Capitolo 7
Nei
due giorni seguenti ricevette molte telefonate da parte di Taichi e
Sora, la
seconda terribilmente in colpa per lo stato di salute della ragazza.
Lei li
aveva tranquillizzati, dicendo che presto sarebbe tornata a scuola, ma
non
aveva potuto evitare che venissero a farle visita.
Il pomeriggio del secondo giorno si presentarono insieme alla sua
porta. Lei
venne ad aprire la porta in pigiama.
-
Ok
è viva, possiamo andarcene. – fece dietrofront il
ragazzo, subito riagguantato
dall’amica.
-
Che
imbecille. – rise Rumiko dello scherzo.
-
Scusa
se piombiamo in casa tua senza preavviso. – si
scusò educatamente la rossa.
-
Nessun
problema. – bofonchiò lei – Solo mi
dispiace che la prima volta che vieni da me
la casa sia un tale disastro… –
-
Ah,
è vero che tu non sei mai stata qua. Allora posso farti fare
il giro
dell’appartamento? –
-
Temo
tu abbia frainteso l’espressione “fai come se fossi
a casa tua”. – alzò un
sopracciglio Rumiko.
Dopo
un’oretta i due decisero di levare le tende e la salutarono.
Rumiko si sedette
in salotto e si concentrò sugli appunti che
l’amica le aveva portato. Al suo
ritorno avrebbe dovuto recuperare il compito di fisica, se non il
giorno
stesso, di sicuro quello dopo. A quanto le avevano detto, non era stato
affatto
semplice. Taichi non si preoccupava molto del risultato, dato che era
abbonato
al 4. Sora invece si era scusata, spiegando che anche lei rischiava un
brutto
voto e che dunque non era la persona più indicata a
spiegarle la materia.
La ragazza sospirò sconsolata: possibile che fosse
condannata ad avere anche
lei all’insufficienza? Non che la pagella fosse per lei una
questione
fondamentale, ma prima o poi avrebbe dovuto recuperare i brutti voti,
altrimenti avrebbe passato le vacanze a studiare quell’odiosa
materia per
recuperare i debiti. Insomma, si sarebbe volentieri accontentata di un
6, ma
per ottenere la sufficienza avrebbe dovuto dimostrare di aver capito
qualcosa e
lei non sapeva nemmeno da che parte cominciare!
Dunque
a chi poteva rivolgersi? Suo padre sarebbe tornato tardi come al solito
e in
ogni caso aveva parecchi dubbi riguardo alle sue competenze nelle
materie
tecniche. Non gli restava che…
Alzò la cornetta del telefono e compose il numero.
“È una situazione di emergenza.“ si
giustificò mentalmente “La vita è fatta
di
compromessi, no? Ebbene: ingoiare il mio orgoglio in cambio
dell’estate libera
dagli studi. Mi pare ne valga la pena.”
Sperò
solo che il professore avrebbe riconosciuto questo sforzo.
Dopo pochi minuti il citofono si fece sentire e, tratto un bel respiro,
ripetendosi “vacanze senza studiare, vacanze senza
studiare” Rumiko andò ad
aprire la porta.
Un ragazzo alto e biondo stava sulla soglia, lo sguardo indecifrabile
come
sempre.
-
Non
hai un bel aspetto. – commentò tranquillamente.
-
Scusa
se non mi sono messa in tiro per l’occasione. –
rispose lei a tono.
“Cominciamo
bene! Non è neppure entrato e già lo prenderei a
calci. Chissà perché deve
essere sempre così… così insopportabile!
Gli danno un premio se mi fa perdere la pazienza in meno di un
minuto?“
Senza aggiungere altro lui la sorpassò e cominciò
a guardarsi attorno,
evidentemente contrariato da ciò che vedeva.
-
Questo
posto fa schifo. –
-
Senti
un po’, sei venuto per farmi la predica o per aiutarmi?!
– lo raggiunse lei.
Lui
non rispose, ma scomparve in cucina per tornare con due sacchetti
dell’immondizia e le mani infilate in un paio di guanti rosa
da cucina.
Incurante delle proteste di Rumiko cominciò a raccogliere
pacchetti vuoti e
cartacce.
-
Si
può sapere che diavolo stai facendo?! –
-
Pulisco.
– disse lui con semplicità.
-
Forse
al telefono non sono stata chiara: ho bisogno di ripetizioni,
non di ripuliture.
–
-
Non
puoi studiare in mezzo al caos. Se l’ambiente è
disordinato la tua mente sarà
ugualmente disordinata. –
Lei
alzò le mani in segno di resa e si sedette sul divano,
incrociando le gambe.
Yamato continuò a riassettare la casa, spazzando via le
briciole, raccattando,
con una smorfia esageratamente disgustata i fazzoletti usati,
raccogliendo le
tazze e i piatti e mettendoli nella lavastoviglie. Ad un tratto la fece
anche
alzare dalla sua postazione, con un gesto che le ricordava quello di un
padrone
nei confronti del cane, per ripulire la coperta in cui si era avvolta.
Al termine dell’opera si guardò attorno
visibilmente soddisfatto. Ma quando il
suo sguardo si posò su di lei, storse la bocca in maniera
eloquente.
-
E
ora che c’è? – sbuffò lei.
-
Anche
tu avresti bisogno di una ripulita. – spiegò.
-
È
casa mia e mi concio come mi pare! Piuttosto, sei qui per darmi una
mano o per
criticare il mio aspetto? –
-
D’accordo,
d’accordo! Su, fammi vedere cos’è che
non ti è chiaro. –
Si
sedettero sul divano e aprirono i libri. Lei gli spiegò
brevemente la sua
situazione e lui sospirò.
-
In
poche parole non hai capito nulla. –
Lei
stava per rispondergli di nuovo a tono, ma richiuse la bocca stizzita e
mise il
broncio, conscia della sua ignoranza. Yamato ignorò la sua
reazione, afferrò
una penna e cominciò a spiegarle le dimostrazioni.
Rumiko stava china sui libri, il volto teso per la concentrazione.
Alcune
ciocche di capelli erano sfuggite alla pettinatura improvvisata e le
ricadevano
ai lati del viso, sfiorandole gli zigomi. Ma lei non se ne curava,
limitandosi
a spingerli di tanto in tanto dietro un orecchio con un gesto rapido
della
mano. Una gamba era ripiegata sotto di lei, l’altra penzolava
oltre il bordo
del divano. Il suo naso era leggermente arrossato. Nonostante i
commenti di
Yamato, aveva deciso di restare com’era, avviluppata in
quegli abiti larghi,
stropicciati e a suo avviso comodi, che nascondevano le sue forme.
Eppure anche
così gli parve estremamente carina.
Ora stava tracciando un grafico con mano sicura, spostando lo sguardo
dal disegno
ai dati del problema.
-
Scusa.
– disse piano il ragazzo.
Lei
alzò gli occhi ad incrociare i suoi, poi li
abbassò sul disegno aggrottando la
fronte perplessa.
-
L’altro
giorno… mi sono comportato in maniera meschina. Non dovevo
dire quelle cose. –
Fece
una pausa, omettendo il motivo che, come aveva compreso in quei giorni,
l’aveva
spinto a parlare in quel modo: Yamato era geloso.
-
È
forse presuntuoso da parte mia chiedertelo, ma… potresti
perdonarmi? –
Rumiko
lo guardò un attimo, poi annuì piano.
-
La
verità è che… ecco, io… -
le afferrò la mano, avvicinandosi al suo viso.
Lei
si allontanò di scatto, sfuggendo alla sua presa. Yamato
cercò i suoi occhi
viola: il suo sguardo era deluso.
-
Sora
è una ragazza fantastica. – disse, severa
– È mia amica e non ho intenzione di
farle un torto simile. –
-
Però
tu… - si passò una mano tra i capelli biondi,
nervoso – Sarò franco: da quando
abbiamo litigato non sono riuscito a trovare pace, non ho fatto che
ripensare a
te, ai nostri battibecchi e al tuo sorriso felice in quelle vecchie
foto… -
-
Quali
foto? –
-
Quelle
di qualche anno fa. È da quando le ho viste che non faccio
altro che pensare a
te, a come eri spensierata, piena di gioia e… -
-
Ma
sono vecchie foto. Sono cambiata
molto
da allora… –
-
Lo
so, ma eri così… -
-
Dici
bene: ero. – rispose lei,
dura.
-
Non
è detto che tu non possa tornare a sorridere
così. Ti aiuterò. Vedrai, sono
sicuro che riuscirai a recuperare… -
-
Cosa?!
Cosa dovrei riuscire a recuperare?! –
-
La
vera te stessa. –
-
Ma
la vera me stessa è questa! – protestò,
battendosi una mano sul petto – Ce
l’hai davanti a te! –
-
No,
non è vero, questa è solo una maschera, una
corazza per proteggerti, forse perché
qualcuno ti ha ferita o delusa e non ti fidi più delle
persone. Succede a
molti, sai? Ma non dirmi che tu non sei così,
perché non ci credo… Ti ostini a
negarlo, ma in realtà… –
-
Chi
è qua quello che si ostina a negare la realtà?!
Partiamo dal fatto che quello
che mi è successo non ti riguarda
e
che non posso né ignorarlo né cancellarlo, a meno
che tu non nasconda in casa
tua la macchina del tempo e mi faccia tornare indietro di qualche anno.
In ogni
caso i fatti sono questi, che tu lo voglia o no: gli eventi della vita
cambiano
le persone e così è successo a me. Sono cambiata.
Fine della questione. –
-
No…
- fece lui, piano.
-
E
invece sì! Le persone cambiano, Yamato, e io sono
cambiata. Non puoi cambiare le persone semplicemente perché pensi che fossero meglio prima. E anche
se avessi questo superpotere, chi ti dice che io sia
d’accordo a tornare quella
che ero, che non mi piaccia di più così? In
fondo, le mutazioni avvengono per
meglio adattarsi agli ambienti in cui ci si trova, no? Ebbene, pensi
che
sarebbe giusto trasformarmi
secondo
le tue necessità
anziché le mie?
–
-
Non
lo so, ma devo farlo… -
-
Perché?!
–
-
PERCHÉ
MI SONO INNAMORATO DI TE! –
-
Come?
– sussurrò lei.
-
È
così, da quando ho visto quelle fotografie mi sono
innamorato di te. –
Silenzio.
-
No.
–
-
Come?
–
-
No.
Tu non ti sei innamorato di me,
semmai
della vecchia me che hai visto solo
in fotografia, quella che non c’è più.
–
-
Ti
sbagli… -
-
È
così, Yamato: ti sei innamorato di un’immagine, di
un fantasma. –
-
No…
-
-
Quella
persona non esiste più. –
-
Ma
se tu… io so che potrei riuscire a… -
-
Cambiarmi?
Vorresti cambiarmi per farmi diventare quella che desideri, per il tuo
piacere
personale? Anche se rimpiangessi la vecchia me, non te lo permetterei.
E
comunque… non ci riusciresti. –
-
Perché,
Taichi sì? –
fece lui, con una punta di
amarezza nella voce.
-
Taichi
non cerca di cambiarmi. A lui vado bene così come sono.
–
Fece
una pausa.
-
Sono
disposta a dimenticare ciò che hai appena detto, Yamato. Ma
solo a condizione che
tu desista dal tuo folle scopo. –
Lui
abbassò il capo, sconfitto. Solo allora si accorse di aver
sbagliato tutto, che
si era illuso. Aveva provato a fare ciò che secondo lui
andava fatto, ma aveva
peccato di arroganza ed egoismo.
Aveva
rovinato tutto. Anche ammesso che gli avesse ancora voluto rivolgere la
parola,
lui non avrebbe più osato guardare in faccia Rumiko. E con
che coraggio poteva
ancora presentarsi davanti a Sora? Nel giro di pochi minuti aveva perso
una
nuova amica e la fidanzata di tanti anni. Ma chi era quel maledetto
imbecille
che aveva detto che lui aveva fortuna con le ragazze?!
Si alzò e uscì dall’appartamento.
Abbattuto, si ritrovò di nuovo nell’ingresso di
casa sua, in quelle stanze
vuote e silenziose. Al pensiero che aveva sperato di poterle riempire
con i
sorrisi di quella ragazza, si sentì pizzicare gli occhi. In
un secondo seppe
cosa avrebbe fatto: afferrò le chiavi della moto, il
giubbotto, la sciarpa e fu
fuori.
Dopo venti minuti si ritrovò davanti ad un portone,
incredibilmente familiare
ma che non vedeva da troppo tempo. Suonò il citofono e venne
ad aprirgli un
ragazzo alto e bruno, dai capelli perennemente scompigliati. Non gli fu
difficile leggere la sorpresa in quegli occhi nocciola, ma non seppe
mai se
fosse dovuta alla sua visita inaspettata o alle lacrime che gli
solcavano le
guance arrossate dal freddo.
Rumiko si accasciò sul divano, con le mani tra i capelli. Al
pensiero di quel
che era appena successo si sentiva tremare. Nel momento in cui Yamato
le aveva
afferrato la mano, lei aveva provato un caldo brivido lungo la schiena
e il suo
cuore aveva preso a battere forte nel petto.
Ma
un istante dopo si era riscossa e l’immagine di Sora gli era
balzata davanti
agli occhi. Una ragazza speciale che l’aveva accolta,
parlandole a cuore aperto,
offrendole la sua amicizia; non avrebbe mai potuto ricambiare le
sensazioni
piacevoli che le aveva regalato facendola soffrire.
Rumiko
non aveva mai potuto vantare una grande cerchia di amici, dunque non
era molto
pratica in materia. Conoscenti, sì, ma non amici veri. Ma in
fondo non ne aveva
mai sentito il bisogno: ciò che aveva le bastava, dunque non
aveva mai sentito
la mancanza di qualcosa. Tuttavia ora le cose erano diverse: aveva
incontrato delle
belle persone che la facevano sentire bene, come non era stata da molto
tempo.
Perché mandare tutto all’aria? Perché
rinunciare a passare dei bei momenti in
loro compagnia? Per lui? Ne valeva davvero
la pena? Ovviamente no.
Poi era stato lui stesso a fugare ogni dubbio residuo. Le parole di
Yamato
l’avevano ferita altre volte, ma mai come in quel momento. Si
era innamorato
della Rumiko del passato. Non voleva lei,
voleva l’altra! Quella che
era
sparita due anni fa, insieme a…
Le lacrime le salirono agli occhi.
Si
era impegnata molto, in quei due anni. Aveva raccolto i brandelli della
sua
anima ferita e li aveva rimessi insieme, rammendandoli con forza e
coraggio
senza mai guardarsi alle spalle. E ora lui
voleva riportarla indietro?! Lei gli aveva detto che non era possibile,
che non
era giusto, che non era la cosa migliore per lei, ma lui non aveva
desistito.
Ma perché non l’ascoltava? Era stato egoista,
presuntuoso e insensibile. Ancora
una volta non erano stati in grado di capirsi.
Taichi si era sbagliato: loro due non erano fatti per stare insieme.
Avrebbero
solo finito per distruggersi a vicenda. E non ne valeva la pena.
Ma allora perché stava così male?
Perché si sentiva il cuore in pezzi? Forse
perché sapeva che, perdendo Yamato, aveva rinunciato a tutte
quelle emozioni
che solo lui era in grado di suscitarle. Sia che fosse arrabbiata, sia
che
sorridesse, in sua compagnia si sentiva fremere. Era una strana
sensazione, mai
provata prima. Con Taichi e Sora era diverso: con loro si sentiva
tranquilla,
come cullata da placide acque. Invece con lui si sentiva risucchiare da
un
vortice, che l’attraeva e la respingeva al tempo stesso,
rivoltandola come un
calzino.
Afferrò il telefono e compose un numero, quello
più assurdo, data la
situazione, ma l’unico che le venisse in mente.
-
Pronto?
Qui casa Takenouchi! –
-
Sora,
mi sento male, ti prego vieni. – disse quasi in un sussurro,
mentre la sua voce
veniva rotta dal pianto.
Taichi
non disse nulla, lasciò che il ragazzo si lavasse la faccia
e mangiasse
qualcosa. Poi guardarono un film alla TV.
Solo quando comparvero i titoli di coda, si voltò verso di
lui.
-
Meglio?
–
-
Sì,
grazie. –
-
Non
ringraziarmi. È a questo che servono gli amici, no? A farti
guardare film
spazzatura quando dentro ti senti da buttare… –
accennò a una battuta.
-
Non
penso che vorrai essere mio amico ancora per molto. – sorrise
amaramente.
-
Cos’è
successo, Yamato? – gli chiese lui, calmo e serio.
Lui
lo guardò e sospirò, preparandosi al peggio. Poi
cominciò a raccontare.
-
Rumiko!
Che cos’è successo? Hai la febbre? Vuoi che chiami
un medico? –
La
rossa si era precipitata nella camera da letto dell’amica,
che stava raggomitolata
sotto le coperte.
-
È
successa una cosa orribile… Oh, Sora, non volevo. Giuro che
non volevo! –
-
Calmati,
qualunque cosa sia successa, sono sicura che… -
Rumiko
si alzò di scatto, rivelando gli occhi arrossati e gonfi.
-
Yamato
è… - disse piano.
-
COSA
TI HA FATTO?! – sbraitò lei.
-
Se
te lo dico sono sicura che mi odierai… e non voglio rovinare
la nostra
amicizia… –
-
Non
preoccuparti, Rumiko. Qualsiasi cosa sia successa non
rinuncerò a te per via
delle azioni del mio ragazzo. In fondo è a questo che
servono gli amici, no? Ad
aiutarci a risolvere i problemi che da soli non riusciamo a gestire.
–
La
rossa si sedette sul bordo del letto e le accarezzò la
testa. Rumiko,
rinfrancata, cominciò a parlare.
-
E
questo è tutto. – concluse Yamato.
Silenzio.
-
Hai
fatto una bella stronzata, lo sai, vero? – gli disse
l’altro, duro.
-
Lo
so, ma io ero convinto che… -
-
Che
cosa? Che saresti riuscito a cambiarla? A farla tornare la persona che
era? Non
ne avevi alcun diritto! Tu stesso l’hai accusata di giocare
con le persone! –
Yamato
si prese la testa tra le mani. Ovviamente il suo amico aveva ragione.
Di nuovo
aveva sbagliato. Ma che gli stava succedendo? Era la seconda volta che
la
feriva a causa delle sue azioni avventate e non era certo da lui.
-
Non
ci capisco più nulla! Che diavolo sto facendo?! Non
voglio… eppure riesco sempre
a dire la cosa sbagliata. Mi sento nervoso… è
come se tutti si aspettassero
qualcosa da me. Persino il padre me l’ha praticamente
affidata! –
-
Non
penso che ti abbia affidato sua figlia perché tu la
trasformassi. –
-
Ma
ero davvero convinto di fare la
cosa giusta!
–
-
Lo
so, amico mio, ma non devi accollarti tutte le
responsabilità da solo. Tu hai
questo pessimo vizio di voler fare le cose a modo tuo e senza chiedere
aiuto a
nessuno. Però devi metterti in testa che non puoi sempre
farcela da solo,
nessuno ci riesce. –
-
È
che ci tengo molto a lei… -
-
Guarda
che non sei l’unico! Anch’io le voglio bene. Non
avrei di certo preso a pugni
il mio migliore amico per una persona qualsiasi, non ti pare?! E poi
anche Sora
le è molto affezionata… –
-
Già,
Sora… sono riuscito a ferire anche lei. Non credevo che
sarei mai arrivato a
fare una cosa tanto patetica e meschina… –
-
Non
ti preoccupare di questo: sono sicuro che le cose si aggiusteranno.
–
-
E
come?! L’ho praticamente tradita! –
-
Beh,
ma non è successo nulla di concreto e se le dirai la
verità sono sicuro che ti
perdonerà. –
-
Comincio
a pensare di non sapere quale sia la verità. –
commentò amaramente.
-
Che
vuoi dire? –
-
Insomma,
ho tradito, o quasi, la mia ragazza per una persona che non esiste, o
almeno
non più. Mi sembra tutto così assurdo…
-
-
Ma
è così che sono andate le cose, no? Tu hai preso
una bella cotta per
-
Sì,
suppongo che tu abbia ragione… –
Ormai
era scesa la sera e il ragazzo s’infilò il
giubbotto per uscire.
-
Un’ultima
cosa, Yamato. –
-
Cosa
c’è? –
-
Per
questa volta passi, ma bada: non deve ripetersi mai più.
– gli disse,
rivolgendogli uno sguardo tagliente.
-
Taichi…?
– stentò a riconoscerlo.
-
Ti
perdono perché sei mio amico, ma non ti azzardare a far
soffrire ancora Rumiko…
e tanto meno Sora. Sono stato
chiaro?
–
-
Cristallino.
– e uscì.
In
realtà aveva la spiacevole sensazione di non aver capito del
tutto: cosa aveva
voluto intendere con quelle parole? Non c’era dubbio che il
prescelto del
Coraggio fosse legato ad entrambe, ma quali erano le sue intenzioni?
Scosse energicamente la testa: aveva già combinato
abbastanza guai, meglio
tenersi alla larga da simili questioni.
Intanto Sora era appena rientrata a casa, ancora scossa. Non riusciva a
credere
che Yamato si fosse comportato in quel modo, ma d’altro canto
non poteva certo
ignorare le lacrime dell’amica. Le aveva fatto piacere che la
ragazza si fosse
confidata con lei, ma non poteva fare a meno di sentirsi ferita. Che
gioco
stava giocando Yamato?
Si chiuse nella sua stanza e si sedette alla scrivania, cercando di
riordinare
le idee. Tuttavia la situazione non cambiava. Cosa avrebbe dovuto fare?
Come
avrebbe dovuto comportarsi con il cantante? Fino ad allora era stata
certa dei
suoi sentimenti per lui, anche se non sempre era stata sicura di essere
pienamente corrisposta. Ora non aveva più garanzie di alcun
tipo.
La cosa strana era che non ce l’aveva né con
Rumiko né con Yamato, bensì con se
stessa. Si sentiva una sciocca sentimentale, per essersi illusa fino a
quel
punto. In fondo erano stati in molti ad apparire scettici di fronte
alla sua
relazione. E come poteva essere altrimenti? Lui era bello, famoso e
pieno di
ammiratrici, mentre era così… normale.
Carina, simpatica, gentile, abbastanza brava negli sport e
intelligente… ma
nulla di più. Tutte caratteristiche assolutamente comuni.
“
E dire che sono la prescelta dell’Amore…”
Non era colpa di Yamato se si sentiva attratto da un’altra
ragazza, né di
Rumiko se lui si era innamorato di lei. L’amica le aveva
spiegato che il
cantante si era invaghito della sua vecchia persona, ormai inesistente,
ma Sora
temeva che non fosse del tutto vero. Aveva notato come lui la guardava
ed era
più che sicura che stesse guardando
Si infilò sotto le coperte ancora vestita e si
addormentò prima di cena. Le era
salita la febbre.
Continua…