Anime & Manga > Pokemon
Segui la storia  |       
Autore: kogarashi    14/06/2008    3 recensioni
Ash diventa Campione...ma qualcuno trama alle sue spalle cercando di minare la felicità e la gloria che per tanto tempo ha cercato...qualcuno che vuole vendicarsi di torti passati subiti...(attenzione: possibili alzamenti di rating)
Genere: Drammatico, Avventura, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
§*°UNA VENDETTA BEN CONGENIATA°*§

 §*°UNA VENDETTA BEN CONGENIATA°*§

Per raggiungere la vera felicità si deve sempre soffrire

 

Cap. 12

 

 

 

“Vera calmati!” disse Drew tenendo con tutta la forza che aveva la ragazza dai capelli castani, mentre questa lottava con tutte le sue forze per divincolarsi dalla presa del ragazzo che la teneva salda a se.

 

Aveva ancora davanti a se le immagini di Max, una miriade di sbiaditi fotogrammi che le sfrecciavano veloci nella testa, rendendo quella folle resistenza ancora più logora.

 

“Max…MAX!!!” gridò, urlando quelle tre lettere con così tanta foga quasi volesse cercare di non dimenticarle, perché di questo aveva paura fondamentalmente. Di dimenticare.

 

Cercava nella sua testa ogni più sciocco ricordo che potesse riportarlo a lui, a suo fratello, alla persona più importante che avesse mai avuto. Non voleva, non avrebbe permesso al tempo di sbiadire i suoi ricordi, di cancellare, pezzo dopo pezzo il passato.

 

Voleva tenerlo legata a se per sempre.

 

“Max…no…” disse, stavolta pronunciando quel nome come un sussurro disperso nel vento, e le venne un conato di vomito, riuscendo finalmente a divincolarsi e a correre in bagno premendosi la mano sulla bocca, ignorando le lacrime che le rigavano il volto.

 

E stette male, si accasciò distrutta alla tavoletta del bagno, alzandola e vomitando nulla, perché non era il suo stomaco a stare male, ma il suo cuore, la sua mente. Non era altro che nervoso, nervoso e dolore che le provocavano quegli spasmi allo stomaco che le facevano venire quelle convulsioni. Nient’altro.

 

“Fratellino…”

 

 Quella notte Vera pianse tutte le sue lacrime, urlò, prese a calci la porta, facendosi male ma senza sentire dolore, mentre Drew le rimaneva accanto, com’era solito fare in silenzio. Perché stavolta, neppure le rose l’avrebbero risollevata dalla sofferenza. Non aveva perso uno stupido Contest…aveva perso una parte di se…

 

 

*

 

 

Misty fu svegliata alle prime luci dell’alba da una schiera di cameriere che entrarono nella stanza che le era stata adibita per tutto il suo soggiorno in quel grattacielo, e si mise seduta sul letto, sbadigliando e strofinandosi gli occhi ancora assonnati.

 

“Signorina, volevamo avvisarla che la colazione è servita” disse una delle cameriere facendo un inchino, mentre un’altra apriva le tende della finestra davanti al letto, inondando la stanza di una calda luce mattiniera.

 

“Ma…che ore sono?” chiese.

 

“E’ appena sorta l’alba, la Signora l’aspetta di sotto, questi sono i suoi abiti, ora se permette la lasciamo prepararsi” disse posando sul letto alcune scatole di vario colore, inchinandosi nuovamente e uscendo, seguita dalle altre cameriere, mentre Misty continuava a domandarsi cosa ci facesse lei li.

 

Si alzò lentamente, fissando i pacchi e avvicinandosi ad essi con diffidenza, prima di decidersi ad aprirli trattenendo a stento un urlò di sorpresa.

 

Prese con mani tremanti uno dei vestiti. Una leggera maglietta bianca con dei contorni blu e pantaloncini in jeans. Le scarpe s’intonavano perfettamente con la maglietta.

 

L’indossò e si guardò allo specchio disorientata. Quei vestiti le ricordavano tanto quelli che indossava quando viaggiava ancora con Ash e Brock.

 

Brock.

 

Abbassò lo sguardo tristemente, cercando con tutta se stessa di obbligarsi a non piangere.

 

“Va tutto bene” s’impose con autorità, alzando nuovamente il viso e fissando la propria immagine riflessa nello specchio.

 

Improvvisamente qualcuno bussò alla porta e la ragazza andò ad aprire, dimenticandosi di legare i capelli come faceva di solito, ritrovandosi di fronte ad un Mondo completamente esterrefatto dalla bellezza della ragazza.

 

“Wow” disse rimanendo imbambolato come un baccalà e facendo arrossire Misty che si portò una ciocca di capelli dietro alle orecchie, visibilmente imbarazzata.

 

“Bhe, dobbiamo andare, Lei ci sta aspettando in sala da pranzo”

 

“Perché non la chiami col suo nome? Perché nessuno lo fa?” chiese timidamente Misty osservando curiosa la reazione del ragazzo che la guardò meravigliato da quella domanda.

 

“Perché? Sinceramente non lo so neppure io, qui tutti la chiamano Signora, o Madame, è strano vero? Pensa che quando l’ho incontrata la prima volta esigeva che la chiamassi Mamma” disse ridendo divertito a quei ricordi lontani.

 

“Devi volerle molto bene” disse Misty mentre scendevano tranquillamente la grande scalinata e si dirigevano a passo lento verso la sala a pranzo.

 

Il viso di Mondo si oscurò a quelle parole, come se stesse sondando nei suoi ricordi qualcosa di triste e malevolo.

 

“Più che altro le devo molto, sono in debito con Lei…non lo definirei propriamente affetto, solo, un pareggio di conti, odio avere debiti con la gente”

 

“Capisco…”

 

Il volto di Mondo s’illuminò improvvisamente, sorridendo in un modo così dolce e profondo che Misty non riuscì a fare altro che arrossire a quella vista.

 

“Oggi pomeriggio voglio portarti in un posto! Sono certo che ti piacerà sicuramente!”

 

La ragazza dai capelli rossi annuì, rispondendo a quel sorriso e a quella vitalità quasi inconsciamente, mentre entrambi varcavano la porta del salone, mentre la Signora li stava attendendo pazientemente.

 

 

*

 

 

Ash bussò piano, aspettando silenzioso fuori dalla stanza che Vera gli rispondesse, ma quando non sentì nessun rumore all’interno della stanza decise di entrare, scoprendo che nonostante tutto la ragazza aveva tenuto la porta aperta, come se avesse deciso suo malgrado di accettare le visite.

 

Appena entrato accese la luce, e vide la ragazza dai capelli castani sotto le coperte, muoversi appena quando la luce rischiarò la stanza, rannicchiandosi ancora di più sotto di essa.

 

Il ragazzo si avvicinò al letto cauto, sedendosi dolcemente su di esso, mentre le molle cigolavano leggermente sotto al suo peso e posò una mano su quella che a prima vista doveva essere la spalla della ragazza sotto al lenzuolo.

 

“Come ti senti?”

 

Vera si tolse le coperte dalla testa, mettendosi seduta e guardando il lenzuolo.

 

“Come pensi che possa sentirmi?” rispose inespressiva, anche se era palpabile il dolore che la stava lacerando interiormente.

 

“So che è difficile…ma…devi reagire”

 

La ragazza alzò il viso di scatto, guardando con un misto di rabbia e dolore Ash, mentre le sue mani si stringevano convulsamente intorno al lenzuolo.

 

“Reagire? Reagire! Ash! Hanno ucciso mio fratello! Con che coraggio vieni qui e mi dici di reagire? Non ho neppure avuto il coraggio di andare ad uno stupido funerale! Reagire!”

 

“Mi dispiace” rispose Ash, capendo all’istante che forse, aveva sbagliato a formulare quella frase.

 

“Non dispiacertene, fammi solo una cortesia, esci e lasciami stare, non ho bisogno della tua pietà…non ho bisogno di nessuno…solo di Max”

 

Vera prese con rabbia il lenzuolo, sdraiandosi e coprendosi con esso, mentre Ash si alzava lentamente dal letto, sentendosi tremendamente in colpa per essere stato così superficiale.

 

“Ti giuro…ti giuro che scoverò il colpevole…la pagherà, sia per Max…” strinse i pugni per il nome che stava per pronunciare “…che per Brock”.

 

La ragazza soffocò un singhiozzo, che non sfuggì all’attenzione del ragazzo che sospirò uscendo dalla stanza e lasciandola sola.

 

 

*

 

 

Misty e Mondo si sedettero ad un lunghissimo tavolo, vicini, mentre l’anziana donna li fissava con uno sguardo severo ma allo stesso tempo dolce, come se davanti si ritrovasse non due semi sconosciuti ma bensì due figli.

 

“Ben svegliata mia cara Misty, spero vivamente che tu abbia dormito bene nel tuo nuovo alloggio”

 

Si grazie, è stata gentile” rispose Misty annuendo timidamente.

 

“La gentilezza è una virtù che ormai sta svanendo” disse la donna prendendo un cucchiaio probabilmente d’argento e immergendolo nel the.

 

“Oggi pomeriggio volevo portare Misty a visitare il luogo che mi ha fatto vedere lei due anni fa, posso?” chiese Mondo senza staccare gli occhi dal viso della donna.

 

L’anziana donna alzò lo sguardo, incrociando gli occhi di Mondo che si sentì quasi bruciare da quell’espressione così fiera e autoritaria.

 

“Certamente” rispose infine, distogliendo lo sguardo e tornando a bere il suo the.

 

Improvvisamente due camerieri entrarono di gran carriera, fermandosi poco più in la della porta e inchinandosi.

 

“Madame, suo figlio ha portato un’ospite”

 

Gli occhi della donna s’infiammarono e Misty credette che fosse sul punto di andare in escandescenza.

 

“Allora c’è riuscito, bene, fatela pure accomodare, in fondo, un ospite è pur sempre un ospite…” le ultime parole le aveva quasi sibilate, voltando il viso verso quello di Misty la quale forse non cogliendo l’allusione – se mai ce ne fosse stata una – abbassò il suo di colpo.

 

Ma fu costretta a rialzarlo quando dalla porta  entrò una donna con i capelli castani legati da una coda bassa e degli occhi che somigliavano fin troppo ad un altro paio d’occhi per lei impossibili da dimenticare, quella donna, troppo giovane per l’incarico che portava sulle spalle era l’ultima persona che pensava di poter incontrare in quel posto. Eppure, quando i loro occhi s’incrociarono, nessuna delle due riuscì a dire nulla, entrambe pietrificate dalla sorpresa.

 

“Signora Ketchum…” sussurrò Misty.

 

Uno dei due camerieri prese per un braccio la giovane donna, trascinandola fino al tavolo e obbligandola a sedersi, prima d’inchinarsi e uscire silenzioso dalla sala.

 

“Lieta di rivederti Delia” disse l’anziana donna incrociando le mani sul tavolo e fissandola con uno sguardo indecifrabile.

 

“Perché mi avete portata qui?” disse Delia freddamente, anche se la sua voce tradiva una certa ansia.

 

“Non essere così maleducata, non vedi? Abbiamo ospiti”

 

Delia guardò prima Mondo e poi Misty e la ragazza fu quasi certa di aver percepito nei suoi occhi una vena di terrore.

 

“Cosa ci fai qui Misty?” le chiese.

 

La ragazza abbassò lo sguardo, distogliendolo dai suoi, troppo simili a quelli di Ash, talmente simili nella profondità che le faceva quasi rabbia, talmente dolci e allo stesso tempo severi da farla sentire in colpa.

 

“Bando ai convenevoli, come sta?” chiese la donna facendo sussultare Delia, che capì immediatamente a chi la donna si stesse riferendo.

 

“Non sono affari che la riguardano Madame” ringhiò Delia e Misty si stupì della sua reazione, lei, una madre sempre solare e dolce che ora mostrava una parte di essa che forse aveva sempre tenuto nascosta perfino al figlio.

 

Passarono alcuni minuti interminabili prima che qualcuno dei commensali tornasse a dire qualcosa.

 

“Vedo che alla fine hai mantenuto il suo cognome nonostante il divorzio” disse tranquillamente l’anziana donna sorseggiando come se nulla fosse il suo the “Ah, che sbadata, gradisci qualcosa mia cara?” chiese poi quasi in tono derisorio.

 

“No, preferirei tornare a casa, ma questo è impossibile vero?”

 

“Credo che tu abbia capito il nocciolo della questione, da qui si entra” disse e i suoi occhi lampeggiarono “Ma difficilmente si riesce ad uscirne”

 

Misty fece passare lo sguardo da Delia alla donna anziana, non riuscendo a capire i loro discorsi e a cosa si stessero realmente riferendo, solo quando incrociò nuovamente lo sguardo di Delia e vide improvvisamente il suo volto come invecchiato di colpo, si rese conto della gravità della situazione.

 

“Non dirmi che…”

 

“Questa donna…è la nonna di Ash”

 

 

*

 

 

Dopo il litigio avuto con Ash a causa delle parole crudeli che aveva rivolto a Misty nella speranza che reagisse e la smettesse di colpevolizzare se stessa e gli altri, Dawn aveva passato quasi tutto il suo tempo a fare compagnia a Gary, aiutandolo con la riabilitazione ormai al termine e sfogandosi con lui per tutto quello che stava avvenendo a loro senza una ragione apparente.

 

“In questo momento Ash è sotto stress, è normale che reagisca diversamente rispetto a com’è in realtà, qualsiasi fatto accentua notevolmente la sua visuale di cose, e quindi se la prende eccessivamente anche per cose di poco conto” disse Gary facendo leva sulle braccia e scaricando tutto il peso su di esse cercando di non cadere mentre faceva riabilitazione con gli strumenti della palestra.

 

“Lo so, ma non pensavo che potesse prendersela così tanto! Mi ha guardato come se mi odiasse”

 

“E’ nervoso, e il fatto che tu abbia attaccato proprio Misty non ha aiutato” disse Gary per poi aggiungere immediatamente vedendo lo sguardo contrariato e pronto alla replica della ragazzina “Lo so che non l’hai attaccata, ma per come la deve aver vista lui tu devi aver cercato di cacciarla via”

 

“Ma non è vero!”

 

“Questo lo so”

 

“Ash è uno stupido! Non si fida di me! Pensa davvero che potrei cercare di allentare Misty da lui?”

 

“Non è questo il problema ora, Ash al momento, non si fida neppure di se stesso…”

 

Dawn lo guardò per un attimo, prima di avvicinarsi a lui e aiutarlo a camminare sulla pedana riabilitativa, pensavo quanto in quel contesto Gary avesse ragione.

 

Ash non si fidava più di nessuno.

 

 

*

 

 

Finita la colazione Misty tornò nella sua camera, cercando con tutta se stessa di non pensare al fatto che quella signora che l’aveva accolta con se altre non era che la nonna di Ash. Ma ciò che l’aveva più sorpresa era trovare li anche Delia, la quale, una volta finita la colazione era stata portata via.

 

“Chissà dov’è…mi piacerebbe parlarle”

 

Qualcuno in quel momento bussò alla porta e forse per coincidenza, forse per necessità la testa che sbucò dietro di essa fu proprio quella di Delia, triste e preoccupata come mai l’aveva vista.

 

“Posso entrare?” chiese gentilmente.

 

La ragazza dai capelli rossi annuì, e la giovane donna oltrepassò l’uscio, entrando nella stanza e guardandosi intorno, tormentandosi le mani come se fosse sul punto di avere una crisi di nervi.

 

“Vuole sedersi?” chiese Misty prendendo una sedia posta vicino ad un tavolo di marmo posto vicino alla finestra aperta.

 

La donna annuì, avvicinandosi e sedendosi, continuando a tenere lo sguardo fisso sulle sue mani.

 

“Come mai si trova qui signora Ketchum?” chiese Misty sedendosi di fronte a lei e guardandola con i suoi occhi verdi più chiari del solito, forse per la luce che in parte la illuminava.

 

“E’ quello che dovrei chiedere a te” rispose lei senza battere ciglio.

 

“Sono, scappata, non riuscivo più a tollerare la situazione con gli altri…tutti quegli attacchi, tutte quelle bugie, non ce la facevo più…”

 

“E così hai deciso di scappare voltando le spalle ai tuoi amici e finire nella tana del lupo?”

 

Misty sussultò, cosa voleva dire con quelle parole? E soprattutto, perché le sembrava quasi una sorta di accusa?

 

“Non ho voltato le spalle a nessuno, volevo solo stare tranquilla”

 

“Non è una buona ragione! Madame…è infida, ti userà per metterti contro ai tuoi stessi amici!”

 

La ragazza la fissò confusa, dove voleva arrivare?

 

Delia sospirò, dopodichè alzò lo sguardo e iniziò a parlare, raccontando il suo passato come se avesse studiato a memoria qualche libro e ora lo ripeteva senza far trasparire la benché minima emozione, con voce monotona e dal tono sempre uguale.

 

“Ho conosciuto il padre di Ash quando ero ancora un’adolescente, ero giovane e inesperta e lui ai miei occhi sembrava rispondere a tutte le mie aspettative, ci frequentammo per un certo periodo di tempo, nel quale rimasi incinta di Ash…e il padre di Ash volle sposarmi…quando quella donna lo venne a sapere…quella donna cercò in tutti i modi di obbligare suo figlio, mio marito a lasciarmi, mentre a lui l’unica cosa che interessava era un erede”

 

Misty ascoltava in silenzio la storia, quasi fosse rapita da essa.

 

“Io e il padre di Ash iniziammo a litigare, lui aveva delle aspirazioni totalmente diverse, malate e io non volevo che Ash crescesse al fianco di una persona del genere, così chiesi il divorzio, ma le cose non andarono come speravo…”

 

A quel punto gli occhi di Delia incontrarono quelli di Misty e il suo sguardo s’intristì.

 

“Il padre di Ash…è un assassino…e sua madre, Madame è il male, non il male inteso come entità maligna, il male inteso come parte integrante di una società corrotta Misty, fa attenzione ti prego”

 

La ragazza rimase pietrificata a quelle parole.

 

“Il padre di Ash, un assassino?” chiese, quasi non credendo neanche lei alle parole che poco prima aveva udito e che ora stava ripetendo quasi meccanicamente.

 

Delia annuì tristemente.

 

“Ho commesso uno sbaglio, un terribile errore, e non permetterò che il mio passato faccia del male a mio figlio, lui…è la cosa più importante per me, la più importante al mondo”

 

La giovane donna si alzò stancamente dalla sedia, e si incamminò verso la porta, mentre Misty restava seduta e la seguiva con lo sguardo.

 

“Non commettere anche tu il mio stesso errore…” disse prima di varcare la soglia e svanire dietro di essa.

 

 

*

 

 

Delia uscì dalla stanza di Misty e s’incamminò verso la sua stanza, trascinando i piedi e bianca come un lenzuolo. Riportare a galla quei tristi ricordi l’aveva debilitata interiormente più di quanto pensava.

 

Improvvisamente un paio di braccia l’avvolse all’altezza della vita, e lei sussultò, riconoscendo immediatamente quell’odore che aveva segnato il suo passato come una croce.

 

“Lasciami” disse freddamente, anche se la sua voce tradì involontariamente un senso di panico.

 

“Perché dovrei? Siamo sposati ricordi?”

 

La donna si divincolò, liberandosi e voltandosi finalmente verso l’uomo che aveva dinnanzi.

 

“Abbiamo divorziato subito dopo la nascita di Ash!” disse risoluta.

 

L’uomo rise divertito ma allo stesso tempo rabbioso.

 

“Andiamo Delia, sono uno degli uomini più potenti del Paese, credi davvero che un misero foglio con un’innocua firmetta possa fermarmi?” disse avvicinandosi pericolosamente alla donna che indietreggiò “Io ottengo sempre ciò che voglio, ricordatelo”

 

Prima che potesse dire o fare qualcosa l’uomo l’afferrò per un polso, tirandola a se e baciandola con rabbia, soffocando in quel bacio tutto il risentimento e l’odio che si era portato dietro e che tutt’ora si portava dentro di se.

 

 

*

 

 

Nonostante tutti gli sforzi per cercare di tranquillizzare Vera, la ragazza continuava a non toccare cibo e a piangere la morte del fratellino, colpevolizzandosi per non essere riuscita a correre da lui mentre quel maledetto lampadario crollava inesorabilmente sul suo esile corpicino di bambino di 10 anni.

 

Drew cercava in tutti i modi di farla reagire, arrivando addirittura a prenderla con la forza e a trascinarla fuori dal centro pokèmon, ma riuscendo soltanto a farla sentire ancora più in colpa quando, arrivati nella hall vide ancora alcuni frammenti di vetro a terra, gli ultimi postumi di una morte troppo assurda per essere vissuta così in prima persona e così da vicino.

 

“Hai intenzione di finire in ospedale insieme a Gary?” gli disse un giorno Drew, ormai stanco del continuo atteggiamento rinunciatario della ragazza.

 

“Voglio solo essere lasciata in pace”

 

“Scordatelo!” sibilò lui sbattendo un pugno sul tavolo “Non ti permetterò di diventare più simile ad una larva che ad un essere umano!”

 

Vera aveva voltato la testa di lato, concentrandosi su qualcosa che sapeva, neppure lei davvero vedeva, era più che altro uno stupido pretesto per non dover continuare a sopportare quell’assurda discussione.

 

“Io me ne tornò in stanza” disse salendo le scale con lentezza esasperante, mentre Drew la guardava arrabbiato e ferito. Odiava vederla così.

 

Odiava sentirsi così impotente.

 

Il ragazzo prese le sue cose ed uscì, non sapeva dov’era diretto, voleva solo sfogare la sua rabbia e la sua inquietudine camminando, se fosse stato necessario avrebbe camminato anche fino alle più profonde estremità della città, arrivando poi sfinito in qualche locale, cadendo a terra distrutto e probabilmente più arrabbiato di prima, perché la sua debolezza sarebbe comunque uscita.

 

“Sei un debole”

 

Parole che Vera non aveva mai pronunciato, che mai avrebbe pronunciato, ma che ora, agli occhi di Drew sembravano molto più reali di qualsiasi sogno o illusione.

 

Improvvisamente si ritrovò sugli argini del fiume e si mise seduto sul prato che andava a diventare sempre più ripido man mano che si scendeva, fino ad arrivare al canale dove passava lenta e sinuosa l’acqua.

 

Non si accorse subito delle due persone che chiacchieravano tranquille e serene poco distante da lui, ci mise un po’ a focalizzarsi su di loro, un po’ a causa del tremendo dolore che sentiva ancora in petto a causa del comportamento secondo lui sconsiderato di Vera e un po’ per la luce del tramonto, che rendeva quelle sagome molto più simili a ombre che a persone reali.

 

Però riuscì comunque a riconoscere una di esse, e trasalì.

 

“Misty…”

 

La ragazza si voltò verso di lui e l’allegria che la circondava svanì di colpo assieme al suo sorriso.

 

“Drew…che…ci fai qui?”

 

 

 

 

CONTINUA…

E finalmente ho aggiornato…bene bene, finalmente un po’ di cose stanno venendo a galla, Ash non sa ancora che sua madre è stata rapita…lo scoprirà probabilmente più avanti…ahahah come sono crudeleeeee che dire…in questo capitolo ho dato maggior spazio a Delia e al suo passato…e in parte a Vera, penso che fosse ancora ragionevole come cosa…in fondo gli è appena morto il fratello…bhe che dire…mancano alcuni capitoli…e dal prossimo finalmente i nodi inizieranno a venire al pettine…chissà che succederà ora che Misty ha incontrato Drew…^O^/ ciaooo e grazie per le recensioni ^-^

 

 

 

 

 

 

 

 

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Pokemon / Vai alla pagina dell'autore: kogarashi