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Autore: EonFreeSoul    07/02/2014    1 recensioni
Cinerea è uno dei personaggi più amati della saga TLOS, ma se ci riflettete bene nessuno sa nulla della sua storia, l'unica informazione che abbiamo scoperto è la corruzione da parte di Malefor.
Ma per quale motivo? Cos'è successo durante il soggiorno della dragonessa nel suo covo? Qual'è stato il suo passato?
Scommetto che ve lo siete chiesti.
Se siete curiosi di scoprirlo, questa fanfic fa al caso vostro.
Avventura, combattimenti, amori, dubbi e leggende si intrecceranno durante il racconto, accompagnando Cinerea , e ovviamente anche voi, cari lettori C;
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Cinerea tornò al campo e raccontò tutto quello che aveva saputo dal Maestro delle Ombre.
Non fece però parola dell’incontro con Gilf.
Parvero tutti tranquillizzati e soddisfatti, tranne Fraigon.
-Che c’è?- chiese lei sdraiandosi in parte a lui.
Il drago blu rispose dopo una lunga pausa meditativa:-Non so… non mi pare che ti abbia rivelato un granché.
Cinerea fu presa dal desiderio di dagli una sberla.
-Cosa?! Dopo tutto quello che ho fatto? Vuoi che torni là? Non ci penso neanche!
Lui sorrise:-No, non ti chiederei mai una cosa del genere! Hai fatto il tuo lavoro- il suo volto si rabbuiò:- Ma il nostro Maestro no… ti ha rivelato semplicemente che vuole il potere degli elementi puri. Null’altro. Ti ha forse spiegato il motivo?
Lei si fece pensierosa:-Beh, no… e allora? E’ sempre bene tenere un’arma del genere nel covo, non credi? Sarà per quello.
Ma nel suo cervello iniziava ad insinuarsi un dubbio: le aveva davvero raccontato la verità? O no?
Iniziava a dubitarne… ma non voleva ripresentarsi negli alloggi di Malefor: un incontro bastava e avanzava.
Fraigon fu abbastanza saggio da cambiare discorso:-Uh! E quella dove l’hai presa?- chiese indicando la spada impolverata che si portava appresso.
-E’ più bella la tua- aggiunse poi deluso.
-Lo so- rispose prontamente Cinerea:- Ma è un trofeo. Me lo sono conquistato con le mie forze.
Gli occhi del suo amico si illuminarono, ma non riuscì a parlare, poiché era arrivato Kiwar:- Coome? Wow! Grande, racconta, dai!
Lei si pavoneggiò: le piaceva essere al centro dell’attenzione:- Quando sono andata nella Sala delle lotte per recarmi dal nostro Maestro c’erano due scimmie che parlavano nella stanza.
Io li ho ignorati, ma loro si sono voltati e hanno iniziato a dirmi che non dovevo stare lì, che il mio posto era fuori assieme a tutti voi.
Gli ho risposto che se ero lì c’era un motivo e loro si sono arrabbiati tanto da attaccarmi! Quegli stupidi! Non avrebbero dovuto farlo…
Tacque e gli altri la guardarono strabiliati, finché Vin ruppe la quiete:- E poi che ne è stato di loro?
La risposta di Cinerea fu chiara e semplice:-Li ho uccisi.
Seguì un lungo silenzio: nessuno sapeva cosa dire.
Fu Bite a aprire bocca:-Se lo meritavano! Nessuno offende un drago e la passa liscia! Tantomeno può farlo una scimmia idiota!- il drago nero era in preda al furore, l’avevano visto così pochissime volte, solitamente era calmo e rilassato.
Inaspettatamente, al posto di disgusto per le sue azioni, Cinerea sentì crescere attorno a lei un sentimento di ammirazione.
-Ha ragione!- fece Fraigon alzandosi e ruggendo subito dopo.
-Sì- Shae fu d’accordo con loro:- Hai fatto bene! Le scimmie meritano la morte.
Kiwar era entusiasta del suo trofeo:- E’ fantastico, voglio ammazzarne una anch’io, così mi prendo le sue cose!
La sua schiettezza lasciò un po’ sgomenta Cinerea; vendendo la sua espressione il drago marrone sorrise e inserì un:-Scherzo, dai!
Arv si avvicinò alla spada che era stata del soldato e la prese tra le mani esaminandola e posandola subito dopo:- Complimenti davvero… tutti dovrebbero assistere al tuo trionfo, non capisco proprio perché Gilf non sia qui…
Cinerea trasalì: Gilf! Se ne era completamente dimenticata.
“Spero che sia caduto per le scale e si sia rotto un’ala…” pensò crudele: non voleva che venisse lì; dopo il loro discorso, nulla sarebbe più stato come prima.
Non lo vide mai arrivare nelle ore dopo, quindi tirò un sospiro: non aveva altra voglia di discutere.
Anzi, si sentiva i muscoli e le giunture doloranti per la battaglia con le scimmie.
Era molto spossata e voleva andarsene a dormire, ma si rimproverò “Non dovresti incamminarti così: godi della tua vittoria fino all’ultimo, come un vero guerriero”.
Tuttavia la sua stanchezza ebbe la meglio.
Salutò tutti e si spostò verso la fortezza, intenzionata a tuffarsi nel suo giaciglio di paglia e piume il più presto possibile.
Mentre se ne andava, Fraigon la afferrò per un braccio:-Cinerea…
-Cosa c’è?
-Nulla, vai pure, devi essere molto stanca.
Lei non si fece ulteriori domande.
 
Mentre raggiungeva la sua camera, si interrogò nuovamente su quello che le aveva detto Fraigon : non mi pare che ti abbia rivelato un granché.
Era vero? Non se lo sarebbe mai chiesto… ma l’insolita domanda del drago blu l’aveva messa a disagio.
Tentò di non pensarci, ma non ci riusciva: in qualche modo ora aveva un seme di dubbi impiantato nella testa, che cresceva sempre di più.
Cinerea avrebbe voluto tanto che appassisse, ma per permettere questo doveva scoprire la verità.
Decise: avrebbe trovato qualcuno disposto a rivelarle tutto.
Demone? No… non aveva i mezzi per convincerlo a vuotare il sacco; le scimmie? Neanche lo sapevano…; Malefor? Neppure, mai insistere più volte con una stessa persona, specialmente con lui.
Entrò sconsolata nella stanza: non c’era nessuno che le potesse essere d’aiuto.
Poi un pensiero fulmineo le balenò, nella testa, come una farfalla che si posa su un fiore: c’era un individuo che le avrebbe detto la verità.
Raccontavano di lui certe volte vicino al fuoco, di sera: l’Eremita.
Si diceva che fosse un vecchio drago dal colore e età indefinibili, emissario dell’Aedo, il saggio drago esiliato che manteneva l’equilibrio del mondo con il suo potere e la sua conoscenza.
L’Eremita era quasi identico all’Aedo per quanto riguardava la sapienza.
Avrebbe chiesto a lui.
Emozionata, iniziò a organizzare il viaggio: doveva compiere tutto di nascosto, perché ai guerrieri novelli non era consentito uscire dalla fortezza senza permesso e sicuramente una richiesta a Demone sarebbe stata vana…
Iniziò a spogliarsi di dosso l’armatura argentea e percepì il sollievo della pelle squamata a contatto con l’aria quando gettò la protezione in un angolo del suo scaffale.
Poi prese anche le spade e le mise in due posti separati: la sua accanto all’armatura mentre il trofeo sempre nello scaffale, ma in un ripiano inferiore.
Osservò i suoi effetti con orgoglio: erano tutti suoi, conquistati lottando duramente.
Da lei.
Sorrise compiaciuta e si apprestò a mettersi a letto: sarebbe partita in piena notte, per aver modo di ritornare prima dell’alba, quindi doveva riposare intanto che poteva.
Mentre si sdraiava sentì bussare.
Roteò gli occhi: non era Fraigon, c’erano stati quattro colpi, non tre.
-Chi è?- chiese simulando stanchezza.
-Sono Gilf.
Lei fu tentata di non aprire, ma si accorse troppo tardi che non aveva chiuso la porta a chiave, quindi sarebbe entrato lo stesso.
Andò alla porta e la spalancò con rabbia:-Che cosa vuoi ancora?- chiese visibilmente seccata al drago rosso.
Lui fece silenzio prima di iniziare:-Volevo solo dirti che mi dispiace per la faccenda di  Riffle: sapevo che era tua amica.
Riffle… già… non l’aveva più detto a Fraigon, ma ormai  avrebbe dovuto capirlo: il vuoto causato dalla sua mancanza era come una macchia indelebile su un panno immacolato.
Ma non aveva fatto nulla per consolarla, al contrario di quanto stava facendo Gilf.
Secondo lei, c’era un secondo fine, ma il drago sembrava sincero.
Lei si ammorbidì un po’:- Sì… è stato terribile doverla lasciare, ed è ancora più frustrante sapere che se la incontrassi ora, non mi riconoscerà: Malefor le ha tolto i ricordi.
L’altro annuì:- E’ lo stesso anche per me, io ho dovuto dire addio per sempre a Therai, un mio caro amico.
-E’ come se quando la menzionassero, perdessi tutta la forza che ho avuto fino a qualche momento prima… mi lascia… una specie di vuoto dentro.
Gilf si avvicinò un po’ ed entrò nella stanza:-Potrei alleviare io il dolore e riempire quel vuoto…
Si chinò verso di lei e la spinse contro il muro, il desiderio che gli lampeggiava negli occhi.
Cinerea si divincolò agilmente sfuggendo alla sua morsa:-Lasciami!
Quando fu a distanza, un grido le esplose dentro:-Brutto bastardo! Era questo che volevi! La storia degli amici perduti era solo una scusa! Vattene!
La lama della sua coda schizzò verso di lui, procurandogli una lacerazione vistosa sul braccio.
Il sangue iniziò a colare lungo le sue squame scarlatte, mentre Gilf la osservava a occhi aperti, come se non si fosse ancora capacitato che l’avesse fatto.
-Vattene- ordinò Cinerea con voce più ferma.
L’altro uscì lentamente dalla stanza, poi si voltò nuovamente:- Cynder, io volevo solo…
-Lo so benissimo quello che volevi!!!
Gli tirò un pugno in mezzo agli occhi, lui barcollò e cadde fuori dalla camera.
Veloce come un lampo, la dragonessa afferrò la chiave dorata della sua stanza e si chiuse dentro, poi si lasciò cadere sul suo letto, prese una coperta di lana e si coprì.
Non l’aveva mai usata prima d’ora, ma adesso sentiva il bisogno di non lasciare scoperto il suo corpo.
Si costrinse a non pensare più a quell’incontro fastidioso e si concentrò sul suo compito notturno.
 
Malefor sedeva nella sua stanza, di schiena.
Demone era inginocchiato e stava in silenzio.
-Parla pure- ordinò il Maestro delle Ombre, lanciando un’occhiata breve in direzione di Demone, tornando poi a osservare davanti a sé.
Quello si alzò e si schiarì la voce:- Cinerea è la nostra guerriera più forte…
La risposta di Malefor fu fredda:-Lo so, credi che non conosca il mio esercito?
-Maestro- continuò Demone:- Si rifiuta di collaborare, sono già due volte che respinge l’intervento di Gilf. E ci servono altri soldati…
L’altro fece una pausa prima di emanare la sua risposta finale:- Troppi draghi ci si potrebbero rivoltare contro ora… specialmente quando sapranno la verità sui nostri piani.
Cinerea è venuta qui a chiedermi il perché della loro precedente missione… sono sospettosi… non dobbiamo permettere che questi dubbi si propaghino.
Demone annuì, ma osò contraddirlo:- Ma sono necessari comunque altri draghi! I nostri soldati comuni non ce la fanno da soli.
Malefor si voltò di scatto:- Sei forse tu che decidi, stupida scimmia? No. Non hai il potere per farlo. Impara come si ordisce un inganno… un piano. Dobbiamo aspettare, finché non saremo tutti pronti.
I suoi occhi lampeggiarono:- E’ ovvio che Cinerea non accetterà mai Gilf, sei stato uno sciocco a mandarlo lì prima… chi dice che dovrà scegliere lui?
Demone si scusò:- Chiedo perdono, starò più attento in seguito…
-Se ci sarà un seguito per te! Non deludermi di nuovo e non prendere iniziative, e ora vai – Malefor ringhiò minaccioso.
L’altro si affrettò a uscire.
 
Cinerea si guardò furtiva intorno, aveva preso tutto, spada e armatura.
Poggiò un orecchio alla porta: nessun suono.
“Perfetto” si mosse con cautela verso la sua finestra, attenta a non fare rumore.
Le solide sbarre di ferro intrecciate a formare una greca si sciolsero con un leggero crepitio all’impatto con il suo fuoco.
Pausa. Non c’era alcun passo che rovinasse il silenzio.
“A parte quelli delle guardie qui all’esterno” pensò nervosa.
Strinse le ali sui suoi fianchi e si infilò nell’apertura causata dal suo soffio rovente.
Quando fu fuori per metà, spiccò un balzo in avanti per uscire del tutto, ma la sua ala battè nel bordo della finestra e la fece sbandare malamente prima di un brusco atterraggio.
“Dannazione, stavo quasi per cadere…”
Risalì fino all’apertura della sua stanza e toccò le sbarre liquefatte; un filo di metallo le rimase sull’artiglio, lei se lo mise in bocca e, trattenendo uno sputo di disgusto, soffiò nuovamente fiamme su di esse.
Quelle iniziarono lentamente a riformarsi.
Lei sorrise: aveva imparato piuttosto bene quel rituale, che ora si era rivelato molto utile: vedendo la finestra intatta, le guardie che passavano non avrebbero avuto nessun sospetto e così lei avrebbe avuto campo libero.
Volò nel cortile, in direzione del bosco: superato quello, sarebbe stata fuori del tutto.
Si tenne alta, per evitare di essere scoperta mentre scappava, poi virò in direzione della macchia d’alberi.
Atterrò silenziosamente mentre entrava furtiva nel bosco.
Pestò qualcosa di caldo, in preda al terrore aguzzò la vista e si accorse che era soltanto la cenere della legna usata per il fuoco, quando si erano trovati lì la sera precedente.
Tirò un sospiro di sollievo  e proseguì nascondendosi nel fogliame fitto.
Mentre camminava sentì un verso.
Stette immobile nell’ombra per la paura di essere scoperta, ma non arrivò nessuno.
Lo sentì nuovamente, un po’ più forte di prima.
Il grido era di femmina.
“E’ assodato che non si tratta di una scimmia” pensò incuriosita Cinerea muovendosi in direzione del suono.
Ancora… una terza volta, ma non era di paura, né di rabbia.
Piena di curiosità, si acquattò dietro un cespuglio e scostò il fogliame.
Trattene un’esclamazione di stupore: erano Vin e Faasie, il maschio che la dominava stando sopra di lei.
Faasie mugolò di piacere e Vin le diede un bacino.
-Malefor ci ricompenserà per questo- la rassicurò Vin.
Lei sorrise:-Non mi importa della ricompensa, va bene anche così e basta.
Poi lo abbracciò e lo tirò sopra di lei.
Lui non oppose resistenza.
Cinerea distolse lo sguardo, scandalizzata: ecco qual’era la “femmina che aveva iniziato a capire come gira il mondo”, come aveva detto Gilf.
Ed ecco perché, quella sera, lei e Vin si erano allontanati dal fuoco.
Per quello.
Era atterrita: era così che andavano le cose, pensò se Fraigon avrebbe preteso qualche diritto su di lei e se Gilf avrebbe fatto di testa sua.
“Molto probabilmente entreranno in lotta…” rifletté lei.
Inaspettatamente, questo pensiero la emozionò, ma lei lo ricacciò via: non era il momento.
Lasciò perdere Vin e Faasie e, attenta ad andarsene silenziosamente per non essere scoperta, si diresse al di là del bosco, dove iniziava la Palude.
Era sempre molto buio, quindi non riusciva a capire se il tempo passasse o no, ma lei avrebbe voluto tanto che si fermasse per un momento, permettendole di rientrare prima dell’alba.
“Non fa niente, ce la farò lo stesso” pensò per darsi coraggio, e non osò pensare a cosa sarebbe successo se, invece, per una ragione o per un’altra, non fosse riuscita a tornare entro il limite che si era imposta.
Rabbrividì e decise di non pensarci: anche il solo pensiero era troppo spaventoso.
Probabilmente l’avrebbero…
-Che schifo!- esclamò improvvisamente, accorgendosi di colpo di avere messo le zampe in un fango denso e dal colore scuro.
Tentò di togliersi da lì, ma il fondo melmoso dell’acquitrino maleodorante dove era finita la fece scivolare e Cinerea si ritrovò completamente sommersa dal pantano.
Riemerse grondante e sputacchiò un po’ di melma che le era entrata nelle fauci.
Aveva un sapore orribile, e a Cinerea ricordò la sostanza collosa in cui era avvolta quando era nata: l’aveva morsa, ma non era molto appetitosa, anzi, adesso che ci pensava, le sembrava proprio come quel fango…
Si pulì alla bell’è meglio,  evitando insetti fastidiosi annidati nelle piante palustri, poi si sedette a riflettere: era arrivata alla Palude, quindi ormai avrebbe dovuto trovarsi in prossimità della grotta dell’Eremita.
Non restava che cercarla.
“Dovrebbe essere da queste parti…” almeno secondo i racconti dei suoi amici.
Seconda cosa: trovare una via per raggiungere l’altra sponda.
Cinerea constatò con disgusto che l’unica maniera per andare dalla parte opposta era nuotare in quello schifo di stagno fangoso, dato che i bordi del lago erano molto estesi e ci sarebbe voluto troppo tempo, “Che non ho, quindi…”.
Di malavoglia si tuffò nell’acqua melmosa e iniziò a sguazzare.
La spada la lasciò sul terreno dal quale era venuta, assieme all’armatura, perché temeva, non a torto, di rovinarle.
Ma ora doveva concentrarsi sul nuotare.
Strinse i denti e iniziò ad avanzare nella mota, tentando di non sollevare schizzi inutili.
Inizialmente Cinerea riusciva a toccare il fondo, ma poi, quando si addentrò più lontano dalla riva, le sue zampe non riuscirono più ad aggrapparsi a qualcosa di solido.
“Inizia il bello… devo nuotare, ora”.
Si fece forza osservando l’altra riva: le piante fitte si intrecciavano in un ricamo di verde e di liane.
Lei sospettava che la caverna dell’Eremita fosse situata proprio in quella rete di foglie e rami.
Si trattava solo di raggiungerla, ormai c’era quasi.
Era a metà lago, quando si accorse di non stare facendo alcun progresso da almeno sei minuti e, anzi, di girare in tondo nel centro dello stagno.
Trasalì quando si accorse di cosa si trattava: si stava formando un mulinello enorme proprio lì, e lei ci era in mezzo.
Tentò disperatamente di nuotare dalla parte opposta, già… ma quale era la parte opposta? L’acqua e il fango stavano iniziando a vorticare sempre più forte sbattendola qua e là, e la corrente stava lentamente e inesorabilmente trascinando Cinerea verso il centro del vortice.
I suoi sforzi non valsero a nulla: era già troppo tardi…
L’acqua la sommerse completamente  mentre gridava, e la mota  si intromise tra lei e l’aria.
Venne trascinata sempre più in basso mentre il gorgo mulinava sopra di lei.
Poi fu buio.
 
Cinerea si svegliò di soprassalto, credendo di affogare.
Non era così: si trovava in un ampio antro rischiarato da delle torce luminose.
Si domandò come ci fosse finita, poi si ricordò: era rimasta incastrata in un mulinello nello stagno dove era entrata per raggiungere a nuoto l’altra riva, ed era svenuta mentre l’acqua la trascinava verso il fondo.
Corrugò la fronte, assorta nei suoi pensieri: allora come mai era lì?
Avrebbe potuto tentare di darsi una spiegazione plausibile, si ritrovò invece a contemplare la grotta pensando che forse era arrivata a destinazione, che, forse, l’Eremita era davvero lì.
Per terra c’era un laghetto di acqua trasparente e cristallina, che spuntava come un occhio idrico in mezzo a tante stalagmiti.
Sul soffitto, perfettamente allineata con il centro della pozza, si trovava invece una lunga stalattite sottile, che stillava gocce a cadenza regolare.
Cinerea la osservò meglio ed ebbe un sussulto: sembrava che le gocce non fossero create dalla stalattite, ma da tutte le rocce che componevano il soffitto.
Le pietre, infatti, trasudavano acqua costantemente, che finiva ordinata in un rigagnolo azzurro celeste che, a sua volta, serpeggiava lungo la colonna sassosa e poi lasciava cadere una goccia minuscola esattamente nel centro del laghetto.
Il soffitto era costellato di quei piccoli ruscelletti scintillanti, tutti così regolari… sembravano vene che andavano dritte al cuore.
Cinerea si soffermò poi a osservare dentro alla pozza.
L’acqua era incredibilmente tersa, ma la dragonessa grigia non vedeva il fondale, neanche una macchia scura che confermasse la sua presenza, niente.
Strano…con quell’acqua così limpida.
Aggrottò le sopracciglia per il disappunto: non era possibile, non le sembrava possibile.
Scattò in avanti e tuffò la testa oltre il muro d’acqua.
Strinse le palpebre per vedere meglio, ma il fondo non si vedeva.
Sembrava invece che ci fosse l’uscita di un altro laghetto esattamente dalla parte opposta, uguale  a quello del luogo dove si trovava lei.
Trattenne un singhiozzo di stupore quando un pesce si tuffò oltre l’altro muro d’acqua, rientrando poi nel lago qualche metro più in là.
Ora veniva verso di lei di gran carriera, molto velocemente.
Cinerea tirò fuori la testa appena in tempo per vedere il pesce che si tuffava nella grotta sollevando spruzzi d’acqua e finendo la sua folle corsa infilzato in una stalagmite.
Alla vista dell’animale lo stomaco di Cinerea brontolò e lei non esitò neanche un secondo a ingoiarlo in un sol boccone.
Appena ebbe finito di gustarselo, ripensò sgomenta a quello a cui aveva appena assistito: era come diceva lei, non c’era il fondale, ma dall’altra parte sembrava si potesse emergere in qualche altro posto.
Forse era arrivata lì in quel modo anche lei.
L’unica cosa che non si spiegava era come mai di colpo l’acqua fosse diventata così pulita e chiara.
“Forse si tratta di una sorta di magia… chi lo sa!” pensò mentre si dirigeva ad esplorare l’altra parte della caverna.
Ora notò una grande statua di pietra, di un drago dall’aria molto saggia.
Era raffigurato con un libro tenuto stretto in una zampa, le sue ali piumate erano enormi e sfioravano il pavimento, mente sul capo vi erano scolpite ben otto corna diritte e affilate.
La barba del drago era molto lunga, e sulla coda terminante in un aculeo appuntito erano posti dei grandi anelli finemente decorati con rune magiche, presenti anche sulle zampe anteriori.
Al collo portava un ciondolo molto raffinato, con incastonato un cristallo.
-L’Eremita…- mormorò Cinerea meravigliata mentre squadrava con attenzione la scultura.
Davanti alla maestosa statua del drago millenario vi era un libro aperto, poggiato su un piedistallo ligneo ornato con le stesse rune presenti sui bracciali della scultura.
Lei si avvicinò, i grandi occhi verdi curiosi di assaporare ogni particolare misterioso, ma restò delusa quando vide che sul volume non vi era scritto nulla.
Voltò anche le altre pagine, ma erano tutte bianche.
Che senso aveva? Non riusciva a spiegarselo.
Lasciò perdere e chiuse il libro, che con un tonfo liberò una nuvoletta di polvere.
Cinerea tossì e si allontanò verso il centro dell’antro, decisa a trovare l’Eremita.
Gridò per attirare la sua attenzione:-Eremita? Mi chiamo Cinerea e ho bisogno di un consiglio, non ho cattive intenzioni e nutro grande rispetto nei vostri confronti, quindi, se ci siete, mostratevi, per favore.
Tentò di non dare  alla sua voce un tono impaziente e polemico, ma non ci riuscì: era scalpitante già da quando era arrivata lì: quel posto era così mistico…!
E lei fremeva dalla voglia di incontrare il saggio drago.
Non ottenne risposta e così, dopo qualche minuto, decise di spostarsi in un altro punto, vicino alla statua e di riprovare a chiamarlo.
Sbuffò impaziente, aprì bocca e… trattenne a stento un sussulto, quasi cadendo all’indietro per la sorpresa.
Non poteva essere: il libro giaceva lì, aperto, e sulla pagina, prima immacolata, era apparsa una scritta.
Cinerea la lesse, emozionata e stupita allo stesso tempo.
La frase recitava: Vuoi incontrarmi, non è così?
-Sì…- rispose lei incantata.
La scritta si illuminò con un fulgore verde e scomparve.
Cinerea stava per protestare, quando il foglio scintillò nuovamente e apparve un’altra parola, che però era chiarissima: Aspetta…
Cinerea si guardò intorno, scalpitante: non poteva attendere a lungo, o quelli dell’Ordine l’avrebbero beccata.
Chissà che figura con i suoi compagni, e non osava pensare a qualcosa di peggio…
-Il fatto- iniziò a dire frettolosamente:- E’ che non ho molto tempo.
Nuova frase: Capisco, questo avvenimento mi rammarica profondamente, allora farò in fretta.
Lei si stava quasi dimenticando di stare intrattenendo un discorso con una delle creature più sagge di Doxantha, e pensò che a leggere tutte quelle parolone forbite ci stava mettendo anche più del previsto…
Mentre pensava al discorso che stava per compiere con l’Eremita, una luce rosata proveniente dall’alto la distrasse.
Cinerea alzò lo sguardo, e notò con sgomento che il cristallo al collo della statua si era illuminato e ora riluceva lanciando vivaci bagliori color magenta.
La radiazione luminosa sembrò propagarsi verso di lei e l’avvolse completamente, iniziando lentamente a trascinarla verso il cristallo, e staccandola da terra in modo di farla levitare.
Cinerea scalciò spaventata, ma quando una sensazione di assoluto benessere la avvolse, desistette e si lasciò andare a quel senso di piacevole torpore.
La luce si faceva sempre più forte man mano che si avvicinava al cristallo, e a Cinerea parve quasi di vedere un muso sfocato di un vecchio drago, che la osservava da dentro la gemma magica.
Poi, quasi impercettibilmente, lo scintillio diventò ad un tratto bianco lucente e lei fu risucchiata completamente all’interno.
 
Riprese i sensi quasi subito dopo la traversata, rendendosi conto con meraviglia di trovarsi sospesa in aria, sopra ad uno spazio senza tempo, ne dimensioni: tutto riluceva di sfumature viola e blu, gli stessi colori del ciondolo della scultura.
Realizzò con incredulità che quel posto era l’interno del cristallo.
Non aveva mai provato nulla del genere nella sua vita, e come mai si sentiva così straordinariamente bene?
Una voce improvvisa la fece sobbalzare, o forse no, dato che era sospesa nel vuoto:-Le tue emozioni di pace sono dovute all’Aura positiva di questo luogo… benvenuta…
Cinerea si voltò di qua e di là, ma non vide nessuno.
Improvvisamente  sentì un suono stranissimo e si girò verso la sua fonte: un grande squarcio brillante e blu si stava aprendo davanti a lei, come una porta tra due mondi.
E fu allora che lo vide: l’Eremita stava attraversando il portale proprio in quel momento: era identico alla statua, grigio di colore, ma non aveva il cristallo al collo.
-Ti aspettavo- esordì l’anziano drago sorridendo.
Cinerea non riuscì a spiccicare parola tranne uno stupidissimo:- Perché non ti mostri fuori?
L’Eremita rise piano:- Io mi mostro in tanti luoghi, e se ci rifletti bene anche “fuori”, come dici tu, mi sono fatto vedere: nel libro e nella statua.
Cinerea era pensosa:-Ma tu non sei il libro, e neanche la statua- ribattè perplessa.
-Infatti io non sono solo l’uno o solo l’altro, sono tutti e due: il libro e la statua, come potrei essere il gorgo che ti ha trascinato fin qui o la grotta in cui ti trovi ora.
La dragonessa era sempre più dubbiosa:-Ma noi ora non siamo nella grotta, ci troviamo nel cristallo,no?
L’Eremita fece una smorfia assorta:-Può darsi, potremmo essere in tutte e due le cose, oppure no… lo spazio e il tempo non esistono, piccola.
Cinerea fece una faccia accigliata: essere chiamata “piccola” proprio non le piaceva… e per di più non capiva un accidente di quello che stava dicendo quel tizio, e per un attimo pensò di avere sbagliato individuo.
I suoi pensieri furono troncati dalla voce dell’altro drago:-Figurarsi! Hai cercato la persona giusta, l’Eremita sono io!- fece allegro.
Cinerea sbuffò: ma bene, il vecchio rimbambito ora le leggeva anche nella mente…
L’Eremita rise fragorosamente:-Rimbambito? Sei uno spasso, ragazza mia!- Cinerea rimase interdetta mentre l’altro continuava:- E se ci pensi, non sono neanche tanto vecchio.
Lei lo osservò meglio: era vero, non era vecchio, la sua barba non era poi così lunga e anche la sua voce sembrava più giovane.
Aggrottò la fronte, sospettosa: impossibile, i peli del mento prima erano molto più lunghi e chiari e anche le piccole rughe che contornavano i suoi occhi squamosi erano sparite di colpo, e cosa dire, inoltre, del tono di voce?
Era cambiato tutto di botto in meno di un minuto… a meno che lei non si fosse immaginata tutto…
Lui rise di nuovo e Cinerea si trovò ad osservare sbigottita un piccolo draghetto neonato seduto a mezz’aria:- Il tempo, piccola, come lo spazio,  non esiste, tutte le ore del giorno sono un’ora sola, noi siamo vecchi e giovani, il mattino è come la sera…
Lei non capiva un’acca di quei discorsi così complicati, ma una cosa il tizio gliel’aveva fatta venire in mente: il tempo… che lei non aveva!
Tagliò tutto quel filosofare ponendo la sua domanda, mentre l’altro continuava a parlare :- Beh, senti, io vorrei chiederti una cosa…
L’Eremita si bloccò di colpo, fissandola profondamente mentre tornava a essere un vecchio drago.
Cinerea si soffermò a osservare i suoi occhi: le sembrò che continuassero a cambiare colore… e le squame del corpo… anche quelle erano mutevoli: quando l’aveva visto la prima volta le era parso grigio, invece ora era verde, perché…?
Scosse la testa violentemente per allontanare quei pensieri così complessi: ormai era chiaro che quel luogo era assurdo… e il tipo che ci viveva pure.
-Chiedi pure- fece l’Eremita calmo.
Cinerea si morse il labbro prima di iniziare: era un sacco che aspettava quel momento, e ora voleva porre quel quesito nel modo più solenne possibile.
Prese fiato e iniziò, mentre l’altro la ascoltava attentamente:- Ecco… io faccio parte dell’Ordine di Malefor.
La faccia dell’Eremita si rabbuiò, ma l’anziano non proferì parola.
Lei continuò:- Qualche giorno fa siamo stati mandati…
L’Eremita liquidò il suo racconto sventolando impaziente la zampa sinistra:-Conosco questa storia.
Lei era meravigliata:-E come fai a saperlo?
L’altro rise:- Dovresti sapere che io so, altrimenti come speri di ottenere la tua risposta, se credi che io non sappia?
-Già, già… logico- rispose Cinerea subito.
In realtà, non c’era nulla di logico in quel discorso, e neanche in quel luogo, nell’Eremita neanche… ma forse lui aveva ragione: tutti dicevano sempre che lui sapeva tutto di tutti, quindi…
Cinerea non si scomodò a raccontare tutto il resto e andò dritta al punto:-Insomma, perché? Perché ha voluto che prendessimo il Cristallo del Potere? E perché vuole i quattro elementi puri? Non capisco…
Attese la sua risposta, che arrivò accompagnata da un debole sospiro:- Domanda legittima, ma la risposta non ti piacerà…
-Raccontamela lo stesso, ho il diritto di sapere i piani del mio Maestro- Cinerea deglutì mentre pronunciava quella frase così faticosa: voleva conoscere, ma allo stesso tempo avrebbe voluto respingere il responso.
Aspettò.
L’Eremita pronunciò delle parole che per lei furono come pugnalate, una dopo l’altra:- Malefor, come lo chiami tu, è un essere straordinariamente crudele, e non risparmia nessuno, neppure i suoi allievi. Sai perché ha mandato a rubare le vostre uova al Tempio del Drago, quella notte?
L’obiettivo non eravate voi, “da addestrare”, come vi ha detto lui, ma un uovo di drago viola, molto speciale.
A Cinerea batteva forte il cuore:-Drago viola?
-Già, è così, i draghi viola sono una razza di draghi molto rara, che nasce solo ogni dieci generazioni e che può controllare più di un elemento puro… Malefor era il precedente drago viola, ma al posto di votare per il bene, diventò malvagio.
Questo Cinerea lo sapeva già, e non gliene fregava un fico secco se il suo Maestro fosse malvagio o meno, piuttosto, aspettava con impazienza che l’Eremita continuasse.
-Sono passate dieci generazioni, ed è nato un altro drago viola.
Quella notte, intuendo che il nascituro avrebbe ostacolato i suoi piani, il Maestro delle Ombre inviò Demone e altri suoi emissari a prelevare l’uovo, che poi avrebbero distrutto, assieme a tutti i loro guai futuri.
Lui prese fiato.
-Lo fecero?- domandò Cinerea curiosa.
Scosse la testa:-No, non ci riuscirono, poiché arrivò Ignitus, che salvò l’uovo.
“Ignitus, chi accidenti è Ignitus?” pensò lei sospettosa.
-Ignitus è il Guardiano dell’elemento puro del fuoco, che assieme agli altri tre addestrava i draghi che nascevano al Tempio.
Anche tu e tutti i tuoi amici sareste nati lì, se Demone, vista la disfatta, non avesse deciso di rubare le vostre uova per addestrarvi.
Ora tu mi chiedi perché Malefor vuole prendere possesso degli elementi puri con il Cristallo del Potere?
-E’ così- rispose prontamente Cinerea facendo andare vigorosamente su e giù la testa, in segno di assenso.
La storia dell’Eremita non era poi così sconvolgente… per ora… chissà che cosa avrebbe rivelato in seguito…
Lei attese, e quando vide che l’Eremita stava per dire qualcosa, il suo cuore accelerò forte.
-Bene- sentenziò lui misterioso:- E’ per vendetta,  vuole punire Ignitus, che gli ha messo i bastoni fra le ruote, sì, è così.
E quando l’avrà fatto, non dividerà la ricompensa con il suo esercito, non lo farà, no…
-Cosa?!- gridò Cinerea profondamente turbata:- Certo che lo farà!
Lui scosse la testa:- E invece non sarà così, quando non gli servirete più, quando finalmente avrà scovato e imprigionato tutti gli elementi puri nel cristallo…- Cinerea aspettò con il fiato sospeso:- Sarà così forte… che vi ucciderà tutti, uno ad uno, per paura che qualcuno possa interferire con lui… teme i tradimenti, e non vuole commettere errori, stavolta.
Non risparmierà nessuno.
Lei restò zitta, chiusa nella sua disperazione: non era possibile, non era decisamente possibile che il suo Maestro, così saggio con loro, li volesse eliminare tutti.
Lei non ci credeva! Non poteva crederci, né ora, né mai.
Sospirò e formulò un’ultima domanda:- Questo… è solo uno dei tanti futuri possibili, o l’unico che può avverarsi?
Attese in preda al panico la risposta: l’Eremita aggrottò la fronte e rifletté: Cinerea poteva vedere i mille pensieri che gli attraversavano la mente nei suoi occhi multicolori.
Prese fiatò e emanò il suo giudizio:-  Effettivamente no, è solo uno delle tante possibilità, ma anche la più probabile.
Lei iniziò a sudare freddo:- E… non c’è un modo per cambiare?
Lui ci pensò un po’ su:- Beh, sì… ogni fato può cambiare in un secondo, siamo noi a scrivere la storia, nulla è premeditato- l’Eremita si avvicinò all’orecchio destro di Cinerea, sussurrando:- Lascia che ti riveli una cosa molto importante…- lei deglutì e attese:- La chiave del destino… sei tu. Tu puoi modificarlo, di più non posso dirti, non riesco a vedere con chiarezza la tua sorte.
Cinerea sentì un sollievo in tutto il corpo: quindi, era possibile trasformare, nulla era scritto… ma perché l’Eremita le aveva detto quelle cose? Per quale ragione le aveva svelato che la “chiave” era lei? E come mai proprio lei?
In ogni caso, di più non avrebbe ottenuto, restava soltanto da togliersi un ultimo dubbio:- Tu hai detto che l’uovo del drago viola è stato messo in salvo da quel tale Ignitus che odia tanto il mio Maestro… ora dove si trova il drago sacro?
L’Eremita si fece serio e la sua faccia diventò sospettosa, gli occhi mutanti ridotti a fessure indagatrici:- Perché ti interessa?
Lei fece spallucce:- Così… per sapere, almeno conoscerò tutta la storia, no?
Il volto del drago parve rilassarsi leggermente:- Va bene, allora te lo rivelerò: quando Ignitus fuggì dal comandante Demone, si fermò nei pressi di un fiumiciattolo che portava proprio qui, nel cuore della Palude, nella zona dei Funghi Giganti, dove vivono le famiglie delle Libellule.
Cinerea conosceva quella zona, e trovava le Libellule davvero inutili… in ogni caso, si mise in ascolto:- Ignitus depositò l’uovo nel fiume, affidandolo alle acque del ruscello e pregando gli Antenati perché lo salvassero.
-Si salvò?
-Sì, l’uovo fu trovato da una famiglia di libellule, che lo prese con sé e crebbe il draghetto neonato come un figlio, chiamandolo Spyro.
-Spyro?- Cinerea storse il naso, che razza di nome! Inoltre, trovava ripugnante la sola idea che un drago venisse allevato da delle Libellule: che cosa assurda! Un drago doveva crescere tra i draghi, e schiacciare le creature inferiori, come le Libellule, per l’appunto.
Chissà com’era venuto su! A questo punto, Malefor non si sarebbe neanche dovuto preoccupare.
-Bene, con le domande ho finito- esordì infine lei.
L’altro annuì:- Allora ti saluto, per uscire, prendi la via del lago sotterraneo.
Cinerea non ebbe il tempo di replicare, perché una luce rosata la avvolse, e ad un tratto si ritrovò nella caverna.
Si voltò verso il libro: era irrimediabilmente chiuso.
Mentre lo osservava, le sembrò di intravedere la statua che le faceva l’occhiolino, ma pensò di esserselo immaginata.
“Vediamo… il lago sotterraneo? Ci sono, è la pozza di prima!”.
Si diresse a grandi passi verso lo specchio d’acqua, prese fiato e si tuffò.
Improvvisamente le sembrò che il mondo si capovolgesse, le budella le si contorsero e si ritrovò ad essere trascinata verso una luce che filtrava dall’alto.
Guardò in basso e vide sbigottita che lì da dove si era tuffata c’era un buco vistoso dal quale si intravedeva il soffitto della grotta.
Fu l’ultima cosa che pensò prima di riemergere nell’acqua torbida e stagnante del grande lago della Palude.
Nuotò affannosamente verso la sponda dalla quale era venuta e, mentre se ne stava a gocciolare, notò con piacere che la spada e l’armatura erano ancora lì.
Contenta, se le rimise indosso fregandosene di fare rumore o meno, poi si diresse verso casa: per fortuna non era ancora l’alba…
Mentre se ne andava, le parve di sentire nel suo cervello la voce anziana e saggia dell’Eremita.
Ricordati, piccola, il destino lo scriviamo noi…
 
 
   
 
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