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Autore: Laylath    16/02/2014    2 recensioni
Eppure a guardare più da vicino i ragazzi di quella realtà, ci si sarebbe accorti che le loro esistenze non erano così scontate: i piccoli grandi problemi dell’infanzia e dell’adolescenza a volte andavano ad intrecciarsi con situazioni difficili, dove spesso il legame con un amico fidato era la cosa migliore per poter andare avanti.
E spesso le persone più impensabili stringevano un forte legame tra di loro per uno strano susseguirsi di eventi, all’apparenza così normali… anche se poi viverli era tutt’altra cosa.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Team Mustang
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un anno per crescere'
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Capitolo 24. Rivelazioni sul passato. Seconda parte.

 
 
Laura sospirò e di nuovo l’atmosfera lieta che era stata creata al ricordo della sua nascita scomparve. Heymans ancora non si capacitava di come potessero essere repentine queste alterazioni tra felicità e tristezza: averle vissute di persona doveva esser stato davvero destabilizzante.
Povera mamma… non è giusto, non è per niente giusto.
La voce della donna lo ridestò da quei pensieri.
“Andrew rimase con me fino a quando Gregor tornò a casa: non ero in condizioni di essere lasciata da sola, ovviamente. Ma era chiaro che tuo padre non poteva offrirmi l’assistenza di cui avevo bisogno: sai anche tu come si riduce quando ci va giù davvero pesante… è inutile che fai quella faccia, Andrew, purtroppo è successo la sera che è nato Heymans. Ma credimi, è una cosa talmente frequente che puoi star certo che non lo fece intenzionalmente per non essere presente al parto.”
“Posso starne certo? Sicuro, ma permettimi di esserne disgustato… scusa, Heymans, lo so che ti posso sembrare molto duro nei confronti di tuo padre, ma oggettivamente io non riesco a perdonarlo. Mi sono più volte messo nei suoi panni ma arrivavo sempre alla conclusione che comunque avrei fatto di tutto per un mio figlio e anche per mia moglie, a prescindere dalle circostanze. Si chiama responsabilità ed è un valore su cui sono particolarmente intransigente… specie per situazioni importanti come queste.”
Heymans non trovò niente da ridire sul quelle parole: il tono era stato duro, certamente, ma esprimevano ciò che pensava anche lui. Un padre ed un marito non poteva lasciare la propria famiglia allo sbaraglio per andare a bere.
“Per continuare – riprese Laura, lanciando un’ultima occhiata di lieve rimprovero all’amico – la madre di Andrew fu tanto gentile da venire a casa e aiutarmi in quella prima difficile notte dopo il parto. Ero comunque stremata e serviva un’altra donna per assistermi.”
“I nonni non vennero? Nemmeno dopo che avevano saputo che avevi partorito?”
“Vennero a farmi visita la mattina dopo e non so nemmeno perché lo fecero. Forse si volevano dimostrare persone compassionevoli davanti al resto del paese, in fondo voci negative sul loro comportamento troppo duro nei miei confronti non erano mancate… la gente è davvero strana: finché mi evitavano loro andava bene, ma se erano i miei a farlo allora si sentivano in diritto di criticare. Ma per come andò a finire quella visita…  – la voce di Laura si fece gelida, proprio come era successo quando aveva parlato di quel fatto fuori dal capannone – fu l’ultima volta che rivolsi una parola a mia madre. Io mi illudevo che vedendoti… insomma speravo che si aggiustassero le cose tra di noi: eri un neonato… nessuna persona degna di chiamarsi madre può dire una simile cosa.”
“Che era meglio se fossi nato morto?”
 
“Stai bene?”
“Sì, mamma…lo vuoi vedere il piccolino?”
Iniziò a scostare la copertina che avvolgeva Heymans: era stato così buono durante la notte, si era svegliato solo poche volte per mangiare. Meno male che la madre di Andrew l’aveva aiutata: la prima volta aveva avuto difficoltà ad attaccarselo al seno…
“No.”
“No?”
“Come puoi essere così felice?”
“E’ mio figlio: è nato e sta bene… come puoi farmi una domanda simile? Certo che sono felice…”
“Non capisci che sarebbe stato molto meglio se fosse nato morto?”
“Cosa?”
Un senso di disgusto e di pericolo la invase: inconsapevolmente prese il bambino e se lo strinse al petto. Questo brusco movimento bastò a svegliarlo e a farlo iniziare a piangere: il pianto di un neonato perfettamente sano.
“Se fosse nato morto avresti potuto ricominciare una vita relativamente normale… per quanto ormai sposata con quello là. Ma questa storia del figlio partorito cinque mesi dopo il matrimonio…”
“Se è questo tutto quello che hai da dire, allora vattene via e non osare mai posare gli occhi sul mio bambino.”
 
“Capisci, Heymans? Fino a quel momento era stata la presenza di Henry a tenerli relativamente buoni. Ma ormai non esisteva alcun motivo per tenere quella facciata di… di non so nemmeno io che cosa – la voce di Andrew era molto dura – io a volte cerco di mettermi nei loro panni, ma giungo sempre alla conclusione che erano delle persone malvagie, racchiuse nel loro nido di pregiudizi che non erano disposti ad abbandonare nemmeno per la loro figlia. Augurare la morte di un neonato… non credo ci sia un gesto più vigliacco.”
Heymans scosse il capo. Perché fino a quel momento si era preoccupato così tanto dell’odio dei suoi nonni? La storia aveva dimostrato che erano persone che nemmeno valeva la pena conoscere.
Se fossero ancora in paese magari avrebbero fatto di tutto per rendere la mia vita e quella di mamma un inferno…
“Fu un distacco brusco, ma in fondo era già iniziato con la scoperta della mia gravidanza. Però… oggettivamente mi fece male solo per pochi minuti: dentro di me sapevo benissimo che era una spaccatura insanabile. E poi avevo te, mi bastava averti tra le braccia per essere la donna più felice del mondo.”
“E papà come la prese? – chiese il ragazzo per tornare ad un argomento che conosceva bene – Ovviamente una volta che si rese conto che ero nato…”
Andrew inarcò leggermente il sopracciglio a quel sarcasmo.
“Tutto suo zio…” commentò prima di ricevere una gomitata da Laura che continuò come se niente fosse.
“Relativamente bene, tutto sommato. Alla fine era arrivato ad accettare l’idea di avere un figlio, ma… ma credo che ti abbia sempre considerato come figlio mio e non suo, non veramente. Non era per cattiveria: in circostanze differenti ti avrebbe amato tantissimo, ne sono certa.”
 
“L’ho chiamato Heymans… ti piace?”
Perché continuava a fissare il bambino senza dire niente? Andrew non aveva fatto altro che cullarlo, vezzeggiarlo… perché lui che era il padre non faceva e non diceva niente?
“Se…se gli tocchi la manina non lo svegli. E’ tranquillo… ha appena mangiato…”
“State bene entrambi?”
“Sì…”
“Meglio così…”
E uscì dalla stanza senza dire altro. Non aveva nemmeno sfiorato suo figlio.
 
Heymans annuì e non mostrò molta sofferenza a quelle parole: aveva avuto un processo di distaccamento nei confronti del padre… era durato anni, ma era giunto al termine da parecchio, ormai.
Ho cercato un rapporto con lui, ma da quanto sto sentendo è chiaro che era una cosa destinata a fallire.
“Poi a settembre ci fu la tragica notizia della morte di tuo zio: – sospirò Laura – i miei genitori quasi impazzirono per il dolore e nell’arco di un paio di settimane se ne andarono dal paese. Non mi lasciarono né un indirizzo né altro: vendettero la casa e andarono via. Non aveva senso restare per un figlio che non sarebbe mai più tornato… fu quasi inverosimile per la velocità con cui quei fatti si susseguirono. In ogni caso io meno ne sapevo meglio era.”
“Ma allora, i soldi che ricevi ogni mese?”
“Per il primi tempi non ci furono molti problemi: all’epoca tuo padre era più… tranquillo e aveva trovato un lavoro. Mi dispiace dirlo, ma la morte di Henry e la conseguente partenza dei miei avevano in qualche modo rasserenato il nostro rapporto: non c’era più l’ombra minacciosa di mio fratello che lo teneva d’occhio. Povero Gregor, non doveva essere piacevole trovarsi sotto pressione in quel modo… comunque, lui cercò di essere un buon marito, davvero. Me ne resi conto subito: mentre con te non riusciva ad instaurare un minimo di rapporto, sembrava che con me volesse tentare di costruire qualcosa. Se non l’idea di padre, era arrivato ad accettare quella di marito.”
“Fu per questo motivo che tua madre ed io decidemmo di ridurre drasticamente i nostri rapporti: il  matrimonio sembrava iniziare a macinare bene e forse non tutto era perduto. Ovviamente fisicamente non ero minaccioso come Henry, ma potevo essere sempre una figura fastidiosa per Gregor e così mi misi in disparte… giustamente. Anche se mi feci promettere da tua madre che alla prima avvisaglia di qualcosa che non andava doveva dirmelo immediatamente… non riuscivo a fidarmi completamente di lui, lo ammetto.”
“E poi – riprese Laura – dopo quasi un anno, arrivò una lettera dall’esercito: devi sapere che è prevista una sorta di rendita per le famiglie dei soldati morti in guerra… non una grande somma a dire il vero, ma dura per circa cinque anni. Ed Henry aveva fatto in modo che fosse destinata a me: aveva provveduto a mettere tutto per iscritto prima di partire per il fronte. E anche quanto aveva messo da parte quando era ancora in vita venne destinato completamente a me, tramite Andrew ovviamente: è lui l’esecutore testamentario di mio fratello.”
“In casi simili è automatico che l’esecutore sia il capofamiglia, – spiegò Andrew – ma Henry non ha voluto che fosse Gregor e nemmeno tuo nonno. Il suo testamento aveva delle disposizioni molto chiare: i tuoi nonni e tuo padre non vennero nemmeno a saperlo.”
“Adesso capisco…”
“Per quanto riguarda la rendita, finché tuo padre lavorava la mettevo da parte, e quando passarono i cinque anni iniziai ad usare i soldi dell’eredità, facendoli però passare come una rendita dei miei.”
“Ma ti basta quest’eredità?” chiese Heymans, pronto a rimboccarsi le maniche e a trovare qualche modo di mettere da parte dei soldi.
“Tranquillo, ragazzo – annuì Andrew – ho in mano io l’amministrazione di questo piccolo patrimonio. Con Laura siamo rimasti d’accordo che la cosa migliore sia effettivamente prelevare la stessa cifra ogni mese, anche per non insospettire Gregor. Comunque per quei primi anni, come ti ha detto tua madre, la situazione sembrava tranquilla.”
Laura annuì:
“Io… io credo che per quel periodo siamo stati relativamente felici: non ci amavamo davvero, ma sembrava che potessimo andare avanti. Anche il paese stava iniziando ad accettare la situazione e non c’era più quell’indifferenza nei miei confronti: almeno adesso mi rivolgevano la parola quando andavo a comprare qualcosa.”
“E quindi voi due non vi siete più rivisti?”
“Adesso non esagerare, tesoro – sorrise Laura – il paese è piccolo, ovvio che ci vedevamo. E comunque Andrew continuava a passare, fintanto che eri piccolo. Bastava fare attenzione: Gregor non lo proibiva esplicitamente e di certo Andrew è sempre stato più discreto di Henry… bisognava solo avere l’accortezza che venisse a trovarmi quando Gregor non c’era.”
 
“Heymans? Piccolino?...Ciao! Amore, quanto sei dolce!”
“Ehi, che sorriso. Gli piaci davvero tanto.”
Non aveva mai visto suo figlio così felice in braccio ad un’estranea, ma quando aveva visto Ellie era stata passione a prima vista. Quella ragazza diciassettenne che aveva appena terminato la scuola aveva letteralmente fatto impazzire il bambino di un anno che, con il suo balbettio infantile, faceva le feste.
“Tienilo pure il braccio, Ellie. No… no, Heymans, non si tirano i capelli.”
“Oh, gli piace la mia treccia! Tranquilla, Laura, non la sta tirando, ci sta solo giocando. Allora, leoncino, perché con questa chioma rossa sei proprio un leoncino… mi fai vedere i tuoi giochi?”
“Hanno stretto amicizia, eh?”
“Oh, Ellie adora i bambini. Dice che ne vuole almeno tre…” un lieve rossore comparve sulle guance di Andrew.
“Sa del parto di Heymans?”
“Sì, le ho detto tutto… non potevo tenerle nascosto niente, non era corretto.”
“E che ha detto?”
“Che aveva capito da subito che ero l’uomo della sua vita e che quanto ho fatto per te è una conferma di quanto sia meraviglioso. Non so ancora che ho fatto per meritarmela.”
“Credo che sarà un’ottima madre, anche se adesso sembra più una sorella maggiore. I suoi hanno fatto problemi?”
“No, sono felici: certo, erano un po’ esitanti per via della sua giovane età. Ma ad aprile compie diciotto anni: il matrimonio sarà qualche giorno dopo. Verrai?”
“Oh, Andrew, mi piacerebbe tantissimo…”
“Ma non è il caso di stuzzicare troppo Gregor, vero?”
“Mi dispiace… doveva esserci Henry a farti da testimone ed è morto. E dopo che hai fatto tutto questo per me non… Sei l’ultima persona che lo merita.”
“Dai, non fare quella faccia. L’importante è che stia andando bene con lui: Heymans è un bambino vivace e sano e anche tu sei serena, di certo più di quanto lo sia stata negli ultimi tempi.”
“Vanno bene le cose… sono sorpresa di poterlo dire.”
“E allora questo è il miglior regalo di matrimonio che potessi farmi.”
 
“A fine aprile 1884 io ed Ellie ci sposammo: tu avevi quasi due anni e stavi iniziando a distinguere le persone, a dire le prime parole… insomma non fu più il caso di vederti. L’ultima cosa che volevo era che ti scappasse il mio nome davanti a tuo padre: avevamo capito che era meglio tenerlo buono.”
Laura annuì e si fissò di nuovo le mani: lo faceva sempre quando qualcosa la innervosiva.
“A marzo dell’anno dopo è nato tuo fratello: gli diedi il nome Henry e Gregor non protestò in merito.”
“Lui era il figlio per cui era pronto, vero mamma?” capì Heymans. E intuì anche che la cosa che la innervosiva era la palese differenza d’attenzione che suo padre aveva tra lui e suo fratello. A quanto sembrava era stata una cosa nata assieme ad Henry e non sviluppatasi negli anni.
Non sono io che ho sbagliato…
“Sì, perché negarlo. Tanto hai capito abbastanza bene il legame differente che ha tuo padre con te e tuo fratello. La colpa forse è stata di tuo zio: è stato così presente durante la gravidanza che… alla fine Gregor è arrivato a considerarti più come figlio di Henry che come figlio suo. Lo so che è pesante dire determinate cose su un padre, ma è così… è stato quello il suo ragionamento. Henry era suo figlio, tu eri il mio.”
 
Non aveva mai visto Gregor così felice in tutti quegli anni.
Teneva tra le braccia quel neonato come se fosse la cosa più bella del mondo e continuava a ripetere che era suo figlio, il suo perfetto figlio.
Anche questo parto l’aveva sfinita, nonostante fosse andato tutto bene: si sedette con difficoltà nel letto e vide che anche Heymans era sgusciato nella stanza, incuriosito dal pianto del suo nuovo fratellino.
“Papà!” chiamò con vocetta infantile, aggrappandosi alla gamba di Gregor, ansioso di essere reso partecipe di quell’eccitante novità.
“Non seccare, Heymans… dai, vai via.” Non ci fu cattiveria nella voce, no.
Però…
“Heymans, amore, vieni a dare un bacio alla mamma, da bravo.”
“Mamma!” il bambino sorrise a quel richiamo e trotterellò accanto al suo letto. Iniziò la solita difficile scalata, tendendo le manine per farsi aiutare e alla fine si acciambellò felice tra le sue braccia.
“Piano, tesoro, la mamma è stanca. Lo sai? Adesso hai un fratellino: devi essere molto responsabile con lui.”
“Fratellino…” disse il piccolo con convinzione, orgoglioso di saper finalmente dire quella parola lunga e difficile senza problemi.
“Bravo, il tuo fratellino…”
“Mio figlio.” disse ancora la voce di Gregor, dall’altra parte della stanza.
 
“Sembrava che la nascita di Henry dovesse sigillare per sempre questa storia iniziata così male. Lo sperammo tutti… ma non fu così: Gregor dopo un anno perse il lavoro e riprese ad alternare periodi buoni a periodi cattivi. Era semplicemente fatto così: non riusciva a cambiare.”
A quelle parole della donna, Andrew scosse il capo con rassegnazione.
“Avresti dovuto dirmelo che c’era ricaduto: non è successo niente grazie al cielo, ma non oso pensare a te coi due bambini piccoli in preda dell’umore instabile di quell’uomo.”
“Avevi già i tuoi problemi, Andrew, – disse Laura con gentilezza – questa volta dovevi pensare alla tua famiglia: avevano un disperato bisogno di te.”
“Che è successo?” chiese Heymans, non riuscendo a capire che cosa potesse andare male in una famiglia perfetta come quella di Kain.
L’uomo abbassò lo sguardo e accarezzò distrattamente la vera che portava all’anulare.
“Kain è nato il 9 settembre dello stesso anno di Henry, ma in realtà sarebbe dovuto nascere a novembre. Tu lo conosci sano e senza problemi, ma non è stata una gravidanza facile: Ellie ha rischiato di perderlo più volte… e quando è nato il medico gli aveva dato poche ore di vita.”
“No, – Heymans scosse il capo sconvolto – non può essere…”
 
“Mi dispiace, figliolo, mi dispiace tanto…”
“Oh, papà… perché? Perché proprio ad Ellie? Lei… lei diceva sempre di volere una nidiata di figli. Perché doveva capitare proprio a noi?”
L’abbraccio di suo padre non riusciva a dargli conforto: come poteva? Ellie non avrebbe potuto avere altri bambini dopo quel parto disastroso che l’aveva quasi uccisa e quell’unico neonato era più morto che vivo.
“Devi farti, forza… vai da lei, vai dal tuo piccolo. Stai loro vicino, figlio mio.”
Quella stanza con quell’odore di sangue… di dolore. Ellie faceva paura per quanto era pallida e distrutta, così piccola e minuta in quel grande letto. Dov’era l’espressione sfinita ma estatica che aveva visto in Laura? Perché per la sua amata moglie non poteva essere lo stesso?
Sua madre e sua suocera li lasciarono soli: sentì solo di sfuggita la carezza di sua madre sulla sua guancia.
“Andrew…”
“Ellie, amore mio… - baciò la fronte dove i capelli sudati erano ancora appiccicati – amore mio…”
“E’… è così piccolo…”
Abbassò lo sguardo su quel cosino avvolto nella copertina che Ellie teneva tra le braccia. Pesava meno di un chilo, era così minuscolo che stava nelle sue mani… e non si muoveva.
 Nemmeno un’ora di vita? Nemmeno questo era concesso al suo unico figlio?
“Kain… – la voce di Ellie fu un sussurro, ma ci fu un lieve movimento della testolina in risposta – Kain, pulcino mio, non aver paura. Mamma e papà sono qui con te, va tutto bene… va tutto bene.”
“Figlio mio…” quella manina era così minuscola e fragile, a sfiorarla si aveva paura di romperla. Gli occhietti cercarono di aprirsi, ma fu solo per qualche istante: era uno sforzo troppo grande.
Un flebilissimo vagito e subito i due adulti cinsero quello scricciolo in un nido di protezione ed amore.
Lui ed Ellie avrebbero fatto di tutto per proteggere quella piccola, delicata vita. Non gli importava nulla se era nato prematuro di più di un mese, se questo avrebbe provocato problemi nel suo sviluppo: era suo figlio. Era la sua vita.
 
“Non fu per niente facile… nelle prime settimane il bambino sembrava dover morire da un momento all’altro: solo dopo il secondo mese iniziò a mettere su peso con una certa regolarità, ma sempre con estrema lentezza – la voce era spezzata. E come poteva essere altrimenti nel ricordare il calvario che aveva sopportato Kain? – Ma era debole, estremamente debole… si ammalava spessissimo e ogni volta sembrava che fosse quella decisiva. A nemmeno due anni iniziò a soffrire di febbri reumatiche… era…era una sofferenza estrema.”
Fu Laura questa volta a dare il conforto all’amico, mettendogli la mano sulla spalla.
 
“Si è addormentato… cielo, grazie, un minimo di tregua. Pulcino mio…”
La voce di Ellie continuava a cullare il bambino sdraiato in mezzo a loro nel letto matrimoniale.
Lui cercò ancora una volta conforto nel guardare sua moglie: ogni giorno, ogni ora, accudiva Kain con una tenerezza ed un amore instancabili, senza mai lasciarsi prendere dallo sconforto.
Sistemando meglio la coperta sopra il piccolo, notò i lievi spasmi delle manine che indicavano come la febbre non avesse alcuna intenzione di lasciarlo; il visino pallido e sudato non riusciva ad abbandonare l’espressione dolorosa. Ma almeno qualche ora di sonno gli era concessa… qualche ora di tregua davanti all’impotenza di vedere tuo figlio che piange e ti cerca con lo sguardo, supplicandoti di far passare quei dolori atroci.
E tu non puoi far altro che accarezzargli i capelli sudati e dirgli che sarebbe passato presto…
Passò l’indice sulla fronte del piccolo, dove sottili vene azzurre spiccavano sulla pelle chiara.
“Se esiste un dio… che conceda una grazia a questo innocente…”
 
“Ma adesso sta bene, vero? – chiese Heymans con angoscia. Avrebbe dovuto saperlo, avrebbe fatto in modo che Jean non lo tormentasse per tutti quegli anni: se solo avesse saputo quello che aveva fatto Andrew per lui e sua madre, avrebbe preso Kain sotto la sua ala protettiva da subito – Non ha conseguenze di quelle malattie, giusto?”
“No, – scosse il capo Andrew – non so nemmeno per quale miracolo. Verso i quattro anni e mezza le febbri iniziarono a presentarsi con meno frequenza e con minor violenza. Nell’arco di un anno era come se quel calvario fosse stato solo un brutto sogno: stava incredibilmente bene… sta incredibilmente bene.”
“Però capisci come in quei quattro anni non potevi che stare accanto ad Ellie e al bambino – disse Laura con dolcezza – avevano estrema necessità del tuo sostegno. Ed era giusto così: sono loro la tua famiglia, Andrew.”
Ci fu una lunga pausa di silenzio durante la quale i tre si guardarono con un certo imbarazzo: non c’era altro da dire.
 “Heymans – mormorò Laura, infine – questa è la storia che per tempo ti abbiamo tenuta nascosta. Te ne abbiamo spiegato le ragioni e spero che tu le possa comprendere e perdonarci.”
“Mamma… cavolo mamma, ma che c’è da perdonare?” chiese il ragazzo, alzandosi dalla sedia e andando ad abbracciarla. Adesso ai suoi occhi sua madre appariva ancora più splendida, forte, meravigliosa: non aveva mai immaginato tutto quello che aveva passato.
“Non lo so, amore mio – sussurrò lei – non lo so nemmeno io, ma vorrei davvero che le cose fossero andate diversamente.”
Sì, questo poteva capirlo: anche lui avrebbe voluto che le cose fossero andate diversamente, a partire dal padre che aveva avuto. E questo pensiero gli fece alzare lo sguardo su Andrew Fury: si staccò con gentilezza dalla madre e tese la mano verso quell’uomo.
“Grazie, – disse con sincerità – sul serio, per tutto quello che ha fatto per me e per mia madre… io… io sarei stato davvero felice di avere un padre come lei. Ma sono altrettanto felice che lei sia il padre di Kain: giuro che mi prenderò sempre cura di lui, come se fosse mio fratello. Potrà sempre contare su di me.”
“Ti dirò, temevo il tuo verdetto, ragazzo – ammise Andrew, stringendo quella mano – non sai che sollievo mi danno queste tue parole. Allora, alla luce di tutto questo, ti piace il tuo nome?”
“Adesso sì, – sogghignò lui – non ne vorrei un altro per niente al mondo.”
“Ottimo.” annuì l’uomo e d’impulso lo strinse a se, dandogli quell’abbraccio che avrebbe potuto concedergli ogni giorno se il destino avesse deciso diversamente per loro. Ed Heymans scoprì che l’abbraccio di un padre era una cosa completamente diversa da quello della madre…
L’avrei voluto… certo che l’avrei voluto. Avrei dato chissà cosa perché fossi tu mio padre.
Ma era semplicemente andata così: non potevano farci più niente.
 
“Papà! Siamo tornati!”
La voce allegra di Kain interruppe quel momento ed Heymans si tirò indietro, andando affianco a sua madre e circondandole le spalle con un braccio. Qualche istante dopo il bambino entrò in cucina.
“Papà, sei qu… ciao, Heymans!”
“Ehilà, Kain – sorrise il ragazzo, arruffandogli i capelli – come va?”
“Benone: ero con la mamma a fare spese in paese e siamo anche andati a trovare i nonni.”
“Kain, non credi che dovresti salutare anche Laura?” disse Andrew.
“Ma certo! Mi scusi, signora. Sono felice di rivederla.”
“Ciao, Kain – sorrise Laura, accarezzandogli la guancia – ti sei divertito in paese?”
“Ho convinto la mamma a prepararmi i biscotti al cioccolato.” sorrise lui con estrema soddisfazione.
“Tu e il tuo cioccolato – fece Ellie entrando con una busta di carta tra le braccia – proprio non ne puoi fare a meno. Ciao Laura, come stai? Ciao Heymans.”
“Ciao Ellie – salutò Laura, alzandosi dalla sedia e andando incontro all’amica – tutto bene.”
Le due si scambiarono un cenno d’intesa ed Heymans intuì che Ellie era uscita con Kain di proposito per permettere quell’incontro a tre.
Però ci sono ancora alcune cose di cui vorrei parlare…
Lanciò un’occhiata ad Andrew che parve capire.
“Perché non preparate adesso i biscotti? Così Laura ed Heymans ne portano a casa un po’…”
“Va bene – annuì Ellie – e tu, piccolo furfante, dato che è stata una tua iniziativa mi darai una mano, sono stata chiara?”
“Certo!” sorrise il bambino, pregustando già di mangiare anche un po’ del delizioso impasto.
“Mamma, perché non li aiuti anche tu? Così poi li rifai anche a casa, mi piacerebbe molto…”
“Va bene, tesoro.”
“Heymans ci aiuti pure tu?” chiese Kain, salendo sopra una sedia ed iniziando a tirare fuori la spesa dalla busta.
“Magari dopo, Kain. Devo far vedere ad Heymans alcune cose…”
“Va bene, papà.” annuì il bambino.
Andrew fece cenno ad Heymans di seguirlo e lo condusse fino al suo studio. Chiuse la porta dietro di loro e si diresse al suo tavolo da disegno, sedendosi nell’alto sgabello e indicando al ragazzo di sedersi pure sulla sedia che stava davanti alla scrivania
“Allora, – iniziò – adesso sai come sono andati i fatti. C’è qualche cosa che vuoi chiedermi, ma ti sei trattenuto per la presenza di tua madre?”
“I miei nonni sono vivi o morti?”
“Non lo so, sinceramente. Non lasciarono detto dove si sarebbero trasferiti e il problema non si presentò nemmeno per l’eredità di Henry: il testamento era pianificato alla perfezione, non c’era bisogno di interpellarli. Posso darti un consiglio? Lasciali stare…”
“Volevano mandare mia madre in un bordello! Come posso lasciare stare?”
“Perché non ne vale la pena… se vuoi ti faccio capire che tipo di persone sono: la questione poteva essere risolta anche senza alcun matrimonio. Né con Gregor, né con me.”
“Cosa?” sbiancò Heymans.
“Potevano darti il cognome Hevans, riconoscerti: è una pratica non molto usata, in paese non è registrato alcun caso simile, ma è assolutamente legale. Mio padre è un notaio: fu lui a trovare questa soluzione e a proporla ad Henry, quando ancora si cercava un modo di tirare fuori Laura dai guai. In quanto capofamiglia e padre di Laura che era ancora nubile, tuo nonno poteva farlo… ma non lo fecero, nemmeno su richiesta di Henry.”
“Mamma lo sa?”
“No, non credo sia al corrente di una simile procedura legale. E a questo punto è meglio che non lo sappia… non avrebbe senso darle un’ulteriore conferma di quanto siano stati pessimi.”
“Vorrei andare da loro e fargli vedere che sono cresciuto, alla faccia di quanto mi avevano augurato. Vorrei sbattergli in faccia il fatto che sono delle persone orribili…”
“E poi? – lo bloccò Andrew, con un sorriso – Loro ti guarderebbero dall’alto della torre dei loro preconcetti e si direbbero che da una relazione maledetta come quella dei tuoi genitori non poteva che nascere uno maleducato come te. Non ti prendo in giro, non fare quella faccia… tu non li hai conosciuti, io sì.”
“Se penso che avrei sempre voluto conoscerli per la famosa rendita che davano a mamma… mi dicevo sempre che appena crescevo avrei lavorato per ripagare questo favore.”
Scosse il capo, vergognandosi profondamente e sentendosi umiliato nel vedere tutti i suoi buoni propositi sbriciolati in questo modo.
“Sei un bravo ragazzo, Heymans – la mano di Andrew si posò sulla sua spalla e la strinse in un gesto di conforto – sono fiero di te come se fossi mio figlio. Quelle persone non ti meritano, fidati. E non pensare più a problemi finanziari, non ce ne sono.”
“Ma sono passati tanti anni! – protestò Heymans – L’eredità di mio zio non può durare così tanto…”
“Fidati di me. – Andrew sorrise e andò alla scrivania. Aprì un cassetto e tirò fuori una grossa cartella – In quanto esecutore testamentario, ho avuto anche la delega di amministrare il patrimonio che tuo zio aveva lasciato: sai, ho alcuni amici ad East City, ex compagni di università, che hanno una società edile… la quota rende una buona somma ogni anno. Ovviamente ho investito in quell’impresa una cifra piccola, in modo che se le cose fossero andate male, avrei potuto rimetterla nel vostro fondo di tasca mia. Ma quei ragazzi sono davvero in gamba: potete vivere in modo dignitoso anche se vostro padre non lavora.”
Al ragazzo girava la testa mentre osservava quei fogli indicanti le varie cifre e le somme. Non ci capiva molto, ma era come avere uno stipendio mensile di un onesto lavoratore.
“Laura preferisce che gestisca io questo piccolo patrimonio e fra me e mio padre non c’è alcun problema. Fra quattro anni diventerai maggiorenne e  potrai accedere alla tua parte di eredità: c’è un fondo che Laura mi ha chiesto di creare apposta per te… e uno per tuo fratello.”
Heymans annuì con serietà: dopo un primo momento di sorpresa si era reso conto che la situazione era più rosea del previsto. Effettivamente, ora che ci pensava, per quanto la loro casa fosse modesta, a lui ed Henry non era mai mancato niente per quanto concerneva cibo, vestiario, materiale scolastico.
“Mio padre non può metterci mano, vero? – chiese – Non può toccare niente di quello che spetta alla mamma?”
“No, Heymans, stai tranquillo: non lo verrà nemmeno a sapere.”
Il ragazzo sospirò di sollievo e dovette posare i gomiti sulla scrivania per tenersi la testa tra le mani. Gli sembrava un miracolo, era come se Andrew Fury fosse arrivato e gli avesse gettato un’ancora di salvezza in mezzo alla tempesta. Sentì la mano dell’uomo che gli accarezzava la schiena con gentile comprensione.
“Sei un figlio eccezionale, Heymans – gli disse con serietà – Gregor è stato un idiota a non capirlo. Mi dispiace che tu abbia dovuto soffrire per l’assenza di un padre…”
“Tiene mamma ed Henry in una presa psicologica tremenda… a volte mi sembra di essere un estraneo che guarda con impotenza questi legami perversi.”
“Heymans, guardami – la voce di Andrew era sommessa – in tutta sincerità… quella bestia ha mai alzato le mani su Laura o su voi ragazzi?”
“No – scosse il capo lui – io… io credo che non sia una persona propensa alla violenza. Ma… ma quando beve molto a volte si arrabbia. Mamma riesce a calmarlo, ma io ho paura che non andrà sempre così. C’è qualcosa che sta… sta cambiando.”
Andrew sospirò e gli passò una mano tra i capelli rossi.
“Laura non l’ha ancora capito del tutto, ma io non ho difficoltà ad intuire quello che sta succedendo… Heymans, semplicemente Gregor sta iniziando a vedere in te un nuovo Henry.”
“Gli assomiglio così tanto?”
“Ci sono state un paio di volte, durante la discussione che abbiamo avuto prima, in cui faceva paura la somiglianza con tuo zio. Fisicamente sei figlio di tuo padre, ma in quei momenti la cosa passava nettamente in secondo piano. Ed il fatto che tu sia indipendente dalla presa psicologica di quell’uomo la dice lunga.”
“Mamma non è una debole… ”
“Debole? No, Laura non è debole… ma ha un tipo di forza diversa dalla tua e da quella di suo fratello. Lei è disposta ad accettare Gregor, forse è arrivata a considerarlo una strana forma di quotidianità, anche se sofferta… in parte penso dipenda anche da tuo fratello.”
“Henry ha paura di papà – scosse il capo Heymans – l’ho capito solo da poco. Lo ammira e allo stesso tempo lo teme: non mi ascolta mai, preferendo sentire solo quello che dice lui… ma in fondo ha paura della sua reazione. E papà vuole evitare assolutamente che io abbia qualche influenza… adesso capisco perché.”
“Heymans – mormorò Andrew, prendendolo per le spalle e accostando il viso al suo, tanto che le fronti si sfiorarono – sono sicuro che tu hai tutte le carte in regola per sistemare le cose, anche se hai quattordici anni. Ma, per l’amor del cielo, non fare sciocchezze… niente gesti impulsivi, va bene?”
“Promesso.” annuì lui.
“E ricordati che puoi sempre contare su di me. Ho promesso ad Henry che mi sarei preso sempre cura di te e di Laura ed intendo farlo.”
Heymans annuì, affidandosi completamente a quell’uomo: era lui la chiave di volta che aspettava, l’aiuto esterno che lo aiutasse a capire in modo ragionato la situazione in cui viveva.
No, papà, non ti permetterò di distruggere la mia famiglia…

 
  
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