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Autore: didi93    15/02/2014    2 recensioni
La mano di Maria scivolò sul polso sinistro di Altair. Senza dargli il tempo di capire cosa stesse per fare, fece scattare la lama celata e se la portò alla gola mentre lui sgranava involontariamente gli occhi. Fu la prima volta che vi scorse qualcosa di molto vicino alla paura.
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altaïr Ibn-La Ahad, Maria Thorpe
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La decisione sbagliata

Maria era seduta sull’ampio tappeto rosso dai drappeggi dorati, con la schiena appoggiata ai cuscini, intenta a fingere disinteresse, mentre, in realtà, si concentrava sul cinguettio delle cortigiane dall’altro lato della stanza. Aveva scoperto che, due giorni dopo, sarebbero state scortate su un baldacchino fino al castello di Saint Hilarion su ordine del principe Shalim e non aveva nessuna intenzione di lasciarsi sfuggire l’occasione di entrare a palazzo. Se voleva delle risposte, quello era l’unico modo per ottenerle.
 Si tirò in piedi con grazia affettata e raggiunse la porta della stanza. Scostò la tendina che separava l’ambiente dal corridoio e si avviò giù per le scale. Non si sentiva affatto a suo agio nel vestito verde e dorato da odalisca che si era procurata e poteva percepire su di sé gli sguardi lascivi dei primi avventori che cominciavano ad affollare il salone d’ingresso. Aveva già raggiunto l’uscita quando un uomo le si parò davanti sbarrandole la strada.
-Ehi tesoro, dove vai?- chiese con un sorrisino di apprezzamento.
Bastò l’occhiataccia che ricevette di rimando a persuaderlo a farsi da parte. Arretrò di qualche passo con un’espressione a metà tra incuriosita e interdetta e lasciò passare la donna.
Maria percorse la strada a passo svelto e deciso e si inoltrò in un vicoletto laterale. Quando fu abbastanza lontana, gettò uno sguardo al cielo livido. Cominciava ad imbrunire, ma era impossibile scorgere la luna o le stelle oltre la spessa coltre di nubi. Una timida goccia di pioggia le scivolò leggera su una guancia mentre avanzava nella penombra. Non avrebbe saputo dire come, ma si ritrovò a pensare ad Altair. Si chiese dove fosse e cosa stesse facendo prima di scacciare quelle domande con decisione. Per quanti sforzi facesse, il pensiero di lui continuava a raggiungerla per torturarla e lasciarle quell’orribile senso di vuoto nello stomaco e non poteva fare a meno di desiderare di tornare sui propri passi. Si fermò, chiuse gli occhi e tirò un respiro profondo per recuperare la concentrazione, poi si guardò attorno circospetta.
Nello stesso istante in cui si accorse di non essere sola, si sentì strattonare per un braccio. Scrutò nell’ombra il volto del suo assalitore. Lo stesso uomo che aveva incrociato qualche minuto prima la teneva schiacciata con la schiena contro il muro contorcendole il braccio. Lo sentì ridere, con un forte odore di alcol, il viso ad un centimetro dal suo. Come diavolo aveva fatto a non accorgersi di essere seguita?
-Allora dov’è che vai?- le chiese lui con un ghigno, palesemente ubriaco.
Provò a divincolarsi con tutte le sue forze mentre, nel contempo, portava una mano ad estrarre il pugnale che aveva assicurato, ben nascosto, nella fascia della gonna, dietro la schiena.
Era appena risuscita a stringere tra le dita il manico intarsiato dell’arma quando il peso sul suo corpo si dissolse.
Fece leva sui palmi delle mani per raddrizzarsi e sgranò gli occhi nel vedere Altair che teneva l’uomo sollevato da terra per il bavero della camicia. Pensò che doveva avergli fatto battere la testa contro il muro perché la ciondolava con aria intontita e terrorizzata al tempo stesso.
L’Assassino lasciò di botto la presa e l’uomo scivolò penosamente con la schiena lungo la parete fino a ritrovarsi seduto a terra.
-Ti conviene andartene, finchè sei in tempo.- disse Altair con un tono così terrificante che persino lei sentì un brivido gelido correrle lungo la schiena. Come se la morte in persona reclamasse un’altra vittima.
Non aveva neanche fatto in tempo a riacquistare la lucidità che già l’uomo che l’aveva aggredita era balzato goffamente in piedi per darsela a gambe.
Portò lo sguardo su Altair e si sentì combattuta. Non sapeva bene se avrebbe dovuto prendersela per la sua intromissione o ringraziarlo.
-Che diavolo stai facendo!?- le chiese lui mentre la fissava nell’evidente sforzo di mantenere la calma.
 –Che diavolo stai facendo tu!-  esclamò piccata sollevando gli occhi al cielo.
Lui sbuffò con nervosismo –Io!? Ti tiro fuori dai guai…come al solito.-
-Avevo tutto sotto controllo.-  disse incrociando le braccia sul petto.
-Si, certo, era evidente.-
-So badare a me stessa…come credi che sia sopravvissuta in mezzo ai crociati per tanto tempo?-
-Non smetterò mai di chiedermelo.-
Gli lanciò un’occhiataccia, ma lasciò cadere l’argomento. –Come sapevi che ero qui?- chiese invece.
-Ho i miei metodi.-
-O forse mi stavi seguendo?-
Lui non rispose guardandola di sottecchi da sotto il cappuccio, con l’aria colpevole di un bambino scoperto a rubare un frutto.
-E’incredibile!- disse stizzita scuotendo la testa.
Lo vide soffermarsi ad esaminare il suo abbigliamento e per poco non arrossì.
Forse aveva ragione lui. Che cosa stava facendo? Dopotutto, nel giro di pochi mesi, tutta la sua vita precedente era andata in frantumi e cominciava a rendersi conto che c’era una sola cosa di cui potesse ritenersi certa: era innamorata di un Assassino. Innamorata come un’adolescente alla prima cotta.
-Si può sapere che cosa ci facevi qui?- continuò Altair.
Maria tirò un sospiro rassegnato senza rispondere mentre qualche goccia di pioggia più insistente le bagnava i capelli –Devo andare.- riuscì solo a dire abbassando lo sguardo.
L’Assassino la trattenne per un braccio mentre già stava per voltarsi. –Ti devo parlare.-
Non disse nulla. Quell’uomo era capace di toglierle ogni forza di volontà solo con uno sguardo e, ancora una volta, pensò che avrebbe voluto scappare, solo perché temeva se stessa.
Il cielo fu scosso da un tuono e la pioggia cominciò a cadere prepotente. Lui avanzò di un passo e posò le labbra sui suoi capelli per sussurrarle qualcosa all’orecchio, prima di allontanarsi con un ultimo “Ti prego” mormorato.
Rimase lì da sola per un po’, mentre la pioggia le inzuppava i vestiti, incapace di trovare la forza di muovere un passo o dare un senso logico ai pensieri, mentre una parte di lei malediceva la sua testardaggine e l’altra la implorava di non assecondare quell’ultima preghiera.
                                                                            
 
                                                                                                            
 
I suoi stivali scalpicciavano nelle pozzanghere che si erano formate nella strada la notte prima. Il temporale aveva reso l’aria più umida e tiepida e le nuvole avevano lasciato il posto ad un cielo stellato. Aveva passato l’intera giornata a chiedersi che cosa avrebbe dovuto fare e alla fine aveva preso la decisione sbagliata, ne era certa. La confusione regnava sovrana nella sua testa, eppure continuava a camminare a passo spedito verso la torre di avvistamento ad est della città, dove lui la stava aspettando, o almeno così le aveva detto la notte precedente prima di sparire. Quell’ultimo  “Ti prego” continuava a risuonare nella sua testa da allora.
Scalò non senza difficoltà il muro di cinta ed entrò furtiva nel piccolo abitacolo richiudendosi la porta sgangherata di legno alle spalle.
Altair era appoggiato alla finestra, aveva il cappuccio calato sulle spalle e il suo viso era illuminato per metà dalla luce lunare. Scorse nei suoi occhi un luccichio di soddisfazione e gratitudine, nel momento in cui la vide entrare, e fece qualche passo avanti titubante mentre lui continuava ad osservarla senza dire nulla.
-Di cosa dovevi parlarmi?- chiese con finta freddezza.
Lo vide aggrottare la fronte come indeciso. -Perché te ne sei andata?-
La donna tirò un sospiro scuotendo la testa.  –Era ovvio che sarebbe successo, prima o poi.-
-Tu hai scelto di andartene, non eri obbligata.-
Maria sorrise amaramente -Quando qui sarà tutto finito, cosa pensi che succedrà? Tu tornerai a Masyaf ed io prenderò un’altra strada.-
L’Assassino esaminò la sua espressione serio, poi si avvicinò e, con un gesto del tutto inaspettato, le prese una mano tra le sue.  –Potrbbe andare in un altro modo…- disse e Maria pensò che non lo aveva mai visto tanto incerto.
-Potresti tornare con me a Masyaf.- sussurrò lui dopo un attimo di silenzio.
La donna sgranò gli occhi incredula –Tu sei pazzo.- disse con un moto di nervosismo. -Anche se fossi così folle da venire con te, come credi che mi accoglierebbero? Come potrei presentarmi lì?-
–Come…mia moglie.-
Sentì gli occhi di lui scrutare il suo volto, preoccupato per la sua reazione. –Non dire assurdità.- brontolò con un filo di voce voltandogli le spalle e rivolgendo l’attenzione al cielo stellato fuori dalla finestra. Non riusciva a sostenere il suo sguardo un minuto di più, né a leggere nei suoi occhi la delusione che stava per dargli. –Tu hai delle responsabilità, forse dovresti pensare a quello e trovare una buona moglie che possa aiutarti e stari vicino, non certo me.- aggiunse d’un fiato sentendo l’improvviso e inaspettato bisogno di giustificarsi.
Lui si pose tra lei e la finestra appoggiando i palmi alla pietra grigia, silenzioso ed elegante come al solito e…vicino, troppo vicino.
 -Ho sempre e solo pensato alle mie responsabilità…- disse guardandola con una sorta d’implorazione stampata in faccia.
-E devi continuare a farlo.- si affrettò a replicare.
Altair assottigliò gli occhi, come se cercasse nel suo viso una spiegazione a quel rifiuto più sensata delle scuse che aveva miseramente arrabattato fino a quel momento. –Credi che togliere la vita mi piaccia? Io lo faccio perché devo, perché servo un bene superiore e non ho il diritto di porre i miei desideri davanti a questo. E’ sempre stato così per me. Ma non questa volta.-
-Anche se io accettassi, ce ne pentiremmo tutti e due subito dopo, fidati.-
Quelle parole non ebbero su di lui nessun effetto e Maria pensò che l’unica cosa che avrebbe voluto in quel momento era poter sottrarsi al suo sguardo, quello sguardo che vedeva molto più di quello che lei lasciava trasparire.
-Mi stai dicendo che tu non mi ami?- le chiese lui con un mezzo sorriso.
-Questo non c’entra.- rispose allontanandosi di un passo.
Anche lui fece un passo avanti cancellando quella distanza che la donna aveva cercato di guadagnarsi con tanta fatica.
-Allora dimmelo e la facciamo finita.- sussurrò con il viso ormai a un centimetro da quello di lei mentre i suoi occhi accesi contraddicevano le sue stesse parole.
-Io non…- provò a dire, ma non riuscì a completare la frase perché la lontananza tra loro due si era azzerata e le sue labbra avevano incontrato quelle di lui, mentre le parole si disperdevano in un bacio intenso.
 


NOTE
Non so come sia venuto qst capitolo xk l'ho appena scritto e non ho fatto in tempo a rileggere, ma spero niente di tragicoXD

Ovviamente, come al solito, devo scusarmi perché sono in ritardo e il capitolo è vergognosamente breve, ma la mia libertà post-esame è durata poco, ho scoperto che devo preparare altri due esami entro un mese e nel frattempo seguire i corsi ç_ç

Ah devo anche scusarmi per un errore commesso nel capitolo precedente, mi sono resa conto di aver confuso l’aorta con la giugulare (tra l’altro la prima è un’arteria la seconda è una vena, ho fatto una ricerca in ritardo-_-) e non posso neanche appellarmi alla licenza poetica:S correggerò il prima possibile.
Morale della favola: devo togliermi il vizio di scrivere cose di cui non sono sicura senza un minimo di approfondimento.
Detto questo, scusatemi per l’ignoranza e vi consoli sapere che non studio né medicina, né biologia o affini perciò non sono potenzialmente pericolosa.

Alla prossima;)
  
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