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Autore: monalisasmile    16/06/2008    2 recensioni
Il viola è conosciuto come il colore dello spirito. Rappresenta il valore medio tra terra e cielo, tra passione ed intelligenza, tra amore e razionalità. È il colore della volontà di essere diversi, della metamorfosi. È una forza legata alla vitalità del rosso e all'intimo accoglimento dell'azzurro. Ma è anche il colore degli occhi di una ragazza che entrerà a far parte della vita dei digi-prescelti.
La narrazione comincia in toni leggeri: leggerete di nuovi incontri, di battibecchi e amori adolescenziali, di amicizie e piccoli dispiaceri, emozioni che condizioneranno le giornate e si porranno al centro delle loro vite. Almeno inizialmente.
Perché come nella vita spesso accade, arriverà il momento in cui i personaggi verranno posti di fronte a problemi maggiori e difficili decisioni. D’improvviso tutto parrà sfuggirgli tra le dita. Gli eventi si faranno incalzanti e spesso imprevedibili. Più volte si sentiranno impotenti di fronte a una realtà indecifrabile e troppo crudele per essere affrontata.
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 7

 

Nei due giorni seguenti ricevette molte telefonate da parte di Taichi e Sora, la seconda terribilmente in colpa per lo stato di salute della ragazza. Lei li aveva tranquillizzati, dicendo che presto sarebbe tornata a scuola, ma non aveva potuto evitare che venissero a farle visita.
Il pomeriggio del secondo giorno si presentarono insieme alla sua porta. Lei venne ad aprire la porta in pigiama.

-      Ok è viva, possiamo andarcene. – fece dietrofront il ragazzo, subito riagguantato dall’amica.

-      Che imbecille. – rise Rumiko dello scherzo.

-      Scusa se piombiamo in casa tua senza preavviso. – si scusò educatamente la rossa.

-      Nessun problema. – bofonchiò lei – Solo mi dispiace che la prima volta che vieni da me la casa sia un tale disastro… –

-      Ah, è vero che tu non sei mai stata qua. Allora posso farti fare il giro dell’appartamento? –

-      Temo tu abbia frainteso l’espressione “fai come se fossi a casa tua”. – alzò un sopracciglio Rumiko.

Dopo un’oretta i due decisero di levare le tende e la salutarono. Rumiko si sedette in salotto e si concentrò sugli appunti che l’amica le aveva portato. Al suo ritorno avrebbe dovuto recuperare il compito di fisica, se non il giorno stesso, di sicuro quello dopo. A quanto le avevano detto, non era stato affatto semplice. Taichi non si preoccupava molto del risultato, dato che era abbonato al 4. Sora invece si era scusata, spiegando che anche lei rischiava un brutto voto e che dunque non era la persona più indicata a spiegarle la materia.
La ragazza sospirò sconsolata: possibile che fosse condannata ad avere anche lei all’insufficienza? Non che la pagella fosse per lei una questione fondamentale, ma prima o poi avrebbe dovuto recuperare i brutti voti, altrimenti avrebbe passato le vacanze a studiare quell’odiosa materia per recuperare i debiti. Insomma, si sarebbe volentieri accontentata di un 6, ma per ottenere la sufficienza avrebbe dovuto dimostrare di aver capito qualcosa e lei non sapeva nemmeno da che parte cominciare!

Dunque a chi poteva rivolgersi? Suo padre sarebbe tornato tardi come al solito e in ogni caso aveva parecchi dubbi riguardo alle sue competenze nelle materie tecniche. Non gli restava che…
Alzò la cornetta del telefono e compose il numero.
“È una situazione di emergenza.“ si giustificò mentalmente “La vita è fatta di compromessi, no? Ebbene: ingoiare il mio orgoglio in cambio dell’estate libera dagli studi. Mi pare ne valga la pena.”

Sperò solo che il professore avrebbe riconosciuto questo sforzo.

Dopo pochi minuti il citofono si fece sentire e, tratto un bel respiro, ripetendosi “vacanze senza studiare, vacanze senza studiare” Rumiko andò ad aprire la porta.
Un ragazzo alto e biondo stava sulla soglia, lo sguardo indecifrabile come sempre.

-      Non hai un bel aspetto. – commentò tranquillamente.

-      Scusa se non mi sono messa in tiro per l’occasione. – rispose lei a tono.

“Cominciamo bene! Non è neppure entrato e già lo prenderei a calci. Chissà perché deve essere sempre così… così insopportabile! Gli danno un premio se mi fa perdere la pazienza in meno di un minuto?“
Senza aggiungere altro lui la sorpassò e cominciò a guardarsi attorno, evidentemente contrariato da ciò che vedeva.

-      Questo posto fa schifo. –

-      Senti un po’, sei venuto per farmi la predica o per aiutarmi?! – lo raggiunse lei.

Lui non rispose, ma scomparve in cucina per tornare con due sacchetti dell’immondizia e le mani infilate in un paio di guanti rosa da cucina. Incurante delle proteste di Rumiko cominciò a raccogliere pacchetti vuoti e cartacce.

-      Si può sapere che diavolo stai facendo?! –

-      Pulisco. – disse lui con semplicità.

-      Forse al telefono non sono stata chiara: ho bisogno di ripetizioni, non di ripuliture. –

-      Non puoi studiare in mezzo al caos. Se l’ambiente è disordinato la tua mente sarà ugualmente disordinata. –

Lei alzò le mani in segno di resa e si sedette sul divano, incrociando le gambe. Yamato continuò a riassettare la casa, spazzando via le briciole, raccattando, con una smorfia esageratamente disgustata i fazzoletti usati, raccogliendo le tazze e i piatti e mettendoli nella lavastoviglie. Ad un tratto la fece anche alzare dalla sua postazione, con un gesto che le ricordava quello di un padrone nei confronti del cane, per ripulire la coperta in cui si era avvolta.
Al termine dell’opera si guardò attorno visibilmente soddisfatto. Ma quando il suo sguardo si posò su di lei, storse la bocca in maniera eloquente.

-      E ora che c’è? – sbuffò lei.

-      Anche tu avresti bisogno di una ripulita. – spiegò.

-      È casa mia e mi concio come mi pare! Piuttosto, sei qui per darmi una mano o per criticare il mio aspetto? –

-      D’accordo, d’accordo! Su, fammi vedere cos’è che non ti è chiaro. –

Si sedettero sul divano e aprirono i libri. Lei gli spiegò brevemente la sua situazione e lui sospirò.

-      In poche parole non hai capito nulla. –

Lei stava per rispondergli di nuovo a tono, ma richiuse la bocca stizzita e mise il broncio, conscia della sua ignoranza. Yamato ignorò la sua reazione, afferrò una penna e cominciò a spiegarle le dimostrazioni.

Rumiko stava china sui libri, il volto teso per la concentrazione. Alcune ciocche di capelli erano sfuggite alla pettinatura improvvisata e le ricadevano ai lati del viso, sfiorandole gli zigomi. Ma lei non se ne curava, limitandosi a spingerli di tanto in tanto dietro un orecchio con un gesto rapido della mano. Una gamba era ripiegata sotto di lei, l’altra penzolava oltre il bordo del divano. Il suo naso era leggermente arrossato. Nonostante i commenti di Yamato, aveva deciso di restare com’era, avviluppata in quegli abiti larghi, stropicciati e a suo avviso comodi, che nascondevano le sue forme. Eppure anche così gli parve estremamente carina.
Ora stava tracciando un grafico con mano sicura, spostando lo sguardo dal disegno ai dati del problema.

-      Scusa. – disse piano il ragazzo.

Lei alzò gli occhi ad incrociare i suoi, poi li abbassò sul disegno aggrottando la fronte perplessa.

-      L’altro giorno… mi sono comportato in maniera meschina. Non dovevo dire quelle cose. –

Fece una pausa, omettendo il motivo che, come aveva compreso in quei giorni, l’aveva spinto a parlare in quel modo: Yamato era geloso.

-      È forse presuntuoso da parte mia chiedertelo, ma… potresti perdonarmi? –

Rumiko lo guardò un attimo, poi annuì piano.

-      La verità è che… ecco, io… - le afferrò la mano, avvicinandosi al suo viso.

Lei si allontanò di scatto, sfuggendo alla sua presa. Yamato cercò i suoi occhi viola: il suo sguardo era deluso.

-      Sora è una ragazza fantastica. – disse, severa – È mia amica e non ho intenzione di farle un torto simile. –

-      Però tu… - si passò una mano tra i capelli biondi, nervoso – Sarò franco: da quando abbiamo litigato non sono riuscito a trovare pace, non ho fatto che ripensare a te, ai nostri battibecchi e al tuo sorriso felice in quelle vecchie foto… -

-      Quali foto? –

-      Quelle di qualche anno fa. È da quando le ho viste che non faccio altro che pensare a te, a come eri spensierata, piena di gioia e… -

-      Ma sono vecchie foto. Sono cambiata molto da allora… –

-      Lo so, ma eri così… -

-      Dici bene: ero. – rispose lei, dura.

-      Non è detto che tu non possa tornare a sorridere così. Ti aiuterò. Vedrai, sono sicuro che riuscirai a recuperare… -

-      Cosa?! Cosa dovrei riuscire a recuperare?! –

-      La vera te stessa. –

-      Ma la vera me stessa è questa! – protestò, battendosi una mano sul petto – Ce l’hai davanti a te! –

-      No, non è vero, questa è solo una maschera, una corazza per proteggerti, forse perché qualcuno ti ha ferita o delusa e non ti fidi più delle persone. Succede a molti, sai? Ma non dirmi che tu non sei così, perché non ci credo… Ti ostini a negarlo, ma in realtà… –

-      Chi è qua quello che si ostina a negare la realtà?! Partiamo dal fatto che quello che mi è successo non ti riguarda e che non posso né ignorarlo né cancellarlo, a meno che tu non nasconda in casa tua la macchina del tempo e mi faccia tornare indietro di qualche anno. In ogni caso i fatti sono questi, che tu lo voglia o no: gli eventi della vita cambiano le persone e così è successo a me. Sono cambiata. Fine della questione. –

-      No… - fece lui, piano.

-      E invece sì! Le persone cambiano, Yamato, e io sono cambiata. Non puoi cambiare le persone semplicemente perché pensi che fossero meglio prima. E anche se avessi questo superpotere, chi ti dice che io sia d’accordo a tornare quella che ero, che non mi piaccia di più così? In fondo, le mutazioni avvengono per meglio adattarsi agli ambienti in cui ci si trova, no? Ebbene, pensi che sarebbe giusto trasformarmi secondo le tue necessità anziché le mie? –

-      Non lo so, ma devo farlo… -

-      Perché?! –

-      PERCHÉ MI SONO INNAMORATO DI TE! –

-      Come? – sussurrò lei.

-      È così, da quando ho visto quelle fotografie mi sono innamorato di te. –

Silenzio.

 

-      No. –

-      Come? –

-      No. Tu non ti sei innamorato di me, semmai della vecchia me che hai visto solo in fotografia, quella che non c’è più. –

-      Ti sbagli… -

-      È così, Yamato: ti sei innamorato di un’immagine, di un fantasma. –

-      No… -

-      Quella persona non esiste più. –

-      Ma se tu… io so che potrei riuscire a… -

-      Cambiarmi? Vorresti cambiarmi per farmi diventare quella che desideri, per il tuo piacere personale? Anche se rimpiangessi la vecchia me, non te lo permetterei. E comunque… non ci riusciresti. –

-      Perché, Taichi sì? – fece lui, con una punta di amarezza nella voce.

-      Taichi non cerca di cambiarmi. A lui vado bene così come sono. –

Fece una pausa.

-      Sono disposta a dimenticare ciò che hai appena detto, Yamato. Ma solo a condizione che tu desista dal tuo folle scopo. –

Lui abbassò il capo, sconfitto. Solo allora si accorse di aver sbagliato tutto, che si era illuso. Aveva provato a fare ciò che secondo lui andava fatto, ma aveva peccato di arroganza ed egoismo.

Aveva rovinato tutto. Anche ammesso che gli avesse ancora voluto rivolgere la parola, lui non avrebbe più osato guardare in faccia Rumiko. E con che coraggio poteva ancora presentarsi davanti a Sora? Nel giro di pochi minuti aveva perso una nuova amica e la fidanzata di tanti anni. Ma chi era quel maledetto imbecille che aveva detto che lui aveva fortuna con le ragazze?!
Si alzò e uscì dall’appartamento.

Abbattuto, si ritrovò di nuovo nell’ingresso di casa sua, in quelle stanze vuote e silenziose. Al pensiero che aveva sperato di poterle riempire con i sorrisi di quella ragazza, si sentì pizzicare gli occhi. In un secondo seppe cosa avrebbe fatto: afferrò le chiavi della moto, il giubbotto, la sciarpa e fu fuori.

Dopo venti minuti si ritrovò davanti ad un portone, incredibilmente familiare ma che non vedeva da troppo tempo. Suonò il citofono e venne ad aprirgli un ragazzo alto e bruno, dai capelli perennemente scompigliati. Non gli fu difficile leggere la sorpresa in quegli occhi nocciola, ma non seppe mai se fosse dovuta alla sua visita inaspettata o alle lacrime che gli solcavano le guance arrossate dal freddo.

Rumiko si accasciò sul divano, con le mani tra i capelli. Al pensiero di quel che era appena successo si sentiva tremare. Nel momento in cui Yamato le aveva afferrato la mano, lei aveva provato un caldo brivido lungo la schiena e il suo cuore aveva preso a battere forte nel petto.

Ma un istante dopo si era riscossa e l’immagine di Sora gli era balzata davanti agli occhi. Una ragazza speciale che l’aveva accolta, parlandole a cuore aperto, offrendole la sua amicizia; non avrebbe mai potuto ricambiare le sensazioni piacevoli che le aveva regalato facendola soffrire.

Rumiko non aveva mai potuto vantare una grande cerchia di amici, dunque non era molto pratica in materia. Conoscenti, sì, ma non amici veri. Ma in fondo non ne aveva mai sentito il bisogno: ciò che aveva le bastava, dunque non aveva mai sentito la mancanza di qualcosa. Tuttavia ora le cose erano diverse: aveva incontrato delle belle persone che la facevano sentire bene, come non era stata da molto tempo. Perché mandare tutto all’aria? Perché rinunciare a passare dei bei momenti in loro compagnia? Per lui? Ne valeva davvero la pena? Ovviamente no.
Poi era stato lui stesso a fugare ogni dubbio residuo. Le parole di Yamato l’avevano ferita altre volte, ma mai come in quel momento. Si era innamorato della Rumiko del passato. Non voleva lei, voleva l’altra! Quella che era sparita due anni fa, insieme a…
Le lacrime le salirono agli occhi.

Si era impegnata molto, in quei due anni. Aveva raccolto i brandelli della sua anima ferita e li aveva rimessi insieme, rammendandoli con forza e coraggio senza mai guardarsi alle spalle. E ora lui voleva riportarla indietro?! Lei gli aveva detto che non era possibile, che non era giusto, che non era la cosa migliore per lei, ma lui non aveva desistito. Ma perché non l’ascoltava? Era stato egoista, presuntuoso e insensibile. Ancora una volta non erano stati in grado di capirsi.
Taichi si era sbagliato: loro due non erano fatti per stare insieme. Avrebbero solo finito per distruggersi a vicenda. E non ne valeva la pena.
Ma allora perché stava così male? Perché si sentiva il cuore in pezzi? Forse perché sapeva che, perdendo Yamato, aveva rinunciato a tutte quelle emozioni che solo lui era in grado di suscitarle. Sia che fosse arrabbiata, sia che sorridesse, in sua compagnia si sentiva fremere. Era una strana sensazione, mai provata prima. Con Taichi e Sora era diverso: con loro si sentiva tranquilla, come cullata da placide acque. Invece con lui si sentiva risucchiare da un vortice, che l’attraeva e la respingeva al tempo stesso, rivoltandola come un calzino.
Afferrò il telefono e compose un numero, quello più assurdo, data la situazione, ma l’unico che le venisse in mente.

-      Pronto? Qui casa Takenouchi! –

-      Sora, mi sento male, ti prego vieni. – disse quasi in un sussurro, mentre la sua voce veniva rotta dal pianto.

 

Taichi non disse nulla, lasciò che il ragazzo si lavasse la faccia e mangiasse qualcosa. Poi guardarono un film alla TV.
Solo quando comparvero i titoli di coda, si voltò verso di lui.

-      Meglio? –

-      Sì, grazie. –

-      Non ringraziarmi. È a questo che servono gli amici, no? A farti guardare film spazzatura quando dentro ti senti da buttare… – accennò a una battuta.

-      Non penso che vorrai essere mio amico ancora per molto. – sorrise amaramente.

-      Cos’è successo, Yamato? – gli chiese lui, calmo e serio.

Lui lo guardò e sospirò, preparandosi al peggio. Poi cominciò a raccontare.

 

-      Rumiko! Che cos’è successo? Hai la febbre? Vuoi che chiami un medico? –

La rossa si era precipitata nella camera da letto dell’amica, che stava raggomitolata sotto le coperte.

-      È successa una cosa orribile… Oh, Sora, non volevo. Giuro che non volevo! –

-      Calmati, qualunque cosa sia successa, sono sicura che… -

Rumiko si alzò di scatto, rivelando gli occhi arrossati e gonfi.

-      Yamato è… - disse piano.

-      COSA TI HA FATTO?! – sbraitò lei.

-      Se te lo dico sono sicura che mi odierai… e non voglio rovinare la nostra amicizia… –

-      Non preoccuparti, Rumiko. Qualsiasi cosa sia successa non rinuncerò a te per via delle azioni del mio ragazzo. In fondo è a questo che servono gli amici, no? Ad aiutarci a risolvere i problemi che da soli non riusciamo a gestire. –

La rossa si sedette sul bordo del letto e le accarezzò la testa. Rumiko, rinfrancata, cominciò a parlare.

-      E questo è tutto. – concluse Yamato.

Silenzio.

-      Hai fatto una bella stronzata, lo sai, vero? – gli disse l’altro, duro.

-      Lo so, ma io ero convinto che… -

-      Che cosa? Che saresti riuscito a cambiarla? A farla tornare la persona che era? Non ne avevi alcun diritto! Tu stesso l’hai accusata di giocare con le persone! –

Yamato si prese la testa tra le mani. Ovviamente il suo amico aveva ragione. Di nuovo aveva sbagliato. Ma che gli stava succedendo? Era la seconda volta che la feriva a causa delle sue azioni avventate e non era certo da lui.

-      Non ci capisco più nulla! Che diavolo sto facendo?! Non voglio… eppure riesco sempre a dire la cosa sbagliata. Mi sento nervoso… è come se tutti si aspettassero qualcosa da me. Persino il padre me l’ha praticamente affidata! –

-      Non penso che ti abbia affidato sua figlia perché tu la trasformassi. –

-      Ma ero davvero convinto di fare la cosa giusta! –

-      Lo so, amico mio, ma non devi accollarti tutte le responsabilità da solo. Tu hai questo pessimo vizio di voler fare le cose a modo tuo e senza chiedere aiuto a nessuno. Però devi metterti in testa che non puoi sempre farcela da solo, nessuno ci riesce. –

-      È che ci tengo molto a lei… -

-      Guarda che non sei l’unico! Anch’io le voglio bene. Non avrei di certo preso a pugni il mio migliore amico per una persona qualsiasi, non ti pare?! E poi anche Sora le è molto affezionata… –

-      Già, Sora… sono riuscito a ferire anche lei. Non credevo che sarei mai arrivato a fare una cosa tanto patetica e meschina… –

-      Non ti preoccupare di questo: sono sicuro che le cose si aggiusteranno. –

-      E come?! L’ho praticamente tradita! –

-      Beh, ma non è successo nulla di concreto e se le dirai la verità sono sicuro che ti perdonerà. –

-      Comincio a pensare di non sapere quale sia la verità. – commentò amaramente.

-      Che vuoi dire? –

-      Insomma, ho tradito, o quasi, la mia ragazza per una persona che non esiste, o almeno non più. Mi sembra tutto così assurdo… -

-      Ma è così che sono andate le cose, no? Tu hai preso una bella cotta per la Rumiko di due anni fa, ma non per quella del presente, giusto? –

-      Sì, suppongo che tu abbia ragione… –

Ormai era scesa la sera e il ragazzo s’infilò il giubbotto per uscire.

-      Un’ultima cosa, Yamato. –

-      Cosa c’è? –

-      Per questa volta passi, ma bada: non deve ripetersi mai più. – gli disse, rivolgendogli uno sguardo tagliente.

-      Taichi…? – stentò a riconoscerlo.

-      Ti perdono perché sei mio amico, ma non ti azzardare a far soffrire ancora Rumiko… e tanto meno Sora. Sono stato chiaro? –

-      Cristallino. – e uscì.

In realtà aveva la spiacevole sensazione di non aver capito del tutto: cosa aveva voluto intendere con quelle parole? Non c’era dubbio che il prescelto del Coraggio fosse legato ad entrambe, ma quali erano le sue intenzioni?
Scosse energicamente la testa: aveva già combinato abbastanza guai, meglio tenersi alla larga da simili questioni.

Intanto Sora era appena rientrata a casa, ancora scossa. Non riusciva a credere che Yamato si fosse comportato in quel modo, ma d’altro canto non poteva certo ignorare le lacrime dell’amica. Le aveva fatto piacere che la ragazza si fosse confidata con lei, ma non poteva fare a meno di sentirsi ferita. Che gioco stava giocando Yamato?
Si chiuse nella sua stanza e si sedette alla scrivania, cercando di riordinare le idee. Tuttavia la situazione non cambiava. Cosa avrebbe dovuto fare? Come avrebbe dovuto comportarsi con il cantante? Fino ad allora era stata certa dei suoi sentimenti per lui, anche se non sempre era stata sicura di essere pienamente corrisposta. Ora non aveva più garanzie di alcun tipo.
La cosa strana era che non ce l’aveva né con Rumiko né con Yamato, bensì con se stessa. Si sentiva una sciocca sentimentale, per essersi illusa fino a quel punto. In fondo erano stati in molti ad apparire scettici di fronte alla sua relazione. E come poteva essere altrimenti? Lui era bello, famoso e pieno di ammiratrici, mentre era così… normale. Carina, simpatica, gentile, abbastanza brava negli sport e intelligente… ma nulla di più. Tutte caratteristiche assolutamente comuni.

“ E dire che sono la prescelta dell’Amore…”
Non era colpa di Yamato se si sentiva attratto da un’altra ragazza, né di Rumiko se lui si era innamorato di lei. L’amica le aveva spiegato che il cantante si era invaghito della sua vecchia persona, ormai inesistente, ma Sora temeva che non fosse del tutto vero. Aveva notato come lui la guardava ed era più che sicura che stesse guardando la Rumiko del presente. Solo che fino a quel momento non aveva mai voluto ammettere l’evidenza: tra quei due non c’era posto per lei.
Si infilò sotto le coperte ancora vestita e si addormentò prima di cena. Le era salita la febbre.

 


Continua…

  
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