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Autore: SophieClefi    10/02/2014    2 recensioni
E se una mattina, improvvisamente, ti ritrovassi coinvolta in uno strano incidente stradale con l'autobus della scuola? Cosa faresti? Continueresti imperterrita la tua solita vita o cercheresti di trovare le cause di ciò? Questa sarà la decisione che dovrà affrontare Sheila Evans, una ragazza di sedici anni, il cui destino verrà irrimediabilmente sconvolto dall'arrivo di un ragazzo.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eccoci di nuovo qui! L'attesa è stata lunga, ma credo ne sia valsa la pena ;) Questo capitolo è pieno di fatti interessanti... e dai prossimi la storia inizierà ad entrare nel vivo dell'azione :D
Grazie mille a chi ci ha scritto, a chi si segue e/o ci ha messo tra i preferiti

SophieClefi




Capitolo 10


 

Era passata poco più di una settimana dall'ultima volta che avevo parlato con Blaze; ora non ci sentivamo nemmeno più. A scuola passavo il tempo con Sue, mentre nelle pause si aggiungevano a noi anche Peter e Luke. Con loro mi divertivo e in parte riuscivo anche a non pensare sempre a Blaze, ma ogni tanto, quando mi ritrovavo sola in casa, mi veniva da pensare a cosa stava facendo lui in quel momento, se si trovava nella fabbrica, magari in compagnia di Cassandra. Durante le lezioni non osavo mai voltarmi o guardarlo e, a quanto pareva, nemmeno lui era intenzionato a rivolgermi la parola. Forse avrei dovuto lasciarlo perdere una volta per tutte, senza dovermi rovinare il fegato a capire cosa gli passasse per la testa, ma non ci riuscivo.

In questi giorni avevo cercato di immergermi nella scuola, studiando e recuperando le materie che erano in una situazione critica. Era ormai già il ventidue dicembre ed era l'ultimo giorno di scherma e di scuola, prima delle vacanze di Natale.

Mi voltai e fissai la sveglia sul comodino: segnava le sette. Mi alzai dalla scrivania, chiudendo i quaderni che avevo aperti sul banco e sistemando penne e matite nell'astuccio. Uscii dalla camera e scesi le scale, fiondandomi in cucina. Cercai della pasta, del sugo e tutto ciò che mi sarebbe potuto servire per fare una cena decente e dopo una quindicina di minuti riuscii a mettere qualcosa sotto i denti. Lavai a mano piatti e bicchieri e misi ciò che mi era avanzato nel forno, in caso mamma e papà lo avessero voluto mangiare una volta tornati dal lavoro. Il telefono di casa squillò, così andai in salotto e presi in mano la cornetta.

  • Pronto?- Domandai.

  • Sheila, tesoro sono la mamma. Adesso torniamo a casa, hai mangiato di già?

Dal suo tono di voce percepii che dovesse essere stanca. - Sì, ma ho lasciato della pasta in forno.

  • Va bene. A scuola tutto ok?

  • Certo, vi racconterò meglio quando arriverete qui.

Ci salutammo velocemente e, non appena riagganciai, sentii il mio cellulare dalla camera suonare. Feci una corsa e afferrai velocemente il telefono che si trovava sul letto.

  • Sue, ciao.- Dissi.

  • Ciao, cara. Senti, Peter mi ha detto che ti ha già avvisata, ma io ho preferito chiamarti lo stesso...

  • Avvisata su cosa?- Chiesi, un po' titubante.

  • Lo sapevo che avrei fatto bene a ridirtelo! Domani c'è una mega festa in una discoteca sul mare, si chiama ''Born to Hell'' e tu, io, Luke e Peter ci andremo, vero?

Quando Sue pronunciò il nome del locale mi ricordai subito del giorno in cui io avevo salvato Dustin dai bulli con l'aiuto di Peter e lui mi aveva invitata in quel posto.

  • Chiedo ai miei genitori non appena tornano, ma credo possa andare bene.

Sentii Sue urlare dall'altra parte del telefono. - Ci divertiremo, stanne certa!

Sorrisi. - Lo spero! Ora torna a fare matematica, che se non la recuperi devi rifare l'anno!

  • Uff, guastafeste! Senti... un vestitino carino ce l'hai?

  • Dovrei vedere nell'armadio. E se mi mettessi la maglietta che mi hai regalato al compleanno?

  • Si può fare, ma ti porto io una gonna. Tacchi?

  • Sinceramente Sue, mi hai mai vista con i tacchi?

  • Effettivamente mai, ma potresti fare qualcosa per risaltare agli occhi di Peter.

''Effettivamente'' non vedevo nemmeno il motivo per cui avrei dovuto vestirmi bene per farmi vedere da lui. Che lui ci provasse con me, era una cosa, ma io non riuscivo a vederlo come un mio potenziale ragazzo. Forse perché non ne avevo mai avuto uno, forse perché semplicemente non era il mio tipo.

  • Se mi mettessi i tacchi diventerei lo zimbello della serata.- Esordii.

  • Oh...giusto, tu non sai camminare, vero? Ok, allora ballerine e alle nove e mezza sono da te. Ciao tesoro.

  • Va bene, ciao Sue.

Quando appoggiai il telefono sul comodino nella casa ritornò a regnare un silenzio di tomba, e allora capii di sentirmi davvero sola. Finché Jake era vivo, non avevo mai avuto paura di stare in casa, sapevo che lui ci sarebbe sempre stato per me, che se mi fosse successo qualcosa, sarebbe corso in mio aiuto, ma ora... ora era diverso. C'erano giorni in cui per ogni singolo rumore mi spaventavo. All'inizio avevo anche pensato alla presenza di un fantasma, magari quello di mio fratello, e allora tornavo serena.

Un rumore fortissimo, come di una finestra che si rompeva, mi martellò le orecchie. Spalancai gli occhi e sentii il cuore in gola. C'era qualcuno in casa. Gettai un'occhiata verso la porta della mia camera, aperta, che permetteva di vedere il corridoio e le scale per scendere di sotto. Restai in ascolto e udii cassetti che si aprivano e ante che sbattevano. Ladri? Feci dei passi, incerta e tremante, cercando di non fare rumore. Pensai a cosa avrei potuto prendere per proteggermi. Istintivamente presi il cellulare e inviai un messaggio a Sue con scritto: QUALCUNO E' ENTRATO IN CASA MIA E STA FRUGANDO NEI CASSETTI. TI PREGO VIENI QUI IN FRETTA!

Feci scorrere le dita sudate e tremanti lungo tutto il bordo della scrivania e, quando giunsi alla porta, mi affacciai leggermente per vedere se c'era qualcuno. Non riuscii ad individuare nessuna persona, ma i rumori di sotto continuavano. Afferrai la lampada che avevo a sinistra e che accendevo la sera, quando studiavo, e la tenni stretta forte contro il petto. Mi accucciai a terra e mi morsi il labbro. Il cuore mi batteva fortissimo ed iniziai a pregare. Mamma, papà, tornate presto! Qualcuno venga a salvarmi!

Sapevo che Sue ci avrebbe impiegato minimo venti minuti per arrivare fino qua, così mi rimaneva solo di aspettare che quel ladro se ne andasse e non mi trovasse.

Aspettai. Aspettai tremando, finchè i rumori cessarono. Feci due profondi respiri e mi rialzai. Mi sporsi dalla porta e guardai giù in salotto: nessuno. Mi feci coraggio e feci dei passi fuori dalla stanza, accompagnata da umide lacrime che mi scendevano dagli occhi.

Arrivai alla scala ed appoggiai il primo piede sul gradino. Continuai così finché non giunsi in fondo; mi guardai attorno, ma in salotto non vi era nulla di rotto, e così in cucina: ogni cosa era esattamente come l'avevo lasciata. Un brivido gelato mi percorse la schiena: qualcuno era entrato nella camera di Jake. Controllai la porta della sua stanza, sempre con la lampada stretta nella mano sinistra. Afferrai la maniglia e la abbassai lentamente, ma dall'altra parte della porta non si udiva nulla. Tremando, feci aprire uno spiraglio e notai parte del letto di Jake pieno di fotografie. Spalancai la porta lentamente e vidi che la stanza era completamente stata messa all'aria. Le immagini appese alla bacheca si trovavano ora sparse per la stanza, l'armadio a destra aveva le ante aperte, la scrivania era diventata una montagna di carte e quaderni, contenuti una volta nei cassetti. La cosa che più mi colpì era però il buco nella finestra, fatto con un grosso masso che ora giaceva sul pavimento. Chiunque fosse entrato, lo aveva fatto sicuramente da lì. Mi voltai di impulso e corsi fuori dalla casa. Soltanto una volta che fui uscita mi sentii veramente al sicuro. Mi sedetti sui gradini della porta e attesi lì Sue, con una lampada stretta al petto e le lacrime agli occhi.


 

L'arrivo della mia amica fu accompagnato da un'automobile della polizia, dalla quale scesero gli stessi tizi della mattina in cui avevo investito Blaze: quello alto, riccio e rosso, e quello basso, grasso con i baffi.

Mi interrogarono e controllarono in casa, poi attesero tutti l'arrivo dei miei genitori, compresa Sue, che da quando era arrivata non mi aveva mai lasciato la mano. Quando mia mamma mi vide mi corse incontro e mi abbracciò forte, successivamente, lei e papà, sistemarono le cose con i poliziotti.

Qualche ora dopo entrammo in camera di Jake e mettemmo tutto in ordine, anche perché la polizia aveva riscontrato che non mancava alcun oggetto all'appello di quelli che erano nella stanza di mio fratello. La sera chiesi ai miei se fossi potuta andare in discoteca il giorno dopo e, anche se all'inizio un po' titubanti, alla fine accettarono, trovandola una scusa buona per farmi svagare un po' e non pensare alla faccenda dei ladri.


 

Sue arrivò da me alle nove, come mi aveva detto, mi prestò una gonna nera a vita alta, attillata, lunga fino a metà coscia, e ci abbinai sopra la maglia bianca a strisce nere che lei mi aveva regalato per il compleanno. Mi aiutò a truccarmi ed infine si sistemò anche lei. Sue indossava un abito stretto senza spallini con lo scollo a cuore, tutto nero, e portava delle scarpe con il tacco. Si era messa del rossetto rosso, un paio di orecchini ovali, e aveva lasciato sciolti i capelli, mentre io avevo un trucco meno appariscente del suo: lucidalabbra, mascara nero e matita agli occhi.

Indossai le ballerine e raggiunsi Sue all'ingresso.

- Mamma tornerò circa all'una, non aspettarmi alzata!- Urlai.

Dal bagno mi arrivò la sua voce ovattata. - Va bene tesoro, divertiti.

Ci fiondammo in auto, entusiaste per la serata che ci aspettava. Durante tutto il tragitto Sue mise il volume della radio quasi al massimo, ma non mi infastidiva, forse perché ciò che avrei vissuto dopo sarebbe stato peggio di quello. ''Born to hell'' era un discoteca abbastanza famosa e frequentata dai ragazzi dai sedici anni in su, che si trovava sul lungomare, a qualche chilometro dalla città.

Una volta entrate nella villa, ci ritrovammo immerse in auto di ogni genere, parcheggiate sui lati della strada principale che univa il cancello dorato all'ingresso della discoteca. Una volta sistemata l'auto aspettammo i nostri compagni vicino alla porta d'entrata, dove era posto un omone grande e grosso: il body-guard.

''Born to hell'' era un locale di forma rettangolare di due piani, sovrastato da una mega-terrazza all'aperto, dove in estate si facevano le feste. L'ingresso, formato da due colonne bianche, sopra le quali stava posta l'insegna con il nome del posto, era pieno di ragazzi, messi in fila accanto al body-guard, pronti per entrare.

Mi appoggiai con la schiena alla parete vicino all'entrata. La musica house mi arrivava violenta all'orecchio e mi riempiva di carica. Non ero mai stata la ragazza tipica da disco, che si scatena una volta in pista, ma ogni tanto mi capitava di ritrovarmi tra la folla a saltare e ridere.

In lontananza vedemmo arrivare i nostri due ragazzi. Vedendoli da vicino notai che avevano un aspetto molto diverso rispetto a quello che avevano di solito a scuola: forse erano le pettinature piene di gel, forse erano le camice, forse era solo l'atmosfera.

  • Tesoro per l'entrata è tutto ok, vero?- Chiese Sue rivolta a Luke.

  • Certo, il mio amico Stefen ci farà entrare in un batter d'occhio!- Commentò, facendo l'occhiolino.

Sorrisi, piena di entusiasmo e seguii i miei amici che si avvicinavano alla cassa. Vidi Luke dire qualcosa al ragazzo che era seduto dietro il banco e poi ci fece cenno con la mano di seguirlo nella discoteca. Non sapevo né cosa Luke avesse detto al cassiere, né se dovevo pagare qualcosa per l'entrata, ma una volta dentro non me ne importava più nulla. Di fronte a noi, dalla parte opposta della sala c'era il dj, intento a mixare canzoni e luci, mentre sopra, c'era il secondo piano, cioè una specie di balcone a forma rettangolare con un buco in mezzo, in modo che chi stava sopra riuscisse a vedere la gente che ballava.

  • Tesoro noi andiamo a prendere da bere, vieni?- Mi disse la mia amica urlando.

  • Non ne ho voglia, vado a ballare.- Le risposi, utilizzando più o meno lo stesso tono di voce.

Sentii qualcuno afferrarmi per la vita e mi voltai, ritrovandomi il viso di Peter accanto.

  • Ti va di scatenarti, eh? Sai, mi chiamano ''il re della pista da ballo'', quindi ti lascio immaginare. Se non mi hai mai visto in azione non hai mai visto realmente qualcuno ballare!- Affermò, con molta sfacciataggine.

  • Allora mostrami il tuo talento!- Ribattei, dandogli un pugno leggero sulla spalla.

Lui mi sorrise e, tenendomi per mano, mi portò al centro della pista. C'era gente dappertutto, che beveva, ballava o, negli angoli, che faceva altro -diciamo-.

Peter iniziò a muoversi a ritmo di musica, muovendo tutto il corpo. Era davvero sbalorditivo! Doveva essere stato a davvero tante feste per saper ballare in quel modo! Le ragazze intorno a noi si fermarono e si voltarono a guardarlo, urlando cose come “Quanto è figo!” oppure “Com'è sexy!”. Alcune iniziarono a mordersi i labbri, altre iniziarono a muoversi per farsi notare, mentre altre ancora avevano pure il coraggio di andare da lui e strusciarvisi contro per bene. Scossi la testa ridendo e uscii dalla pista da ballo, lasciando a Peter tutto il divertimento.

Trovai una poltrona libera e mi ci fiondai. La gonna di Sue era davvero troppo corta per i miei gusti, così evitai di accavallare le gambe. Guardai in direzione della pista e notai il mio amico, scatenato come non mai, ballare la canzone ''I'm sexy and I know it'', ovviamente remixata dal dj. D'un tratto lo vidi però guardarsi attorno e, quando mi vide, mi raggiunse, muovendosi e mordendosi il labbro inferiore in modo provocatorio. Quando fu a pochi passi da me risi, poi mi alzai ed iniziai a ballare insieme a lui, con una sua mano appoggiata sulla mia schiena. Continuammo così fino alla fine della canzone, finchè non mi attirò a sé, stringendomi i fianchi con le mani.

  • Vado al bar, vuoi qualcosa?- Mi domandò.

  • Una vodka, grazie.

Lasciò la presa e si diresse verso le scale che portavano al piano superiore, dove c'erano i tavoli e le bevande. Lo seguii con lo sguardo fino a che non raggiunse il secondo piano. Lo vidi salutarmi con la mano, mentre si sporgeva dal balcone che dava sulla pista e io ricambiai con un sorriso. Mi voltai e raggiunsi la mia poltrona che, magicamente, era rimasta vuota.


 

Passarono interminabili minuti prima che Peter tornò da me più brillo che mai. Inizialmente pensai al fatto che non si fosse sentito bene ed avevo intenzione di andare a cercarlo, ma poi ci avevo ripensato e rimasi ad aspettare ancora un po', pensando che la causa di così tanta attesa non fosse altro che la numerosa folla di gente che c'era nel locale; ma fu solo quando vidi comparire sulle scale la sua figura ondeggiante che capii che si era ubriacato. Più si avvicinava più riuscivo a distinguere che aveva in mano un bicchiere di un alcolico che non assomigliava affatto alla vodka. Scattai in piedi, indecisa su ciò che avrei dovuto fare.

  • Scusa tesoro.- Mi disse una volta arrivato di fronte a me. -Vuoi contribuire?-

Mi porse il bicchiere, ma con una faccia disgustata lo allontanai con una mano.

  • Stai d'incanto con quel vestito!- Affermò squadrandomi storto.

  • Grazie, ma avrei preferito sentirmi dire una cosa così da una persona sobria e non da una ubriaca fradicia.

Non appena ebbi pronunciato quelle parole mi voltai, per andarmene, ma la sua mano mi afferrò un polso e mi costrinse a girarmi. Non ebbi il tempo di parlare, di pensare e nemmeno di reagire, che mi ritrovai le sue labbra proprio sopra le mie. Orripilata, mi staccai dalla sua presa urlando, ancora sconvolta.

  • Cosa diavolo ti salta in mente?!- Ero infuriata.

  • Piccola rilassati. Lo so che lo vuoi.- Il suo tono di voce faceva intendere perfettamente ciò che aveva in mente.

Peter ritornò all'attacco e mi afferrò nuovamente per i polsi, stavolta con entrambe le mani, lasciando cadere il bicchiere per terra. Urlai con tutte le mie forze, pregandolo di lasciarmi, ma la musica copriva la mia voce. Mi portò in un angolo della sala e mi sbatté con forza contro il muro.

  • Ti prego Peter, cerca di ragionare!- Lo supplicai, ma lui non ne volle sapere.

Mi prese per i fianchi ed iniziò a baciarmi il collo. Ogni suo bacio lasciava un brivido gelido sulla mia pelle. Iniziai a prenderlo a pugni sul petto, così mi afferrò le mani e me le tenne strette sopra la testa. Quando poi la mia bocca venne di nuovo in contatto con le sue labbra, mi sentii scoppiare. Iniziò a baciarmi sempre più violentemente, mentre il fiato mi diventava sempre più debole.

  • Peter non respiro!

Dopo le mie parole mi lasciò stare per un po' e continuò a puntare la sua attenzione sul mio collo, dove mi lasciò innumerevoli succhiotti. Con una mano mi alzò la maglietta ed iniziò ad accarezzarmi la pancia. Trattenni il fiato. Fissavo i suoi occhi vuoti e privi di qualsiasi sentimento e subito dopo vagavo con lo sguardo in giro per la sala, in cerca di aiuto. Sue, Luke!

  • Questo sarà forte.- Mi avvisò, mentre io lo fissavo con aria supplichevole, scuotendo il capo.

Mi baciò di nuovo, ma stavolta in modo più focoso. Sentire la sua lingua dentro la mia bocca mi provocava un disgusto enorme. La sua mano intanto era salita ed era arrivata fino al mio seno. Quando mi toccò per la prima volta rimasi del tutto sbalordita, ma, proprio in quell'istante vidi comparire da sinistra un pugno, che lo scaraventò a terra. Io rimasi immobile, coprendomi il viso con le mani per nascondere le lacrime. Mi voltai e vidi Blaze.

- Che cazzo credi di fare eh?!- Intuii dal suo tono di voce che fosse infuriato nero e, ovviamente, Peter non gli rispose, poiché non aveva nemmeno le forze per rialzarsi. -Se la tocchi un'altra volta non mi limiterò solo a spaccarti la faccia!-

Blaze gli tirò un calcio in pancia e mi trascinò fuori dal locale tenendomi per mano, passando dalla porta sul retro al fine di evitare il contatto con il body-guard.

Uscimmo dal cancello della villa e continuammo a camminare lungo la strada. La mia vista era offuscata e mi sembrava ancora impossibile che Peter mi avesse fatto ''quello''. Mi portai una mano al collo e sentii nuovamente la sensazione che avevo provato quando lui mi aveva baciato: dolore, ma non dolore corporale, ero rimasta ferita dal suo comportamento.

  • Ti fa male?-

Alzai lo sguardo e guardai Blaze, che, dopo aver pronunciato quelle parole, si era subito voltato.

  • No.- Dissi con un filo di voce.

In quell'istante si fermò e si voltò. Ci fissammo in viso e notai che la sua mascella era contratta. Mi lasciò la mano e iniziò a sfilarsi la felpa. Quando ebbe finito me la porse.

  • Tieni. Mettitela o ti prenderai un raffreddore.

Senza proferire parola la indossai. Mi stava di qualche taglia più grande, ma in compenso aveva un buon odore. Blaze si avvicinò lentamente e mi abbracciò. Non sapevo perché, ma in quella situazione l'unica cosa che volevo fare era piangere e sfogarmi con qualcuno. Così mi ritrovai tra le sue braccia, con le guance piene di lacrime, con gli occhi rossi, a piangere come una bambina, lasciandomi accarezzare i capelli dalla sua mano gentile.


 

L'auto di Blaze faceva uno strano rumore, forse a causa delle basse temperature o forse perché era da tempo che non la faceva riparare. Poco dopo aver raggiunto la vettura avevo avvisato la mia amica che sarei tornata a casa prima e che un giorno le avrei spiegato cosa era successo. Ero seduta nel posto passeggero, con le mani appoggiate sulle ginocchia fissando la persona che avevo accanto.

- Cosa c'è?- Disse sbuffando.

Non risposi. Già altre volte mi aveva chiesto se ci fosse qualche cosa che non andava, ma io, in tutta la serata, non avevo mai risposto. Mi voltai dalla parte del finestrino e, guardando fuori, lo ringraziai.

- Grazie.- Dissi sinceramente.

Con una manovra brusca l'auto si fermò in mezzo alla strada che portava a Sant Heaven e fui leggermente spinta in avanti.

- Cosa ti prende?- Chiesi.

Blaze si voltò a fissarmi, poi sospirò e appoggiò la testa sul volante.

- Per un certo periodo non verrò a scuola. Non so se ci vedremo dopo le vacanze di Natale.-

- Perché?-domandai. -E' successo qualcosa?-

- Sto sbagliando tutto. Io... penso di essermi affezionato a te.-

Spalancai la bocca e gli occhi mi si illuminarono. Feci un leggero sorriso. Finalmente dopo una serata orribile come quella, avevo avuto una bella notizia, più o meno.

- Ed è per questo che te ne vai? Non c'è nulla di male!- Esclamai.

Blaze si girò e i nostri sguardi si incrociarono. I suoi occhi verdi rispecchiavano perfettamente ciò che provava: dolore, tristezza e solitudine. Nel suo sguardo c'era qualcosa di così misterioso...

- Prima, alla discoteca.- Iniziò.-Non ho colpito Peter perché ti ho vista in pericolo.

Scossi la testa, sforzandomi di capire cosa intendeva. Non mi voleva salvare?

- Quando ho visto quel tizio baciarti io...sono diventato geloso. Ho agito per pura e semplice gelosia. Poi mi sono avvicinato e ho scoperto che in realtà lui stava agendo secondo la sua volontà e non la tua.-

- Quindi...- Cercai di affermare.

- ...quindi lo avrei colpito anche se tu avessi voluto veramente baciarlo.- Concluse.

Rimasi allibita da ciò che le mie orecchie avevano sentito. Non avrei mai e poi mai immaginato che un ragazzo come lui avrebbe potuto fare una cosa simile, ma a quanto pareva mi sbagliavo. Aveva picchiato Peter solo perché era geloso; questo voleva dire che per lui ero speciale, no? Non sapevo più cosa pensare: nella testa sentivo ancora la musica del locale, mentre se chiudevo gli occhi vedevo Peter. L'unica cosa che volevo in quel momento era stare con qualcuno di cui mi fidavo, che non mi avrebbe mai fatto del male.

- Blaze, sei così... misterioso.- Affermai, tenendo lo sguardo basso. - Se ti facessi delle domande tu mi risponderesti?-

Lo sentii respirare forte prima che aprì bocca: - No, mi dispiace. Dopotutto è meglio così, credimi.-

Riaccese il motore dell'auto e continuammo ad avanzare. Dopo quelle sue parole non ci fu più alcun discorso. Forse anche lui stava male quanto me in quel momento.

Arrivammo nel cortile di casa mia e scendemmo. Le luci erano tutte spente in casa e ciò voleva dire che i miei genitori erano già andati a letto. Feci qualche passo in direzione della porta, ma quando sentii che Blaze non mi stava seguendo mi arrestai e mi voltai.

Lui se ne stava appoggiato al cofano della macchina, con le mani nei pantaloni di jeans.

- Credo che questo...sia un addio.- Disse semplicemente.

Improvvisamente sentii le lacrime scendermi sulle guance, così subito mi affrettai ad asciugarle con la manica della felpa.

- Mi accompagni fino alla porta?- Chiesi singhiozzando.

Si alzò dall'auto e mi seguì. Sentivo le gambe tremarmi ad ogni passo, mentre sentivo gli occhi scoppiarmi e il petto battermi ad un ritmo irregolare. Arrivati di fronte all'entrata mi voltai e restammo l'uno di fronte all'altra, ma con gli sguardi bassi. Non so cosa in quel momento mi fece trovare un briciolo di coraggio, ma riuscii a parlare.

- Qualche tempo mi sono fatta una promessa: avrei scoperto tutti i tuoi segreti, ad ogni costo. Quindi... sappi che non mi arrenderò.- Lo guardai negli occhi e lui fece lo stesso con me. Non esitai più di tanto e continuai il discorso, cercando di sorridere. - Io non ho paura di te Blaze Hataway!-

Gli tirai scherzando un pugno contro il petto e finii con l'appoggiarmi ad esso. Blaze mi cinse nuovamente con le sue braccia e mi racchiuse in tenero abbraccio. Non riuscivo nemmeno più a piangere, ormai non sarebbe cambiato più nulla.

- Sheila, se fosse per me ti racconterei tutto, ma non posso.- Farfugliò tra i miei capelli.

Mi staccai leggermente da lui e restammo a fissarci per qualche minuto. Lui mi spostò qualche ciocca di capelli dal viso, poi m accarezzò la guancia. Le sue mani erano calde e chiusi gli occhi. Improvvisamente nella mia mente apparvero le immagini della discoteca, di Peter ubriaco, dei suoi baci, del pugno di Blaze, e subito spalancai gli occhi. Blaze notò le mia reazione.

- Cosa è successo?-

- Blaze, ti prego ho paura. Resta ancora un po' con me.- Lo supplicai.

Esitò un attimo e poi rispose. - Scusa ma devo andare. Stare con te per più tempo peggiorerebbe solo la situazione. Ma... ti posso concedere una cosa, solo per stanotte, promettilo!- Io annuii: avrei fatto di tutto per sentirlo vicino. Tirò fuori un bigliettino dai pantaloni con scritto un numero. - Questo è il numero del mio cellulare. Chiama solo se hai bisogno di aiuto, ma domani mattina ti prego di buttarlo. Dobbiamo eliminare ogni contatto tra di noi.-

Nonostante le sue parole fossero dure, io lo ringraziai e gli gettai le braccia al collo. Ci abbracciammo forte, perché entrambi sapevamo che quella sarebbe stata l'ultima volta che ci saremmo rivisti. Allentai la presa e lui fece lo stesso. Scivolai piano fuori da quell'abbraccio e i nostri visi si trovarono a pochi centimetri di distanza. Vidi la sua mascella contrarsi un pochino: forse anche lui aveva capito la situazione. Le sue mani si strinsero con forza intorno ai miei fianchi e ci avvicinammo. Sorrisi e avvicinai il mio volto al suo. Le nostre labbra si sfiorarono appena, quando la porta di casa si aprì ed uscì mia mamma in camicia da notte.

Io e Blaze ci voltammo con la bocca spalancata e anche lei aveva un'espressione pressapoco stupita. Riuscì a dire un semplice: - Scusate.- e poi richiuse la porta. Voltai innumerevoli volte la testa in direzione di Blaze e della porta chiusa, incapace di proferire parola, così, nell'equivoco, lui si voltò e se ne andò, dicendo: - Forse è meglio così.-

Fu pochissimo il tempo che ci impiegò per salire in macchina ed uscire dal cortile di casa, così mi ritrovai sola di fronte alla porta. Ero certa che dall'altra parte avrei trovato mia madre con le braccia conserte in attesa di ricevere spiegazioni, così respirai due o tre volte profondamente prima di entrare in casa.

  
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