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Autore: Laylath    12/02/2014    3 recensioni
Eppure a guardare più da vicino i ragazzi di quella realtà, ci si sarebbe accorti che le loro esistenze non erano così scontate: i piccoli grandi problemi dell’infanzia e dell’adolescenza a volte andavano ad intrecciarsi con situazioni difficili, dove spesso il legame con un amico fidato era la cosa migliore per poter andare avanti.
E spesso le persone più impensabili stringevano un forte legame tra di loro per uno strano susseguirsi di eventi, all’apparenza così normali… anche se poi viverli era tutt’altra cosa.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Team Mustang
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un anno per crescere'
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Capitolo 23. Rivelazioni sul passato. Prima parte.

 

Tutte le volte che aveva incontrato Heymans, Andrew non si era potuto permettere di osservarlo con attenzione: l’aveva fatto per tutta una serie di motivi, primo tra i quali rispettare la volontà di Laura di tenere nascosta al figlio la dura realtà che aveva circondato la sua nascita.
E in quanto genitore non aveva potuto che darle ragione.
Adesso, tuttavia, non c’erano più motivi per evitare quell’analisi: quasi le parole di Kain a proposito del nome Heymans fossero state profetiche, non erano passati nemmeno dieci giorni che era arrivato il momento di fare quel tanto atteso confronto.
 
Più lo guardava più si convinceva che aveva tantissimo dello zio materno.
Non ci aveva mai fatto caso: aveva sempre ritenuto che il ragazzo avesse la stazza di Gregor, ma per il resto somigliasse alla madre. Ma adesso, osservandolo seduto davanti a lui, con le mani posate nel tavolo, l’espressione troppo calma, gli parve di avere davanti Henry Hevans, la persona che lui considerava tuttora il suo migliore amico.
“Perché fai una domanda simile?” chiese con attenzione, senza distogliere gli occhi castani da quelli grigi del ragazzo. Perché anche se aveva quattordici anni, in quell’occasione andava trattato da adulto e lui era pronto a farlo.
“Mio fratello si chiama così per via di mio zio, vero? – disse Heymans con calma – Voglio sapere perché ho questo nome: mi serve un punto di partenza.”
Andrew lanciò un’occhiata a Laura, seduta accanto a lui, come a chiederle conferma.
La donna annuì e serrò le mani sul tavolo: quella conversazione le stava costando davvero tanto. Ma Andrew la conosceva bene e colse immediatamente anche la profonda determinazione che pervadeva la sua persona.
“Heymans Corel è un famoso ingegnere del secolo scorso: – disse dopo qualche secondo – ha costruito diversi edifici di East City, tra i più belli, e le sue opere di canalizzazione e contenimento dei fiumi hanno rivoluzionato la storia dell’ingegneria. E’ stata la personalità a cui mi sono ispirato durante l’università… ecco da chi hai preso il nome.”
“Un ingegnere?” chiese Heymans, fissando stordito l’uomo.
Mi chiamo così in onore di un… un ingegnere del secolo scorso?
“E Kain chi è? Un architetto?” non poté fare a meno di fare quel commento sarcastico.
Quella discussione stava partendo in un modo davvero inverosimile.
“No, è semplicemente il nome che mia moglie ha scelto quando portava il bambino in grembo, e anche a me piaceva molto.” fu la risposta gentile e garbata di quell’uomo.
“Mi scusi.”
“Lascia stare, – scrollò le spalle lui – può lasciare interdetti sapere che il nome l’ha scelto quello che per te è poco più di uno sconosciuto.”
“E a te piaceva?” chiese il ragazzo rivolgendosi alla madre.
“Certamente, – sorrise Laura – e a te piace?”
“Devo ancora capirlo…” ammise il rosso, squadrando con aria dubbiosa quella strana coppia.
E doveva ancora capire che sensazione gli provocava stare nel tavolo di cucina di casa Fury, con quei due adulti seduti davanti a lui, pronti a raccontargli avvenimenti del passato e a sciogliere tutti i dubbi che gli tormentavano la mente e l’anima da quando aveva ascoltato di nascosto quella conversazione.
“Heymans, ascolta – disse Andrew, passandosi una mano sui capelli castani, in un gesto molto simile a quello che faceva Kain – vorrei che tu capissi il motivo per cui prima di adesso non ti abbiamo detto nulla. E’ stata una scelta di Laura e io sono stato d’accordo con lei… ed è anche il motivo per cui è stato meglio che io non avessi contatti diretti con voi.”
“Mio padre?”
“Esatto… se hai sentito la discussione che abbiamo avuto la notte della festa, allora saprai che non nutro tanta simpatia per Gregor, tutt’altro. E la cosa è reciproca. Poco dopo la tua nascita la situazione sembrava stabilizzarsi e credemmo che fosse meglio che io uscissi di scena per non indisporre tuo padre… adesso sei grande, ma pensa se il mio nome ti sfuggiva quando eri bambino o se magari iniziavi a provare affetto per me e a cercarmi di conseguenza.”
“Certo, capisco…” annuì Heymans, comprendendo quale bomba sarebbe potuta esplodere dall’ingenuità di un bambino piccolo. Suo padre aveva una perversa gelosia nei confronti di sua madre: la voleva tenere segregata dal mondo, figuriamoci quanto poteva disturbarlo la presenza di un altro uomo.
“E poi la situazione era già abbastanza difficile: tua madre non voleva caricarti con i dettagli più tristi della storia, preferiva tenerli in disparte. Eri comunque un bambino nato cinque mesi dopo il matrimonio e la gente non avrebbe mai smesso di mormorare, bastava quello.”
Heymans ripensò a quanto gli aveva detto Jean nella discussione che avevano avuto la settimana precedente. Lui non aveva risentito di niente quando era piccolo: la protezione di sua madre aveva funzionato meglio del previsto. Ma a rifletterci col senno di poi, era tutto vero.
“Sua moglie lo sapeva?” chiese.
“Ellie all’epoca della tua nascita aveva sedici anni ed era da poco diventata la mia fidanzata. Lei e tua madre erano amiche e sapeva benissimo che io e lei eravamo in rapporti molto stretti e dunque non rimase sorpresa che io vivessi da vicino tutta la storia. Diamine, se penso a tutto quello che è accaduto in quei mesi, mi pare un miracolo che ora sia mia moglie…” disse quell’ultima frase con sincera e colpevole sorpresa. Era davvero strano poter parlare per la prima volta liberamente di tutta quella storia, senza dover nascondere dettagli o particolari, anzi con il preciso obbiettivo di dire tutto il possibile. E se la cosa suscitava difficoltà in lui, per Laura doveva essere ancora peggio.
“Coraggio, amica mia – disse, sfiorando la spalla della donna con mano gentile – credo che farà bene a tutti, persino a te… anzi, forse soprattutto a te.”
 “Va bene – sospirò Laura, alzando lo sguardo su Heymans e cercando di riordinare le idee – forse la prima cosa da dirti è chi era Henry Hevans. Era mio fratello maggiore, quattro anni più grande di me… lui ed Andrew erano grandi amici. Gli assomigli, sai? La sfumatura arancione dei tuoi capelli è identica alla sua così come il colore degli occhi… ma soprattutto hai molto del suo carattere, a volte è davvero sorprendente quanto gli assomigli. Persino la tua voce sta iniziando a diventare come la sua.”
“E dov’è adesso?”
“E’ morto nel fronte contro Aerugo circa due mesi dopo che sei nato tu: era un sergente dell’esercito.” fu una dichiarazione fatta con un tono di voce piatto, ma per questo incredibilmente pesante, come una lapide.
“Non c’è alcuna tomba al cimitero.”
“Heymans, – spiegò con gentilezza Andrew – le granate possono… distruggere il corpo di una persona. L’esercito provvide solo a restituire le piastrine di metallo con il suo nome ed il suo codice di identificazione.”
Ed era assurdo quanto parlare di quelle cose potesse riportare alla memoria le scene vissute anni prima.
 
“Laura? Laura che cosa è successo? Perché sei venuta qui con questa pioggia…col bambino poi! Gregor ti ha fatto qualcosa?”
“Mio fratello! Mio fratello… Andrew, ommiodio, mio fratello!” singhiozzò la donna, stringendo tra le mani un foglio di carta.
Non la ascoltò nemmeno, intento com’era a farla entrare e a prendere il neonato, avvolto in una copertina, e posarlo con gentilezza sopra il divano. Dormiva serenamente, una piccola manina stretta a pugno proprio davanti alla bocca.
“Laura, calmati! Sei fradicia… ma che è successo?”
“E’ arrivata poco fa…ommiodio, perché?”
Una lettera stropicciata per la pioggia e la stretta convulsa… condoglianze formali dell’esercito per il decesso in battaglia del sergente Henry Hevans… in data dieci settembre 18… Considerate le circostanze… impossibilità di restituire il corpo alla famiglia.
“No… no! Laura, Laura, ti prego, stai calma… Henry non vorrebbe… lui non… Dannazione!”
 
“Mamma, se vuoi che smettiamo dillo…” disse Heymans, vedendo come il volto di Laura si faceva pallido e gli occhi si inumidivano per le lacrime.
“No, va tutto bene. Semplicemente non è facile riparlarne dopo tanto tempo.”
“Ti… ti fa male che io ti ricordi tanto mio zio?”
“No, non sai quanto la cosa mi renda felice: – il sorriso fu sincero – lui sarebbe veramente fiero di avere un nipote come te. Mi dispiace solo che non ti abbia potuto nemmeno conoscere: venne chiamato al fronte che mancavano una quindicina di giorni alla tua nascita.”
“Che tipo era?” chiese Heymans, incuriosito da questa figura.
“Un grande uomo ed un amico fantastico – disse Andrew senza alcuna esitazione – sai, fu uno dei migliori in Accademia. In paese erano tutti molto fieri di lui perché è raro che qualcuno entri nell’esercito. Ma a prescindere da questo era una delle persone più gentili che io abbia mai conosciuto: guardando te arruffare i capelli a Kain mi sembra di rivedere noi due alla vostra età. E poi adorava tua madre – e sorrise in direzione di Laura – avrebbe fatto di tutto per la sua amata sorellina. Alla fine era naturale per noi tre stare sempre assieme.”
Heymans annuì e per un attimo si ritrovo a pensare che tutto sommato, non era una situazione molto dissimile al terzetto che formavano lui, Jean e la sorella e…
Heymans, tu sei il mio fidanzatino…
“Oh… oh cavolo… cavolo, mamma! Ma voi due eravate… insomma a te piaceva lui?” balbettò senza nemmeno rendersene conto. Ma si morse subito la lingua: che razza di domande andava a fare?
“Che? – Laura lo guardò perplessa ma poi scoppiò a ridere – Oh no, amore. Io ed Andrew non siamo mai stati fidanzati: per me è sempre stato come un secondo fratello, tutto qui.”
“Non ti nego che Henry qualche volta aveva accennato ad… incoraggiaci in quel senso – ammise Andrew – ma non avrei mai potuto…”
“Lui era già cotto di Ellie – e Laura sembrava una ragazzina smaliziata mentre diceva quelle parole che facevano arrossire l’altro – sin da quando lei aveva quattordici anni.”
Heymans non poté far a meno di lasciarsi coinvolgere da quell’imbarazzata allegria che quel piccolo malinteso aveva creato. E sembrava così assurdo che una situazione di partenza così idilliaca si potesse trasformare in una storia triste.
 
“Quella ragazzina che ti viene a prendere alla stazione? Ah, Ellie, vero? Abbiamo fatto colpo, eh?”
“Laura, smettila…”
“Andrew Fury è innamorato,
come una pera dall’albero è cascato…”
“Non è divertente, smettila di cantare quella canzoncina da bambini. Lei ha quattordici anni, diamine.”
“Oh, finiscila: se viene a prenderti alla stazione un motivo ci sarà, no? E tu ne sembri particolarmente felice! Che carini!”
“Sto iniziando a pentirmi di averti raccontato queste cose…”
 
“Forse è un particolare che potrei tacere – continuò Laura – ma… io incontrai tuo padre il giorno stesso che Andrew per la prima volta chiese ad Ellie di ballare con lui, alla festa del primo dicembre.”
Heymans annuì: non lo sorprendeva che a quella festa si potessero alternare momenti felici ad altri non proprio sereni. Ed il riferimento a Gregor bastò a far tornare di nuovo cupa l’atmosfera: adesso la storia lasciava la spensieratezza dell’adolescenza per entrare nella tormentata parte dell’età adulta.
Laura sospirò e si guardò le mani, con aria rassegnata.
“Avevo diciannove anni e… ed oggettivamente ero una stupida. Indossavo un vestito che mi ero fatta completamente da sola e che tutte mi invidiavano e… ed ero così al centro dell’attenzione che… non… non mi era mai capitato che i ragazzi fossero così attratti da me.”
Heymans annuì e pensò a quanto Riza si sentisse speciale con quell’abito nuovo.
Ma lei non… non potrebbe mai…
“All’epoca in paese c’era una squadra di operai venuti da fuori: si stavano occupando di alcuni lavori alla linea ferroviaria che sarebbero durati per alcune settimane. Alloggiavano in paese ed era normale che partecipassero alla festa: tuo padre era uno di loro…”
Heymans con la coda dell’occhio notò che Andrew si era incupito e teneva lo sguardo sul tavolo.
“Beh, quando sei una sciocca ragazzina vanitosa e ti senti così grande da bere anche qualche bicchiere di vino per dimostrare a tutti quanto sei adulta… ti dici anche che i soliti ragazzi non vanno più bene, no?”
Andrew a quel punto mise una mano sulla spalla di Laura.
“Direi che il resto il ragazzo lo può capire da solo. Questa parte della storia è solo tua, Laura…”
Heymans abbassò lo sguardo con tristezza: certo che capiva cosa era successo e l’idea di sua madre così… sciocca e sconsiderata gli dava enormemente fastidio. Era come pensare ad una persona completamente diversa, un’altra Laura di cui aveva sempre ignorato l’esistenza.
“E… e quando l’hai scoperto che è successo?” chiese con esitazione.
“Fu… fu quasi due mesi dopo. Mio dio, fu una cosa così… così…”
 
“Incinta? Incinta?!”
Lo schiaffo riecheggiò nella stanza ed Henry si mise immediatamente davanti a lei per evitare che loro padre andasse oltre. Perché ovviamente l’aveva detto prima a suo fratello che ai genitori.
“Svergognata! Come hai potuto!? E chi è quel maledetto che ti ha messo in questo guaio? Andrew?”
“No… no, mamma…” proprio non riusciva a fermare le lacrime.
Già era stato devastante scoprirlo… come poteva confessare chi era il padre?
“Avanti, disgraziata! Parla!
“Si… si chiama Gregor…”
“Gregor? E chi sarebbe?”
“Mamma, papà, per l’amor del cielo, calmatevi. Non vedete che è stravolta?”
“Smettila di difenderla, Henry… avanti, ragazzina, parla. Chi è questo poco di buono?”
“Uno… uno degli operai… che lavorano…”
“Ma sei impazzita? Mia figlia! Una Hevans che si concede a uno di quei forestieri? Sei una sgualdrina!”
 
“I tuoi nonni… erano persone molto all’antica. Non furono per niente contenti quando lo vennero a sapere.”
“Che ti hanno fatto?” Heymans puntò gli occhi grigi su di lei e Laura si rese conto di avere davanti Henry che le chiedeva chi l’avesse messa in questo guaio: nessuna accusa, solo l’esigenza di proteggerla.
“Fisicamente niente, eccetto uno schiaffo iniziale – la voce di Laura si fece esitante, mentre il ricordo di quei tremendi momenti di paura la attanagliava – ma… ma a parole fecero tanto. Se non fosse stato per mio fratello credo che fosse loro intenzione buttarmi fuori di casa.”
C’è un solo posto in città per quelle come te, puttanella! Da questo momento io ho un solo figlio.
“Non lo fecero… vero?”
“No. – scosse il capo lei – Henry disse chiaro e tondo che se mi disconoscevano allora potevano scordarsi di avere anche un altro figlio. Loro… loro adoravano Henry, era l’orgoglio della famiglia e mia madre non avrebbe mai sopportato di perderlo. Dovettero piegarsi a quel ricatto emotivo… ma io venni confinata in camera mia: dovevo nascondere al paese la mia vergogna.”
“Dopo quelle urla? – commentò sarcasticamente Andrew – Lo vennero a sapere tutti nell’arco di poche ore. Tuo padre è proprio un bel personaggio… non che tua madre lo sia meno.”
“Ma sono vivi?” chiese Heymans.
“Non lo so, ma è una parte che arriva dopo… è meglio proseguire con ordine.”
“Va bene, scusa mamma.” annuì il ragazzo: si stava rendendo conto che quello sfogo stava diventando una necessità per la donna. Era come se ricordare ogni singola tappa la liberasse di un peso.
“Non dicemmo niente a tuo padre, non ancora. Ad Henry non piaceva per niente e… e si era imposto di cercare la soluzione migliore a quella faccenda. Che abortissi era fuori discussione, non osò nemmeno chiedermelo e mai l’avrebbe fatto. Quando i miei, dopo qualche giorno di mutismo, misero l’aborto come condizione per restare a casa, lui divenne una furia… ed il discorso non venne mai più accennato.”
“E come… come pensava di risolverla?” chiese Heymans, anche se aveva già intuito.
Laura si girò verso Andrew e lo fissò in silenzio.
 
“Cosa?”
“Sì, sposarla, hai capito bene!”
“Henry, ma io…”
“Le vuoi bene, tantissimo bene: so che non è amore, Andrew… ma sono sicuro che saresti un ottimo marito per lei. Ti darebbe tanto fastidio crescere un figlio non tuo?”
“Sai bene che non sono il tipo da prendermela un bambino innocente, specie se è figlio di Laura, ma…”
“E allora? Sarebbe perfetto! State bene insieme, non lo capisci? E questo bambino avrà il tuo cognome, senza che Laura debba finire in mano a quel maledetto…”
Andrew deglutì nervosamente: voleva bene a Laura e tutto quello che desiderava era aiutarla in quella maledetta situazione in cui si era cacciata. Sposarla poteva davvero essere la soluzione migliore: i suoi non erano così chiusi di mente e di certo avrebbero accolto con benevolenza sia la madre che il bambino. E anche se non l’amava lui avrebbe potuto essere un buon marito e un buon padre per il nascituro… era figlio di Laura del resto e lui gli voleva già bene, come avrebbe potuto essere il contrario?
Ma c’era Ellie…
“Henry… no, non puoi chiedergli questo.”
“Laura, ma che dici?”
“C’è già Ellie nel suo cuore… non può pagare per un errore mio.”
“Ellie capirà, andiamo! E’ una ragazzina di appena sedici anni! Qui stiamo parlando di dare una famiglia decente a questo bambino e a te!”
 
“Heymans, ti chiedo scusa; – disse Andrew con tristezza – credimi, se non ci fosse stata Ellie non ci avrei pensato due volte ad accettare la proposta di Henry. In tutti questi anni il mio rimpianto è stato di non esser stato un marito per lei ed un padre per te: avrei reso le cose più semplici per tutti voi…”
“Ma c’era Ellie e lei non meritava tutto questo e nemmeno tu – disse Laura – e poi è nato Kain, ed io ho avuto Henry. Davvero sarebbe stato giusto sacrificare loro due?”
“Non lo so – scosse il capo l’uomo – forse in quell’occasione nessuna decisione fu veramente giusta.”
“In ogni caso – continuò Laura – a quel punto fu necessario dirlo a Gregor, anche se probabilmente qualche voce l’aveva già raggiunto. Io ed Andrew non sappiamo cosa successe esattamente: fu Henry a voler parlare con lui e non volle mai dire niente in merito. Ricordo solo che quando tornò a casa era veramente furioso, ma mi disse che aveva acconsentito a sposarmi.”
 
“Bene, complimenti Laura… uno splendido matrimonio. Ancora non ci posso credere, che vergogna!”
“Mamma, finiscila.”
“Mi chiedi di finirla? Con tua sorella che sposa uno sconosciuto? Chi è questo Gregor Breda? Non sappiamo niente della sua famiglia: per quanto mi riguarda potrebbe essere un brigante vagabondo e considerato quello che ha fatto a questa sciagurata penso di essermi avvicinata alla verità.”
“Il bambino nascerà all’interno di un matrimonio: avrà un cognome, non sarà un bastardo.”
“Come se contasse qualcosa… sappiamo tutti che nascerà molto in anticipo rispetto alle nozze. La rispettabilità di Laura e della famiglia ormai è andata. Contenta ragazzina? Goditi il tuo nuovo marito… spero che ti riempia di botte come meriti.”
“Mamma, ti ho detto di smetterla!”
“Oh, Henry, figlio mio, ma perché devi prenderti tanto tormento per lei? Dopo il guaio in cui ci ha messo?”
 
“Le nozze sarebbero state celebrate due settimane dopo: era l’inizio di marzo ed io avevo appena cominciato il quarto mese di gestazione… ed è stato allora che ho tentato il suicidio.”
Heymans annuì e allungò la mano per afferrare quella della madre: la stretta fu convulsa e disperata. Sicuramente era la parte peggiore della storia.
“Mamma, io sono qui…”
“Lo so, grazie al cielo ci sei… e in qualche modo ci sei stato anche in quel momento.”
 
Le piogge di quei mesi avevano fatto ingrossare il fiume. Non si ricordava di averlo mai visto così pericoloso in vita sua… ma che poteva fare? Non voleva sposarlo, non voleva una vita con una persona che conosceva appena. Henry l’aveva convinto senza dirle niente, ma del resto l’alternativa era di finire al locale di prostitute con un bambino bastardo.
Ma quella persona…che padre sarebbe stato uno che sicuramente non voleva avere figli?
Qualunque cosa succedesse era condannata: la sua vita era finita.
La disperazione l’aveva portata alla scelta di quel gesto estremo: dato che stava creando tutti questi problemi tanto valeva farla finita…
Il fiume rombava e la pioggia quella notte sembrava più violenta del solito.
In lontananza iniziava a sentire la voce di Henry: ovvio che aveva scoperto la sua fuga.
Si trattava solo di qualche passo su quel pontile… il fiume avrebbe fatto il resto.
“Coraggio…”
Si toccò inconsapevolmente il ventre: iniziava a gonfiarsi, adesso poteva cominciare a sentirlo. Era troppo presto, ma…che era quella minima sensazione di movimento? Durò nemmeno un battito di cuore, ma bastò per renderla per la prima volta perfettamente consapevole che dentro di lei c’era una nuova vita…
“Non posso! Non posso! Cielo… cielo, piccolo mio, perdonami!”
“Laura! Laura, che diamine fai? – le braccia di Henry che la stringevano – Che ti salta in mente?”
“Non posso! E’ il mio bambino! E’ mio figlio!”
 
“Henry mi riportò a casa, senza dire niente ai miei genitori: nei giorni successivi stetti parecchio male per il freddo che avevo preso e lui rimase vicino a me quasi sempre, vezzeggiandomi come una bambina. Non disse mai la parola suicidio, non mi chiese spiegazioni: forse aveva capito che non avrei mai più tentato un gesto simile. In ogni caso, io e Gregor ci sposammo il giorno stabilito, il 15 marzo del 1882: fu una cosa molto rapida e discreta, ovviamente. Ci trasferimmo nella casa dove viviamo attualmente: era di alcuni nostri parenti ormai morti i cui figli erano andati a vivere ad East City e che furono felici di liberarsene… ”
“Come è stato vivere con papà? – chiese Heymans – Era… era diverso da come è adesso?”
Anche se proprio non riusciva ad immaginarlo.
“Heymans, tuo padre non è una persona malvagia…”
“No?” chiese Andrew con sarcasmo, una cosa davvero insolita.
“No, Andrew – scosse il capo lei – considera la sua situazione: trovarsi obbligato a sposare una perfetta sconosciuta che durante una festa si è concessa a lui. Scoprire di avere un figlio in arrivo e di dover stare in un paese dove ovviamente avrai l’ostilità di tutti. Aveva tutte le ragioni del mondo per non essere felice…”
“Non sei rimasta incinta da sola, Laura. Se avesse avuto maggiore maturità, e dato che ha dieci anni più di te me lo sarei aspettato, non ti avrebbe mai sfiorata alla festa.”
“In ogni caso non fu facile: eravamo due estranei sotto lo stesso tetto, per giunta con l’ombra di Henry che gravava sopra di noi, pronto ad intervenire alla minima problematica. Era oggettivamente una situazione di continua pressione… e sai bene come tuo padre tende a sfogare queste cose.”
“Già…”
“Ora che vivevo con mio marito, i miei genitori avevano smesso qualsiasi contatto con me e anche tutto il paese faceva finta che non esistessi, eccetto poche eccezioni come Andrew… ero praticamente chiusa in casa, specie quando la gravidanza divenne davvero evidente. E la cosa continuò così fino a quando, il 5 luglio, tuo zio venne richiamato dall’esercito: si era da poco riaperto il fronte contro Aerugo e il suo plotone venne riformato per andare in guerra.”
 
“Mi dispiace di non essere qui per quando nascerà il piccolo. Promettimi che farai da brava, sorellina, mh?”
“Scrivimi, mi raccomando…”
“Ehi, abbracciarti con questo pancione è davvero difficile. Non vedo l’ora di sapere di mio nipote.”
“Henry, non hai idea di quanto mi mancherai.”
“Sarà solo per qualche mese, massimo sei… poi ci sarà il ricambio delle truppe, come al solito.”
“A presto, amico mio.”
“Te la affido, Andrew Fury… prenditi cura di lei.”
“Lo farò, stai tranquillo.”
“Andrew… perdonami per quando ti ho chiesto di sposarla. So che poi sono stato abbastanza freddo con te per diverso tempo. Per tutto quello che hai fatto e ancora fai per me e Laura… non credo di aver avuto mai amico migliore.”
“Oh, Henry, non devi scusarti per delle cose simili, sul serio.”
“Facciamo così, per farmi perdonare, quando tu ed Ellie vi sposerete, e non penso che dovremo aspettare tanto, ti faccio da testimone.”
“Affare fatto!”
“Adesso vado, il treno sta per partire… se lo perdo dovrei aspettare altri due giorni e l’esercito non ne sarebbe felice.”
 
“Nel momento in cui Henry andò via, mi presi la responsabilità di tua madre e di te, che stavi per nascere. Non volevo che i tuoi nonni o Gregor approfittassero della sua assenza per infierire in qualche modo… anche se oramai la situazione era più o meno stabile e definita.”
“E che è successo quando sono nato? Quella storia che mia nonna…” Heymans non proseguì e scosse il capo. Forse era quella la parte che lo sconvolgeva di più: poteva capire l’indifferenza o i pregiudizi degli estranei, ma l’odio da parte dei suoi stessi nonni, no. Paradossalmente gli veniva più facile accettare un eventuale odio di suo padre.
“Sono entrata in travaglio che erano le otto di sera – spiegò Laura – tuo padre non c’era ed io ero sola in casa. Ma Andrew passava ogni giorno verso quell’ora per vedere se andava tutto bene…”
“Corsi immediatamente a chiamare il medico e poi andai a chiamare tuo padre… maledetto, era così ubriaco che nemmeno capiva quello che gli dicevo…”
 
Non doveva esserci lui fuori da quella stanza dove Laura stava urlando come una disperata.
Doveva esserci suo marito, i suoi genitori, suo fratello… tutti meno che lui.
“C’è la madre della ragazza? Servirebbe una mano qua dentro…” fece il medico uscendo fuori.
“No, non c’è…”
Per poco non gli avevano sbattuto la porta in faccia quei due maledetti: non gli importava niente se la loro figlia stava affrontando il parto tutta da sola. Si ripromise di non diventare mai come loro… mai un suo eventuale figlio si sarebbe trovato la porta chiusa in quel modo, nemmeno se avesse compiuto il peggior reato del mondo.
Un nuovo grido di Laura, ancora più straziante.
“Va bene… va bene! Ellie, scusami… ti giuro che non guarderò niente! Ma non posso lasciarla sola.”
Tenne lo sguardo alla parete fino a quando non fu accanto a Laura: le prese la mano e la guardò in faccia… non avrebbe abbassato lo sguardo oltre il viso di lei. Per rispetto a Laura e soprattutto ad Ellie…
“Non ce la faccio! Andrew!”
“Andiamo Laura! Ci sono io con te, coraggio! Andrà tutto alla perfezione!”
“Dio… dio fa così male…”
“Fatti forza… tra poco terrai tra le braccia il tuo bambino, ci pensi?”
E comunque la stretta di una donna in preda al travaglio faceva davvero male. Ma strinse i denti, nonostante quelle unghie conficcate nel suo polso. Continuò a sostenerla ed incitarla… fino a quando…
Un urlo di protesta si unì a quello che Laura lanciò nell’ultima disperata contrazione.
“E’ un maschio! Complimenti, signora!”
“Mio figlio… mio figlio…”
C’erano nuove lacrime nel viso di Laura, ma erano di gioia: il medico le mise sul petto il neonato ancora urlante e sporco di sangue e Andrew vide finalmente il volto dell’amica distendersi in un sorriso estatico mentre abbracciava il piccolo.
“Sei perfetto… amore mio, sei qui… sei qui…”
Ed era incredibile come la voce di una madre potesse calmare un bambino.
 
“Andrew è stato in quella stanza per tutto quel tempo, credo che il suo polso abbia avuto un bel livido per qualche giorno.” Laura guardò l’uomo con sincero affetto e gratitudine.
Heymans non sapeva come commentare: non poteva pensare che quell’uomo, quell’estraneo, fosse stato così vicino a sua madre… e avesse assistito alla sua nascita. Ma un pensiero gli attraversò la mente:
Sì, avrei voluto che fossi tu mio padre…
“E senza nemmeno sapere come mi sono trovato a doverti dare un nome…” proseguì Andrew.
 
Quanto poteva essere incredibile tenere in braccio quella nuova vita?
Lo guardava affascinato: era nato da una decina di minuti eppure già gli occhi chiari lo fissavano con estrema curiosità. I ciuffi sulla testolina erano rossicci, chiara eredità materna.
“Ehi… finalmente ci conosciamo. Tre chili e mezza, siamo belli grandi…”
“E’ in ottima salute, così come la madre: non è stata una passeggiata ma è andato tutto a meraviglia.”
“Grazie dottore, sul serio…”
“Tornerò domani a visitarla, signora. Adesso pensi a riposarsi.”
“Ehi… Laura… Laura, è bellissimo. Quando Henry lo saprà ne sarà felicissimo! Come vuoi chiamarlo?”
“Vorrei che gli dessi tu il nome.”
“Che? Ma no! Non posso; non l’avevi già deciso? E’ una cosa importante, spetta a te…non posso levarti questo privilegio.”
“Andrew Fury, non so cosa avrei fatto senza di te. Assieme ad Henry sei l’unica persona che mai mi ha abbandonato… e stasera hai ancora una volta dato dimostrazione di che meraviglioso amico sei. Dagli un nome, ti prego, ci terrei davvero che il mio piccolino avesse un simile regalo da te.”
Il bambino, avvolto nella copertina, prese a ciangottare dolcemente, agitando il pugnetto contro di lui. Non poteva fare a meno di restare incantato da quell’espressione così innocente e vispa.
“Heymans ti piace? E’ stato un ingegnere importante, sai? Chissà, magari farai grandi cose come lui. Di sicuro per me è stato di grande ispirazione… e se poi crescendo vuoi fare di tutto meno che l’ingegnere fa niente, non penso sia un problema.”
“Heymans? Mi piace…”
“Proviamo: ehi, Heymans? Ah, vedi? Mi guarda… allora affare fatto, ragazzo mio. Adesso però credo che sia giusto che tu torni tra le braccia di tua madre.”
 
I due adulti si sorrisero e Laura prese la mano di Andrew baciandola con gratitudine: un gesto privo di qualsiasi doppio senso, indicante solo una cara e sincera amicizia. Heymans si accorse di non provare nessun fastidio: la figura di quell’uomo stava entrando piano piano nella sua vita, senza turbarlo minimamente. Un po’ come era successo con Kain.
Era incredibile, ma nonostante fosse una storia davvero difficile, era come se questi momenti di serenità riuscissero a farsi spazio concedendo ai protagonisti, e anche a lui, attimi di tregua. L’emozione con cui sua madre e quell’uomo gli avevano raccontato della sua nascita lo fece sentire incredibilmente amato, come mai era successo. A questo punto dei suoi nonni gli importava davvero poco.
Ma non dimenticare perché siete qui: dovete arrivare fino in fondo.
Aveva iniziato a capire a cosa fosse dovuto l’atteggiamento di suo padre: questi nuovi elementi di cui era venuto a conoscenza stavano iniziando a trovare la spiegazione ad un rompicapo contro cui stava combattendo da tempo.
“E poi? Che è successo?” chiese con serietà.
  
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