XII
La
libertà aveva accolto Bruno una mattina di fine agosto.
C'era il
sole, faceva caldo, e forse in un'altra vita sarebbe stato al mare
magari con amici o con la sua donna.
Ma gli era capitata quella
vita e non poteva farci nulla.
Dal carcere a casa non aveva idea
di quanto fosse, in chilometri e in minuti, ma non ne era
interessato.
Aveva voglia di stare in giro per Roma, di godersi
l'aria fresca e la libertà, per poi passare a trovare i suoi
amici e
vedere se era accaduto qualcosa durante la sua assenza.
In quei
mesi non aveva visto nessuno, forse perché il rapporto che
li legava
non era così forte, o magari perché gli altri
avevano paura di
andare a trovarlo in carcere.
Fatto stava che, secondo lui, era il
caso di cercarli.
Sapeva dove si trovassero il pomeriggio, e fino
ad allora sarebbe stato per i fatti suoi.
Doveva pensare a quello
che gli aveva detto il compagno di cella; era stato un trauma, ma era
stato positivo.
Quella verità, che gli pareva quella reale
davvero, non la finzione in cui viveva da quasi un anno e mezzo,
aveva bisogno di essere resa pubblica.
A quel punto l'indagine
sulla morte di suo padre poteva essere riaperta, si poteva fare
giustizia.
Quel pensiero gli dava ottimismo; se pure Rodolfo non
sarebbe mai tornato l'idea i fare luce e giustizia sull'omicidio lo
faceva quasi stare bene.
Sarebbe stata l'unica piccola conquista
per far sì che potessero mettersi l'anima in pace. Lui, la
madre,
Mirella e Guido...
Già, Guido. Alla fine il piccolo aveva
scoperto cosa era accaduto al fratello maggiore, ma malgrado
ciò l
madre non lo aveva mai portato da Bruno.
Anche per quello il
ragazzo sapeva che le idee su un'eventuale riapertura delle indagini
sulla morte di suo padre erano castelli in aria.
Quando ci
pensava, in carcere, provava inizialmente quei sentimenti di speranza
che lo muovevano anche in quel momento, il desiderio di giustizia e
la possibilità di lasciarsi tutto alle spalle.
Ma poi i suoi
occhi guardavano la cella intorno a lui, le sbarre della porta, della
finestre, e si domandava chi mai avrebbe creduto alle parole di un
pregiudicato, di un drogato.
Senza contare che il tutto gli era
stato raccontato da un altro carcerato pure comunista.
Lasciò
perdere il pensare a quello, sperando di riuscir a trovare una
soluzione a casa con la madre e la sorella.
Decise di dedicare la
mattinata ad altro e si finse un turista.
Girò a vuoto nel centro
di Roma; Fontana di Trevi, Piazza Venezia, vide tutto come se fosse
la prima volta, come quei bambini che andavano in giro per la
città
in fila due a due, mano nella mano.
Si fermò a mangiare in un
bar poco lontano dal Colosseo e poi andò a prendere la
metropolitana
per raggiungere i suoi amici, se così si potevano definire.
Si
incontravano vicino alla Piramide, nell'appartamento di uno di loro.
Quando citofonò e disse il suo nome quello che gli aveva
risposto rimase stupito ma lo fece entrare subito.
Sopra lì
trovò tutti meno uno, un certo Loris.
Dalla sua assenza capì il
motivo dell'arresto e tutto ciò che era successo, cosa che
ancora,
dopo due mesi, non gli era chiara.
- In sostanza hanno preso Loris
che si faceva una pista vicino al gazometro. Lui non avrebbe mai
parlato di suo, lo conosci, ma in tasca aveva un bigliettino con il
tuo nome e il tuo indirizzo. Da lì sono arrivati a te e il
resto lo
conosci, penso...- Gli aveva spiegato Andrea, quello che era
considerato un po' come il capo del gruppo.
Bruno aveva annuito e
poi si era nuovamente guardato intorno. - E Loris adesso
dov'è?-
-
Non lo sappiamo. Speravamo foste in carcere assieme, ma se tu non
sapevi nulla mi pare logico che la speranza fosse vana. Spero che in
ogni caso stia bene, mi spiacerebbe se gli accadesse qualcosa. O se
gli fosse già accaduto, è ovvio.-
- Per quanto riguarda voi,
invece? Cosa avete fatto in questi mesi?-
- Il solito. Dopo una
settimana dal tuo arresto abbiamo capito che non sarebbe accaduto
nulla e abbiamo ripreso a fare quello che facevamo prima, ma in
questi due mesi c'è stata una novità.-
- Cioè?- La voce di
Bruno lasciava intendere bene quanto scettico il ragazzo fosse
riguardo a ogni tipo di novità in quello che facevano.
Neanche
in galera era riuscito a maturare seriamente la decisione di lasciare
quel tipo di vita, e si era quasi convinto del fatto che non ne
sarebbe usciti in nessun modo che non fosse la morte.
Anche
perché, se avesse davvero deciso di allontanarsi da quel
gruppo, non
sarebbe tornato lì quel giorno.
- Stiamo cominciando a pensare
che si potrebbe allargare la cosa, iniziare anche a spacciare. Nel
piccolo, è ovvio, anche perché Roma è
Roma, non puoi arrivare da
un giorno all'altro e fare il signore, ma sarebbe un modo per
aumentare il giro e guadagnarci qualcosa. Ah, e c'è una
seconda
novità. - Disse poi indicando con il braccio una ragazza
seduta su
una sedia, così silenziosa che Bruno neanche si era accorto
della
sua presenza. - Lei è Camilla, la mia donna. È
dei nostri, ma per
il momento non ha nessuna intenzione di iniziare con quella merda.-
La giovane donna si alzò e si presentò al
ragazzo, poi si sedette
sulle gambe del compagno e lo baciò dolcemente.
Passarono insieme
ancora una mezzora in cui Bruno raccontò del carcere e
dell'orrore
che aveva visto in quel luogo.
Non ne parlò per caso, voleva
mettere in guardia il resto del gruppo su quello che rischiavano.
Naturalmente non accennò mai a quello che aveva scoperto su
suo
padre, anche perché quasi nessuno sapeva come lui avesse
realmente
perso il genitore.
Verso le cinque il ragazzo si avviò da solo
verso casa, uno degli altri gli aveva fornito un biglietto per
l'autobus e quello gliene era stato grato, non aveva nessuna
intenzione di tornare a piedi.
Non si era preparato un discorso
per il rientro, semplicemente avrebbe citofonato e atteso di essere
in casa per parlare.
Poteva pensarci a due parole da dire, certo,
ma non ne aveva avuto voglia.
Cosa poteva dire? Si poteva
discolpare? No, certamente.
E allora che senso avrebbe avuto?
Tanto meglio attendere di essere messo sotto processo dalla madre e
dalla sorella per poi dire il poco che poteva.
Tra quel poco, ne
era certo, ci sarebbe stata anche la promessa di smetterla.
Promessa
che, aveva dimostrato a sé steso quel pomeriggio, non
avrebbe
mantenuto.
Ci pensò un attimo e si chiese se non sarebbe stato
meglio non tornarci neanche, a casa.
Girare e ritornarne dal suo
gruppo, rimanere lì.
Eppure voleva rivedere la sua famiglia; sua
madre, sua sorella, suo fratello. Si fece coraggio e andò
avanti.
Arrivato sotto il portone di casa provò una strana
sensazione di
gioia per il fatto che quella non fosse la porta della casa dove era
nato e cresciuto.
A Roma non apparteneva, a quella casa non
apparteneva.
E se non apparteneva a quella vita poteva anche
tornarci dopo due mesi di galera, dopo esser stato scoperto come
cocainomane.
Se fosse stato ancora a Torino no, non ce l'avrebbe
fatta.
Ma,
forse, se fosse stato a Torino tutto quello non sarebbe accaduto.
Citofonò e attese.
Rispose sua sorella.
- Chi è?-
-
Sono Bruno, Mimì.-
Poi non sentì altro.
Cinque minuti dopo
si aprì il portone.
Ma si aprì perché qualcuno voleva uscire,
e davanti a sé trovò sua madre.
- Mamma...! - Rimase stupito
vedendola, e un brivido freddo corse lungo la sua schiena.
- Va'
via. Non sei mio figlio.- Urlò la donna senza neanche
rispondergli.
Aveva negli occhi l'inferno, una rabbia terribile che nascondeva
bene la tristezza di una madre.
- Mamma...-
- Vai via! Non
tornare! Non cercarmi, non cercare i tuoi fratelli. Sta' lontano da
noi, tieni per te i tuoi sbagli, lasciaci avere una vita normale. Vai
via!-
All'ultimo urlo della donna Bruno non ebbe neanche il
coraggio di rispondere, girò i tacchi soffocando un pianto
sordo e
se ne andò.
Maria
aspettò che fosse lontano per scoppiare in lacrime e sedersi
a
terra.
Gettando lo sguardo sulla strada rivide come per un attimo
il momento in cui suo marito era morto, il momento in cui tutto era
finito.
Avrebbe voluto far tornare il figlio a casa, ma non aveva
il coraggio di costringere gli altri due, Mirella e Guido, ad altre
menzogne, a una vita ancora difficile.
Così si era costretta a
essere dura con Bruno, a perderlo per sempre.
Intanto, a casa, la
ragazza e il bambino sedevano sul letto del piccolo, che aveva
provato a tapparsi le orecchie ma sentiva comunque.
- Mimì tu
non te ne vai, vero? Qui se ne stanno andando tutti.- Aveva detto poi
alla sorella abbracciandola.
- No, no che non me ne vado amore.-
- Ma prima o poi Bruno torna? Possiamo vederci ancora?- Le aveva
poi chiesto speranzoso e con gli occhi lucidi.
La ragazza lo aveva
stretto a sé.
- Non te lo posso promettere, Guido. Ma io penso
di sì, che lo rivedremo, che tornerà.-
- Come nelle favole,
Mimì?-
- Come nelle favole, tesoro. Come nelle favole.-
****
Il
lungotevere di domenica sera, le ultime coppiette che abbandonavano
la strada per un più confortevole nido d'amore, qualche
padre che
scherzava con un bimbo piccolo, qualche mamma preoccupata dai figli
che si sporgevano troppo sugli argini ad ammirare il tramonto di fine
estate.
E poi loro.
Castel Sant'Angelo si avvicinava sempre di
più alla loro visuale mentre passeggiavano mano nella mano
lungo il
fiume come due innamorati.
Gli occhi di lei erano ancora rossi e
umidi dopo il lungo pianto che si era fatta successivamente al
racconto del ragazzo.
Ma non era tempo di piangere, non più,
quasi diciotto mesi di lacrime erano bastati, a quel punto bisognava
solo pensare ad agire a fronte della nuova realtà che,
ancora una
volta, gli si era piantata davanti.
Il loro, un incontro
clandestino organizzato con la massima riservatezza e la terribile
paura di essere scoperti da chi più doveva amarli, la madre,
serviva
a quello, a decidere come agire.
- E quindi è stata l'estrema
destra.-
- Già.-
- Perché?... nostro... nostro padre...
perché?-
- Un errore, te l'ho detto. Cercavano un'altra persona.-
- Trovo incredibile il modo con cui tu riesca a dirlo. È
come se
la cosa non ti riguardasse.-
- Devo essere obbiettivo, purtroppo.
E anche tu.-
- Già.- Aveva risposto Mirella con lo stesso tono
usato dal fratello poco prima.
- Adesso il problema è questo,
qualcuno deve denunciare la cosa e io non posso farlo. Non
crederebbero ad un drogato. Quindi tu dovresti parlare a mamma,
sperando che a te creda, e poi fare ciò che consegue.-
La ragazza
scosse la testa. - Anche se mamma mi credesse, ti credesse, il
problema rimane un altro; ogni persona che viene a sapere di questo
prima della polizia moltiplica il rischio di non essere creduta, le
parole cambiano in fretta. No, temo che non potremo risolverla per
vie legali, purtroppo.-
Bruno deglutì spaventato. - Cosa hai in
mente, scusa?-
- Ancora non lo so, ma ti sto parlando
sinceramente.-
- E mamma e Guido? Coinvolgerai anche loro?-
Mirella fece nuovamente segno di no col capo. - Non finché
non
avrò qualche certezza. È pesante vivere con
l'idea che chi ha
ucciso tuo padre, o tuo marito, è libero e non
verrà mai cercato da
nessuno. Forse per loro è meglio la rassicurante bugia che
ci hanno
detto più volte a Torino. Se non voglio usare la giustizia
dello
Stato per ottenere la verità non posso assolutamente
coinvolgerli,
Bruno. Non posso metterli nei guai. Ma ti prometto che
penserò anche
a loro.-
Il fratello maggiore l'abbracciò stringendosela forte
al petto. - Vorrei dirti di non fare cazzate, ma non sono la persona
giusta per farlo. Promettimi almeno che avrai cura di te.-
Mirella
si staccò dal corpo del fratello tenendogli ancora le mani e
lo
fissò negli occhi. - Te lo prometto, Bruno.-
Poi, senza né un
ciao né un addio i due ragazzi iniziarono a percorrere il
lungotevere in direzioni opposte.
Finché al più grande non
venne voglia di girarsi e urlarle le ultime parole che ancora si
sentiva in dovere di dirle.
- Qualsiasi cosa tu abbia intenzione
di fare ricordati che hai Guido, che ti devi occupare di lui.- Disse.
Ma
non ottenne la risposta che sperava.
- No, Bruno, non affidarmi
responsabilità che dovevano essere tue. Il momento
è quello che è
e anch'io ora devo sbagliare. Lui se la caverà.
Se non c'è posto
in Paradiso per i drogati spero di peccare abbastanza da raggiungerti
all'Inferno. Sei mio fratello, non potrò lasciarti solo.
E,
soprattutto, adesso condividiamo un segreto così grande che
nessuno
potrà mai pretendere di lasciarci divisi per
l'eternità.
Ciao,
Bruno.-
La ragazza andò dritta per la sua strada, sapendo che
non avrebbe più visto il fratello molto a lungo.
Lui si accese
una sigaretta e rimase a fissare il fiume.
Avvertiva come un
pugnale all'altezza del cuore, una ferita, le parole di Mirella, che
non si sarebbe mai rimarginata.
O forse sì, lo avrebbe fatto il
giorno in cui si sarebbero visti di nuovo.
Note
dell'autrice.
E finalmente sappiamo la verità sulla morte di
Rodolfo! E ora?
Beh,
Mirella ha poche scelte, no?
Prossimamente vedremo anche quale
farà :P
Intanto io vi saluto, ringrazio chi segue, legge e
recensisce la storia, vi mando un grosso bacio e ci risentiamo
presto!
;Sun.