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Autore: Amber    12/06/2008    20 recensioni
Salve a tutti! Eccomi di nuovo qui con la terza e ultima parte! No, non è un miraggio, sono proprio io... lo so che è da secoli che non posto e mi dispiace moltissimo, ma questa parte è stata davvero dura da scrivere. Comunque eccomi tornata con altri 29 capitoli pronti per essere pubblicati!! Abbiamo lasciato una situazione abbastanza critica nella seconda parte ricordate? Ebbene, sono passati tre anni, Kagome si è chiusa dentro un guscio di protezione, è diventata fredda e menefreghista continuando però ad andare a scuola e lavorando al pub affiancata da Mikado. Sango e Miroku, in questa parte avrenno un sacco di grattacapi ed enormi problemi... Inuyasha? Beh, lui è di ritorno dall'America... Sposato? Fidanzato? Con una frotta di figli? Tutto da scoprire in quest'ultima parte! Buona lettura a tutti!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Miroku, Sango
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Note e Anima'
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Salve a tutti! Sono tornata!! Lo so che è incredibile, eppure eccomi! Allora, questo è il primo capitolo dell’ultima parte di questa mia storia, Note&Anima appunto, che avrà ben 29 capitoli.

Sono orgogliosa di tutto questo e spero possiate apprezzarlo anche voi ^^-

Aggiornerò una volta a settimana, poi ora che le vacanze sono iniziate avrò molto più tempo anche per correggere eventuali erroretti qui e là.

Probabilmente l’inizio vi sembrerà un po’ strano, intendo, soprattutto, la nuova Kagome, ho tentato con tutta me stessa di portarvi tutte le sue emozioni in quest’ultima parte quindi sarà un po’ scioccante l’impatto… o almeno credo!

Buona lettura a tutti e alla prossima settimana!

 

***

 

C’era una volta…

C’era una volta una ragazza, una ragazza pura di cuore, felice, forte, testarda, sognatrice… Una liceale normalissima con amici che le volevano bene, con un talento naturale per il pianoforte e la musica, una liceale che con la sua migliore amica e il loro istruttore di musica, fece un viaggio fino alla lontana Amsterdam con altre tre persone, sempre musicisti. Con uno di loro, non ebbe all’inizio un buon rapporto, litigavano e si beccavano continuamente, ma poi in loro nacque qualche cosa, subito un tacito accordo, poi una tranquillità turbolenta e infine, si misero insieme. Anche i loro due migliori amici si innamorarono l’uno dell’altra, ricongiungendosi dopo tanto tempo, dopo una amara verità, la verità di essere fratellastri da parte di madre, ma forti e innamorati si prepararono ad affrontare il mondo. Infine lei, l’amica acquisita da poco, se ne andò con un uomo, un loro amico, per sparire lontano dai problemi della grande Tokyo e di quello che la sua scelta avesse portato. La nostra protagonista conobbe molti amici e in particolare si affezionò a un promesso che riuscì a fare accettare dal padre la sua promessa…

 

C’era una volta…

C’era una volta una ragazza, una ragazza pura di cuore, felice, forte, testarda, sognatrice, innamorata del proprio ragazzo come non mai, i problemi della vita di tutti i giorni in agguato riuscirono a superarli insieme, vicini, e credeva per sempre… Certo non aveva fatto i conti con lui scoprendo che, per volere del padre, doveva partire per tre anni per l’estero, per studiare e sposarsi e che già da due anni sapeva e che già da qualche mese la sua migliore amica, che continuava la sua relazione con il fratello, lo sapeva. Le lacrime e il dolore uscirono grazie al promesso, e mai lo ringraziò abbastanza per esserle stato vicino così tanto anche nelle parole dure che disse al suo più grande amore che non crede dimenticherà mai, un amore racchiuso in una scatola, sopra l’armadio dove aveva messo tutti i ricordi di lui e dei loro momenti felici insieme…

 

Capitolo 1

Tre anni dopo

 

-Kagome? A cosa stai pensando?- la voce di Mikado la riportò bruscamente alla realtà.

Ci aveva ripensato, di nuovo! Non era possibile…

L’uomo la strinse a se e lei si lasciò cullare piano

-Niente, pensavo…- commentò

-Al tuo esame di domani, quello per la patente?-

-Figurati- sbottò lei scrollando le spalle e alzandosi dal letto duro.

Non riusciva a farci l’abitudine, anche se da tre anni condivideva con Mikado quel letto… non riusciva ad abituarsi al materasso troppo duro. Quello di casa sua era più morbido e ci dormiva nettamente meglio

-Vai?- Le domandò lui alzandosi a sedere

-Si, sono comunque le 3, e io domani ho scuola- gli ricordò lei allacciandosi gli stivali neri dal tacco vertiginoso.

Si guardò allo specchio.

Calze velate nere che risaltavano la minigonna rossa con i bordi dorati, maglia a spalline nera di pizzo e il giacchino di jeans legato intorno alla vita.

Ai capelli neri con i colpi di luce aveva fatto la permanente e, quella sera, li aveva raccolti sulla base della nuca lasciando ricadere le morbide ciocche che le incorniciavano il viso.

Non c’era alcun dubbio: era diversa.

-Vado. Ci vediamo domani-

-A domani sera, hai finito di scrivere il testo per la nuova canzone?- Kagome lo fissò ironica

-Ti avrei detto se lo avessi finito, o sbaglio?- chiese –Ciao-

-Ciao Kagome- Ma la ragazza, senza attendere risposta, era uscita dall’appartamento del ragazzo appena due vie dopo il locale L&N dove lavorava da tre anni e qualche mese e, già da uno lavorava fino all’1.

Kagome guardò la bicicletta contemplandola. Domani avrebbe avuto l’esame di pratica per la patente e dopo, se ce l’avrebbe fatta, avrebbe buttato quella maledetta bici dal monte Fuji.

La odiava. Ogni volta che la vedeva, ricordava i giorni in cui, dopo il lavoro, si dirigeva a tutta velocità da lui, da Inuyasha…

Il pensiero di lui in quel periodo si era fatto ancora più insistente, come un verme insidiato nella sua mente.

Chissà, forse perché erano già passati tre anni da quel maledettissimo giorno…

 

Quando fu a casa, Kagome si diresse diritta in cucina e si preparò del caffè che portò in camera sua.

Anche quella era diversa, l’aveva cambiata quando aveva deciso che sarebbe stata diversa, completamente.

Aveva riverniciato tutte le pareti di un tenue avorio, cambiando la disposizione del letto, del comodino, dell’armadio e della scrivania.

Solo una cosa non aveva cambiato. Solo una.

Gli occhi di Kagome si mossero da soli mentre appoggiava silenziosamente la tazzina sul ripiano di legno. Eccola, sopra l’armadio, impolverata, immobile, immutata, la scatola dove aveva racchiuso tutto, dove aveva racchiuso il suo dolore, i suoi ricordi e il suo amore. Tutto in quella scatola.

Non aveva il coraggio di prenderla e guardarci all’interno sapendo il contenuto, ma ogni volta che la guardava, lo faceva quando i ricordi riaffioravano e si voleva punire.

Punire.

Per la sua stupidità che dopo tre anni soffriva ancora come se fosse trascorso solo un giorno.

Per il suo dolore trattenuto dentro di se.

Per l’amore che provava ancora per il giovane.

Kagome strinse le labbra fino a farle sbiancare e si impose di distogliere lo sguardo.

Ora doveva solo pensare a dormire e a finire un'altra giornata.

 

La mattina dopo quando la madre scese trovò la giovane già in cucina, vestita di tutto punto, impeccabile, che sorseggiava distrattamente il caffè. Lo sguardo era lontano, come sempre…

-Buon giorno tesoro, hai dormito bene?- chiese la donna

-Si mamma, tutto bene- rispose la giovane alzandosi e mettendo la tazzina sul lavabo

-Al lavoro?- La ragazza le scoccò uno sguardo.

La donna lo aveva scoperto qualche tempo prima. Non era mai stata d’accordo, ma aveva capito che alla giovane non interessava se lei voleva o meno perché, in un modo o nell’altro, avrebbe continuato.

-Si mamma, tutto bene. Domani ricevo la busta paga, vado alle Poste- disse la ragazza spiccia prendendo la cartella –Vado, non aspettarmi per pranzare- commentò e uscì senza attendere risposta.

Era stanca di sua madre che la guardava con apprensione per come era diventata, era stanca di suo fratello Sota che la fissava ogni tanto come se la vedesse per la prima volta, lo odiava quando il pomeriggio usciva per incontrarsi con Kohaku. Così cercava di stare in casa il minimo indispensabile, mangiava fuori, faceva i compiti in biblioteca… Era raro vederla in casa tutta una giornata, ma non le importava se sua madre non lo trovava giusto.

Kagome camminava lentamente, mancavano più di 40 minuti per l’inizio delle lezioni e tanto valeva prendersela con calma. Non aveva dormito molto, solo qualche ora, ma ormai era abituata anche a quello. Quel pomeriggio, poi, doveva dare l’esame di pratica per la patente quindi non si sarebbe messa a gironzolare troppo per Tokyo quel pomeriggio. Pazienza…

Era quasi arrivata allo svincolo per la scuola quando improvvisamente una voce dietro di lei, che la chiamava a gran voce, la bloccò

-Kagome!!! KAGOME!!- La ragazza, purtroppo, sapeva a chi apparteneva

“Accidenti… che sfiga!” Si girò e vide il trentatreenne che le si avvicinava veloce sorridendo. I capelli biondi lunghi fin sotto il colletto facevano risplendere la luce del sole su di lui, gli occhi brillanti azzurri pieni di vita le sorridevano sinceri. Lui, Paolo. Il suo ex insegnante di pianoforte, che aveva lasciato tre anni prima.

-Kagome, come te la passi?? È da un tot che non ci vediamo!- esclamò

-Già. Tutto bene- disse lei distaccata. Lui non fece caso al suo tono freddo e sempre rivolgendole un sorrido smagliante la affiancò

-Stai andando a scuola? Ma non è un po’ troppo presto??- chiese

-A casa mi annoiavo e sono partita poi oggi ho una verifica e voglio ripassare- rispose riprendendo a camminare

-Allora, il prossimo anno che farai? Tornerai alla Saintfowl?- domandò lui cambiando discorso.

Ecco, la solita proposta, di nuovo. Che scocciatore.

-Paolo, no. La risposta è sempre quella, no!-

-Insomma, Kagome! Stai sprecando un talento!-

-Un talento che non volevo io, ora scusami, ma vado di fretta- disse accelerando il passo freddandolo con uno sguardo. L’uomo non si fece abbattere e la seguì sempre standole a fianco

-Kagome, sai, Sango e Miroku chiedono spessissimo di te. Non parli ancora con loro?- chiese. Kagome si bloccò

 

[…]

–Io te lo dico da mesi come i ragazzi, Sango dall’ultima cena con i nostri genitori, mi stressa continuamente!,…-

[…]

–Sango, sei una vera stronza. La prossima volta che ci vediamo, vedi di non rivolgermi neppure la parola, Miroku, stessa cosa vale per te…-

[…]

 

Quella scena, ancora, li vedeva di nuovo davanti a lei, come se fosse stato ieri

-Paolo?-

-Cosa?-

-Fammi un piacere- Lo guardò acida –Vedi di starmi su di dosso. E ora se vuoi scusarmi- La ragazza spedita entrò dentro i cancelli della scuola senza mai voltarsi indietro.

Mentre entrava nell’edificio, sentiva i suoi passi rimbombare nel silenzio della scuola. Percorse i corridoi deserti, salì le scale lentamente poi, entrò in classe accendendo la luce.

5 A Linguistico.

Incredibilmente era riuscita ad arrivare lì, alla fine delle superiori.

Si sedette al suo banco, in fondo all’aula che dava alla finestra che aprì facendo entrare una brezza leggera. Dopo lo spiacevole incidente di fine seconda/inizio estate, in terza aveva cambiato compagni ed era finita in una classe diversa rispetto alla ex amica Sango, le era andata bene anche in quarta riuscendo ad evitarla il più possibile. Quell’anno però, si erano trovate di nuovo assieme e questo per Kagome era un fastidio enorme. Aveva provato a parlare con il preside per farle cambiare sezione, ma i suoi sforzi non servirono a niente anche se, con l’uscita in massa dei COBRA, ora tutti tiravano un sospiro di sollievo in più. Kagome così, aveva dovuto adattarsi e la ignorava palesemente anche se sentiva sempre i suoi occhi tristi posati su di lei e i suoi inutili tentativi di parlarle.

Non sapeva come se la cavava con Miroku, non sapeva più nulla dei COBRA, e questo le andava più che bene, non le interessava minimamente e voleva che continuassero tutti così. Tutti, nessuno escluso.

Naturalmente, nulla può andare sempre come si vuole.

Ogni tanto il fratello sgattaiolava in camera sua e le raccontava le avventure del pomeriggio, non che a lei interessasse, ma ogni tanto capitava che sulla bocca del giovane saltasse fuori il nome di sua sorella o di Miroku, così veniva a sapere involontariamente che uscivano ancora insieme di nascosto, che le cene erano ancora una dura prova e che il giovane stava studiando come un matto per volere di suo padre.

Beh, poco male, così la prossima volta si dava da fare prima, ma come abbiamo già detto, non le interessava affatto.

La porta si aprì cigolando e Kagome alzò gli occhi. Chi mai arrivava a scuola a quell’ora, oltre a lei!?

Ah, certo… Sango, troppo ovvio… dopotutto quella mattina avevano una verifica no?

-Kagome!- La ragazza evitò di rispondere e riprese a sfogliare distrattamente il libro dove aveva annotato tutti gli appunti.

La sfiga esisteva davvero.

Com’era quel detto? “La fortuna è cieca, ma la sfiga ci vede benissimo!” azzeccato fino all’ultimo eh?

-Sei in anticipo! Anche tu ripassi?-

-Non si vede?- La freddò calma. Sango sospirò

-Kagome, ti prego, finiamola con questa pagliacciata. Sono passati tre anni ed è tutto l’anno che mi eviti come la peste!- La ragazza posò i freddi occhi grigi su Sango che sussultò

-Koshuzo, vediamo di comprenderci. Vuoi che ti ripeta di nuovo tutto il discorso? Me lo ricordo a memoria se ti interessa quindi o sloggi o stai zitta-

Sango strinse i pugni

-Volevo evitartelo di dire in un modo così brusco ma vedo che fare un discorso civile con te è impossibile!- Kagome alzò il sopracciglio

-Cosa intendi?-

-Prima della fine della scuola Inuyasha ritornerà-

Fu come se un secchio di acqua gelata percorse la schiena di Kagome facendola drizzare come un palo. Risentire quel nome pronunciato di nuovo a voce alta le fece bruciare lo stomaco e si sentì improvvisamente le labbra aride.

Prima della scuola? Quando? Domani? Tra una settimana? Un mese? Quando!?

Cercò di sembrare il più naturale possibile anche se il leggero tremore delle mani, che nascose sotto il banco stringendole in pugno, la tradiva. Alzò il sopracciglio e la guardò scettica

-E allora?- chiese. Pregò che la voce fosse normale, lo pregò con tutta se stessa.

Non poteva essere, non era pronta, non era assolutamente pronta per questo! Non poteva tornare ora, non in quel momento, non…

Aveva un tale caos in testa che a malapena sentì le parole di sconforto di Sango

-L’ho saputo qualche giorno fa da Miroku. Ti volevo informare e l’ho fatto, ora prendici le misure tu- sbottò sedendosi in prima fila, al suo posto

-Nessuno ti ha chiesto di dirmelo e ne facevo a meno- commentò seccata Kagome

-Kagome, non trattarmi così freddamente… Perché non… non può tornare tutto come era un tempo?- Alzò gli occhi gelidi dal libro incontrando i suoi tristi

-Perché, al contrario di te, io non dimentico- commentò. Sango aprì la bocca per parlare poi la richiuse, incapace di dire una parola in sua difesa. La discussione si concluse lì.

 

Kagome prese a camminare veloce, schivando le persone e facendosi largo tra la gente che girava per le affollate strade di Tokyo.

I suoi passi si muovevano senza che lei se ne accorgesse, il corpo era là, la mente altrove. Entrò in un bar, ordinò una pasta e un caffè poi, si sedette fuori al sole con gli immancabili occhiali scuri.

Inuyasha stava per tornare… Sarebbe tornato dall’estero… Era di certo cambiato, come lo era lei poi, sarebbe tornato con sua moglie, con delle conoscenze utili per l’impero di suo padre che gli sarebbe andato completamente in mano.

Certo non capiva. Sesshamaru era il più grande, il fratello maggiore, allora perché non prendeva tutto lui?

-Kagome!-

Di nuovo?? Ma che succedeva quel giorno??

Kagome alzò gli occhi e alzò la mano sorridendo

-Sakura!! Oddio non ci posso credere! Cosa ci fai qua?- La morettina le corse incontro facendo ondeggiare i corti capelli neri che aveva tagliato l’estate scorsa. Ora le scendevano fino alle spalle e li aveva raccolti in una elegante coda di cavallo, gli occhi verdi luminosi sembravano catturare la luce di quel primo pomeriggio. Sakura si mise a sedere vicino a lei e l’abbracciò forte.

-Beh, quest’oggi noi di quinta siamo usciti un ora prima da scuola, così era venuta a fare un po’ di shopping! Vuoi unirti a me??-

-Ah, perdonami. Non ho proprio tempo- commentò guardando l’orologio –Ora mangio, vado in biblioteca, faccio i compiti e studio, poi vado a dare l’esame per la patente- disse. Sakura si accigliò

-Ma Kagome, non hai già 19 anni da più di una settimana?- chiese sorpresa –Come mai hai aspettato così tanto?-

-Ho iniziato i corsi troppo tardi e poi era un periodo che pensavo solo alla scuola e a me stessa quindi… ho fatto tardi- concluse alzando le spalle e iniziando a mangiare la sua pasta. La ragazza la fissò

-Kagome? Non sei un po’ dimagrita?-

-Possibile, non mi peso da qualche tempo-

-E mangi quella roba per pranzo tutti i santi giorni?-

-Il più delle volte si. Non torno mai a casa di pomeriggio- confidò

-Come mai?-

-Perché sono stufa di vedere lo sguardo di apprensione di mia madre e odio vedere mio fratello che mi fissa con quegli occhi!- esclamò seccata senza guardarla

-Kagome...-

-Cosa vuoi!?- domandò brusca. Perché non la lasciava in pace?

-Che ne dici se questo Sabato ci vediamo? Stiamo insieme il pomeriggio dopo la scuola, la sera ci facciamo un cannone di pizza, ti accompagno poi a lavoro e ti ascolto cantare. Ah, non dimenticherò mai il giorno in cui ti ho vista per la prima volta su quel palco. Eri bellissima- disse

-Sakura, tra te e me c’è una differenza abissale, tu sei stupenda!-

-Ma dico scherzi!? Beh, in effetti sono un gran ganza ma… tu almeno sei alta! Io sono 165!!!-

-E ti lamenti!? In tre anni ti sei slanciata in un modo impressionante! Quando ti ho rivista dopo qualche mese non ci potevo credere!- Sakura mosse la mano infastidita

-Fatto sta che tu sei 170…-

-Ti rendi conto che il nostro discorso è assolutamente senza senso!?!?- Le due si guardarono poi scoppiarono a ridere –Comunque aggiudicato. Sabato. Ore?-

-Ti passo a prendere a scuola- confermò Sakura alzandosi e guardando l’orologio

-Ma ce la fai? La tua scuola è…-

-…dall’altra parte della città, si, lo so. Ma oggi sono uscita un ora prima perché la prof di Chimica è ammalata… indovina Sabato chi abbiamo all’ultima ora??- domandò ironica –Ora vado. Sono in un ritardo extra. Ci vediamo Sabato!-

-Ciao-

-By!!- La ragazza se ne andò e sparì presto tra la folla. Kagome restò a guardare il punto dov’era sparita poi si fissò le mani

“Sono dimagrita? Chissà quanto sono… In effetti non mangio molto… Vabbé!” Kagome finì il magro pranzo, pagò, poi si diresse in biblioteca a passo lento. Doveva camminare per un po’, ma sperava di non incontrare nessuno per strada.

 

Per dare l’esame per la patente, Kagome doveva dirigersi nel parcheggio dietro la scuola dove era andata a prepararsi per quello scritto. Lì, c’era già qualche ragazzo che aspettava il proprio turno e tra loro, riconobbe Shino, una ragazza che aveva fatto il suo stesso corso. Le stava simpatica, anche se aveva la lingua lunga

-Kagome!- esclamò la ragazza correndole incontro

-Ciao Shino-

-Come stai? È dall’esame scritto che non ci vediamo! Chissà come sarà questo, se ci mettono insieme… ti vedrei guidare! Speriamo di passare!-

-Sto bene e si, auguriamocelo- commentò con un velo di ironia che la ragazza al suo fianco non notò. In lontananza, una macchina bianca arrivò e si fermò dolcemente dentro le linee del parcheggio. Il ragazzo alla giuda scese con un sorriso e la donna di fianco a lui fece lo stesso. Poco dopo, la donna raggiunse il gruppo e li guardò uno a uno

-Preleverò tre persone che faranno l’esame in ordine alfabetico- disse velocemente e presa la cartellina sfogliò distrattamente i fogli. Aveva un paio di occhiali da sole scuri, i capelli corti in ordine perfetto, dei pantaloni lunghi e una maglia a maniche lunghe: non sembrava affatto essere inizio Maggio! –Allora… Ayame, Higarashi, Shinata… prego-

-Ah, che peccato Kagome!- esclamò Shino di fianco alla ragazza –Beh, in bocca al lupo!!-

-Ok, grazie- Kagome si diresse verso la macchina e vide la ragazza già ai posti di giuda con la cintura già attaccata. Kagome si sedette dietro al posto di giuda e fece lo stesso il ragazzo che le si mise a fianco

-Bene signorina Ayame, perché non inizia uscendo dal parcheggio?-

-Certo- La ragazza guardò lo specchietto mentre accendeva la macchina, guardò dietro, poi con delicatezza uscì dalle linee bianche e iniziò a dirigersi verso l’uscita

-Molto bene-

Fecero un giro per le strade di Tokyo poi la donna ordinò alla ragazza di fermarsi e Ayame andò a parcheggiare in un posto libero facendo una parcheggiata a S perfetta

-Ehm, Higarashi, prego- Kagome scese dalla macchina e diede il cambio alla ragazza –Vediamo… che ne dice di andare al parcheggio del supermercato?-

“È dall’altra parte della città!!” pensò frustrata ma non rispose alla donna. Kagome accese la macchina, guardò lo specchietto e dietro poi uscì e iniziò a percorrere la strada stando attenta a segnali e limiti, si fermò alle strisce pedonali e fece passare i pedoni, ripartì e imboccò la strada per il supermercato, quel giorno, pieno. Fece un giro e appena trovò un buco parcheggiò sospirando leggermente

-Perfetto- disse la donna –Ora Shinata, tocca a lei. Deve tornare al parcheggio della scuola- Kagome stava per salire al posto del giovane quando un gruppo di persone di spalle catturarono la sua attenzione.

C’erano due ragazzi e due giovani che ridevano e scherzavano tra di loro. I ragazzi erano tutti alti, uno aveva i capelli corti raccolti in un codino, mentre l’altro i capelli lunghi raccolti in una coda di cavallo. Le ragazze avevano tutte i capelli scuri, tranne che una li teneva sciolti mentre l’altra teneva legato un ciuffo nel lato sinistro della testa.

Sapeva perfettamente chi erano e un ondata di rabbia le fece ridurre gli occhi in due fessure nere

-Signorina Higarashi! Vorrebbe gentilmente salire?- Kagome si riscosse

-Si, mi scusi- disse e lanciò un altro sguardo pieno di rancore al gruppo che si era bloccato in mezzo alla strada e la guardava –Tsk- Kagome entrò nella macchina senza degnarli più di attenzione. Il mezzo partì allontanandosi.

  
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