Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
Segui la storia  |       
Autore: SophieClefi    25/03/2014    2 recensioni
E se una mattina, improvvisamente, ti ritrovassi coinvolta in uno strano incidente stradale con l'autobus della scuola? Cosa faresti? Continueresti imperterrita la tua solita vita o cercheresti di trovare le cause di ciò? Questa sarà la decisione che dovrà affrontare Sheila Evans, una ragazza di sedici anni, il cui destino verrà irrimediabilmente sconvolto dall'arrivo di un ragazzo.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Buon-salve a tutti ^w^ Non siamo morte! Dopo più di un mese (e ci scusiamo enormemente per questo) ecco qui l'undicesimo capitolo! Siamo davvero contente dei messaggi e delle recensioni ricevute fino ad ora e vi ringraziamo di cuore ♥ Promettiamo di aggiornare il più presto possibile :)
Baci, SophieClefi


 
 


Capitolo 11


 

Non era certo quello il modo in cui uno si immagina di presentare il proprio compagno di scuola ai suoi genitori, però io mi ero ritrovata proprio in quella strana situazione. Quando misi piede in salotto rimasi sconcertata dal fatto di trovare mia madre seduta sul divano intenta a guardare la televisione, ma quando mi avvicinai notai che i suoi occhi sembravano persi nel vuoto.

- Noi due dobbiamo parlare.- Disse con tono di voce decisamente neutro.

- Ok. Innanzitutto lui è un mio compagno di scuola.-Esordii.

- Come si chiama?-

Andai a sedermi sul divano accanto a lei e continuai il discorso. -Blaze. E' nuovo. Credo sia stato bocciato un po' di volte perché sembra molto più grande, però non è male.- Cercai di convincerla.

- Se lo dici tu.

- Dai, non ti piace neanche un po'?- Chiesi perplessa.

Per la prima volta durante tutta la conversazione, si girò a guardarmi e mi sorrise. - E' un bel ragazzo, solo che non immaginavo di incontrarlo in quel modo. Avrei preferito che mi dicessi prima di avere il fidanzato.-

- No! Ti sbagli! E' successo tutto stasera, cioè forse è già finito, ma non ne sono sicura, è tutto così complicato!- Dissi tutta la frase senza nemmeno respirare e fissai mia madre un po' perplessa.

Lei, al contrario, si limitò e prendermi la testa con una mano e a baciarmi la fronte.

- Dormici su tesoro, vedrai che domani avrai le idee più chiare.-

Non mi sarei mai aspettata una reazione simile da mia madre, ma, d'altro canto, meglio così.

Mi fiondai in camera e richiusi immediatamente la porta dietro di me, tirando, finalmente, un sospiro di sollievo.

* * *

Era circa mezzanotte quando mi alzai per andare in bagno. Scesi dal letto e appoggiai i piedi sul pavimento, venendo a contatto con la superficie fredda sottostante. Rabbrividii, ma il bisogno era troppo urgente per cercare anche le ciabatte. Mi fiondai in corridoio, cercando di fare il meno rumore possibile, ma, a quanto pareva, qualcun altro non ci aveva pensato due volte.

- Che dolore!- Sentii mio fratello imprecare a bassa voce.

Scesi le scale e vidi la porta della sua camera socchiusa.

- Jake che stai facendo?- Domandai, stupita dal fatto di vederlo in piedi a quell'ora mentre indossava dei vestiti che erano ben diversi da un piagiama.

Si girò verso di me e notai che aveva il casco della moto in mano. - Sheila? Che ci fai ancora sveglia?-

- Dovevo andare in bagno, ma poi ho sentito un rumore...- Lo guardai per un attimo perplessa. - Mi spieghi perché sei vestito così?- Chiesi, indicando i jeans e il giubbino di pelle.

Non appena ebbi pronunciato quelle parole sentii delle voci sussurrate provenienti da fuori: -Sbrigati Jake! Non possiamo fare tardi!- Guardai in direzione della finestra, che dava sul cortile, e vidi un gruppo di ragazzi in moto con delle sigarette in bocca.

- Non dirmi che stai andando ad una festa! Lo sai che mamma e papà non vogliono!- Proclamai alzando la voce.

Subito Jake reagì, tappandomi la bocca con una mano.

- Non sono affari tuoi She. Ormai ho diciotto anni e questa festa mi interessa molto.-

- Questo però non ti da il diritto di disubbidire ai nostri genitori.- Affermai, spostando la sua mano dalla mia faccia.

- Cazzo Jake! Quelli là non ci fanno entrare se non ti dai una mossa!- Quei ragazzi mi davano davvero sui nervi. Avrei voluto dirgli ''Andatevene, altrimenti dico ai vostri genitori che fumate!'', ma le uniche volte che ci avevo provato, si erano messi a ridere, e anche Jake lo trovava molto infantile.

- Portami con te!- Esordii infine.

Mio fratello si voltò verso di me e spalancò sia occhi che bocca. - Cosa?- Chiese incredulo.

- Voglio venire anche io!-

- Sei troppo piccola per questo genere di feste e poi ci impiegheresti troppo a vestirti.-

- Ho quattordici anni! Sono tutt'altro che piccola!- Incrociai le braccia in segno di protesta.

Jake posò il caso sulla scrivania e tirò un respiro profondo. Mi si avvicinò e mi poggiò le mani sulle spalle.

- Ti prometto che non appena avrai l'età giusta, ti porterò sul lungomare, dove hanno aperto questo nuovo locale chiamato ''Born to Hell'', così ci diamo alla pazza gioia! Ci stai?- Sorrise.

Esitai un attimo, ma poi annuii, trovando la proposta conveniente. Mi scompigliò i capelli con una mano, poi tornò alla scrivania dove aveva lasciato il casco e lo indossò. Uscì dalla finestra, attento a non fare il benché minimo rumore.

- Ora fila a letto e bocca chiusa.- La sua voce era ovattata a causa del casco.

Io mi sporsi dalla finestra. - Quando torni?-

- Tranquilla, prima delle sette sarò già a casa a subire i postumi della sbornia.- Mi rispose, facendomi l'occhiolino.

Sorrisi, ma con un sorriso falso e sforzato, poi gli feci per ripicca una linguaccia. Restai a guardarlo mentre spingeva la moto fuori dal vialetto e raggiungeva i suoi amici, finchè la sua figura sparì dietro al muro della casa.


 

* * *

Mi svegliai boccheggiando, con la fronte grondante di sudore per il terribile sogno. Non era certo quella la scena che mi terrorizzava, ma ciò che sarebbe successo dopo. Quella era stata l'ultima volta che avevo visto Jake vivo prima dell'incidente, perché proprio quella notte fu investito. Tirai le coperte in fondo al letto e mi alzai, cercando di calmarmi, poi mi venne in mente che Blaze mi aveva dato il suo numero di cellulare. D'istinto impugnai il telefono e me lo strinsi forte al petto, mentre quest'ultimo iniziò a battermi ancora più forte di quanto già facesse.

Aspettai un po' prima di risdraiarmi e comporre il numero. Ogni squillo faceva aumentare l'ansia, mentre le mie mani si facevano sempre più fredde e sudaticce. Attesi finchè qualcuno dall'altro lato non mi rispose.

- Ti manco di già?-

Quando sentii la sua voce mi sembrò di scoppiare di gioia. Erano passate solo un paio d'ore e sinceramente iniziavo a temere davvero di non riuscire più a fare a meno di lui.

- Blaze...ti prego non riagganciare.- L'unica cosa che volevo era sentirlo parlare, parlare e parlare ancora, sperando che il giorno seguente non arrivasse mai e che non gli avrei mai dovuto dire addio.

Lo sentii respirare sonoramente prima di rispondere. - ...Ok. Vediamo un po', cosa vuoi che ti racconti?-

- Qualcosa di te. A partire dalla tua famiglia.- Sospirai.

- Mi chiamo Blaze Hataway e mio padre aveva il mio stesso cognome. In realtà non ho mai conosciuto i miei genitori, ma ormai me ne sono fatto una ragione. Sto vivendo in una specie di... come dire? Dormitorio...-

Chiusi gli occhi e mi lasciai trasportare da ciò che mi stava dicendo. Ora lo immaginavo seduto davanti al caminetto all'età di nove anni, con i suoi genitori, pronti ad aprire i regali che si trovavano sotto l'albero, poi lo vedevo al suo primo giorno di scuole medie, con lo zaino in spalla, tutto solo e spaesato. I pensieri mi portavano lontano, e con essi anche la mia presa sul telefono divenne meno salda. Le dita mi scivolarono sotto il cuscino.

- Sheila...sei ancora lì?-

Fu l'ultima cosa che sentii prima di addormentarmi.


 


 

Gli ultimi giorni erano letteralmente volati. Ormai era già il primo gennaio del nuovo anno ed ero a dormire da Sue. Mi spogliai velocemente ad indossai il pigiama azzurro che avevo ricevuto per Natale.

  • Stai proprio bene con quel pigiamino.

Sue era spuntata dalla porta del bagno e mi stava osservando. Ovviamente colsi subito la punta di ironia che c'era nella sua frase.

  • Me l'hanno regalato a Natale. Non voglio che i miei genitori sappiano che è infantile.

  • E' sempre un problema quando succede così.- Sospirò.- L'anno scorso mi hanno regalato una maglietta di un colore orribile e ogni volta che mia mamma mi suggeriva di metterla trovavo sempre una scusa da usare.

Scoppiammo a ridere. Era da tanto tempo che non parlavo con la mia migliore amica liberamente. Prima di partire da casa, però, mi ero ben schiarita le idee su quali argomenti affrontare con lei e quali no: da evitare assolutamente il fatto che Blaze abbia occhi rossi fosforescenti e una spirale sul piede.

  • Che cosa hai fatto a Natale?- Mi chiese, sedendosi sul letto.

  • Come al solito sono andata con i miei genitori sulla tomba di Jake... mi sembra ieri che sia avvenuta quella telefonata dall'ospedale...

  • Già, ti credo.- Ci fu un momento di pausa.- E...per quello che riguarda Peter bhè, non avrei mai e poi mai immaginato che ti potesse fare una cosa simile!

L'ultimo dell'anno ero andata con Sue e Luke a pattinare, ovviamente dopo essermi per bene assicurata che Peter non ci sarebbe stato, e così ho avuto l'occasione di raccontarle ciò che era successo.

  • Luke mi ha detto che ora è completamente distrutto. Quella sera non era affatto lucido e dopo essersi accorto di quello che aveva fatto è scoppiato in lacrime.

  • Dovrebbe farmi sentire meglio?- Dissi secca.- Mi dispiace, ma ciò che mi ha fatto non è una cosa facile da perdonare.

  • Gli piacerebbe parlarti. Almeno per scusarsi.

La raggiunsi e mi sedetti a mia volta sul letto. Feci due o tre profondi respiri prima di parlare. - Va bene. Magari quando torniamo a scuola.

Lei mi guardò e mi sorrise. - E con l'altro? Come va?

Argomento pericoloso! Ora dovevo essere estremamente cauta, ma al contempo stesso dovevo sembrare calma.

  • E'... una cosa un po' complessa.

  • Uh, vedo che però hai subito capito a chi mi stavo riferendo! Che cosa mi nascondi?

Si avvicinò ed iniziò a farmi il solletico. Io scattai in piedi e per una decina di minuti cercai di scappare da lei, che mi rincorreva come una matta per tutta la camera.

  • Io sto comunque aspettando una risposta.- Affermò dopo un po'.

  • Se smetti di rincorrermi parlerò.- Esordii.

Sue ubbidì e si sdraiò supina sul tappeto che stava ai piedi del letto, mentre io tornai alla mia posizione di una volta sul morbido letto.

  • Uhm...ieri mi ha accompagnato a casa e ci siamo quasi baciati.

Mi strinsi nelle spalle, cercando di nascondere il sorrisino ebete che mi era sicuramente spuntato in faccia. La reazione della mia amica fu, invece, completamente diversa: dapprima si rialzò e mi fissò , poi spalancò gli occhi, e infine si mise a ridere.

  • Caspita! Stai facendo colpo su tutti, eh?

  • La mia bellezza è davvero disarmante!- Urlai, alzandomi in piedi.

La stanza si riempì di una sonora risata.

  • E la nuova arrivata? Cassandra? Come ti sembra?- Chiesi, cercando di sviare l'argomento ''Blaze''.

  • Bella, alta, -troppo- alta, magra, con un fisico da paura e vanitosa. Appena è entrata in classe potevo vedere le enormi colate di bava scendere dalle bocche dei ragazzi.

Risi. - Se ci fossi stata tu al suo posto non credo ti sarebbe dispiaciuto. Comunque... non lo so, mi sta antipatica.

Oltre al fatto che sicuramente nasconde qualcosa con...

  • E' perché conosce Blaze, vero?

Fissai allibita la mia amica : - Che fai? Mi leggi nel pensiero?

Passammo la serata a raccontarci tutto quello di cui non avevamo parlato negli ultimi giorni. Mi raccontò di come lei e Luke, un giovedì pomeriggio, al supermercato del centro, si erano scontrati e lui le aveva rovesciato addosso tutto il contenuto della sua borse della spesa, terminammo di discutere sulla questione di Cassandra, su Peter, su Blaze.


 


 

I cassonetti dello sporco vicino a casa erano stracolmi, così dovetti optare per quelli più distanti, che, per mia sfortuna, si trovavano proprio dove c'era la fabbrica. Era il secondo giorno di gennaio e la neve persisteva ancora a cadere. Con i due pesanti maglioni che avevo sotto il giubbino, la sciarpa di lana e una cuffia, il freddo non mi spaventava, ma c'era ben altro là, che mi metteva i brividi.

Muoversi nella neve lo avevo sempre trovato difficoltoso, con due sacchi dell'immondizia in mano poi! Dovevo sembrare un pinguino cicciottello che muove i primi passi all'aria aperta. Ci avrei impiegato circa una decina di minuti per raggiungere il mio obbiettivo, data la mia scarsa agilità.

Continuai finchè non arrivai sull'angolo dopo il bar ''Da Carlo'' e mi ritrovai davanti quell'enorme costruzione che cadeva a pezzi. Rabbrividii al solo pensiero di entrarci, ma sapevo che prima o poi l'avrei dovuto fare. Attraversai la strada e quando giunsi ai cassonetti, aiutandomi con una mano e appoggiando un sacco a terra, gettai l'altro all'interno.

Fu allora che sentii dei rumori. Mi alzai in punta di piedi per cercare di vedere al di là del muro di cinta della fabbrica, ma era troppo alto e non riuscii a vedere nulla, così decisi di accucciarmi e di camminare senza far rumore fino al cancello per spiare qualcosa dalle sbarre di ferro.

Abbandonai il sacco nero là dove l'avevo lasciato e mi avvicinai al muro. Iniziai a distinguere due voci, due voci di due ragazzi. Erano basse e forti, ma dal tono uno sembrava stesse rimproverando l'altro. Riuscii a capire solo una piccola parte del discorso dei due, forse perché più concentrata a capire di chi fosse una delle due voci, che mi sembrava famigliare.

  • Cos'è questa storia?- Il ragazzo dalla voce famigliare sembrava scioccato.

  • Vedi ragazzo...- sentii dei passi-...c'è una cosa che non mi torna sul tuo conto. Tu ci hai riferito che sei come noi. - Il tono di voce era serio e riuscii a distinguere una punta di rabbia in ciò che stava dicendo. - Che vieni dal nostro stesso posto, che hai la nostra stessa origine.

Per ciò che avevo ascoltato fino ad allora, non avevo capito nulla del discorso, eppure c'era qualcosa che mi pareva di avere già sentito nel tono di voce del primo ragazzo che aveva parlato.

Intanto il tizio che stava parlando smise di camminare e fece una breve pausa prima di cominciare di nuovo a parlare: - Ma a quanto pare non è così, eh?

  • Non so di cosa tu stia parlando.- Il ragazzo cercava di rendersi convincente, ma, come era solito fare da mio fratello, non lo era stato.

  • Queste cazzate mi stanno stufando e la mia pazienza ha un limite!- L'aveva notato anche il suo compare.

Ciò che giunse poi al mio orecchio fu il rumore di qualcosa che sbatteva, forse un pugno, forse una porta che si era chiusa di scatto, comunque il resto venne da sé ed io sobbalzai per lo spavento, mettendomi prontamente una mano sulla bocca.

  • Guarda qui! Ti ricorda qualcosa, o meglio, qualcuno?- L'atmosfera tra i due era decisamente cambiata e a dimostrazione di ciò era il cambio di voce che l'accusatore aveva avuto in quei pochi secondi.

  • Dove l'hai presa?- Rispose subito l'altro. Ovviamente era sorpreso da ciò che il tizio gli aveva fatto vedere.

Forse una fotografia?

  • Faccio io le domande qui! Cosa ci fai in una fotografia con una ragazza? Tu non dovresti avere contatti con nessuno siccome sei un demone, Jake!

A quell'ultima affermazione mi mancò il respiro. Aveva detto Jake? Aveva detto...demone? Mi sporsi dalle sbarre del cancello, che intanto avevo raggiunto, ma qualcosa mi coprì il volto, qualcosa di scuro e di tremendamente caldo, che mi tirò indietro, non permettendomi di vedere...mio fratello. E così come questo qualcosa era comparso, così i miei occhi si chiusero e io sprofondai in un sonno pesante, provocato da un fumo di nebbia nero che era arrivato insieme a ciò che mi aveva coperto.
 

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni / Vai alla pagina dell'autore: SophieClefi