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Autore: Laylath    04/02/2014    3 recensioni
Eppure a guardare più da vicino i ragazzi di quella realtà, ci si sarebbe accorti che le loro esistenze non erano così scontate: i piccoli grandi problemi dell’infanzia e dell’adolescenza a volte andavano ad intrecciarsi con situazioni difficili, dove spesso il legame con un amico fidato era la cosa migliore per poter andare avanti.
E spesso le persone più impensabili stringevano un forte legame tra di loro per uno strano susseguirsi di eventi, all’apparenza così normali… anche se poi viverli era tutt’altra cosa.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Team Mustang
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un anno per crescere'
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Capitolo 19. Festa nel capannone. Prima parte.


 
Il primo di dicembre, alle sei di sera, Laura chiamò il figlio maggiore.
“Dovresti farmi un grande favore – gli disse, consegnandogli un pacco morbido avvolto in una leggera carta bianca e con una cordicella a chiuderlo – dovresti consegnare questo da parte mia.”
“Va bene, mamma. E’ un lavoro di sartoria? – fece questa domanda con un sorriso, felice di sapere che sua madre si era cimentata nella sua grande passione – E’ morbido… c’è stoffa dentro.”
“Sì, è un vestito, ma non stringerlo troppo altrimenti si stropiccia.”
“Scommetto che è bellissimo: tu sei così brava!”
“A dire il vero ho fatto delle modifiche e basta, ma adesso vai. Devi consegnarlo alla tua amica Riza.”
“A Riza? – si sorprese Heymans – E’ per lei?”
“Purtroppo non c’è stato il tempo per l’ultima prova, ma andrà benissimo. Stasera alla festa potrai vederla con il vestito nuovo.”
“Perché non vieni anche tu, mamma? Così la vedi di persona – propose subito Heymans – Tanto papà sarà al locale e a te farebbe piacere, ci scommetto.”
Laura sospirò dolcemente e lo baciò sulla guancia: stava per rifiutare, ma poi si accorse della sincera aspettativa negli occhi grigi e sorrise. Quanto poteva crescere un ragazzo in venti giorni? Era una cosa incredibile, ma dopo quel brutto episodio le sembrava che Heymans fosse di colpo maturato tantissimo. Non era un cambiamento fisico, ma era una nuova consapevolezza nello sguardo, nel modo in cui le parlava… non stava più scappando. Era come se avesse accettato la situazione familiare, facendosene carico sulle sue giovani spalle.
“Beh, sarebbe un peccato non vederla di persona col vestito addosso… magari faccio un salto.”
“Grandioso! Allora, vado a portarglielo.”
Prese il cappotto che stava posato sullo schienale della sedia e dopo averlo indossato uscì di casa, dirigendosi verso la fine del paese dove sapeva essere la villetta degli Hawkeye. Non avrebbe mai immaginato che sua madre avesse fatto qualcosa per la ragazza, ma era proprio curioso di ammirare il risultato. Riza era una brava persona e meritava di indossare qualcosa di bello per quella festa: qualche giorno prima, parlando con Kain, aveva scoperto che la sua amica era parecchio emozionata all’idea di partecipare per la prima volta ad un evento simile.
Arrivò al cancelletto di ferro ed entrò nel cortile: a quanto sembrava Riza lo stava aspettando perché aprì la porta che lui era ancora a metà vialetto.
“Da parte di mia madre.”
“Grazie!” sorrise lei, stringendosi il pacco al petto.
“Stasera devi essere la più bella.” disse il rosso senza esitazione o imbarazzo.
“Cosa?”
“Mia madre ci ha messo l’anima in questo abito e potrebbe venire per vedertelo addosso. Devi essere la più bella! Ci vediamo lì, va bene?”
“Va bene.”
 
“Perché sorridi in questo modo? E’ da quando ti sono venuto a prendere che non la smetti.” disse Roy mentre si dirigevano verso il capannone illuminato.
Erano le sette di sera, ma non faceva il freddo pungente dei giorni precedenti: il vento era finalmente calato e dunque era più piacevole uscire di casa. Non erano gli unici a dirigersi verso il luogo della festa: altre persone camminava lungo la strada costeggiata da festoni e fiaccole e già le prime note della piccola orchestra che avrebbe suonato si facevano sentire.
Riza non diceva nulla, ma era innegabile che continuasse a sorridere: indossava un lungo cappotto che nascondeva l’abito e le piaceva l’idea di sorprendere Roy, in quanto non gli aveva accennato nulla del frenetico lavoro che era stato fatto in quegli ultimi giorni. Quando aveva indossato l’indumento era rimasta diversi minuti a contemplarsi allo specchio: era quello che le era piaciuto di più tra quelli che la signora Fury le aveva fatto provare… era stato così entusiasmate decidere le modifiche, fare uno schizzo del modello, prendere le misure. Un piccolo mondo magico che la ragazza ignorava completamente. Non avrebbe mai immaginato che la “sarta d’eccezione” fosse la madre di Heymans… a dire il vero l’aveva incontrata solo una volta per prendere bene le misure e poi non le era rimasto che attendere.
Oh, ma ne è valsa la pena!
“Bene, eccoci qua – disse Roy, quando entrarono nel capannone illuminato e accogliente – non è che ci sia ancora molta gente, ma sono sicuro che presto arriveranno anche gli altri. Ah, ecco, i cappotti si poggiano qui… dai passami il tuo e…” si dovette bloccare quando Riza si levò il cappotto e glielo porse.
L’abito era di un delicato azzurro chiaro, con una corta giacchetta di lana bianca a spezzare il colore. Non aveva particolari decorazioni, solo un bottone color perla nel colletto e una delicata fascia di una tonalità leggermente più scura di azzurro che cingeva la vita. La gonna arrivava appena sotto il ginocchio e morbidi stivaletti bianchi riprendevano la giacca.
“Mi sta bene?” chiese Riza.
“Altroché! – ammise Roy, riprendendo fiato e accorgendosi che la sua amica era davvero bella quella particolare sera – Ti sta benissimo!”
“Che c’è? Ti stai accorgendo che forse questa vita campagnola non è niente male?” lo prese in giro lei.
“Sicuramente stasera non lo sarà… dai, andiamo a vedere se ci sono gli altri.”
 
Il capannone era un’eredità dell’esercito del periodo in cui era attiva la vecchia miniera. Si trattava di due grandi strutture di legno che erano destinate a magazzino per il materiale estratto in attesa del trasporto tramite ferrovia. Quando la miniera aveva cessato l’attività ed i due ambienti erano stati svuotati, il paese si era trovato a decidere cosa fare di quelle strutture. Dopo alcune riunioni del consiglio cittadino, si era deciso di unire definitivamente i due ambienti eliminando la parete in comune e lasciando la statica a dei grossi pilastri di legno.
E così il posto era diventato di uso comune a seconda della necessità, ma fondamentalmente veniva utilizzato per le feste come quella del primo dicembre dato che, con la sua ampiezza, poteva ospitare almeno cinquecento persone senza problemi di sovraffollamento.
Le feste erano a volte spontanee a volte con date precise, come quella del primo dicembre. In questo caso c’era un comitato che si occupava dell’organizzazione, ma tutta la comunità contribuiva: per esempio quasi tutti i partecipanti portavano qualcosa da mangiare, preparata nei giorni precedenti. Spesso diverse donne si riunivano per cucinare grandi quantitativi di determinate pietanze. Altri invece contribuivano con tavoli e sedie, festoni, luci, fiaccole… era un bellissimo esempio di organizzazione collettiva e spontanea.
Quell’anno si era deciso di fare le cose in grande ed erano previsti anche dei fuochi d’artificio.
“Sul serio?” chiese Heymans, sorpreso.
“Sì, me l’ha detto mio padre! – annuì Jean, mentre stavano davanti al tavolo e si riempivano il piatto di cibo – Sarà fantastico: li hanno fatti venire da East City! Stavolta il comitato organizzativo si è superato.”
“Fratellone! Ho fame pure io!” disse Janet, tirandogli il maglione.
“Perché non vai da mamma e papà?”
“Perché voglio stare con te ed Heymans!” protestò lei.
“Se vai da loro – disse Jean con aria cospiratoria – prometto che ti sveglierò per i fuochi d’artificio.”
“Davvero?” chiese lei estasiata. Ovviamente avendo solo sei anni tendeva ad addormentarsi abbastanza presto e spesso si perdeva gli avvenimenti più belli, come appunto i fuochi d’artificio.
“Davvero! Adesso vai da loro.” le ordinò Jean, mettendole in bocca un pezzo di torta di piselli.
“Sei un pessimo fratello maggiore. “ sogghignò Heymans mentre osservavano la bambina trotterellare via.
“Voglio solo godermi la festa senza dover fare da balia a lei, tutto qui. Ma che guardi?”
“Guardo Riza, lì, in fondo a destra – sorrise il rosso con grande soddisfazione – e dimmi se non è bella con quell’abito azzurro.”
Jean si girò nella direzione e rimase a bocca aperta nel vedere la sua amica chiacchierare allegramente con Roy, Elisa e Vato: sì, era vero, con quell’abito azzurro era davvero bella, sembrava fatto apposta per lei.
“Come può cambiare la nostra paladina dei secchioni, eh?”
“Spero che mia madre venga. Sai, l’abito l’ha sistemato lei e sarebbe davvero felice di vederlo indossato.”
“Dai, sono sicuro che verrà!” sorrise Jean.
 
“Allora, ragazzi, vi state divertendo?” chiese Andrew, posando le mani sulle spalle di Vato.
“Oh, signor Fury! Siete arrivati finalmente!” sorrise Riza.
“Un po’ in ritardo, ma ci siamo – annuì l’uomo – Ellie non vede l’ora di vederti, Riza: e devo dire che con questo abito sei meravigliosa. E anche tu, piccola Elisa, sei davvero raggiante stasera: questi due giovanotti sono davvero fortunati.”
A quelle parole Vato e Roy si sentirono leggermente imbarazzati, mentre le due ragazze ridacchiarono tra di loro, come solo due femmine potevano farlo: in quel modo carico di tremendi sottintesi.
“Noi non ci conosciamo ancora, mi pare. Sono Andrew Fury, il padre di Kain.”
“Roy Mustang.” rispose il giovane, stringendo la mano che gli veniva offerta.
“Io vado un attimo a salutare la signora.” annunciò Riza.
“Recupera anche Kain, visto che ci sei.” suggerì Roy, in modo che la sua presenza spezzasse quel gioco di coppie fin troppo evidente.
Annuendo la ragazza si incamminò per la sala e quando vide Heymans e Jean si avvicinò a loro.
“Beh?” chiese ad Heymans, sistemandosi la gonna.
 “Direi che ci siamo.” annuì il rosso con orgoglio.
“Non finirò mai di ringraziare tua madre.”
“No, sono io che ringrazio te. Ma adesso vai a goderti la festa, ragazzina – le disse ancora, dandole un buffetto sulla guancia – quest’anno è la tua serata.”
“E tu non dici niente, Jean? Ti devo lanciare qualcosa in testa per ridarti la parola?”
“Non conviene: poi te lo dovrei restituire e rovinerei il vestito.” scherzò lui.
“Prenderò questa delicatezza come un complimento! – rise Riza – Adesso vado a salutare Kain e sua madre. Ci vediamo dopo, va bene?”
“A dopo, biondina.” salutò Jean, strizzandole l’occhio.
Sorridendo la ragazza raggiunse finalmente l’altra parte del capannone dove c’erano Kain e sua madre.
“Ciao Riza! – corse ad abbracciarla il bambino – Come sei bella!”
“Tesoro, ti sta davvero benissimo! – esclamò Ellie, mettendole le mani sulle spalle – Sei raggiante… e questo azzurro si intona così bene con i capelli biondi e la tua pelle chiara.”
“Signora, non finirò mai di ringraziarla per quest’abito!”
“Basta con questi ringraziamenti: scommetto che tutti i tuoi amici sono già qui ed è giusto che i giovani si divertano. Vai pure con lei, caro, tanto papà sta già tornando qui.”
“Va bene, mamma. Ci vediamo dopo!”
 
Dopo un’ora e mezza la festa era ormai nel suo vivo: praticamente erano arrivati tutti quanti e la parte centrale dello spazio era occupata da coppie che ballavano seguendo la musica dell’orchestrina che stava sopra un palco montato per l’occasione. Gli improvvisati ballerini erano osservati dagli altri compaesani, seduti lungo le pareti oppure ai grandi tavoli: in particolare tutti erano curiosi di vedere se si sarebbe formata qualche nuova coppia, magari da parte dei giovani e così, quando qualcuno prendeva coraggio ed invitava una ragazza a ballare, la sala si riempiva di applausi e di fischi.
E a volte succedeva che fosse la femmina a prendere l’iniziativa…
“Heymans! Heymans, balli con me!?” esclamò gioiosa Janet, quando il rosso con Jean si avvicinò al resto della famiglia Havoc, seduto in una panca.
Jean ovviamente scoppiò a ridere, mentre la bambina, decisa a ballare con il suo fidanzatino si alzava in piedi ed andava ad afferrargli la mano. Ovviamente Heymans era imbarazzatissimo dalla situazione, ma come sempre non poteva dire di no a Janet… ma sembrava che questa volta nessuno potesse salvarlo: anche i signori Havoc ridacchiavano, sorpresi dell’intraprendenza della loro secondogenita.
“Janet… - mormorò, cercando di ignorare le manine di lei che lo incitavano a muoversi in un’infantile girotondo – Janet… perché non…”
Cavolo, Heymans, pensa in fretta, sennò è la fine…
“… perché non chiedi a Kain di ballare? Io… io sono troppo alto per te, per adesso – si affrettò ad aggiungere – e poi credo che Kain ne sarebbe felice.”
“Ma lui non è il mio fidanzatino…” disse la bambina perplessa.
“Ma non fa niente! – esclamò il rosso prendendola per mano e avviandosi verso la panca dove stava seduto Kain assieme ai suoi genitori – Ti prometto che non mi ingelosisco… e poi ti ricordi? Nessuno deve saperlo che siamo fidanzatini. Inoltre Kain è sempre gentile con te, scommetto che sarebbe davvero felice di vedere che vuoi ballare con lui.”
“Va bene!”
“Ciao, Janet.” salutò Ellie, accarezzando la chioma della bambina che era subito corsa ad abbracciarla.
“Ciao signora mamma di Kain! Ti piace il mio vestitino? E’ per la festa!”
“Oh che bello! Scommetto che l’ha fatto la tua mamma!”
“Sì! E a te piace, Kain?”
“Certo.” sorrise lui.
“Vieni a ballare?” chiese, prendendogli la mano.
“Che? – arrossì lui – Ma io non so…”
“Heymans ha detto che eri felice di ballare con me! Dai, andiamo!”
“Papà?” chiese Kain impanicato, cercando aiuto nel genitore.
“Non si rifiuta la richiesta di una così bella signorina, figliolo. – sentenziò Andrew, scuotendo la testa e dandogli una pacca sulla schiena per incitarlo ad alzarsi – Vai in pista e fatti onore.”
“Credo che questa festa se la ricorderà per tutta la vita!” rise Ellie mentre osservava Janet che trascinava il bambino nella pista e gli prendeva le mani iniziando a saltellare come un folletto. Kain si guardava intorno impanicato, mentre gli adulti ridevano con sommo divertimento per quella strana coppia che si era andata ad unire a loro, ma alla fine fu costretto ad assecondare un minimo i movimenti della sua dama.
“Janet è una grande trascinatrice – ammise Heymans, sperando che Kain gliela potesse perdonare – e lo trova molto simpatico.”
“Che dici, Andrew? Andiamo a dare una mano al nostro ragazzo? Forse vedere i suoi che ballano lo metterà più a suo agio.”
“Perché no… ma ricordati, Heymans Breda, un giorno Janet pretenderà un ballo da te e non glielo potrai rifiutare.” e con una pacca sulle spalle robuste del ragazzo si avviò con la moglie verso le coppie danzanti.
 
Non si può rifiutare… forse…
“Che fine ha fatto il tuo amico?” chiese una voce squillante che per poco non fece sputare a Jean il bicchiere d’acqua che stava bevendo.
Si girò con aria irritata ed ebbe conferma che si trattava proprio di Rebecca. L’amica di Riza lo guardava con divertiti occhi scuri: indossava un abito color crema con una collanina che le pendeva orgogliosamente nel petto. I folti capelli neri erano tenuti indietro come sempre, ma questa volta era stato aggiunto un nastro del colore del vestito.
“Heymans? Boh, sarà in giro da qualche parte.”
“Quindi sei solo…” disse lei, mettendo l’indice nel tavolo e facendo dei piccoli ed immaginari ghirigori.
“Per il momento… e di certo non mi va la tua compagnia.”
Ovviamente quella frase fece socchiudere gli occhi a Rebecca e la mano sbatté sul tavolo.
“Non dovresti parlare in questo modo ad una signorina!”
“Signorina? E dove? – sogghignò Jean, posando il bicchiere e mettendosi nella solita posa baldanzosa a braccia conserte – Qui non vedo nessuna signorina… solo una mocciosa di prima superiore!”
“Hai solo un anno in più, stupido gradasso!”
“E poi una signorina di certo non è maleducata come te, arpia!” rispose a tono lui.
Rebecca sembrava sul punto di esplodere e Jean non vedeva l’ora, pronto a rispondere colpo su colpo: gli mancava un bel confronto da quando aveva stretto i rapporti con Riza e dunque non c’era più la lotta contro la paladina dei secchioni. E Rebecca era anche più focosa… sarebbe stato divertente.
Ma la reazione attesa non ci fu: con sospetto Jean la vide prendere alcuni profondi respiri, mettendosi la mano sul petto, e chiudere gli occhi. Quando li riaprì, c’era una nuova luce… molto più pericolosa.
“Avanti – disse impassibile – adesso andiamo a ballare!” e tese la mano con una decisione che non ammetteva repliche.
“Fossi matto! – esclamò Jean, facendo un passo indietro con irato terrore – Io non ballo e anche se lo facessi tu saresti l’ultima persona a cui lo chiederei!”
“Non me ne importa nulla se me lo chiederesti o meno! Ora balli con me!” e gli prese il braccio
“Ma anche no! Tieni giù gli artigli, Rebecca Catalina!”
“Che succede?” chiese Heymans raggiungendoli.
“Questa rompiscatole…”
“Jean ha appena detto che balla con me!” sorrise Rebecca, con un malizioso occhiolino.
“No! Non ho mai detto… Heymans… non osare!”
“Mi dispiace per te, – rise il rosso, deciso a prendersi la sua vendetta per tutte le volte che Jean lo aveva preso in giro per Janet – ma questo ballo non te lo leva nessuno!”
“Questo è… tradimento!” protestò Jean, trascinato da Rebecca e spintonato da Heymans.
E ovviamente, gli adulti lì presenti, vedendo l’esitazione del ragazzo, furono ben pronti a dare opportuni aiuti alla dama perché il reticente cavaliere finisse in pista: adoravano questi siparietti da parte dei più giovani.
“Che…? – balbettò il biondo, impallidendo, accorgendosi che ora tutti applaudivano e ridacchiavano nei loro confronti. – No… no… io…”
“Sei tutto mio! – rise Rebecca, abbracciandolo con foga – Oh, è la più bella festa di sempre!”
“Vai così, Jean! L’hai accalappiata!” esclamò la voce di suo padre… e girandosi sgranò gli occhi nel vedere James che scuoteva il pugno in segno di vittoria e sua madre che applaudiva.
“Ma che cavolo dici!? – sibilò a denti stretti – E’ questa matta che ha preso me!”
“Jean… - una voce impanicata gli fece abbassare lo sguardo e vide che Kain gli si era accostato con Janet abbracciata in una maniera pericolosamente simile a quella di Rebecca – come si fa? Non… non si stacca più!”
Come si fa?! – ripeté con rabbia – Quando scopri come liberarci dalla presa di queste due, avvisami! Giuro che diventi il mio eroe… e tu smettila di stringere così!”
“Ah, tesoro, sei così carino quando vuoi fare lo scontroso!” sospirò lei, strofinando la guancia sul suo collo, dato che gli arrivava a quell’altezza.
Tesoro? Ma… ma che dici!” arrossì Jean, ormai intrappolato nella tremenda realtà della follia femminile.
 
“Ce l’ha fatta davvero, non ci posso credere!” scoppiò a ridere Riza, guardando la scena.
“Non credo di aver mai visto Jean con uno sguardo così impanicato!” sogghignò Roy, godendosi appieno lo spettacolo del biondo che cercava di liberarsi dalla morsa di Rebecca.
“Che carini Janet e Kain – commentò Elisa – mi piacerebbe ballare…” e lasciò la frase a metà.
Vato ovviamente colse il sottinteso e arrossì: lui ed il ballo erano due mondi diametralmente opposti e poi con tutta quella gente che non aspettava altro che vederli… No, era assolutamente fuori discussione.
“Io… io credo che andrò a prendere qualcosa da mangiare.” dichiarò a voce bassa, affrettandosi ad allontanarsi.
“Ahm… Riza, perché tu ed Elisa non chiacchierate un po’ per conto vostro?” fece Roy con aria distratta.
E senza aspettare risposta da parte delle due ragazze, sgusciò tra le varie persone fino a raggiungere il tavolo dove Vato si era fermato.
“Vorrei proprio sapere che ti salta in mente! – gli disse prendendolo per un braccio – Ti stava chiaramente dicendo che voleva ballare con te!”
“Credi che non l’abbia capito? – rispose lui esasperato – Io non riesco a combinare nulla quando siamo da soli… immagina con tutti questi che ci guardano e non aspettano altro.”
“Proprio non ti capisco…”
“Ehi, ragazzi, che succede?” chiese Vincent, avvicinandosi e notando le espressioni tese.
“Niente…” iniziò Vato.
“Non vuole ballare con Elisa – disse Roy, spiazzando l’amico – e io non capisco proprio il perché! Che te ne deve importare se gli altri guardano? A te importa di lei, no?”
“Non capisci che è tremendamente difficile per me?”
“Ehi, dai figlioli, calma – disse il capitano, mettendo una mano sulla spalla di ciascuno – Roy non puoi obbligare una persona a fare qualcosa che non si sente di fare…”
“Voglio solo aiutarlo: non farà mai passi avanti con Elisa. Prima o poi lei ci resterà davvero male!”
“No che non lo farà!”
“Ci tiene a ballare, lo si legge a chiare lettere nel suo viso…”
“E allora invitala tu a ballare!”
Roy rimase interdetto a quell’affermazione, sicuramente frutto della situazione di stress. Ma poi decise che era arrivato il momento di dare una scrollata a quel ragazzo.
“Va bene, la invito io a ballare.” e senza aspettare risposta si girò per tornare dalle due ragazze.
“Cosa? – impallidì Vato – Elisa è la mia rag…” ma si bloccò.
No, non era vero: Elisa era la sua migliore amica con un grande qualcosa in più. Ma non era la sua fidanzata e dunque non poteva permettersi di dire determinate cose.
“Papà io mi sento… mi sento un completo idiota.”
“Non mi dire che sei geloso: spero che le motivazioni di Roy ti siano chiare…”
“Sì…” annuì lui, guardando con tristezza Elisa che accettava la proposta di Roy ed andava a ballare. Quel gesto gli fece più male del previsto: aveva sperato che la ragazza rifiutasse.
“Vuoi lasciare quella signorina bionda tutta da sola?” gli disse Vincent, dandogli una lieve spinta.
“No, non posso… vado da lei.”
“Vato.”
“Sì, papà?”
“Lezione di vita che la tua antropologia non ti darà mai: lasciati andare e non tirare troppo la corda. Rischi solo di restarci male… riflettici su.”
 
Riza osservava con perplessità Elisa che ballava con Roy: doveva essere successo qualcosa perché Vato non era ancora tornato e la foga con cui Elisa era stata trascinata in pista era inusuale. Certo non era bello essere stata lasciata da sola, ma forse c’era qualche motivo.
“Oh, ti sta davvero bene l’abito!” disse una voce dietro di lei.
Girandosi la ragazzina sorrise nel riconoscere la madre di Heymans e si affrettò a stringerle la mano.
“E’ bellissimo, signora! E’ la cosa più meravigliosa che abbia mai indossato!”
“Certo che adattare un abito di una diciassettenne al tuo corpo da tredicenne è stata una bella sfida, considerati i tempi stretti ed il fatto che ti abbia preso le misure solo una volta, senza fare altre prove.”
“Signora, se me l’avesse chiesto sarei venuta a casa sua.”
“Oh, lascia stare, l’importante è il risultato: anche la giacchina ti sta benissimo… è stata un’ottima aggiunta.” sorrise, sistemandole con mano esperta il colletto e dando dei piccoli aggiustamenti che fecero sentire Riza ancora più bella, tanto che fece una deliziata giravolta.
“Hai visto Heymans, mia cara?”
“Dovrebbe essere qui in giro: l’ho visto prima dall’altra parte del capannone ma ora non so proprio dirle dove sia. Vuole che le dia una mano a cercarlo?”
“Lascia stare, tanto prima o poi ci incontreremo: succede sempre così a queste feste.”
“Allora non ti sembrerà strano incontrare me.” dichiarò Andrew, andando accanto a loro.
“Mi sarei sorpresa del contrario – sorrise Laura – ciao Andrew, ti trovo molto bene.”
“Anche tu sei in forma, Laura. Allora, hai visto che bella la nostra piccola Riza?”
“Le stavo giusto facendo i complimenti. Ed Ellie dov’è?”
“Sta parlando con alcune sue amiche dall’altra parte…”
“Eccomi Riza, - disse Vato, sopraggiungendo – scusa se ti ho fatto aspettare…”
“Mh? Ma sbaglio o c’è un cambio di coppie?” chiese Andrew.
“No – scosse il capo il ragazzo – solo a me non andava di ballare…”
“Capisco. Beh, vieni Laura, andiamo a prendere una boccata d’aria, ti va?”
“Volentieri… allora ciao Riza, divertiti, mi raccomando.”
“E’ successo qualcosa?” chiese la ragazzina quando rimase sola con Vato.
“Niente – rispose lui – una lezione di vita che a quanto pare devo imparare…”
 
Heymans si stava beatamente godendo lo spettacolo di Jean e Kain intrappolati da due femmine davvero tenaci, quando notò Roy che ballava con Elisa. Si chiese cosa potesse essere accaduto dato che sapeva del rapporto che intercorreva tra la ragazza e Vato. Inquadrò anche Riza da sola e leggermente spaesata e non capì che fine potesse aver fatto il ragazzo dai capelli bicolore.
Stava per andare a fare compagnia alla sua amica bionda, quando vide sua madre che la raggiungeva.
Il ragazzo fu profondamente felice nel vedere che era venuta, rompendo l’isolamento che le era in parte imposto per questi eventi: si vedeva che a quell’abito ci teneva parecchio.
E forse le è stata a cuore anche la questione di Riza…
Adesso c’era una motivazione in più per andare in quella direzione: magari le avrebbe proposto di mangiare qualcosa dato che quell’anno il banchetto era davvero ricco e delizioso e forse l’avrebbe convita a restare più del previsto, ma le sue buone intenzioni si bloccarono a metà strada quando notò che Andrew Fury si avvicinava a lei e la salutava.
Con curiosità il ragazzo si guardò intorno e notò che Ellie stava parlando con altre donne e, anche se aveva visto l’incontro tra il marito e Laura, non sembrava minimamente turbata.
Riportando lo sguardo su sua madre, vide che lei e l’uomo si dirigevano verso l’uscita e, senza volerlo, li seguì senza farsi notare: ormai gli era chiaro che i due si conoscevano bene e la cosa lo incuriosiva tantissimo. Non aveva ancora chiesto niente a sua madre, anzi… non le aveva nemmeno accennato a quel confronto che aveva avuto con il padre di Kain, ma adesso era desideroso di sapere ulteriori dettagli sul passato che gli era stato nascosto.
 
Andrew e Laura si allontanarono dal capannone, andando dall’altra parte dello spiazzo dove c’erano alcune fiaccole che ardevano per delimitare lo spazio dove si sarebbe radunata la folla per i fuochi d’artificio. Non si accorsero dell’ombra silenziosa e discreta di Heymans che li seguiva poco lontano, facendo attenzione a stare nelle zone d’ombra tra una fiaccola e l’altra: quando si fermarono, il ragazzo trovò rifugio dietro un mucchio di travi di legno che erano avanzate dopo aver costruito il palco della banda musicale e che sarebbero state rimosse solo il giorno successivo.
“Sei uscito senza cappotto – disse Laura, stringendosi nel pesante scialle di lana – prenderai freddo.”
“Oh, figurati, oggi si sta bene rispetto agli altri giorni… allora Laura, era da parecchio che non ti vedevo alla festa del primo dicembre. E’ stata una vera sorpresa per me ed Ellie.”
“Volevo vedere il vestito che ho fatto per la piccola Riza e poi Heymans ci teneva che facessi un salto. Dopo andrò a salutarlo… a proposito, come sta crescendo il tuo Kain: adesso invita anche le bambine a ballare.”
“Diciamo che è stato un po’ forzato.” ridacchiò Andrew.
“Ed Ellie è sempre il solito tesoro, mi ha fatto piacere rivederla in questi giorni per via del vestito.”
“Anche i tuoi figli crescono, specie Heymans.”
Il silenzio che si propagò tra i due adulti fece sussultare il ragazzo: perché il suo nome provocava una simile reazione?
“E’ così cambiato in questi giorni – sospirò Laura – mi accorgo che ora è lui a voler proteggere me…”
“Ultimamente l’ho visto spesso: è più maturo di quello che credi e di quello che crede lui.”
“Mi stai suggerendo di raccontargli tutta la storia?”
“E’ una decisione che spetta a te, mia cara, – scrollò le spalle Andrew – io ti posso dare solo tutto il mio sostegno, come ho sempre fatto.”
“Tu ed Henry siete stati gli unici a starmi accanto.”
Henry? Di certo non sta parlando di mio fratello…
“Mi dispiace solo di non aver potuto fare di più…”
“Quella vecchia faccenda? – sorrise Laura – Oh, Andrew, come si poteva? Tu amavi Ellie, eri pazzo di lei nonostante non avesse ancora finito la scuola… sarebbe stata una cosa che avrebbe reso infelici tutti quanti: quando ha fatto quella proposta, mio fratello non sapeva quello che diceva.”
Fratello? – sgranò gli occhi Heymans – Perché non mi ha mai detto di avere un fratello?
“… e poi se le cose fossero andate in quel modo, non ci sarebbero Kain ed Henry, no?”
“Già… non ci sarebbero. Lo sai che Kain ha costruito una radio tutta da solo?”
“Davvero? E’ un genio come suo padre, allora! Ma mi basta guardarlo per vedere che ha la tua stessa intelligenza: sono certa che andrà all’università come te.”
Il silenzio si fece di nuovo presente ed Heymans si chiese se fosse il caso di andare via, ma poi la voce di Andrew riprese ed era abbastanza tesa.
“Dimmi la verità, Laura, quel bastardo ha alzato le mani su di te o sui ragazzi?”
“No, non ancora, almeno. Perché me lo chiedi?” chiese lei con sorpresa.
“Ho incontrato Heymans una quindicina di giorni fa… era sconvolto. Mi chiedevo se…”
“No, alla fine niente di… di fisico. Ma sta iniziando a pretendere risposte e la ribellione contro il padre si fa sempre più forte. E questo mi terrorizza: Gregor non esiterà ad alzare le mani su di lui.”
“Ci deve solo provare! Laura, appena noti qualcosa di simile non esitare a dirmelo, giuramelo. Quel bastardo non è degno di avere un figlio come Heymans… non posso dimenticare che quando è nato sono stato io a prenderlo in braccio per primo, mentre lui era al locale di Madame Christmas. E quei maledetti dei tuoi genitori nemmeno si sono premurati di venire ad assisterti.”
A quelle parole Heymans impallidì e desiderò con tutto il cuore di sparire per sempre dalla faccia della terra. Non aveva mai conosciuto i suoi nonni: sapeva solo che non abitavano più in paese e che erano loro che, mensilmente, passavano una rendita a sua madre.
“Non me l’hanno mai perdonata, tutto qui. Loro… semplicemente sono molto all’antica ed un figlio concepito prima del matrimonio è un qualcosa di altamente disonorevole.”
“Quando se ne sono andati via dal paese è stata una benedizione, credimi.”
“Ormai alla loro indifferenza mi ci sono abituata – scrollò le spalle lei, la voce stranamente fredda – dopo quanto è successo non ho nessuna intenzione di cercare di riappacificarmi con loro. Sai benissimo quello che mi disse mia madre quando le dissi che il parto era andato alla perfezione ed Heymans stava bene. Lì hanno definitivamente chiuso qualsiasi rapporto con me… ti confesso che non so nemmeno se sono vivi o morti, ma la cosa non mi importa.”
Heymans non aveva mai sentito una rabbia simile nella voce di sua madre, un rancore così vivo e pungente. Capì che c’era qualcosa di totalmente sbagliato nella storia che lui conosceva.
Che cosa ha detto la nonna quando sono nato?
“Sei diversa da quei due, Laura, così come lo era tuo fratello. E così come Heymans ed Henry lo sono da Gregor.”
“Andrew – mormorò la donna con voce rotta – ho paura che la situazione mi stia lentamente sfuggendo di mano. Guardando Heymans crescere così rapidamente mi chiedo quando e cosa raccontargli: mi sento un mostro all’idea di non poterlo più proteggere, ma ho paura che se non gli parlo io, inizierà a cercare risposte altrove, magari arrivando a pungolare Gregor.”
“Adesso calmanti, Laura, asciugati queste lacrime. Ne hai versate anche troppe in tutti questi anni, non credi? – Andrew le mise le mani sulle spalle – Ascolta, non hai nulla da temere da tuo figlio: ti ama tantissimo e giustamente vuole proteggerti, proprio come Kain se vedesse Ellie turbata farebbe di tutto per aiutarla, anche se ha solo undici anni. La verità non cambierà l’amore che ha per te, come potrebbe?”
“Gli sto chiedendo troppo! Andrew, ha solo quattordici anni!”
“Ha quattordici anni ed è abbastanza grande per sapere le cose come stanno, se è questo che vuole. E’ intelligente e sta capendo che c’è qualcosa che non torna… sta cercando un modo per spezzare il circolo vizioso che vi imprigiona, lo capisci?”
“E lo spezzerà venendo a sapere che ho tentato il suicidio? Che sua nonna ha detto che era meglio se fosse nato morto? Andrew… rischio di distruggere mio figlio!”
“No, Laura! – la scrollò lui – Tu non lo distruggi, non potresti mai farlo… non ti sei buttata nel fiume perché sapevi che avresti ucciso anche lui! Tu hai pianto di gioia nel prenderlo in braccio per la prima volta… hai dato tutto l’amore del mondo a lui e ad Henry, ma soprattutto a lui. L’hai protetto in una maniera encomiabile e questo lui lo sa benissimo! In tutto questo mare di menzogne c’è un’unica grande verità: che tu l’hai amato come solo una madre può amare un figlio e su di questo non gli hai mai mentito. E questa è una base solidissima su cui lui può sempre fare affidamento.”
“Andrew…”
“Laura – la voce dell’uomo era incredibilmente dolce – non aver paura, da brava. E’ tuo figlio… ti ama alla follia. Dentro di te sai benissimo che è pronto per sapere le cose, anche se è dura dirlo per un ragazzo di quattordici anni; ma non saresti così spaventata se non intuissi che è quasi il momento. Proprio come Ellie si è resa conto che era giusto che Kain uscisse fuori, cadesse, si sbucciasse le ginocchia… a volte crescere non è rose e fiori, ma deve succedere. E anche se per Heymans sarà più dura rispetto ad altri, ce la farà… fidati di lui.”
“Ti chiedo solo un favore – disse sua madre dopo un minuto di silenzio – se e quando parlerò con lui… potresti esserci anche tu? Assieme ad Henry sei stata l’unica persona che mi è stata davvero accanto e voglio che lo sia ancora.”
“Certamente, amica mia, non ti lascerò sola in un momento simile.”
“Grazie… beh, adesso inizio a sentire un po’ di freddo. Ed immagino che tu senza cappotto ne senta ancora di più, ma non hai più sedici anni Andrew Fury.”
“Non siamo così vecchi, Laura Hevans – rise lui – ma forse è meglio rientrare dentro. Hai detto che volevi salutare tuo figlio, no? Ti andrebbe di conoscere anche il mio Kain?”
“A questo punto… tanto da quello che ho capito ormai sono grandi amici.”
Sentendo i passi che si allontanavano, Heymans uscì dal suo nascondiglio.
Non sentiva freddo, no… sentiva un tremendo gelo dentro il suo cuore e la sua anima. Sarebbe stato meglio restare dentro, continuare a guardare Jean che lottava contro Rebecca, capire perché Roy aveva lasciato Riza da sola per ballare con Elisa. Avrebbe dovuto accettare di ballare con Janet.
Perché tutta quella realtà che gli era caduta addosso in maniera così improvvisa lo faceva sentire ancora un pulcino appena uscito dall’uovo, assolutamente incapace di accogliere un simile cambiamento.
Pronto? Come posso essere pronto?
La pare fanciullesca di lui era pronta a spiccare la corsa verso qualsiasi altro posto che non fosse quel capannone. Ma, nonostante tutto, una nuova parte che finalmente usciva fuori, si costrinse a tirare alcuni profondi sospiri, recuperare il controllo e avviarsi verso la festa.
Doveva fare buon viso a cattivo gioco: sua madre ci teneva a salutarlo.



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il bellissimo (e geniale) disegno è di Mary_
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