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Autore: misslittlesun95    09/02/2014    2 recensioni
Bruno, Mirella e Guido, ventidue, diciassette e sette anni, tre figli di una coppia torinese, mamma casalinga e papà poliziotto.
Una famiglia normale nella metà degli anni settanta, finché il padre non muore, ucciso da dei terroristi che inizialmente si pensano di matrice comunista, e la madre porta la famiglia a Roma, dove forse i pericoli sono meno.
Qui, però, la vita di Bruno si scontrerà col mondo della droga minacciando l'integrità familiare, e lasciando a Mirella il compito di educare Guido.
Se non fosse che lei ha scoperto come realmente sono andate le cose il giorno della morte del padre, e ha giurato a se stessa vendetta.
A costo di prendere a sua volta le armi, a costo di diventare anche lei una terrorista.
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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XII
La libertà aveva accolto Bruno una mattina di fine agosto.
C'era il sole, faceva caldo, e forse in un'altra vita sarebbe stato al mare magari con amici o con la sua donna.
Ma gli era capitata quella vita e non poteva farci nulla.
Dal carcere a casa non aveva idea di quanto fosse, in chilometri e in minuti, ma non ne era interessato.
Aveva voglia di stare in giro per Roma, di godersi l'aria fresca e la libertà, per poi passare a trovare i suoi amici e vedere se era accaduto qualcosa durante la sua assenza.
In quei mesi non aveva visto nessuno, forse perché il rapporto che li legava non era così forte, o magari perché gli altri avevano paura di andare a trovarlo in carcere.
Fatto stava che, secondo lui, era il caso di cercarli.
Sapeva dove si trovassero il pomeriggio, e fino ad allora sarebbe stato per i fatti suoi.
Doveva pensare a quello che gli aveva detto il compagno di cella; era stato un trauma, ma era stato positivo.
Quella verità, che gli pareva quella reale davvero, non la finzione in cui viveva da quasi un anno e mezzo, aveva bisogno di essere resa pubblica.
A quel punto l'indagine sulla morte di suo padre poteva essere riaperta, si poteva fare giustizia.
Quel pensiero gli dava ottimismo; se pure Rodolfo non sarebbe mai tornato l'idea i fare luce e giustizia sull'omicidio lo faceva quasi stare bene.
Sarebbe stata l'unica piccola conquista per far sì che potessero mettersi l'anima in pace. Lui, la madre, Mirella e Guido...
Già, Guido. Alla fine il piccolo aveva scoperto cosa era accaduto al fratello maggiore, ma malgrado ciò l madre non lo aveva mai portato da Bruno.
Anche per quello il ragazzo sapeva che le idee su un'eventuale riapertura delle indagini sulla morte di suo padre erano castelli in aria.
Quando ci pensava, in carcere, provava inizialmente quei sentimenti di speranza che lo muovevano anche in quel momento, il desiderio di giustizia e la possibilità di lasciarsi tutto alle spalle.
Ma poi i suoi occhi guardavano la cella intorno a lui, le sbarre della porta, della finestre, e si domandava chi mai avrebbe creduto alle parole di un pregiudicato, di un drogato.
Senza contare che il tutto gli era stato raccontato da un altro carcerato pure comunista.
Lasciò perdere il pensare a quello, sperando di riuscir a trovare una soluzione a casa con la madre e la sorella.
Decise di dedicare la mattinata ad altro e si finse un turista.
Girò a vuoto nel centro di Roma; Fontana di Trevi, Piazza Venezia, vide tutto come se fosse la prima volta, come quei bambini che andavano in giro per la città in fila due a due, mano nella mano.
Si fermò a mangiare in un bar poco lontano dal Colosseo e poi andò a prendere la metropolitana per raggiungere i suoi amici, se così si potevano definire.
Si incontravano vicino alla Piramide, nell'appartamento di uno di loro.
Quando citofonò e disse il suo nome quello che gli aveva risposto rimase stupito ma lo fece entrare subito.
Sopra lì trovò tutti meno uno, un certo Loris.
Dalla sua assenza capì il motivo dell'arresto e tutto ciò che era successo, cosa che ancora, dopo due mesi, non gli era chiara.
- In sostanza hanno preso Loris che si faceva una pista vicino al gazometro. Lui non avrebbe mai parlato di suo, lo conosci, ma in tasca aveva un bigliettino con il tuo nome e il tuo indirizzo. Da lì sono arrivati a te e il resto lo conosci, penso...- Gli aveva spiegato Andrea, quello che era considerato un po' come il capo del gruppo.
Bruno aveva annuito e poi si era nuovamente guardato intorno. - E Loris adesso dov'è?-
- Non lo sappiamo. Speravamo foste in carcere assieme, ma se tu non sapevi nulla mi pare logico che la speranza fosse vana. Spero che in ogni caso stia bene, mi spiacerebbe se gli accadesse qualcosa. O se gli fosse già accaduto, è ovvio.-
- Per quanto riguarda voi, invece? Cosa avete fatto in questi mesi?-
- Il solito. Dopo una settimana dal tuo arresto abbiamo capito che non sarebbe accaduto nulla e abbiamo ripreso a fare quello che facevamo prima, ma in questi due mesi c'è stata una novità.-
- Cioè?- La voce di Bruno lasciava intendere bene quanto scettico il ragazzo fosse riguardo a ogni tipo di novità in quello che facevano.
Neanche in galera era riuscito a maturare seriamente la decisione di lasciare quel tipo di vita, e si era quasi convinto del fatto che non ne sarebbe usciti in nessun modo che non fosse la morte.
Anche perché, se avesse davvero deciso di allontanarsi da quel gruppo, non sarebbe tornato lì quel giorno.
- Stiamo cominciando a pensare che si potrebbe allargare la cosa, iniziare anche a spacciare. Nel piccolo, è ovvio, anche perché Roma è Roma, non puoi arrivare da un giorno all'altro e fare il signore, ma sarebbe un modo per aumentare il giro e guadagnarci qualcosa. Ah, e c'è una seconda novità. - Disse poi indicando con il braccio una ragazza seduta su una sedia, così silenziosa che Bruno neanche si era accorto della sua presenza. - Lei è Camilla, la mia donna. È dei nostri, ma per il momento non ha nessuna intenzione di iniziare con quella merda.- La giovane donna si alzò e si presentò al ragazzo, poi si sedette sulle gambe del compagno e lo baciò dolcemente.
Passarono insieme ancora una mezzora in cui Bruno raccontò del carcere e dell'orrore che aveva visto in quel luogo.
Non ne parlò per caso, voleva mettere in guardia il resto del gruppo su quello che rischiavano.
Naturalmente non accennò mai a quello che aveva scoperto su suo padre, anche perché quasi nessuno sapeva come lui avesse realmente perso il genitore.
Verso le cinque il ragazzo si avviò da solo verso casa, uno degli altri gli aveva fornito un biglietto per l'autobus e quello gliene era stato grato, non aveva nessuna intenzione di tornare a piedi.
Non si era preparato un discorso per il rientro, semplicemente avrebbe citofonato e atteso di essere in casa per parlare.
Poteva pensarci a due parole da dire, certo, ma non ne aveva avuto voglia.
Cosa poteva dire? Si poteva discolpare? No, certamente.
E allora che senso avrebbe avuto? Tanto meglio attendere di essere messo sotto processo dalla madre e dalla sorella per poi dire il poco che poteva.
Tra quel poco, ne era certo, ci sarebbe stata anche la promessa di smetterla.
Promessa che, aveva dimostrato a sé steso quel pomeriggio, non avrebbe mantenuto.
Ci pensò un attimo e si chiese se non sarebbe stato meglio non tornarci neanche, a casa.
Girare e ritornarne dal suo gruppo, rimanere lì.
Eppure voleva rivedere la sua famiglia; sua madre, sua sorella, suo fratello. Si fece coraggio e andò avanti.
Arrivato sotto il portone di casa provò una strana sensazione di gioia per il fatto che quella non fosse la porta della casa dove era nato e cresciuto.
A Roma non apparteneva, a quella casa non apparteneva.
E se non apparteneva a quella vita poteva anche tornarci dopo due mesi di galera, dopo esser stato scoperto come cocainomane.
Se fosse stato ancora a Torino no, non ce l'avrebbe fatta.

Ma, forse, se fosse stato a Torino tutto quello non sarebbe accaduto.
Citofonò e attese.
Rispose sua sorella.
- Chi è?-
- Sono Bruno, Mimì.-
Poi non sentì altro.
Cinque minuti dopo si aprì il portone.
Ma si aprì perché qualcuno voleva uscire, e davanti a sé trovò sua madre.
- Mamma...! - Rimase stupito vedendola, e un brivido freddo corse lungo la sua schiena.
- Va' via. Non sei mio figlio.- Urlò la donna senza neanche rispondergli.
Aveva negli occhi l'inferno, una rabbia terribile che nascondeva bene la tristezza di una madre.
- Mamma...-
- Vai via! Non tornare! Non cercarmi, non cercare i tuoi fratelli. Sta' lontano da noi, tieni per te i tuoi sbagli, lasciaci avere una vita normale. Vai via!-
All'ultimo urlo della donna Bruno non ebbe neanche il coraggio di rispondere, girò i tacchi soffocando un pianto sordo e se ne andò.
Maria aspettò che fosse lontano per scoppiare in lacrime e sedersi a terra.
Gettando lo sguardo sulla strada rivide come per un attimo il momento in cui suo marito era morto, il momento in cui tutto era finito.
Avrebbe voluto far tornare il figlio a casa, ma non aveva il coraggio di costringere gli altri due, Mirella e Guido, ad altre menzogne, a una vita ancora difficile.
Così si era costretta a essere dura con Bruno, a perderlo per sempre.
Intanto, a casa, la ragazza e il bambino sedevano sul letto del piccolo, che aveva provato a tapparsi le orecchie ma sentiva comunque.
- Mimì tu non te ne vai, vero? Qui se ne stanno andando tutti.- Aveva detto poi alla sorella abbracciandola.
- No, no che non me ne vado amore.-
- Ma prima o poi Bruno torna? Possiamo vederci ancora?- Le aveva poi chiesto speranzoso e con gli occhi lucidi.
La ragazza lo aveva stretto a sé.
- Non te lo posso promettere, Guido. Ma io penso di sì, che lo rivedremo, che tornerà.-
- Come nelle favole, Mimì?-
- Come nelle favole, tesoro. Come nelle favole.-

****
Il lungotevere di domenica sera, le ultime coppiette che abbandonavano la strada per un più confortevole nido d'amore, qualche padre che scherzava con un bimbo piccolo, qualche mamma preoccupata dai figli che si sporgevano troppo sugli argini ad ammirare il tramonto di fine estate.
E poi loro.
Castel Sant'Angelo si avvicinava sempre di più alla loro visuale mentre passeggiavano mano nella mano lungo il fiume come due innamorati.
Gli occhi di lei erano ancora rossi e umidi dopo il lungo pianto che si era fatta successivamente al racconto del ragazzo.
Ma non era tempo di piangere, non più, quasi diciotto mesi di lacrime erano bastati, a quel punto bisognava solo pensare ad agire a fronte della nuova realtà che, ancora una volta, gli si era piantata davanti.
Il loro, un incontro clandestino organizzato con la massima riservatezza e la terribile paura di essere scoperti da chi più doveva amarli, la madre, serviva a quello, a decidere come agire.
- E quindi è stata l'estrema destra.-
- Già.-
- Perché?... nostro... nostro padre... perché?-
- Un errore, te l'ho detto. Cercavano un'altra persona.-
- Trovo incredibile il modo con cui tu riesca a dirlo. È come se la cosa non ti riguardasse.-
- Devo essere obbiettivo, purtroppo. E anche tu.-
- Già.- Aveva risposto Mirella con lo stesso tono usato dal fratello poco prima.
- Adesso il problema è questo, qualcuno deve denunciare la cosa e io non posso farlo. Non crederebbero ad un drogato. Quindi tu dovresti parlare a mamma, sperando che a te creda, e poi fare ciò che consegue.-
La ragazza scosse la testa. - Anche se mamma mi credesse, ti credesse, il problema rimane un altro; ogni persona che viene a sapere di questo prima della polizia moltiplica il rischio di non essere creduta, le parole cambiano in fretta. No, temo che non potremo risolverla per vie legali, purtroppo.-
Bruno deglutì spaventato. - Cosa hai in mente, scusa?-
- Ancora non lo so, ma ti sto parlando sinceramente.-
- E mamma e Guido? Coinvolgerai anche loro?-
Mirella fece nuovamente segno di no col capo. - Non finché non avrò qualche certezza. È pesante vivere con l'idea che chi ha ucciso tuo padre, o tuo marito, è libero e non verrà mai cercato da nessuno. Forse per loro è meglio la rassicurante bugia che ci hanno detto più volte a Torino. Se non voglio usare la giustizia dello Stato per ottenere la verità non posso assolutamente coinvolgerli, Bruno. Non posso metterli nei guai. Ma ti prometto che penserò anche a loro.-
Il fratello maggiore l'abbracciò stringendosela forte al petto. - Vorrei dirti di non fare cazzate, ma non sono la persona giusta per farlo. Promettimi almeno che avrai cura di te.-
Mirella si staccò dal corpo del fratello tenendogli ancora le mani e lo fissò negli occhi. - Te lo prometto, Bruno.-
Poi, senza né un ciao né un addio i due ragazzi iniziarono a percorrere il lungotevere in direzioni opposte.
Finché al più grande non venne voglia di girarsi e urlarle le ultime parole che ancora si sentiva in dovere di dirle.
- Qualsiasi cosa tu abbia intenzione di fare ricordati che hai Guido, che ti devi occupare di lui.- Disse.
Ma non ottenne la risposta che sperava.
- No, Bruno, non affidarmi responsabilità che dovevano essere tue. Il momento è quello che è e anch'io ora devo sbagliare. Lui se la caverà.
Se non c'è posto in Paradiso per i drogati spero di peccare abbastanza da raggiungerti all'Inferno. Sei mio fratello, non potrò lasciarti solo.
E, soprattutto, adesso condividiamo un segreto così grande che nessuno potrà mai pretendere di lasciarci divisi per l'eternità.
Ciao, Bruno.-
La ragazza andò dritta per la sua strada, sapendo che non avrebbe più visto il fratello molto a lungo.
Lui si accese una sigaretta e rimase a fissare il fiume.
Avvertiva come un pugnale all'altezza del cuore, una ferita, le parole di Mirella, che non si sarebbe mai rimarginata.
O forse sì, lo avrebbe fatto il giorno in cui si sarebbero visti di nuovo.


Note dell'autrice.

E finalmente sappiamo la verità sulla morte di Rodolfo! E ora?
Beh, Mirella ha poche scelte, no?
Prossimamente vedremo anche quale farà :P
Intanto io vi saluto, ringrazio chi segue, legge e recensisce la storia, vi mando un grosso bacio e ci risentiamo presto!
;Sun.

   
 
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