esserne sicura, ma quello che avevo notato alla prima occhiata a quanto pareva era vero. Non c’era più la foto della pagina di diario che le avevo mandato, e non c’erano neanche più i miei e i suoi messaggi in proposito.
Ma che cavolo…
Mi guardai intorno, alla ricerca del quadernetto con in copertina L’Oro dell’Azzurro che mi ricordavo di aver lasciato sulla scrivania, ma non lo trovai. Alla fine, pensai di averlo rimesso nel cassetto e provai a cercare lì. Lo ritrovai sul fondo, con la copertina intatta, che sembrava non essere mai stata piegata. Con il cuore in gola, lo aprii, e mi ritrovai di fronte solo una pagina bianca.
-
Per un po’ rimasi imbambolata a fissare il quadernetto. Non c’era scritto niente, assolutamente niente. Sembrava che non fosse neanche mai stato tirato fuori dal cassetto. E non ce n’era segno neanche nei messaggi tra me e Marghe. Ma come era possibile? Mi ero sognata pure quello, oltre al bosco?
Per un secondo pensai di chiederlo alla mia amica, ma quella era una domanda troppo stupida anche per lei. Cioè, era abbastanza ovvio che non ne avessi parlato, la sera prima. Ed era abbastanza ovvio che non ci fosse nulla di cui avrei potuto parlare, accidenti.
“Mi sa che sto iniziando a soffrire di allucinazioni.” pensai. Poi lanciai un’occhiata al libro di latino.
“Sì, e mi sa proprio che è il troppo latino.” aggiunsi tra me.
Perciò chiusi il libro e mi diressi verso la cucina alla ricerca di qualcosa da mangiare.
-
Sbuffai, rigirandomi nel letto. Per tutto il pomeriggio ero riuscita a non pensare al diario, ma adesso, nel silenzio della notte, non riuscivo a togliermelo dalla testa. Cazzo, mi sembrava di stare andando seriamente fuori di testa.
“Non è che mi sono immaginata pure Mike, eh?” mi chiesi, quasi ironica. No, di quello ero abbastanza sicura. Ma, a dire il vero, ero anche abbastanza sicura di aver visto quella pagina scritta.
Anche se, a senso, era abbastanza strano che ci fosse una cosa del genere scritta da me sei anni prima su un quadernetto che non aprivo mai. No?
Con un sospiro, chiusi gli occhi. Il buio aveva lo stesso colore dei capelli di Mike, pensai, un attimo prima di scivolare nel sonno. Sì, proprio lo stesso colore…
-
- Ehi, Eva! –
Mi girai. Conoscevo quella voce. Incrociai un bellissimo sguardo verde smeraldo, incorniciato in un viso da bambino. Assomigliava a qualcuno, ma non riuscii a capire a chi. Un attimo dopo, stavo precipitando.
-
Mi svegliai, battendo le palpebre. Guardai l’orologio. Era solo mezzanotte, non avevo dormito neanche un’ora. Accidenti. Se avessi continuato così, la mattina dopo non mi sarei retta in piedi.
Afferrai l’MP3 e mi infilai le cuffie nelle orecchie, cercando una canzone, quella canzone, senza sapere neanche perché.
E, fissando la parete, mi sembrò quasi di veder comparire quelle parole scritte nel buio mentre mi risuonavano nelle orecchie.
 
The clock strikes midnight in the Murder City.
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni / Vai alla pagina dell'autore: Midnight the mad