Capitolo 3
Quella mattina Taichi dovette raccogliere tutto il suo coraggio per
entrare in
classe e strisciare fino agli ultimi banchi.
Una ragazza lo guardò sorpresa. Aveva capelli ramati che le
sfioravano le
spalle e dolci occhi del medesimo colore. Il suo corpo era ben
proporzionato,
degno di una giocatrice di tennis e come tale portava la gonna corta
con
disinvoltura. Era molto carina.
Il ragazzo si portò un dito alla bocca, con fare
supplichevole, e lei sorrise
divertita. Lui proseguì, ma un attimo dopo venne ripreso da
una voce che gli
fece accapponare la pelle.
-
Alzati,
Tai. Non avrai veramente pensato
di
passare inosservato in quel modo, vero? –
-
Ehm,
buongiorno Yamato, bella giornata, non trovi? –
-
Affatto.
– rispose l’altro.
“Accidenti,
è già di malumore!” pensò
Taichi, maledicendo la sua sfortuna “Ora mi mangia,
ora mi mangia!”
-
Ecco…
per l’altro giorno… ehm…mi dispiace di
non essere venuto! – piagnucolò tutto
d’un fiato – Lo so, avrei dovuto avvertirti, ma
è successo un imprevisto e… -
-
D’accordo,
non parliamone più. –
Silenzio
stupito.
-
Sicuro
di stare bene? – strabuzzò gli occhi Taichi.
-
Per
niente. – disse l’altro, atono.
-
Ma
che gli prende? Sora, tu ne sai qualcosa?–
bisbigliò rivolto alla ragazza.
-
Non
ne ho idea. – rispose, facendo spallucce.
Evidentemente
Yamato aveva sentito la conversazione, perché
sbottò:
-
Ieri
sera ho conosciuto la persona più odiosa di questo mondo!
–
-
Davvero?
– fece il bruno – Anch’io
ieri… - ma non terminò la frase perché
venne
richiamato dall’insegnante.
-
Taichi
Kamiya! Nel caso non te ne fossi reso conto, il tuo insegnante ha
appena fatto
il suo ingresso. Se entro tre secondi non ti vedo seduto al tuo posto
potrei
passare la prossima ora in piedi. Nel corridoio. Di fronte alla porta
del
preside. –
In
un lampo il prescelto del Coraggio prese posto di fianco
all’amico.
-
Bene.
– gli lanciò un’occhiata di ammonimento
il professore – Ora vorrei presentarvi
una nuova studentessa. Si è trasferita nella nostra
città solo pochi giorni fa
e frequenterà l’ultimo anno insieme a voi. Vi
prego di non farmi fare brutta
figura. Entri pure, signorina Kitamura. –
La
porta si aprì e una figurina fece il suo ingresso. Indossava
la divisa verde,
composta da gilet, camicetta, cravatta rossa e gonna a pieghe. La
camicia
bianca a maniche corte lasciava scoperte le braccia candide e il
corpetto le
fasciava delicatamente il busto. Ai piedi calzava le scarpette nere che
utilizzavano tutte le allieve, abbinate a un paio di calzini candidi.
-
Piacere
di conoscervi! Mi chiamo Rumiko Kitamura e spero che andremo
d’accordo! –
recitò come da copione, sorridendo amabilmente.
-
Non
ci posso credere. – borbottò fra sé
Yamato, per poi sobbalzare quando il
prescelto del Coraggio scattò in piedi come una molla.
-
Rumiko!
–
-
Oh,
Taichi, sono felice di rivederti!.–
-
Anch’io,
ma non sapevo che ti fossi iscritta nella mia scuola. –
-
Per
forza non lo sapevi…visto che non te l’ho detto.
–
Qualcuno
sghignazzò e il ragazzo le sorrise gioioso, destando una
vena d’invidia in più
di un compagno. Dopo un’altra strigliata a Taichi, il
professore invitò la
ragazza a sedersi e lei si posizionò in prima fila,
nell’unico posto libero.
-
Quando
ti ho detto di non esser potuto venire per un imprevisto –
sussurrò a Yamato
una volta tornato a sedersi – mi riferivo a lei!
L’ho conosciuta ieri, pensa
che è una tua vicina di casa! È una fortuna che
sia venuta proprio in questa
scuola! Poi te la voglio presentare! –
-
Non
ce n’è bisogno. – disse il biondo con
una smorfia.
-
E
perché scusa? Non è il tuo tipo? –
-
Decisamente
no. –
Detto
ciò si girò dall’altra parte e non
spiccicò più parola per il resto
dell’ora.
“Grandioso!” pensò frustrato
“La mia peggior nemica ha conquistato il cuore del
mio miglior amico!”
Ma
aveva la spiacevole sensazione che i suoi guai fossero appena
cominciati.
Appena suonata la campanella del cambio d’ora, Taichi ne
approfittò per
avvicinarsi al banco della ragazza, sotto gli occhi stupiti, curiosi e
forse
anche un po’ invidiosi dei compagni.
-
Allora?
Come ti è sembrato il prof di filosofia? –
-
Soporifero.
– rispose soffocando uno sbadiglio – Si limita a
leggere i paragrafi del libro,
nessun commento, nessun dibattito… E dire che una volta
filosofia mi piaceva! –
-
Dici
sul serio? Accidenti, non ti facevo così studiosa!
–
-
Infatti
non lo sono. Però credo che sia una materia interessante, se
fatta come si
deve. –
-
La
penso allo stesso modo. – intervenne Sora.
-
Ah,
lei è Sora Takenouchi! –
-
Piacere!
–
-
Piacere
mio, Sora. Sei la sua…? –
-
No,
no! – si affrettò a smentire il giovane
– Lei sta con Yamato! –
-
Yamato?
– aggrottò la fronte.
-
Sì,
Yamato Ishida, il tuo vicino di casa. Forse vi siete già
incontrati… –
-
Sì,
ci siamo… incontrati. –
-
Ottimo,
allora non serve fare le presentazioni. Yamato, vieni qua un secondo!
– lo
chiamò.
Seppur
con riluttanza, il giovane li raggiunse, fermandosi davanti a lei con
le mani
affondate nelle tasche dei pantaloni.
-
Ciao
Yamato. – lo salutò, tranquilla – Mi fa davvero
piacere che siamo in classe insieme. Sono sicura che
ci…divertiremo. – sorrise.
-
Lo
penso anch’io. –
Nessuno
poteva immaginare quanto.
Le ore della mattinata trascorsero in fretta. Durante
l’intervallo Taichi si
offrì di fare da chaperon alla ragazza. Le vennero
presentate molte persone,
prevalentemente ragazzi di cui, inutile dirlo, dimenticò
subito i nomi. L’unico
su cui il bruno parve soffermarsi un po’ di più
era un giovane che frequentava
il secondo anno, con una zazzera rossa sul capo, sopracciglia folte e
occhi
scurissimi e attenti. Le era stato introdotto come un genio
dell’informatica,
nonché suo buon amico, e Rumiko l’aveva salutato
calorosamente. Lui era
arrossito leggermente e la studentessa gli aveva sorriso, deliziata da
quel suo
comportamento timido e un po’ impacciato che lo rendeva,
almeno a suo avviso,
estremamente carino. Eppure sembrava che non riuscisse a capacitarsi di
poter
piacere a una ragazza e questo lo portava a distogliere subito lo
sguardo.
“Strano che due persone così diverse siano tanto
legate.”
D’altronde anche l’amicizia con Yamato aveva
dell’incredibile, dato che lui e
Taichi le parvero fin da subito del tutto incompatibili, come due
protoni che
si respingono a vicenda poiché similmente carichi.
Inizialmente
aveva maledetto la sua sfortuna, che gliel’aveva fatto
trovare persino a
scuola, ma poi aveva cambiato idea: quella spiacevole circostanza
poteva
rivelarsi un utile mezzo per la sua rivincita. Aveva deciso che
l’avrebbe
osservato attentamente, per carpirne tutte le informazioni possibili,
senza
fretta. In fondo la vendetta era un piatto da consumare freddo.
Camminando per i corridoi, la giovane poté farsi
un’idea più chiara delle
circostanze. Sembrava infatti che una buona percentuale di ragazzi
vedesse in
Yamato l’ideale dell’uomo duro e vero, che ha tanto
successo con le donne
quanto sulla scena musicale. Inutile dire che le ragazze stravedevano
per lui,
tanto da aver formato un fan club all’interno della scuola.
Non se ne stupì, dato il soggetto in questione. Non troppo
alto, aveva un
fisico da modello. Sulla carnagione lievemente abbronzata spiccavano
due occhi
azzurri dallo sguardo tenebroso. I capelli biondi tagliati
all’ultima moda
erano lunghi sulla nuca e scalati ai lati, con una grande ciocca,
anch’essa
sfilacciata, che gli ombreggiava il volto. I tratti del viso erano
marcati,
senza per questo apparire rozzi, e quell’aria da lupo
solitario lo rendeva
ancor più affascinante. Anche i suoi modi di fare avevano un
certo stile, per
non parlare del modo in cui portava quella divisa. Probabilmente
avrebbe
indossato con classe anche una camicia da notte! O almeno queste erano
le
opinioni delle sue ammiratrici.
Personalmente lei lo riteneva una persona detestabile, con quel suo
sguardo
tagliente e derisorio e quel suo modo di fare quasi sprezzante, come se
si
ritenesse al di sopra di tutti.
Inaspettatamente, però, sembrava che anche Taichi
riscuotesse un certo
successo: capitano della squadra di calcio, aveva vinto molte partite e
si era
guadagnato la stima e l’ammirazione di molti studenti. Tra i
più giovani che
facevano parte di gruppi sportivi pareva fosse un mito!
Probabilmente, ragionò, questo era dovuto anche al suo
carattere: socievole,
gentile con tutti e sempre disponibile ad aiutare gli altri come a
farsi due
risate in compagnia. Un ragazzo d’oro, oltre che
eccezionalmente carino,
sebbene in modo meno appariscente dell’amico.
E poi c’era Sora, la fidanzata di Yamato invidiata da tutte.
A quanto pareva
erano quasi cinque anni che stavano insieme. A detta di alcuni
invidiosi, la
ragazza non aveva nulla di speciale, ma la gran parte
dell’istituto la riteneva
una persona gentile e simpatica, oltre che intelligente, il che la
rendeva ben
accetta anche dagli insegnanti. Inoltre giocava a tennis nel club della
scuola
e sembrava avesse vinto alcuni premi importanti. In poche parole si
trattava di
una studentessa modello. E, nonostante profondamente diversi, i due
avevano un
ottimo rapporto, nato a partire da una profonda amicizia.
“Sarà più complicato del
previsto.” meditò una volta tirate le somme
“Beh, poco
male: vorrà dire che gusterò di più la
vittoria!”
Yamato era appoggiato alla finestra del corridoio con alcuni compagni
di classe,
ma prestava scarsa attenzione alla conversazione, troppo preso dai
propri
pensieri.
Pareva
che la fortuna avesse deciso di abbandonarlo definitivamente.
Trovarsela
davanti era stato già di per sé una spiacevole
sorpresa, ma ascoltare il
proprio amico lodarla e invitarla a sedersi vicino a loro si era
rivelato un
pugno dritto allo stomaco. Possibile che Taichi fosse tanto ingenuo da
farsi
abbindolare da quella ragazza? Beh, di sicuro non era
l’unico, visto l’effetto
che il suo arrivo aveva fatto sui compagni. Sora sembrava entusiasta di
fare la
sua conoscenza e i ragazzi non le staccavano gli occhi di dosso. E
finché loro
due avessero continuato a non andare d’accordo, sarebbe stata
la benvista
persino dal suo fan club di squilibrate.
-
Guardate,
quella lì non è Kitamura? –
E
in effetti era proprio lei, che passeggiava per i corridoi scherzando
amabilmente con il prescelto del Coraggio.
-
Che
fortuna che ha Taichi! Una bella ragazza mette finalmente piede nella
nostra
scuola e lui l’accalappia in due secondi… -
-
Già
già! Ma ho sentito male o è una tua vicina,
Yamato? –
-
Sì,
purtroppo. –
-
Come
“purtroppo”?! Ti
rendi conto della
fortuna sfacciata che hai?! –
“
Sembra proprio di no.”
-
Vorrei
averla io una bellezza simile dall’altra parte del muro!
–
-
La
spieresti dal mattina alla sera, maniaco sessuale che non sei altro!
–
Scoppiarono
tutti a ridere.
-
Certo
che sì! – rispose quello – Invece mi
devo accontentare di una vecchia pazza con
otto gatti! Tempi buio questi, amici miei, ve lo dico io! –
inscenò in tono melodrammatico,
seguito da un altro scoppio di risa.
-
Mah,
a me non sembra tutta questa meraviglia… - disse il biondo,
cercando di
apparire convincente e, soprattutto, onesto.
-
Scherzi?!
Scusa, ma l’hai vista?! –
“Certo
che l’ho vista, solo che io la guardo con occhi differenti
dai vostri!”
Tuttavia si voltò nella sua direzione indicata dal compagno
di classe,
incassando il colpo: non gli avevano creduto neppure per un istante. E
come
potevano, se davanti ai loro occhi c’era quella ragazza
maledettamente…
“
Bella…”
Yamato
ricordava ancora come il suo cuore avesse perso un battito nel posare
lo
sguardo su quella fotografia appesa nel salotto. Per un attimo non
aveva
percepito altro e i suoi occhi avevano percorso quel delicato profilo,
delineando i contorni della bocca leggermente dischiusa come un fiore
prezioso,
scivolando sul collo bianco. Rapito, aveva desiderato poter accarezzare
quei
capelli dai mille riflessi nocciola e perdersi in quelle iridi viola.
Sapeva
che se non ci fosse stato quel vetro a separarli, l’avrebbe
attirata a sé, per
stringere quel corpo sottile contro il proprio. Ma si sarebbe
accontentato di
contemplarla, se non avesse notato quello sguardo: la scoperta
l’aveva lasciato
sgomento.
Quando
poi se l’era trovata di fronte, il viso acceso dalla rabbia e
quegli stessi occhi
viola puntati nei suoi…
-
Diciamo
che è carina. – riuscì a dire.
-
Carina?!
Amico, quella lì è un gran pezzo di ragazza! E
poi sembra abbia carattere, il
che non guasta! –
-
Non
sapete quel che dite. Quella lì se si scatena diventa una
belva. –
-
Ah
sì? Meglio ancora! – rise uno dei ragazzi.
-
Non
la penseresti così se fossi stato tu ad essere aggredito.
–
-
Perché,
scusa? Non dire che l’hai già fatta arrabbiare!
–
-
E
invece sembra proprio di sì, ieri sera…
–
-
Ciò
significa che dobbiamo chiedere a Taichi di presentarcela, visto che tu
ti sei
già bruciato! –
-
Giusto!
Allora ciao, ci vediamo dopo in classe, Yamato! – lo
liquidarono per puntare a
un soggetto più interessante - Ehi, Taichiiii! –
Il
biondo sospirò: non sapevano l’errore che stavano
commettendo. Possibile che
lui fosse l’unico ad essersene accorto? Guardandosi attorno
dovette darsi la
risposta da solo: sì.
Quella ragazza sembrava in grado di stregare chiunque le stesse attorno.
Passando da fianco al gruppetto che l’aveva circondata,
incrociò per un istante
un paio di occhi viola, in cui il giovane intravide un moto di sarcasmo
nei
suoi confronti.
Se le cose stavano così, allora la guerra era da
considerarsi aperta… e lui non
le avrebbe mai e poi mai dato la soddisfazione di sconfiggerlo e
umiliarlo.
Quando le lezioni finalmente terminarono, i ragazzi si salutarono e si
avviarono verso casa.
Rumiko
e Yamato si ritrovarono a percorre la strada insieme. Chiunque li
avesse
incontrati avrebbe giurato che non si conoscevano, dato che non si
rivolgevano
la parola e mantenevano una distanza di sicurezza: lei camminava avanti
e lui
un po’ più indietro.
Ad un tratto la ragazza si voltò a guardarlo, decidendo di
interrompere quel silenzio.
-
Simpatici
i tuoi amici. – commentò – Soprattutto
Taichi, che è così divertente e
simpatico. E Sora è proprio una ragazza
d’oro… -
-
Tieniti
lontana da loro. – le disse lui, freddo.
-
Hm,
penso che sarà piuttosto difficile, visto che piaccio ad
entrambi! –
-
Per
l’ultima volta: non voglio che ti avvicini a loro.
– si avvicinò, lo sguardo
duro.
-
E
perché scusa? Non mordo mica, sai? – sorrise
– O hai forse paura di perderli?
-
Non
dire scemenze! Tra noi c’è un legame fortissimo,
non riuscirai a spezzarlo. –
-
Un
legame, eh? - la sua espressione divenne indecifrabile – Ma
quanto può esser
resistente un legame? –
-
Il
nostro si basa sulla completa fiducia nell’altro, oltre che
sull’amicizia. Ci
conosciamo da anni e ne abbiamo passate tante insieme, non puoi
immaginare quante. Il nostro
è un rapporto profondo
e tu non riuscirai a rovinarlo! –
-
Nei
sei davvero sicuro? – disse, seria – Io penso che
non esistano legami
indissolubili. –
Yamato
si bloccò, vedendole quell’espressione sul volto.
In quel momento, di fronte a
quello sguardo penetrante, la sua sicurezza vacillò. Ma fu
solo un istante e
subito si riprese.
-
Sono
sicuro che il nostro lo è. – disse semplicemente,
certo della veracità delle
sue parole.
Lei
parve rifletterci su e, senza più dire nulla, si
avviò. Il biondo la guardò
avanzare lungo la sua strada, una figurina esile e al tempo stesso
vibrante di
energia. Un pensiero fugace gli attraversò la mente: era
sola.
Sebbene le costasse molto ammetterlo, le parole del ragazzo
l’avevano scossa.
Le era sembrato così sicuro nell’affermare che il
suo legame con Taichi e Sora
era infrangibile, che lei non era riuscita a ribattere come avrebbe
voluto.
Invece era stata in silenzio per tutto il resto del tragitto,
rimuginando sulla
questione. Che avesse ragione lui?
No, non era possibile. Come gli aveva detto poco prima, non esistevano
rapporti
che non si potessero spezzare. Niente era eterno in quel mondo, neppure
i
sentimenti. E lei lo sapeva bene, lei che ora si trovava da sola in
quella
città sconosciuta.
“ No” si corresse subito “non sono sola:
con me c’è papà e finché lui
starà con
me e mi vorrà bene io sarò felice.
Perciò va bene così. Non ho bisogno di
nessun’altro. Va bene così…”
Eppure, da quando si era sistemata in quell’appartamento, non
ne era più tanto
sicura.
Ormai l’autunno aveva infuocato il paesaggio: gli alberi
avevano perso le
chiome verdi per indossare vesti dalle calde sfumature. Un vento freddo
spirava
da nord, portando mattine grigie e giocando con le gonne delle divise
invernali. Le giornate si erano accorciate e la scuola aveva ripreso il
suo
ritmo serrato.
Rumiko aveva fatto la conoscenza di tutto il gruppo e si era stupita di
quanto
fosse eterogeneo.
Il
più anziano era Jiou Kido, che frequentava il primo anno di
medicina: aveva occhi
e capelli scuri e indossava un paio di occhiali che gli conferivano
un’aria
molto diligente e metodica. Era gentile e pacato e parlava generalmente
poco,
soppesando le parole.
Il
più giovane, invece, si chiamava Iori Hida e aveva 13 anni.
Non molto alto,
capelli castani e grandi occhi verdi, sempre seri e attenti a studiare
gli
altri. Anche lui non parlava molto, ma quando esprimeva la sua opinione
ponderava bene la risposta e la esponeva con tono fermo: alla fine il
più
maturo del gruppo sembrava lui e spesso riprendeva gli amici
più grandi. In
particolare un suo sempai, che frequentava l’ultimo anno
delle scuole medie:
Daisuke Motomiya, un vero pianta casini.
Aveva
capelli e gli occhi color prugna, la pelle leggermente abbronzata e un
talento
naturale nel cacciarsi nei guai. Però era simpatico e
divertente, il classico
bravo ragazzo incompreso. Assomigliava incredibilmente a Taichi e come
lui
giocava a calcio come titolare, anche se non rivestiva il ruolo di
capitano a
causa del suo temperamento. Era evidente che ammirava molto il ragazzo
più
grande, che si rivelò pure essere il fratello maggiore della
cotta di Daisuke.
Hikari
era una ragazza carina e molto dolce, anche se un po’
ingenua, che come lui
aveva 15 anni. Portava i capelli castano chiaro legati in due morbidi
codini
lunghi fino alla spalle e aveva gli stessi occhi del fratello, ma lo
sguardo
era mite e benevolo, anziché sprizzante energia. Il suo
corpo era minuto e il
viso dai tratti morbidi, sempre increspati da un lieve sorriso, che si
allargava visibilmente ogni volta che incontrava lo sguardo del suo
compagno Takeru
Takashi.
Quest’ultimo
era biondo e abbastanza alto da giocare nella squadra di basket della
scuola,
il fisico atletico e due occhi azzurri da far invidia a molte ragazze.
Una
persona serena e gentile, in particolare con la graziosa Hikari, a cui
non risparmiava
attenzioni amorevoli, accolte dal rossore imbarazzato di lei e quello
furioso
di Daisuke.
Infine
una coppia davvero curiosa: Miyako Inoue e Ken Ichijoji. La prima era
una vera
e propria bomba a orologeria, dai capelli lilla e gli occhiali rotondi,
che non
perdeva mai occasione per litigare con Daisuke. Una ragazza impulsiva
ed
estroversa, che non si faceva mai problemi a dire le cose in faccia
alla gente.
Lui era esattamente l’opposto: studente modello, abile sia in
campo sportivo
sia scolastico, riscuoteva un certo successo fra le ragazze. Un giovane
di
bell’aspetto, con i capelli e gli occhi di un blu intenso e
profondo, il viso
dai tratti fini e il fisico snello. I suoi modi erano pacati ed il suo
carattere molto timido e riservato. Sembrava non accettare il fatto di
piacere
tanto alle persone e questo lo rendeva molto modesto.
Avevano fatto alcune uscite tutti insieme e Rumiko si era divertita,
riscuotendo un certo successo. Sembrava che stesse simpatica a tutti, a
eccezione di Yamato.
Ormai tutta la scuola si era resa conto che fra quei due non correva
buon
sangue, sebbene nessuno sapesse darsene una ragione valida. Per lo
più
evitavano di rivolgersi la parola, non tornavano mai a casa insieme e,
almeno
in pubblico, usavano frasi distaccate e fredde oppure velatamente
ironiche e
pungenti. Sembrava una sorta di Guerra Fredda fra due super potenze e
nessuno
osava mettersi in mezzo.
La verità era che nessuno dei due riusciva a trovare una
breccia nelle difese
dell’altro per dare inizio uno scontro diretto. Per ora si
limitavano a
studiarsi e punzecchiarsi a vicenda, forse in attesa
dell’occasione giusta per
sferrare l’attacco.
Il campanello suonò e Yamato andò ad aprire la
porta: davanti a lui c’era il
signor Kitamura.
-
Buonasera,
ragazzo! Disturbo? –
-
No,
non si preoccupi. Si accomodi pure. – lo invitò ad
entrare, pentendosene subito
per via del disordine che regnava nella casa.
-
Veramente
volevo invitarti a fare un salto da me. –
Il
giovane corrugò la fronte, cercando di capire cosa avesse
escogitato quella
ragazza. L’uomo parve leggergli nella mente.
-
Rumiko
non c’è, sta facendo delle commissioni. Volevo
approfittarne per mostrarti una
cosa. –
Alla
fine la sua curiosità e la gentilezza del fotografo ebbero
la meglio e il
biondo si trovò a oltrepassare la soglia numero 17.
Appena fu dentro si guardò attorno: ora
l’abitazione era stata sistemata a
dovere e il risultato era molto elegante, seppur non eccentrico. Niente
soprammobili ingombranti o colori sgargianti, ma un mobilio semplice e
raffinato
dalle tonalità armoniose.
-
Dimenticavo
che tu non hai visto l’appartamento arredato come si deve.
Mentre io cerco ciò
che volevo mostrarti, tu fatti pure un giro! –
Ringraziandolo
per la sua ospitalità, il ragazzo lasciò
l’uomo a frugare nel suo studio adiacente
al soggiorno. Fece il giro di tutte le stanze, fino a ritrovarsi in
quella che
doveva essere la camera da letto della figlia.
Fu con una certa amara soddisfazione che non vi trovò le
pareti tappezzate di
poster di attori e cantanti o una quantità sproporzionata di
pupazzi e inutili
bigiotterie. Anche qui il mobilio era semplice. Un armadio era stato
appoggiato
a una parete e aveva alcuni vestiti appesi ad un’anta aperta.
Sulla scrivania
ad angolo c’era un computer, alcuni quaderni, libri
scolastici e penne sparse
in giro. Gli scaffali erano occupati da libri, fumetti e molti cd. Si
avvicinò
e lesse i titoli su alcune custodie. C’era un po’
di tutto: pop, rock, punk,
metal, blues, jazz e persino qualcosa di classica. Era evidente che
avesse buon
gusto in fatto di musica.
Poi il ragazzo portò la sua attenzione sul letto e non
poté trattenere un
sorriso. Si avvicinò e raccolse un cagnolino di peluche che
era stato
appoggiato sul cuscino: in fondo, nonostante si ostinasse a fare la
dura, era
pur sempre una ragazza! Posizionandolo di nuovo al suo posto si accorse
che sul
soffitto era stata appiccicata una fotografia che ritraeva un
meraviglioso cielo
stellato. Immaginò quanto dovesse essere piacevole coricarsi
per volgere lo
sguardo a quella volta incantevole, stringendo l’animale di
pezza, e gli venne
voglia di buttarsi nel letto.
Stava per lasciare la stanza, quando il suo sguardo venne attirato da
un cassetto
che non era stato chiuso del tutto. Come attirato da una forza
magnetica, si
ritrovò a tirare la maniglia in legno, conscio che
ciò che stava facendo era
sbagliato e che lui stesso si sarebbe infuriato se avesse beccato
qualcuno a
far la stessa cosa. Ma in fondo in guerra e in amore tutto è
permesso, giusto?
Quando l’ebbe aperto vi guardò dentro e non vide
nulla. Stava per richiuderlo,
quando si accorse di un riflesso: una fotografia. La sollevò
alla luce della
lampada per vederla meglio: ritraeva una città notturna, in
cui le luci delle
strade e dei negozi giocavano a mescolarsi. Una maestosa luna piena
rischiarava
il cielo nero e a stagliarsi contro quella luna…
Sentì dei passi avvicinarsi e rimise l’immagine a
posto, richiudendo il
cassetto appena in tempo.
-
Ho
trovato ciò che cercavo. Vieni, andiamo a sederci in
salotto. –
Yamato
lo seguì e si sedette sul divano, mentre l’altro
prese posto di fronte a lui.
Gli venne dato un book e il padrone di casa lo invitò ad
aprirlo. Il ragazzo
sgranò gli occhi per la sorpresa e sollevò lo
sguardo interrogativo.
-
L’altra
volta hai detto che i paesaggi possiedono una purezza e una
sincerità che in
lei non hai visto. – spiegò il signor Kitamura
– Volevo farti vedere com’era
qualche anno fa. –
Il
cantante arrossì d’imbarazzo e riportò
la sua attenzione su quelle pagine, il
cui unico soggetto era Rumiko, probabilmente
all’età di 16 anni. Aveva
un’espressione quasi imbronciata, come se non amasse stare in
posa. In alcune
era quasi buffa, in altre sembrava in collera e in rare immagini
sorrideva
allegramente. Si trattava di gesti naturali e spensierati, che si
estendevano
anche ai meravigliosi occhi viola, facendogli battere il cuore.
Questa volta non fece commenti, andandosene dopo aver ringraziato il
fotografo
della sua cortesia.
Appena ebbe chiuso la porta, Hiroshi Kitamura sospirò,
sperando che il suo
tentativo fosse valso a qualcosa. Scambiando poche parole con il signor
Ishida,
infatti, aveva ottenuto conferma sui suoi sospetti: a quanto pareva i
loro
figli si erano dichiarati guerra. La cosa gli era dispiaciuta molto,
visto che
non poteva fare a meno di apprezzare quel ragazzo dallo sguardo
profondo,
l’animo tempestoso e sensibile.
Si dice che gli opposti si attraggono naturalemente, ma in quel caso
Hiroshi
era convinto della necessità di dare una mano a quei giovani
così simili.
Sperava con tutto il cuore che Yamato sarebbe riuscito a capire sua
figlia,
aiutandola a superare quei problemi che da sola non riusciva ad
affrontare. E
chissà, magari anche lei sarebbe riuscita ad aiutarlo.
Yamato si buttò sul letto, ripensando all’album
che aveva sfogliato. Le
intenzioni del suo vicino erano state piuttosto eloquenti: gli aveva
voluto
mostrare la vera Rumiko, cosicché lui potesse rivalutarla.
Probabilmente
sperava che tra i due nascesse un buon rapporto di amicizia e che lui
l’aiutasse a tornare la ragazza di una volta. Beh, di sicuro
l’aveva sorpreso
non poco!
Però doveva ammettere che la tattica aveva avuto i suoi
effetti: al solo
ricordo di quel magnifico sorriso, il cuore ricominciava a battergli
all’impazzata nel petto. Possibile che la diciottenne che
aveva conosciuto fosse
la stessa persona ritratta in quelle foto? E, soprattutto, ora come si
sarebbe
dovuto comportare?
Ancora incerto sul da farsi, si addormentò profondamente.
Quella notte sognò di
ammirare il cielo notturno. Una grande luna piena sovrastava la
città e sulla
cima del palazzo più alto c’era una figura snella,
che si stagliava scura
contro la sfera luminosa, i lunghi capelli mossi dal vento.
Continua…