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Autore: monalisasmile    16/06/2008    1 recensioni
Il viola è conosciuto come il colore dello spirito. Rappresenta il valore medio tra terra e cielo, tra passione ed intelligenza, tra amore e razionalità. È il colore della volontà di essere diversi, della metamorfosi. È una forza legata alla vitalità del rosso e all'intimo accoglimento dell'azzurro. Ma è anche il colore degli occhi di una ragazza che entrerà a far parte della vita dei digi-prescelti.
La narrazione comincia in toni leggeri: leggerete di nuovi incontri, di battibecchi e amori adolescenziali, di amicizie e piccoli dispiaceri, emozioni che condizioneranno le giornate e si porranno al centro delle loro vite. Almeno inizialmente.
Perché come nella vita spesso accade, arriverà il momento in cui i personaggi verranno posti di fronte a problemi maggiori e difficili decisioni. D’improvviso tutto parrà sfuggirgli tra le dita. Gli eventi si faranno incalzanti e spesso imprevedibili. Più volte si sentiranno impotenti di fronte a una realtà indecifrabile e troppo crudele per essere affrontata.
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 3


Quella mattina Taichi dovette raccogliere tutto il suo coraggio per entrare in classe e strisciare fino agli ultimi banchi.
Una ragazza lo guardò sorpresa. Aveva capelli ramati che le sfioravano le spalle e dolci occhi del medesimo colore. Il suo corpo era ben proporzionato, degno di una giocatrice di tennis e come tale portava la gonna corta con disinvoltura. Era molto carina.
Il ragazzo si portò un dito alla bocca, con fare supplichevole, e lei sorrise divertita. Lui proseguì, ma un attimo dopo venne ripreso da una voce che gli fece accapponare la pelle.

-      Alzati, Tai. Non avrai veramente pensato di passare inosservato in quel modo, vero? –

-      Ehm, buongiorno Yamato, bella giornata, non trovi? –

-      Affatto. – rispose l’altro.

“Accidenti, è già di malumore!” pensò Taichi, maledicendo la sua sfortuna “Ora mi mangia, ora mi mangia!”

-      Ecco… per l’altro giorno… ehm…mi dispiace di non essere venuto! – piagnucolò tutto d’un fiato – Lo so, avrei dovuto avvertirti, ma è successo un imprevisto e… -

-      D’accordo, non parliamone più. –

Silenzio stupito.

-      Sicuro di stare bene? – strabuzzò gli occhi Taichi.

-      Per niente. – disse l’altro, atono.

-      Ma che gli prende? Sora, tu ne sai qualcosa?– bisbigliò rivolto alla ragazza.

-      Non ne ho idea. – rispose, facendo spallucce.

Evidentemente Yamato aveva sentito la conversazione, perché sbottò:

-      Ieri sera ho conosciuto la persona più odiosa di questo mondo! –

-      Davvero? – fece il bruno – Anch’io ieri… - ma non terminò la frase perché venne richiamato dall’insegnante.

-      Taichi Kamiya! Nel caso non te ne fossi reso conto, il tuo insegnante ha appena fatto il suo ingresso. Se entro tre secondi non ti vedo seduto al tuo posto potrei passare la prossima ora in piedi. Nel corridoio. Di fronte alla porta del preside. –

In un lampo il prescelto del Coraggio prese posto di fianco all’amico.

-      Bene. – gli lanciò un’occhiata di ammonimento il professore – Ora vorrei presentarvi una nuova studentessa. Si è trasferita nella nostra città solo pochi giorni fa e frequenterà l’ultimo anno insieme a voi. Vi prego di non farmi fare brutta figura. Entri pure, signorina Kitamura. –

La porta si aprì e una figurina fece il suo ingresso. Indossava la divisa verde, composta da gilet, camicetta, cravatta rossa e gonna a pieghe. La camicia bianca a maniche corte lasciava scoperte le braccia candide e il corpetto le fasciava delicatamente il busto. Ai piedi calzava le scarpette nere che utilizzavano tutte le allieve, abbinate a un paio di calzini candidi.

-      Piacere di conoscervi! Mi chiamo Rumiko Kitamura e spero che andremo d’accordo! – recitò come da copione, sorridendo amabilmente.

-      Non ci posso credere. – borbottò fra sé Yamato, per poi sobbalzare quando il prescelto del Coraggio scattò in piedi come una molla.

-      Rumiko! –

-      Oh, Taichi, sono felice di rivederti!.–

-      Anch’io, ma non sapevo che ti fossi iscritta nella mia scuola. –

-      Per forza non lo sapevi…visto che non te l’ho detto. –

Qualcuno sghignazzò e il ragazzo le sorrise gioioso, destando una vena d’invidia in più di un compagno. Dopo un’altra strigliata a Taichi, il professore invitò la ragazza a sedersi e lei si posizionò in prima fila, nell’unico posto libero.

-      Quando ti ho detto di non esser potuto venire per un imprevisto – sussurrò a Yamato una volta tornato a sedersi – mi riferivo a lei! L’ho conosciuta ieri, pensa che è una tua vicina di casa! È una fortuna che sia venuta proprio in questa scuola! Poi te la voglio presentare! –

-      Non ce n’è bisogno. – disse il biondo con una smorfia.

-      E perché scusa? Non è il tuo tipo? –

-      Decisamente no. –

Detto ciò si girò dall’altra parte e non spiccicò più parola per il resto dell’ora.
“Grandioso!” pensò frustrato “La mia peggior nemica ha conquistato il cuore del mio miglior amico!”

Ma aveva la spiacevole sensazione che i suoi guai fossero appena cominciati.

Appena suonata la campanella del cambio d’ora, Taichi ne approfittò per avvicinarsi al banco della ragazza, sotto gli occhi stupiti, curiosi e forse anche un po’ invidiosi dei compagni.

-      Allora? Come ti è sembrato il prof di filosofia? –

-      Soporifero. – rispose soffocando uno sbadiglio – Si limita a leggere i paragrafi del libro, nessun commento, nessun dibattito… E dire che una volta filosofia mi piaceva! –

-      Dici sul serio? Accidenti, non ti facevo così studiosa! –

-      Infatti non lo sono. Però credo che sia una materia interessante, se fatta come si deve. –

-      La penso allo stesso modo. – intervenne Sora.

-      Ah, lei è Sora Takenouchi! –

-      Piacere! –

-      Piacere mio, Sora. Sei la sua…? –

-      No, no! – si affrettò a smentire il giovane – Lei sta con Yamato! –

-      Yamato? – aggrottò la fronte.

-      Sì, Yamato Ishida, il tuo vicino di casa. Forse vi siete già incontrati… –

-      Sì, ci siamo… incontrati. –

-      Ottimo, allora non serve fare le presentazioni. Yamato, vieni qua un secondo! – lo chiamò.

Seppur con riluttanza, il giovane li raggiunse, fermandosi davanti a lei con le mani affondate nelle tasche dei pantaloni.

-      Ciao Yamato. – lo salutò, tranquilla – Mi fa davvero piacere che siamo in classe insieme. Sono sicura che ci…divertiremo. – sorrise.

-      Lo penso anch’io. –

Nessuno poteva immaginare quanto.

Le ore della mattinata trascorsero in fretta. Durante l’intervallo Taichi si offrì di fare da chaperon alla ragazza. Le vennero presentate molte persone, prevalentemente ragazzi di cui, inutile dirlo, dimenticò subito i nomi. L’unico su cui il bruno parve soffermarsi un po’ di più era un giovane che frequentava il secondo anno, con una zazzera rossa sul capo, sopracciglia folte e occhi scurissimi e attenti. Le era stato introdotto come un genio dell’informatica, nonché suo buon amico, e Rumiko l’aveva salutato calorosamente. Lui era arrossito leggermente e la studentessa gli aveva sorriso, deliziata da quel suo comportamento timido e un po’ impacciato che lo rendeva, almeno a suo avviso, estremamente carino. Eppure sembrava che non riuscisse a capacitarsi di poter piacere a una ragazza e questo lo portava a distogliere subito lo sguardo.
“Strano che due persone così diverse siano tanto legate.”
D’altronde anche l’amicizia con Yamato aveva dell’incredibile, dato che lui e Taichi le parvero fin da subito del tutto incompatibili, come due protoni che si respingono a vicenda poiché similmente carichi.

Inizialmente aveva maledetto la sua sfortuna, che gliel’aveva fatto trovare persino a scuola, ma poi aveva cambiato idea: quella spiacevole circostanza poteva rivelarsi un utile mezzo per la sua rivincita. Aveva deciso che l’avrebbe osservato attentamente, per carpirne tutte le informazioni possibili, senza fretta. In fondo la vendetta era un piatto da consumare freddo.
Camminando per i corridoi, la giovane poté farsi un’idea più chiara delle circostanze. Sembrava infatti che una buona percentuale di ragazzi vedesse in Yamato l’ideale dell’uomo duro e vero, che ha tanto successo con le donne quanto sulla scena musicale. Inutile dire che le ragazze stravedevano per lui, tanto da aver formato un fan club all’interno della scuola.
Non se ne stupì, dato il soggetto in questione. Non troppo alto, aveva un fisico da modello. Sulla carnagione lievemente abbronzata spiccavano due occhi azzurri dallo sguardo tenebroso. I capelli biondi tagliati all’ultima moda erano lunghi sulla nuca e scalati ai lati, con una grande ciocca, anch’essa sfilacciata, che gli ombreggiava il volto. I tratti del viso erano marcati, senza per questo apparire rozzi, e quell’aria da lupo solitario lo rendeva ancor più affascinante. Anche i suoi modi di fare avevano un certo stile, per non parlare del modo in cui portava quella divisa. Probabilmente avrebbe indossato con classe anche una camicia da notte! O almeno queste erano le opinioni delle sue ammiratrici.
Personalmente lei lo riteneva una persona detestabile, con quel suo sguardo tagliente e derisorio e quel suo modo di fare quasi sprezzante, come se si ritenesse al di sopra di tutti.
Inaspettatamente, però, sembrava che anche Taichi riscuotesse un certo successo: capitano della squadra di calcio, aveva vinto molte partite e si era guadagnato la stima e l’ammirazione di molti studenti. Tra i più giovani che facevano parte di gruppi sportivi pareva fosse un mito!
Probabilmente, ragionò, questo era dovuto anche al suo carattere: socievole, gentile con tutti e sempre disponibile ad aiutare gli altri come a farsi due risate in compagnia. Un ragazzo d’oro, oltre che eccezionalmente carino, sebbene in modo meno appariscente dell’amico.
E poi c’era Sora, la fidanzata di Yamato invidiata da tutte. A quanto pareva erano quasi cinque anni che stavano insieme. A detta di alcuni invidiosi, la ragazza non aveva nulla di speciale, ma la gran parte dell’istituto la riteneva una persona gentile e simpatica, oltre che intelligente, il che la rendeva ben accetta anche dagli insegnanti. Inoltre giocava a tennis nel club della scuola e sembrava avesse vinto alcuni premi importanti. In poche parole si trattava di una studentessa modello. E, nonostante profondamente diversi, i due avevano un ottimo rapporto, nato a partire da una profonda amicizia.
“Sarà più complicato del previsto.” meditò una volta tirate le somme “Beh, poco male: vorrà dire che gusterò di più la vittoria!”

Yamato era appoggiato alla finestra del corridoio con alcuni compagni di classe, ma prestava scarsa attenzione alla conversazione, troppo preso dai propri pensieri.

Pareva che la fortuna avesse deciso di abbandonarlo definitivamente. Trovarsela davanti era stato già di per sé una spiacevole sorpresa, ma ascoltare il proprio amico lodarla e invitarla a sedersi vicino a loro si era rivelato un pugno dritto allo stomaco. Possibile che Taichi fosse tanto ingenuo da farsi abbindolare da quella ragazza? Beh, di sicuro non era l’unico, visto l’effetto che il suo arrivo aveva fatto sui compagni. Sora sembrava entusiasta di fare la sua conoscenza e i ragazzi non le staccavano gli occhi di dosso. E finché loro due avessero continuato a non andare d’accordo, sarebbe stata la benvista persino dal suo fan club di squilibrate.

-      Guardate, quella lì non è Kitamura? –

E in effetti era proprio lei, che passeggiava per i corridoi scherzando amabilmente con il prescelto del Coraggio.

-      Che fortuna che ha Taichi! Una bella ragazza mette finalmente piede nella nostra scuola e lui l’accalappia in due secondi… -

-      Già già! Ma ho sentito male o è una tua vicina, Yamato? –

-      Sì, purtroppo. –

-      Come “purtroppo”?! Ti rendi conto della fortuna sfacciata che hai?! –

“ Sembra proprio di no.”

-      Vorrei averla io una bellezza simile dall’altra parte del muro! –

-      La spieresti dal mattina alla sera, maniaco sessuale che non sei altro! –

Scoppiarono tutti a ridere.

-      Certo che sì! – rispose quello – Invece mi devo accontentare di una vecchia pazza con otto gatti! Tempi buio questi, amici miei, ve lo dico io! – inscenò in tono melodrammatico, seguito da un altro scoppio di risa.

-      Mah, a me non sembra tutta questa meraviglia… - disse il biondo, cercando di apparire convincente e, soprattutto, onesto.

-      Scherzi?! Scusa, ma l’hai vista?! –

“Certo che l’ho vista, solo che io la guardo con occhi differenti dai vostri!”
Tuttavia si voltò nella sua direzione indicata dal compagno di classe, incassando il colpo: non gli avevano creduto neppure per un istante. E come potevano, se davanti ai loro occhi c’era quella ragazza maledettamente…

“ Bella…”

Yamato ricordava ancora come il suo cuore avesse perso un battito nel posare lo sguardo su quella fotografia appesa nel salotto. Per un attimo non aveva percepito altro e i suoi occhi avevano percorso quel delicato profilo, delineando i contorni della bocca leggermente dischiusa come un fiore prezioso, scivolando sul collo bianco. Rapito, aveva desiderato poter accarezzare quei capelli dai mille riflessi nocciola e perdersi in quelle iridi viola. Sapeva che se non ci fosse stato quel vetro a separarli, l’avrebbe attirata a sé, per stringere quel corpo sottile contro il proprio. Ma si sarebbe accontentato di contemplarla, se non avesse notato quello sguardo: la scoperta l’aveva lasciato sgomento.

Quando poi se l’era trovata di fronte, il viso acceso dalla rabbia e quegli stessi occhi viola puntati nei suoi…

-      Diciamo che è carina. – riuscì a dire.

-      Carina?! Amico, quella lì è un gran pezzo di ragazza! E poi sembra abbia carattere, il che non guasta! –

-      Non sapete quel che dite. Quella lì se si scatena diventa una belva. –

-      Ah sì? Meglio ancora! – rise uno dei ragazzi.

-      Non la penseresti così se fossi stato tu ad essere aggredito. –

-      Perché, scusa? Non dire che l’hai già fatta arrabbiare! –

-      E invece sembra proprio di sì, ieri sera… –

-      Ciò significa che dobbiamo chiedere a Taichi di presentarcela, visto che tu ti sei già bruciato! –

-      Giusto! Allora ciao, ci vediamo dopo in classe, Yamato! – lo liquidarono per puntare a un soggetto più interessante - Ehi, Taichiiii! –

Il biondo sospirò: non sapevano l’errore che stavano commettendo. Possibile che lui fosse l’unico ad essersene accorto? Guardandosi attorno dovette darsi la risposta da solo: sì.
Quella ragazza sembrava in grado di stregare chiunque le stesse attorno.
Passando da fianco al gruppetto che l’aveva circondata, incrociò per un istante un paio di occhi viola, in cui il giovane intravide un moto di sarcasmo nei suoi confronti.
Se le cose stavano così, allora la guerra era da considerarsi aperta… e lui non le avrebbe mai e poi mai dato la soddisfazione di sconfiggerlo e umiliarlo.

Quando le lezioni finalmente terminarono, i ragazzi si salutarono e si avviarono verso casa.

Rumiko e Yamato si ritrovarono a percorre la strada insieme. Chiunque li avesse incontrati avrebbe giurato che non si conoscevano, dato che non si rivolgevano la parola e mantenevano una distanza di sicurezza: lei camminava avanti e lui un po’ più indietro.
Ad un tratto la ragazza si voltò a guardarlo, decidendo di interrompere quel silenzio.

-      Simpatici i tuoi amici. – commentò – Soprattutto Taichi, che è così divertente e simpatico. E Sora è proprio una ragazza d’oro… -

-      Tieniti lontana da loro. – le disse lui, freddo.

-      Hm, penso che sarà piuttosto difficile, visto che piaccio ad entrambi! –

-      Per l’ultima volta: non voglio che ti avvicini a loro. – si avvicinò, lo sguardo duro.

-      E perché scusa? Non mordo mica, sai? – sorrise – O hai forse paura di perderli?

-      Non dire scemenze! Tra noi c’è un legame fortissimo, non riuscirai a spezzarlo. –

-      Un legame, eh? - la sua espressione divenne indecifrabile – Ma quanto può esser resistente un legame? –

-      Il nostro si basa sulla completa fiducia nell’altro, oltre che sull’amicizia. Ci conosciamo da anni e ne abbiamo passate tante insieme, non puoi immaginare quante. Il nostro è un rapporto profondo e tu non riuscirai a rovinarlo! –

-      Nei sei davvero sicuro? – disse, seria – Io penso che non esistano legami indissolubili. –

Yamato si bloccò, vedendole quell’espressione sul volto. In quel momento, di fronte a quello sguardo penetrante, la sua sicurezza vacillò. Ma fu solo un istante e subito si riprese.

-      Sono sicuro che il nostro lo è. – disse semplicemente, certo della veracità delle sue parole.

Lei parve rifletterci su e, senza più dire nulla, si avviò. Il biondo la guardò avanzare lungo la sua strada, una figurina esile e al tempo stesso vibrante di energia. Un pensiero fugace gli attraversò la mente: era sola.

Sebbene le costasse molto ammetterlo, le parole del ragazzo l’avevano scossa. Le era sembrato così sicuro nell’affermare che il suo legame con Taichi e Sora era infrangibile, che lei non era riuscita a ribattere come avrebbe voluto. Invece era stata in silenzio per tutto il resto del tragitto, rimuginando sulla questione. Che avesse ragione lui?
No, non era possibile. Come gli aveva detto poco prima, non esistevano rapporti che non si potessero spezzare. Niente era eterno in quel mondo, neppure i sentimenti. E lei lo sapeva bene, lei che ora si trovava da sola in quella città sconosciuta.
“ No” si corresse subito “non sono sola: con me c’è papà e finché lui starà con me e mi vorrà bene io sarò felice. Perciò va bene così. Non ho bisogno di nessun’altro. Va bene così…”
Eppure, da quando si era sistemata in quell’appartamento, non ne era più tanto sicura.

Ormai l’autunno aveva infuocato il paesaggio: gli alberi avevano perso le chiome verdi per indossare vesti dalle calde sfumature. Un vento freddo spirava da nord, portando mattine grigie e giocando con le gonne delle divise invernali. Le giornate si erano accorciate e la scuola aveva ripreso il suo ritmo serrato.
Rumiko aveva fatto la conoscenza di tutto il gruppo e si era stupita di quanto fosse eterogeneo.

Il più anziano era Jiou Kido, che frequentava il primo anno di medicina: aveva occhi e capelli scuri e indossava un paio di occhiali che gli conferivano un’aria molto diligente e metodica. Era gentile e pacato e parlava generalmente poco, soppesando le parole.

Il più giovane, invece, si chiamava Iori Hida e aveva 13 anni. Non molto alto, capelli castani e grandi occhi verdi, sempre seri e attenti a studiare gli altri. Anche lui non parlava molto, ma quando esprimeva la sua opinione ponderava bene la risposta e la esponeva con tono fermo: alla fine il più maturo del gruppo sembrava lui e spesso riprendeva gli amici più grandi. In particolare un suo sempai, che frequentava l’ultimo anno delle scuole medie: Daisuke Motomiya, un vero pianta casini.

Aveva capelli e gli occhi color prugna, la pelle leggermente abbronzata e un talento naturale nel cacciarsi nei guai. Però era simpatico e divertente, il classico bravo ragazzo incompreso. Assomigliava incredibilmente a Taichi e come lui giocava a calcio come titolare, anche se non rivestiva il ruolo di capitano a causa del suo temperamento. Era evidente che ammirava molto il ragazzo più grande, che si rivelò pure essere il fratello maggiore della cotta di Daisuke.

Hikari era una ragazza carina e molto dolce, anche se un po’ ingenua, che come lui aveva 15 anni. Portava i capelli castano chiaro legati in due morbidi codini lunghi fino alla spalle e aveva gli stessi occhi del fratello, ma lo sguardo era mite e benevolo, anziché sprizzante energia. Il suo corpo era minuto e il viso dai tratti morbidi, sempre increspati da un lieve sorriso, che si allargava visibilmente ogni volta che incontrava lo sguardo del suo compagno Takeru Takashi.

Quest’ultimo era biondo e abbastanza alto da giocare nella squadra di basket della scuola, il fisico atletico e due occhi azzurri da far invidia a molte ragazze. Una persona serena e gentile, in particolare con la graziosa Hikari, a cui non risparmiava attenzioni amorevoli, accolte dal rossore imbarazzato di lei e quello furioso di Daisuke.

Infine una coppia davvero curiosa: Miyako Inoue e Ken Ichijoji. La prima era una vera e propria bomba a orologeria, dai capelli lilla e gli occhiali rotondi, che non perdeva mai occasione per litigare con Daisuke. Una ragazza impulsiva ed estroversa, che non si faceva mai problemi a dire le cose in faccia alla gente. Lui era esattamente l’opposto: studente modello, abile sia in campo sportivo sia scolastico, riscuoteva un certo successo fra le ragazze. Un giovane di bell’aspetto, con i capelli e gli occhi di un blu intenso e profondo, il viso dai tratti fini e il fisico snello. I suoi modi erano pacati ed il suo carattere molto timido e riservato. Sembrava non accettare il fatto di piacere tanto alle persone e questo lo rendeva molto modesto.
Avevano fatto alcune uscite tutti insieme e Rumiko si era divertita, riscuotendo un certo successo. Sembrava che stesse simpatica a tutti, a eccezione di Yamato.
Ormai tutta la scuola si era resa conto che fra quei due non correva buon sangue, sebbene nessuno sapesse darsene una ragione valida. Per lo più evitavano di rivolgersi la parola, non tornavano mai a casa insieme e, almeno in pubblico, usavano frasi distaccate e fredde oppure velatamente ironiche e pungenti. Sembrava una sorta di Guerra Fredda fra due super potenze e nessuno osava mettersi in mezzo.
La verità era che nessuno dei due riusciva a trovare una breccia nelle difese dell’altro per dare inizio uno scontro diretto. Per ora si limitavano a studiarsi e punzecchiarsi a vicenda, forse in attesa dell’occasione giusta per sferrare l’attacco.

Il campanello suonò e Yamato andò ad aprire la porta: davanti a lui c’era il signor Kitamura.

-      Buonasera, ragazzo! Disturbo? –

-      No, non si preoccupi. Si accomodi pure. – lo invitò ad entrare, pentendosene subito per via del disordine che regnava nella casa.

-      Veramente volevo invitarti a fare un salto da me. –

Il giovane corrugò la fronte, cercando di capire cosa avesse escogitato quella ragazza. L’uomo parve leggergli nella mente.

-      Rumiko non c’è, sta facendo delle commissioni. Volevo approfittarne per mostrarti una cosa. –

Alla fine la sua curiosità e la gentilezza del fotografo ebbero la meglio e il biondo si trovò a oltrepassare la soglia numero 17.
Appena fu dentro si guardò attorno: ora l’abitazione era stata sistemata a dovere e il risultato era molto elegante, seppur non eccentrico. Niente soprammobili ingombranti o colori sgargianti, ma un mobilio semplice e raffinato dalle tonalità armoniose.

-      Dimenticavo che tu non hai visto l’appartamento arredato come si deve. Mentre io cerco ciò che volevo mostrarti, tu fatti pure un giro! –

Ringraziandolo per la sua ospitalità, il ragazzo lasciò l’uomo a frugare nel suo studio adiacente al soggiorno. Fece il giro di tutte le stanze, fino a ritrovarsi in quella che doveva essere la camera da letto della figlia.
Fu con una certa amara soddisfazione che non vi trovò le pareti tappezzate di poster di attori e cantanti o una quantità sproporzionata di pupazzi e inutili bigiotterie. Anche qui il mobilio era semplice. Un armadio era stato appoggiato a una parete e aveva alcuni vestiti appesi ad un’anta aperta. Sulla scrivania ad angolo c’era un computer, alcuni quaderni, libri scolastici e penne sparse in giro. Gli scaffali erano occupati da libri, fumetti e molti cd. Si avvicinò e lesse i titoli su alcune custodie. C’era un po’ di tutto: pop, rock, punk, metal, blues, jazz e persino qualcosa di classica. Era evidente che avesse buon gusto in fatto di musica.
Poi il ragazzo portò la sua attenzione sul letto e non poté trattenere un sorriso. Si avvicinò e raccolse un cagnolino di peluche che era stato appoggiato sul cuscino: in fondo, nonostante si ostinasse a fare la dura, era pur sempre una ragazza! Posizionandolo di nuovo al suo posto si accorse che sul soffitto era stata appiccicata una fotografia che ritraeva un meraviglioso cielo stellato. Immaginò quanto dovesse essere piacevole coricarsi per volgere lo sguardo a quella volta incantevole, stringendo l’animale di pezza, e gli venne voglia di buttarsi nel letto.
Stava per lasciare la stanza, quando il suo sguardo venne attirato da un cassetto che non era stato chiuso del tutto. Come attirato da una forza magnetica, si ritrovò a tirare la maniglia in legno, conscio che ciò che stava facendo era sbagliato e che lui stesso si sarebbe infuriato se avesse beccato qualcuno a far la stessa cosa. Ma in fondo in guerra e in amore tutto è permesso, giusto?
Quando l’ebbe aperto vi guardò dentro e non vide nulla. Stava per richiuderlo, quando si accorse di un riflesso: una fotografia. La sollevò alla luce della lampada per vederla meglio: ritraeva una città notturna, in cui le luci delle strade e dei negozi giocavano a mescolarsi. Una maestosa luna piena rischiarava il cielo nero e a stagliarsi contro quella luna…
Sentì dei passi avvicinarsi e rimise l’immagine a posto, richiudendo il cassetto appena in tempo.

-      Ho trovato ciò che cercavo. Vieni, andiamo a sederci in salotto. –

Yamato lo seguì e si sedette sul divano, mentre l’altro prese posto di fronte a lui. Gli venne dato un book e il padrone di casa lo invitò ad aprirlo. Il ragazzo sgranò gli occhi per la sorpresa e sollevò lo sguardo interrogativo.

-      L’altra volta hai detto che i paesaggi possiedono una purezza e una sincerità che in lei non hai visto. – spiegò il signor Kitamura – Volevo farti vedere com’era qualche anno fa. –

Il cantante arrossì d’imbarazzo e riportò la sua attenzione su quelle pagine, il cui unico soggetto era Rumiko, probabilmente all’età di 16 anni. Aveva un’espressione quasi imbronciata, come se non amasse stare in posa. In alcune era quasi buffa, in altre sembrava in collera e in rare immagini sorrideva allegramente. Si trattava di gesti naturali e spensierati, che si estendevano anche ai meravigliosi occhi viola, facendogli battere il cuore.
Questa volta non fece commenti, andandosene dopo aver ringraziato il fotografo della sua cortesia.

Appena ebbe chiuso la porta, Hiroshi Kitamura sospirò, sperando che il suo tentativo fosse valso a qualcosa. Scambiando poche parole con il signor Ishida, infatti, aveva ottenuto conferma sui suoi sospetti: a quanto pareva i loro figli si erano dichiarati guerra. La cosa gli era dispiaciuta molto, visto che non poteva fare a meno di apprezzare quel ragazzo dallo sguardo profondo, l’animo tempestoso e sensibile.
Si dice che gli opposti si attraggono naturalemente, ma in quel caso Hiroshi era convinto della necessità di dare una mano a quei giovani così simili. Sperava con tutto il cuore che Yamato sarebbe riuscito a capire sua figlia, aiutandola a superare quei problemi che da sola non riusciva ad affrontare. E chissà, magari anche lei sarebbe riuscita ad aiutarlo.

Yamato si buttò sul letto, ripensando all’album che aveva sfogliato. Le intenzioni del suo vicino erano state piuttosto eloquenti: gli aveva voluto mostrare la vera Rumiko, cosicché lui potesse rivalutarla. Probabilmente sperava che tra i due nascesse un buon rapporto di amicizia e che lui l’aiutasse a tornare la ragazza di una volta. Beh, di sicuro l’aveva sorpreso non poco!
Però doveva ammettere che la tattica aveva avuto i suoi effetti: al solo ricordo di quel magnifico sorriso, il cuore ricominciava a battergli all’impazzata nel petto. Possibile che la diciottenne che aveva conosciuto fosse la stessa persona ritratta in quelle foto? E, soprattutto, ora come si sarebbe dovuto comportare?
Ancora incerto sul da farsi, si addormentò profondamente. Quella notte sognò di ammirare il cielo notturno. Una grande luna piena sovrastava la città e sulla cima del palazzo più alto c’era una figura snella, che si stagliava scura contro la sfera luminosa, i lunghi capelli mossi dal vento.

 


Continua…

 

 

  
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