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Autore: _Trixie_    03/02/2014    6 recensioni
Quando un cuore si spezza, il mondo crolla lentamente in mille, piccoli pezzi, che non sei più in grado di mettere insieme.
Quando un cuore si spezza, non c’è nulla, che possa aiutarti a sopravvivere.
Quando un cuore si spezza, ogni speranza scivola via, lasciandoti impotente e sconfitta.
Ma, forse, quando un cuore si spezza, hai solo bisogno di ritrovarne l’altra metà, anche se questo dovesse significare attraversare quella sottile linea che divide la vita dalla morte.
[SwanQueen, lievi lievi spoiler terza stagione, seguito di “Quattro volte in cui Emma e Regina furono felici e la quinta in cui non lo furono”].
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Daniel, Emma Swan, Henry Mills, Regina Mills, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'This is your heart, can you feel it?'
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X. C’era Daniel nel suo cuore
 

 

«Regina! Regina!»
Una voce la stava chiamando, ma lei non osava alzare la testa, piegata lungo il collo del cavallo. Senza redini, non aveva altro modo per fermare l’animale se non con la pressione del proprio corpo, ma sembrava tutto inutile e dopo aver gridato e tentato in ogni modo di mettere fine a quella folle corsa, Regina aveva deciso di concentrarsi solo sul modo migliore per rimanere in sella e aspettare che tutto finisse da sé.
Non aveva paura di finire disarcionata, rovinare a terra e farsi male. Per lei cavalcare era come respirare e il suo corpo sapeva adattarsi perfettamente a quello dell’animale, assecondandone i movimenti e prevedendoli. Si trattava semplicemente di esercizio e concentrazione e a lei non mancava né l’uno né l’altra.
Quello che terrorizzava Regina nel più profondo dell’animo era, in realtà, l’essere stata separata da Emma. Alla ragazza poteva essere successo qualsiasi cosa.
E Regina, ancora, non riusciva a togliersi dalla testa l’immagine di Euridice e di quella sua risata vuota e cristallina come il vetro.
«Regina!»
La donna spalancò la bocca, sorpresa. Quell’urlo…
 
***
 
«Regina!»
Regina Mills aveva sei anni, un nuovo completo da cavallerizza e tanta voglia di crescere.
Quel giorno, aveva deciso di essere diventata abbastanza grande per cavalcare un cavallo, uno di quelli veri, alti e possenti, e non un semplice pony come aveva sempre fatto.
Non era stato poi tanto difficile eludere gli stallieri e salire in groppa a uno dei cavalli. Ma quello che al momento Regina trovava impossibile era riuscire a rimanere in sella, nonostante l’animale procedesse con un passo tranquillo.
Il cavallo, docile e perfettamente ammaestrato, rispondeva a ogni comando di Regina, ma la piccola trovava comunque difficile adattarsi a un animale di tale stazza. Era talmente concentrata nell’atto di non perdere l’equilibrio e rimanere perfettamente rigida, che quasi non si era resa conto di quell’urlo infantile che la chiamava.
«Regina!»
Nel momento in cui la bambina voltò la testa per individuare il luogo di provenienza di quella voce, sentì il proprio corpo scivolare da un lato. Tentò di recuperare immediatamente l’equilibrio, ma le sue corte gambe non era abbastanza agili e forti per sostenerla, così cadde rovinosamente a terra.
«Regina!» ripeté la voce, ora più vicina.
Il cavallo, pacatamente, si era arrestato e aveva fatto un giro su sé stesso, fermandosi di fronte a lei come per osservarla.
Regina fece una smorfia, massaggiandosi il gomito, ma, a parte qualche livido, era sicura di non essersi fatta nulla. Fortunatamente era caduta sopra dell’erba alta, vicino a un albero dal tronco maestoso. Si accorse che il terreno pendeva lievemente verso il basso.
«Regina! Regina!»
Un bambino dai capelli scompigliati e con un dente mancante le si era avvicinato e ora le stringeva le mani, inginocchiato di fronte a lei, guardandola con apprensione.
«Regina, stai bene? Rispondimi».
«Sì, Daniel, non mi sono fatta niente» aveva risposto lei, leggermente irritata. Sottrasse le proprie mani alla presa del bambino. «Sei tu che mi hai fatta cadere! Non avresti dovuto chiamarmi in quel modo!»
«Io... Avevo solo paura per te, non volevo che ti facessi male» rispose Daniel, abbassando lo sguardo e rispondendo con un fil di voce.
Regina non disse nulla, limitandosi a guardare il bambino.
Non aveva molta esperienza, in fatto di amicizia, perché sua madre mai e poi mai le avrebbe consentito di avere un amico. Ma pensò che Daniel si avvicinasse, all’essere suo amico.
Si stava preoccupando per lei, no? E poi giocavano insieme ogni volta che si recava alle stalle.
 Era il figlio dello stalliere, è vero, e sua madre le raccomandava sempre di non mischiarsi alla plebaglia, ma si trattava di Daniel.
E a lei Daniel piaceva.
Alla fine, Regina scosse la testa.
«Non importa, ma non farlo più» aveva detto, porgendogli il mignolo con titubanza.
L’aveva visto fare alle figlie di Babette, la cuoca, dopo un piccolo litigio, ma non era sicura del significato di quel gesto.
Comunque, doveva avere un bel significato, perché Daniel legò il proprio mignolo a quello di Regina, sorridendole.
 
***
 
«Regina!»
Daniel la affiancò con il proprio cavallo bianco, un braccio teso verso di lei.
«Regina, non avere paura, ci sono io, ora» urlò il ragazzo, guidando il cavallo quanto più vicino riuscisse a quello di Regina.
Lei avrebbe voluto protestare, ma prima che riuscisse ad aprire bocca, sentì il braccio di Daniel stringersi attorno al suo corpo e sollevarla con forza.
Il suo primo istinto fu di terrore. Con l’esclusione di suo figlio e di Emma, erano passati anni dall’ultima volta in cui qualcuno l’aveva stretta a sé con tanta forza.
Daniel doveva aver già tirato le redini del cavallo, perché ben presto lui scivolò lungo il dorso dell’animale bruscamente, forse a causa del peso di Regina, e i due ruzzolarono a terra, più vicini di quanto la donna avrebbe desiderato.
Il cavallo nero continuò la sua corsa e  ben presto la donna udì il suono dei suoi zoccoli spegnersi nella foresta.
Prendendo un respiro profondo, Regina cercò di calmarsi, ripetendo che, dopotutto, si trattava solamente di Daniel, che non c’era poi nulla da temere. Poteva anche essere diventato un idiota patentato che lei stentava a riconoscere, ma era sicura che le volesse bene e che non l’avrebbe ferita.
«Regina! Stai bene? Rispondimi».
Le mani di Daniel erano strette attorno alle spalle della donna, scuotendola dolcemente. «Regina?»
«Sto… Sto bene» rispose infine la donna.
«Ho avuto paura, vedendoti su quel cavallo imbizzarrito. Se non ci fossi stato io…»
«Se non ci fossi stato tu me la sarei comunque cavata, Daniel. Non ho più sei anni, so badare a me stessa» rispose Regina con più rabbia di quanta si sarebbe aspettata di udire nella propria voce. 
Daniel fece per parlare, ma la donna lo fermò.
«Scusa, grazie per… quello che hai fatto. È solo che sono terrorizzata, Daniel, sono terrorizzata per Emma. E voglio trovarla al più presto» disse, alzandosi in piedi e liberandosi dalla stretta dell’uomo.
La donna si guardò attorno per qualche secondo, cercando un punto di riferimento, ma attorno a lei non c’era altro che una foresta fitta, buia e umida.
Chiuse gli occhi, cercando di pensare lucidamente e fu solo quando un tenue calore le scottò il petto che si ricordò degli anelli che portava al collo. Sospirando di sollievo, estrasse quello di Emma e mosse qualche passo prima in una direzione e poi in quella opposta, cercando di valutare la variazione di luminosità.
Non si accorse di Daniel che la fissava intensamente, dopo aver dato una pacca al cavallo perché si allontanasse. L’uomo cercava di controllare la rabbia, uno dei pochi sentimenti che ancora riusciva a provare su quell’isola.
Lui l’aveva salvata, accidenti, lui l’aveva aspettata per anni, forse secoli, era morto, per lei.
E lei non faceva altro che pensare a Emma, cercare Emma, volere Emma.
Dove era finita la sua donna, la sua Regina? La ragazza che gli aveva promesso amore eterno, che lo baciava teneramente sotto la pioggia, che cercava il suo abbraccio per scaldarsi?
Daniel sapeva che la sua Regina non poteva essere scomparsa, da qualche parte doveva pur trovarsi, ma non sapeva come fare a raggiungerla. C’era Emma, tra lui e Regina, in ogni strada che provava a percorrere per riprendersi il suo Vero Amore.
«Regina» disse Daniel all’improvviso, avvicinandosi a lei con espressione tetra e mettendole una mano sulla spalla. «Regina, amore, siediti».
Il suo tono era basso e calmo. Non amava mentire, ma doveva farlo, per il suo bene e quello di Regina.
Emma non era il suo lieto fine, di questo Daniel era sicuro. Lui era il lieto fine di Regina, lui e soltanto lui l’avrebbe resa felice. E se per proteggerla avrebbe dovuto compiere l’ennesima nefandezza e mentirle, allora l’avrebbe fatto. L’avrebbe sicuramente ferita, dicendole che Emma era morta, me non vedeva altra via d’uscita.
«Cosa?» rispose la donna dopo un attimo di sbalordita confusione. «No, io non mi siedo, devo andare da Emma».
«Non puoi, tesoro, siediti, per favore , non sarà facile. Ma ci sono io, con te».
«Non posso? Daniel, cosa stai dicendo?»
L’uomo prese un respiro profondo.
«Regina…. Non sarà facile, ma Emma-»
Un urlo disumano squarciò l’aria, impedendo a Daniel di terminare la frase e paralizzando entrambi ai loro posti.
Se anche l’uomo non ne avesse riconosciuto la voce, avrebbe capito comunque che non poteva che essere stata Emma Swan a gridare in quel modo, perché mai, in tutta la sua vita o quasi vita, aveva visto un cuore spezzarsi di fronte ai propri occhi.
Ed era quello della sua Regina.
 
Il cuore di Regina batteva all’impazzata, mentre correva attraverso la foresta. Non aveva nemmeno bisogno di controllare la luce dell’anello con il ritratto di Emma, le bastava il calore che sentiva nel palmo della mano.
A quel primo urlo non ne erano seguiti altri. E a quella prima crepa, che percorreva il cuore di Regina, se ne era aggiunta una sola, piccolissima, al pensiero di Henry, all’idea di non poter tornare a casa con Emma.
All’idea che fosse troppo tardi.
Ma Regina ora correva, correva verso Emma, dovunque la ragazza fosse, con chiunque fosse.
Sentiva, indistintamente, Daniel correre dietro di lei, il fiato corto e il passo pesante.
«Regina!» la chiamava ogni tanto, con voce strozzata. «Regina, potrebbe essere pericoloso. Ho paura per te, che tu ti faccia male!».
La donna si asciugò la lacrima solitaria che fece capolino dai suoi occhi con la mano, senza fermarsi, senza rallentare.
Avrebbe voluto dimenticare quasi tutto ciò che aveva fatto e chi era stata nella Foresta Incanta. Ma tre le cose che avrebbe voluto conservare e custodire per il resto della vita c’era Daniel.
C’era Daniel bambino, con un dente mancante e il sorriso timido e c’era Daniel che cresceva, le spalle sempre più ampie, il sorriso ormai smagliante, la voce più profonda. E infine c’era Daniel che la baciava, promettendole amore e una vita migliore.
C’era Daniel, nel suo cuore, c’era sempre stato Daniel, accanto a Henry. Accanto a Emma.
Regina continuava a correre.
Svuotò la mente di ogni cosa, ogni singolo pensiero che non riguardasse il suo corpo, i suoi muscoli che dolevano per lo sforzo, la pianta dei piedi che batteva ritmicamente sul suolo, il calore nel suo palmo che aumentava.
Emma. Ripeteva nella sua testa a ogni respiro.
Emma. Risuonava il suo cuore a ogni battito, per non crollare a pezzi.
Emma.
 
***
 
Emma aveva creduto di morire.
Respirava affannosamente, a fatica ed era quasi sicura che uno dei suoi polmoni doveva essere stato graffiato.
La mano di Euridice era sporca di sangue.
Era per colpa sua, se aveva urlato in quel modo.
La donna dalla veste verde aveva appoggiato una delle sue mani, fredde quanto il ghiaccio, sul suo petto, per poi premervi lentamente, ma con decisione.
Per Emma, era stato come se mille pugnali le fendessero la carne, per minuti interi.
Non era la prima volta che qualcuno aveva provato a strapparle il cuore.
Allora, Cora aveva fallito, ma era stato comunque doloroso. Ma in quel momento, Emma non era più nemmeno sicura che Euridice non riuscisse nella sua impresa, perché il suo cuore non era più integro.
E soprattutto, questa volta Emma sentiva che il dolore era immenso, insostenibile.
Quando, infine, la donna dalla veste verde aveva stretto le lunghe dita eleganti sul suo cuore, Emma aveva urlato.
Era come se degli stiletti di ghiaccio fossero penetrati nel suo cuore martoriato.
Euridice aveva sorriso.
«Stai cadendo a pezzi, Emma. Davvero, hai ancora la forza per gridare?»
Emma singhiozzava e ormai da tempo aveva capito che non erano più semplici lacrime, quelle che le rigavano il volto.
Ma non piangeva per sé stessa.
Piangeva per Regina e per Henry.
E per il futuro che stavano perdendo a causa sua e della sua debolezza.
 
***
 
Non seppe per quanto tempo continuò a correre. O da dove venisse il sangue che le annebbiò la vista e del quale si liberò con un brusco gesto della mano. Probabilmente, un albero doveva averla graffiata.
Anche il ritratto di Emma era insanguinato. Ora l’anello non scottava più, ma fino a pochi istanti prima era stato talmente bollente da averle ustionato il palmo della mano.
Regina non aveva mollato la presa. Era tutto ciò che la legava a Emma e ora l’aveva trovata.
Si trovava in una radura, piccola e scura.
Euridice, di fronte a lei, sorrideva con grazia, uno sguardo interrogativo dipinto in volto. E furia, furia rivolta a Daniel, che non era stato in grado di fermare Regina nemmeno questa volta e che si trovava alle spalle del sindaco, ansimando.
Ma Regina non le prestò attenzione, non prestò attenzione a nulla, se non a lei.
«Emma» sussurrò, non appena vide la ragazza legata a un albero, il volto sofferente e rigato di sangue, come se avesse pianto quello, invece che lacrime. «Emma!»
Gridò e fece uno scatto verso di lei, ma Euridice scosse la testa e Regina si trovò scagliata all’indietro, andando a sbattere contro il tronco di un albero.
«Pessimo tempismo, ma non ha importanza» sospirò Euridice. «Non ti preoccupare, Emma. Regina non rischia più una vita infelice, ormai».
La donna dalla veste verde si avvicinò lentamente a Regina, scivolata a terra, che cercava di ignorare il dolore lancinante. Euridice avanzò, fino a quando non sovrastò Regina con la propria armoniosa figura, e si chinò sulla donna.
«Volevo solo spezzarle il cuore, ma a quanto pare, per farlo, dovrò spezzare anche la tua vita».
 
 
 


NdA
Aggiornamento anticipato, perché aspettando domani non ero sicura di potercela fare :D 
Insomma, siamo agli sgoccioli, io vi avviso.
Scusatemi se non rispondo sempe subito - cioè, quasi mai, a dire il vero, alle recensioni, ma sono una ritardataria cronica in queste cose, ma fidatevi che vi rispondo. Prima o poi XD
Quindi, ora sono almeno insieme, Regina è ancora confusa, ma ormai è tempo che faccia una scelta. Perciò, spero che il capitolo vi sia piaciuto, 
a presto, Trixie :D

 
   
 
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