Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: Pseudomonas    11/02/2014    1 recensioni
Cloe lo fissava, in silenzio. Non aveva mai smesso di guardarlo negli occhi.
Lui era ritto, in piedi, sulle scale del Duomo, con le scarpe in mano e le braccia aperte.
Attendeva una sua reazione, dubbioso ed impaziente.
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
I Calzini Bucati




"L’equilibrista gioca con la gravità dei sogni che ha nell’anima."

[Marta sui Tubi]








Pioveva che Dio la menava, era proprio il caso di dirlo.
Scrosciava talmente violenta da far pensare che ci fosse qualcuno che la buttava giù a secchiate, lassù da qualche parte.
Forse Dio, o magari semplicemente il tizio dell'ultimo piano del palazzo di fronte.

- Presto rimpiangeremo tutto questo.

Nonostante l'odore inequivocabile di anice e sambuca non lasciasse adito a dubbi circa lo stato psicofisico non propriamente lucido del ragazzo, lei si voltò a guardarlo, curiosa ma per nulla sorpresa.

- Intendi il temporale all'improvviso, l'acqua nelle scarpe, i calzini bagnati, il non avere un ombrello e il doversi riparare sotto la mansarda di un pub?

Lui rovesciò il capo all'indietro, verso l'alto, respirando a pieni polmoni l'aria gelida della sera.

- Questo giorno.

E spalancò le braccia idealmente, tese e dritte, ad abbracciare la pioggia.

- Mat, quanto hai bevuto?
- Non ti distrarre, sto facendo un discorso serio!
- Certo sei credbile, con quel di cappello di lana a forma di trullo, che sembra un preservativo e ti fa passare esattamente per quello che sei.
- Sarebbe a dire?
- Una testa di cazzo!
- Ehi piantala, hai capito? Non insultare il mio cappello, ti ho detto di non insultare il mio cappello! C'è una storia dietro che nemmeno ti immagini!
- Non è quello che hai scippato a quel marocchino lì su corso Cavour?
- Non gliel'ho scippato, me l'ha regalato! E non era del Marocco, veniva dal Kenya!
- Appunto, e a te sembra normale che uno che viene dal Kenya si porti dietro un cappello di lana a forma di trullo?

Lei fece una smorfia, indispettita e provocatoria. Scrollò i lunghi capelli scuri, folti e appiccicosi di pioggia e lui si interruppe per un istante, osservando il riflesso ramato che la luce della luna proiettava sui ricci nodosi.

- Ma non era suo. Gliel'aveva regalato un altro suo amico, un altro venditore ambulante. Questo qui veniva dal Sudafrica. E al Sudafricano sai chi glielo aveva regalato?
- La Durex?
- No! Un Islandese! Ti rendi conto che questo cappello ha fatto il giro di mezzo mondo?
- Mat, senza offesa, ma 'sti cappelli li vendono pure da me. Di solito sono o bianchi o gialli, su uno c'è scritto 'Bari Merda' e sull'altro 'Lecce Merda'. Ne ho cercato per anni
uno su cui ce ne fosse scritto 'Merda' e basta, ma non l'ho ancora trovato.

Il ragazzo rise, di una risata soffice, alleggerita dall'alcool, dal fumo, e dalla pioggia.
Lei lo guardò, ritrovandosi ancora una volta ad invidiarne la spensieratezza e quell'incrollabile buon umore.

- Comunque, perché questo tizio lo avrebbe regalato a te?

Mattia si strinse nelle spalle, sulle labbra ancora l'ombra della sua risata leggera.

- Gli stavo simpatico. Me lo ha piantato in mano e ha esclamato: "Tu essere mio amico! Questo cappello avere poteri soprannaturali! Far fare a te tanti successi! Far diventare te molto famoso!"

Strinse gli occhi e il muso ad imitarne l'accento e la postura, e questa volta toccò alla ragazza sorridere di gusto.
Lui si voltò a guardarla, gli occhi velati dalla stanchezza e dal rum, e lei vi distinse dentro, perfettamente, il familiare luccichio gioioso e malinconico insieme.

- Fatto sta, che il giorno dopo me lo sono portato dietro all'esame di Storia della Filosofia, e ci ho preso il primo 30 e lode della carriera grazie a due domande sugli unici due argomenti che avevo studiato.

Lei sbuffò, tirandosi su la zip del giubbino e fissando la pioggia che non accennava a diminuire.

- Ma questo si chiama Culo, non Soprannaturale.

La temperatura era scesa di colpo, dovevano essere ormai attorno agli zero gradi. Mattia vedeva il loro fiato condensarsi immediatamente, in densi sbuffetti di fumo.

- Affinchè il Soprannaturale esista, devi crederci. E per crederci, devi aver bevuto. Vuoi che te lo dimostri?
- E se rispondessi di no?
- Significherebbe darmi ragione a priori!
- Cosa hai in mente in quella zucca vuota, si può sapere?

Lui voltò la testa, dietro di loro, negli occhi una chiara espressione di sfida.
ll locale alle loro spalle, l'Elfo, cominciava a riempirsi di gente, complice la pioggia ed il sabato sera: la musica live giungeva distintamente fino alle loro orecchie, lì all'ingresso, dove avevano trovato riparo dal temporale.

- Entriamo. Ti offro un drink. Anzi no, due drink. Tu li bevi, e vedrai che dopo succederà qualcosa.
- Come no, dopo succede che ti collasso addosso e mi riporti svenuta fino in camera mia. Hai dimenticato che stai parlando con una astemia?
- Ex-astemia, ex! Nell'ultimo mese hai bevuto più volte, o sbaglio?
- Ma ho bevuto pochissimo! Solo roba leggera o comunque in piccole quantità! Sono ancora mezza astemia!
- Senti, quando uno fa sesso per la prima volta non è più vergine, non si può essere mezzi vergini, o si è vergini o non lo si è, giusto? Ecco, con l'alcool e la stessa cosa, capito? Una volta che bevi non sei più astemio!
- Metafora davvero aulica.
- Senti, facciamo così: se bevi un paio di drink prometto che non ti scasso più per tutta la serata e ti evito anche la mia spiegazione sul perché presto rimpiangeremo questo giorno. Altrimenti ti ammorbo fino a domani mattina.
- Per carità. Sarebbe peggio che essere ubriaca.
- Andiamo, forza! Gli altri si saranno riparati qui intorno, da qualche parte, appena finiamo li raggiungiamo.
- Lo faccio solo per il bene dell'umanità.

Lui sorrise e fece un passo indietro, mettendo una mano sul portone a vetri dell'entrata.

- Allora, Cloe, entriamo?



***



Alla fine bevve 3 Drink.
Rum, Vodka, Sambuca.
Il Rum lo bevve in quattro tempi, atteggiando il viso in smorfie di disgusto e sentendo ogni sorso bruciarle nell'esofago, mentre accompagnava ciascuno di essi con dei sonori 'fanculo' all'indirizzo dell'amico che, dal canto suo, rideva come un ossesso.
O come un idiota.
La Vodka la buttò giù in 2 tempi, determinata a fare il meglio di se. Per questione di principio.
Però la prese alla fragola.
'Come i bimbi', sentenziò lui.
L'ultima, la Sambuca, gliela offrì il barista che li aveva serviti, lì al bancone.

- Come incoraggiamento alla più deliziosa neo-bevitrice che io abbia incontrato qui.

Aveva gli occhi azzurri e lo sguardo più arrapante che le fosse mai stato rivolto.
E un culo da favola.
Cloe afferrò il drink e lo buttò giù in un colpo solo.



***



- Siamo qui dentro da appena 10 minuti e già sei ubriaca. Vergognati!
- Senti, non sono ubriaca, ok?
- Ma se non riesci a reggerti in piedi!
- Ho giusto un piccolo problema di equilibrio, e la colpa non è mia, ma di tutta questa cazzo di gente che sta entrando ora! Non ci fanno uscire!
- Spintona un po', fatti forza dai, lascia passare me avanti!

Erano in fila per uscire dal locale. Era incredibile quanto il pub si fosse riempito, in 10 minuti che ci erano stati dentro. Il fiume di gente in entrata ricacciava continuamente indietro loro due, gli unici che invece volevano uscire.

- Comunque ho vinto io, testa di preservativo. Non è successo un cazzo!
- Sei palesemente brilla, e questo è già qualcosa. Ecco, dammi la mano e segui me, dai che ci siamo quasi!

Guadagnarono finalmente la porta d'uscita, riversandosi sul Corso gremito, come sempre, di studenti. L'aria fredda le schiaffeggiò il viso, e lei la inspirò a pieni polmoni, sentendo la testa che cominciava a girare pericolosamente.

- Hai perso, Cloe.
- Sono perfettamente lucida, ti ho detto! Vuoi vedere? Chiedimi le tabelline!
- Se non sei ubriaca ora, lo sarai tra qualche decina di minuti, fidati. Ma non è per questo, che hai perso.

Lei lo fissò interrogativa, chiedendosi se l'alcool avesse rintronato più lei o lui.
Mattia si portò al centro della strada, rovesciò il capo all'indietro e spalancò le braccia, nello stesso gesto che gli aveva visto fare poco prima.
E, con stupore, Cloe capì.
Aveva smesso di piovere.



***



- Ti rendi conto che sei steso a pancia in su sulle scale del Duomo, in pieno sabato notte, con centinaia di ragazzi che ti fissano, che sei senza giubbino e non hai le scarpe ai piedi?
- Il giubbino l'ho dato ad Andrea che schiattava di freddo, e le scarpe sono sotto le mie chiappe. Morivo di caldo.
- Ma se ci saranno appena un paio di gradi sopra lo zero!
- Ho bevuto, e poi lo sai che io ho sempre caldo.
- Te hai qualche problema ormonale o metabolico, oltre che mentale, Mat. E quando sarò laureata sarò io stessa a diagnosticartelo.

Lui sollevò la schiena e si mise a sedere, ridendo gioiosamente e sonoramente, di quella risata tipica di chi ha bevuto un po', ma è ancora perfettamente padrone di se stesso ed in grado di ragionare.

- Tu invece senti troppo il freddo. Vuol dire che non hai bevuto abbastanza.
- Hai un calzino bucato.
- Solo uno? Ma che diavolo, di solito se non sono bucati non li metto!



***



- Il punto è che un giorno, molto presto, rimpiangeremo di non poterli mettere più, i calzini bucati. Rimpiangeremo di non poterci più stendere a pancia in su sulle scale del Duomo, di non poter più ridere sotto il temporale.
Penseremo a quando avevamo 20 anni e passavamo le serate a zonzo, senza una meta, facendo le cinque del mattino tra un pub e l'altro, bevendo birra o giocando a freccette. Le chiacchiere in piazza, le amicizie strette sul prato del parco fumando il narghilè, o aspettando l’autobus, che non arriva mai. I concerti live, gli sconti studenti sul biglietto del cinema, il cineforum dell' Adisu, l'Unione degli Studenti, il corso di Teatro, la fila a mensa per il dolce che fa sempre schifo, urlare contro la segreteria che perde la verbalizzazione del tuo esame, e non un esame qualunque, il 30 e lode, cazzo! Le nottate passate tra caffé e libri, il vomitare la mattina dell'esame, l'imbucarsi alle feste a casa di amici degli amici di alcuni amici, il prendere per culo gli studenti delle altre facoltà. Portare il pallone in piazza ed improvvisarci una partita di calcetto, alle 3 di notte, con i ragazzi che passano.
Un giorno ci sveglieremo, avremo 40 anni e un lavoro, e magari avremo la cravatta o la divisa e una professione piena di responsabilità, una casa favolosa e..sai una cosa? Ci accorgeremo che ci mancano i jeans sdruciti e le Converse strappate, le case da studenti con i mobili improvvisati e dormire in quattro in un letto solo, in un groviglio di corpi confuso, che sa di scomodo ma che profuma di amicizia. Avremo in cantina il vino rosso d'annata, perfetto e costoso, e ci accorgeremo che ci manca il vino nero e rancido comprato alla Coop ad una manciata di centesimi per farci la festa di San Martino. Avremo il cane di razza e l'auto pulita, e rivorremo indietro il cagnetto randagio del collegio, quello che facevamo entrare di nascosto nel cortile, e la nostra Punto scassata sempre piena di calzini, di puzza di piedi e di libri.
Ricorderemo tutto ciò e, anche se saremo ormai contenti, sistemati, accasati, io so che, anche solo per un attimo, ne avremo nostalgia.
Ecco perché io non sono mai pessimista, Cloe: perché voglio ricordare questo periodo come il più bello e spensierato di tutta la mia vita.

Cloe lo fissava, in silenzio.
Non aveva mai smesso di guardarlo negli occhi.
Lui era ritto, in piedi, sulle scale del Duomo, con le scarpe in mano e le braccia aperte.
Attendeva una sua reazione, dubbioso e impaziente.

- Certo che ve ne insegnano di stronzate al corso di teatro, eh?

Lui saltò giù di un gradino, eccitatissimo.

- Come fai a dire che me lo hanno insegnato a teatro?
- Sarebbe un pensiero troppo profondo per essere tuo.
- Devi venirci pure tu, Cloe. Alcuni monologhi sono fortissimi! E sono bravo, ammettilo!
- Solo un pochino.



***



- Oggi hai bevuto ed ha smesso di piovere. Di solito è il contrario, hai notato? Quando succede qualcosa di insolito si esclama "mo piove", mica "mo smette di piovere!"
- E con questo?
- Magari la prossima volta che bevi, che bevi sul serio, succede qualcos'altro di strano. Di soprannaturale. Così finalmente cominci a crederci anche tu.
- Ad esempio cosa?

Parcheggiò l'auto e lei scese, affiancandosi al suo finestrino.

- Magari ti innamori di me.

Le sorrise un'ultima volta, poi, repentino come solo lui sapeva essere, mise in moto e partì via.
Lei aprì il portone del collegio, e in quel momento, qualcosa le colpì la fronte.
Aveva ricominciato a piovere.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Pseudomonas