La
tavolozza ha sette mutamenti
La
tavolozza ha sette mutamenti,
uno per ogni bacio che mi hai dato.
Sette baci di labbra e assoluto.
Alda Merini
Il Quinto
Il quinto fu sincero, per entrambe le facce della medaglia.
Il gran giorno era arrivato: il suono pomposo delle trombe riempiva tutta la cittadella, le file di gigli che costeggiavano la gradinata del palazzo lasciavano un profumo dolce nell’aria, e oltre alla sala principale preparata per la cerimonia, si aveva già l’acquolina in bocca al solo avvicinarsi alle cucine di coorte, dove la scia dei succulenti arrosti conquistava le narici.
Merlin stava
correndo a destra e a manca dalla prima
campana del giorno, le gambe gli dolevano e pulsavano, ma nel castello
erano
tutti indaffarati e nessuno aveva un attimo di pace. Il borbottio
continuo
della gente lo stava rintronando. Non aveva ancora visto il Principe
quella
mattina, doveva essere tirato a lucido per l’evento,
e servitori più specializzati di lui lo stavano sicuramente
già sballottando da
una parte all’altra per renderlo perfetto
nel suo giorno migliore.
Sistemata l’ennesima tovaglia per il pranzo riservato a nobili e cavalieri, andò a dare un’occhiata nelle stanze reali, per vedere se tutto procedeva per il verso giusto.
L’abitudine
gli fece percorrere quella strada a
occhi chiusi, e in men che non si dica si ritrovò lungo il
corridoio delle Sue
stanze, ma qualcosa non andava: una
decina di servitori erano in fila oltre le porte sbarrate delle stanze
di
Arthur, urlando e gesticolando animatamente contro le guardie.
Si avvicinò a quel vociare…
«Non
può non farci entrare!»
«Abbiamo
un compito da svolgere!»
«Un matrimonio non si prepara da solo!».
Capì
la situazione. Riusciva quasi a sentirli, i
passi di Arthur pesati sul pavimento in ebano, il suo avanti e indietro
lungo la
stanza, le falcate dalla finestra al letto, dal letto al tavolo.
«Ma
che diavolo succede qui?» chiese alla guardia
che bloccava le porte.
«Il
re oggi non vuole assolutamente che entri
nessuno nelle sue stanze».
«Lascia
fare a me»
«Ma
Merlin…»
«Sono
il suo servitore»
«Anche
tutti loro» gli mostrò la guardia con un
braccio, anche se lo sguardo cui andò incontro gli fece
capire che non sarebbe
servito a nulla controbattere.
Il rapporto
tra Arthur e Merlin era risaputo. Era il
suo servitore, certo, ma era il solo che sapeva temprare
l’animo del nobile, e chiunque
lavorasse a coorte poteva giurarlo.
Così
la guardia aprì la porta per far entrare
Merlin, che prima che la richiudesse gli sussurrò
«Non fare assolutamente
entrare nessun altro, nessuno»
e
l’ultima cosa che vide fu l’annuire della guardia.
Merlin prese un respiro profondo e si voltò: c’erano libri sparpagliati per terra, pagine strappate ovunque, le coperte del letto sgualcite che ricoprivano il pavimento, e poté giurare di vedere le piume d’oca del cuscino sul lampadario. Arthur era nel mezzo di quel marasma, i calzoni addosso e una camicia bianca i cui bottoni erano stati chiusi nei buchi sbagliati. Rabbioso, si avvicinò a Merlin a grandi passi.
«Che ci fai tu qui?» gli inveì contro «Avevo detto che non volevo vedere nessuno!».
«Arthur, non mi sembra il caso» Merlin mise davanti a sé una mano per fermarlo «Tutto il regno è in fermento solo per voi, dovete prepararvi!».
«Vattene
via»
«Arth-»
«Merlin.
Ho detto Vattene via»
ripeté Arthur, facendo grandi respiri come se avesse
trattenuto il fiato fino a quel momento.
«Perché
vi comportate così?»
L’espressione
di Arthur s’irrigidì a quella domanda,
e spalancò gli occhi incredulo.
«Tu, ma come ti- oh, dannazione!» e fece grandi passi verso il camino spento, rovesciando con una sola manata i cimeli d’argento prima ben esposti sulla mensola. Caddero sul pavimento come un tuono in tempesta.
Merlin gli
si avvicinò di fretta. «Mi volete dire
che vi succede, ancora?»
Arthur aveva appoggiato le mani sulla mensola appena svuotata, e adesso fissava il pavimento sotto di sé. Riprese fiato, chiuse lentamente gli occhi, e quando si decise a riaprirli pesò le parole che uscirono dalla sua bocca, la voce estremamente calma.
«Ti
sei mai sentito incatenato, Merlin? Voler
mostrare a tutti ciò che sei, ma non potere?»
Merlin sentì un fremito lungo la schiena «sì».
Arthur non
aveva intenzione di continuare, così fu
Merlin a spronarlo: «Perché dite
questo?».
«Sai,
se non fossi il re, sarebbe tutto più facile».
«Ne abbiamo già parlato. La vita non è mai facile»
Arthur
voltò la testa verso di lui con la bocca
socchiusa, riflettendo sulle sue parole. «Forse, ma alcune
scelte lo sarebbero»
«È
così difficile per voi sposarvi e pensare al
vostro futuro?».
Arthur si allontanò finalmente dalla mensola, rimanendo in piedi di fronte al suo servitore.
I suoi
capelli neri come la notte erano scompigliati,
al solito. Gli occhi azzurri erano contornati da lievi occhiaie, il
fazzoletto
sgualcito allacciato malamente al collo, e spostava il peso del suo
corpo da un
piede all’altro. Non ci riusciva
proprio,
a stare fermo.
Arthur prese il suo mento fra indice e pollice e gli si avvicinò così tanto da sfiorare le sue labbra «Non vuoi proprio accettarlo, eh?» si riallontanò.
Le labbra di
Merlin erano dischiuse, e si muovevano a
un respiro che diventava affannato, sempre di più.
Boccheggiava guardando
dritto negli occhi di Arthur, cercando una risposta a quel gesto.
Ma non voleva realmente trovarla, aveva paura della cruda verità. Il suo sguardo volò per un attimo alla finestra, da dove provenivano urla di baldoria.
«Dovete
prepararvi, è un giorno importante» e come
se non l’avesse sentito, si diresse verso il letto, dove
buttata malamente
stava la giacca da cerimonia, sfarzosa e luccicante nei suoi decori in
oro.
La raccolse
e quando si girò Arthur lo aveva
raggiunto, pronto a farsi vestire, senza proferir parola.
«Avete
tutti i bottoni fuori posto» sorrise Merlin,
anche se il suo viso rimaneva teso come un pezzo di legno.
Riappoggiò la
casacca sul letto dietro di sé e sistemò i
bottoni della sua camicia, in rigoroso
silenzio, solo il borbottio
della cittadella in sottofondo. «Ecco fatto» disse
dopo aver terminato il
lavoro.
«Mer-»
«Siete in ritardo, dovete andare» non voleva permettergli di dire una sola parola. Doveva sposarsi e chiudere lì questo loro sciocco teatrino; andava avanti da troppo tempo.
Ma
evidentemente anche Arthur la pensava allo stesso
modo. Gli si avvicinò, così che Merlin rimase
bloccato tra lui e il letto.
«Vuoi
davvero che la sposi?» disse avanzando ancora,
facendo perdere l’equilibrio a Merlin, che pur di non cadere
si aggrappò con un
braccio al suo collo. «Arthur, potrebbero vederci da un
momento all’altro, non
mi sembra il caso».
«Rispondimi»
«No,
non ti
deve importare quello che io
voglio».
«E invece m’importa, non posso farci niente».
Merlin
sbuffò scuotendo la testa «Dobbiamo
andare»,
ma Arthur mise un ginocchio sul letto e si protese in avanti,
obbligando un
Merlin contrariato a cadere supino sul letto; sopra di lui, Arthur a
carponi. «Arthur!»
«Vuoi
vedermi fra le sue braccia?»
Merlin
risbuffò e si guardò attorno deglutendo, per
poi fissarlo negli occhi. Guardavano solo lui, e in quel momento
pensò di non
aver mai visto nulla di più bello.
«Eh? Vuoi sentirmi mentre la chiamo Mia amata ogni giorno?».
Era perfetto, il suo viso. Anche così rosso, tremante e arrabbiato.
«I
nostri baci? Puro diletto? Merlin!
So che non lo credi davvero!» Gli urlò addosso e
finalmente
si sfogò. Quella situazione era difficile per entrambi.
Merlin
deglutì e chiuse gli occhi, non riusciva più
a mantenere il contatto con i suoi.
Lui non
voleva vederlo fra le braccia di Guinevere,
non voleva che la chiamasse Mia amata
e no, i loro baci non erano stati un incidente. E se n’era
accorto quella
notte, quando la sola paura di morire era riuscita a riavvicinarli.
Ma non
riusciva ad accettarlo. Arthur sarebbe stato
il re di Albion, e doveva avere una moglie pronta ad amarla e a dargli
un
erede, non lui.
Ora sentiva
il respiro di Arthur pervadergli le
orecchie, pesante e irregolare. Era tornato il silenzio tra loro.
«Merlin, io…» sussurrò, e Merlin socchiuse gli occhi, notando il viso di Arthur farsi più rilassato… più vicino «Ho davvero voglia di baciarti».
Si
ricordò di quando l’aveva conosciuto, di quando
l’aveva baciato nella tenda, di quando lo aveva accompagnato
a ogni incontro
con Gwen. Gli tornò sulla punta della lingua quella gelosia
provata, quella
morsa allo stomaco nel vederli insieme. Mentre ora era lì,
Arthur era solo suo.
Schiuse le
labbra e sussurrò sulle sue: «Allora
fallo».
Arthur non
se lo fece ripetere. Lo baciò, e le mani
di Merlin si allacciarono attorno al suo collo, mentre con una mano
Arthur si
reggeva sul materasso, e con l’altra accarezzava il suo
fianco sotto di sé.
Fu un bacio
irruento, e Arthur non avrebbe voluto
più separarsi dalle sue labbra. Anche Merlin era dello
stesso avviso. Ne voleva
di più, sempre di più. Inarcò la
schiena per avvicinarsi a lui e Arthur lo
tenne stretto a sé.
La passione li aveva avvolti. Arthur lo riappoggiò totalmente sul letto, e dopo avergli dato un ultimo bacio a fior di labbra, si spostò un po’ più in basso, ad accarezzare con le labbra la mascella di Merlin, a baciare lentamente il suo collo, mentre sentiva le sue mani intrecciarsi fra i capelli.
Fu quando
baciò più ardentemente il suo pomo di Adamo
che sentì un gemito uscire dalle labbra di Merlin, e un
brivido gli percorse la
schiena. Alzò il viso:
«Vorrei
farlo all’infinito» sussurrò Arthur
sulle
sue labbra, accarezzandogli il fianco.
La barriera
attorno a Merlin si era spezzata, non
riusciva a non sorridergli «Lo farai».
«Ti
sei deciso, finalmente?» sbuffò, lasciandosi
andare a una risata.
«Io…»
Merlin era ancora ammaliato dal vedere Arthur
ridere così vicino a sé «mi sono
accorto che, se ci stiamo comportando così,
forse vuol dire che, insomma, il destino vuole…
questo» e quando finì di
parlare Arthur gli schioccò un sonoro bacio sulle labbra,
mentre i suoi occhi
brillavano di felicità.
«Resta
il fatto che siete in ritardo, Sire» disse
poi Merlin, tornando al tono che usava tutti i giorni con Arthur, come
se non
fosse successo niente, e come se non fosse ancora letteralmente sotto
di lui
sul suo letto matrimoniale.
«Già,
devo sposarmi…» sussurrò Arthur con gli
occhi
spalancati, mentre si metteva più comodo con i gomiti ai
lati della testa di
Merlin. Si era dimenticato del matrimonio, di Guinevere, e di Camelot.
«A
te non dà fastidio?»
«Posso
sopportare. Il popolo ha bisogno di un erede
in cui sperare dopo di voi» disse Merlin, accarezzandogli i
capelli.
«Ma
adesso te-»
«Ci
sono, e ci sarò»
«Me
lo prometti?»
Occhi negli
occhi «Sì, Arthur».
«E
come faremo, beh, con… con tutti?»
«Tranquillo, ci penseremo su. Adesso alzati da qui e vai.»
Il quinto fu sincero, per entrambe le facce della medaglia.
Note:
Buonasera, e buon San Valentino a tutti! :)
Scusate la lunghissima attesa, penso che ormai chi legga questa storia ci si sia abituato :/ non per scusarmi, anzi, sono proprio una frana coi tempi c___c
Comunque, ringrazio tantissimo voi lettori, chi fra voi recensisce, chi mette fra i preferiit-ricordati-seguiti e chi legge e basta :) siete importantissimi!
La storia è quasi giunta al termine... mancano ancora solo due baci :)
Spero di non farvi aspettare troppo per un mio prossimo aggiornamento :(
Tanti baci a tutti
Mara
P.S.: ho cambiato nome, già :) diciamo che questo è un po' più impronunciabile dell'altro, ma sono sempre mavruz ahahahah ;)