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Autore: MireaAzul    17/02/2014    4 recensioni
13 Settembre 2013: un'intelligentissima ragazza di nome Penelope si trasferisce a Pasadena, per poter lavorare alla teoria delle stringhe presso il California Institute of Technology. Ma cosa succederebbe se il trasferimento la portasse a vivere di fianco ai quattro uomini più sexy che abbia mai conosciuto?
PARALLEL UNIVERSE dove Penny è la nerd, mentre Sheldon, Leonard, Howard e Rajesh i bellocci di turno! Cosa ne salterà fuori?
Genere: Comico, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Introduzione dell'autrice
Bentornati ragazzi! Finalmente riesco ad avere un buco di tempo in cui pubblicare il secondo capitolo (problema studi per la maturità, penso che chi ci è già passato possa capirmi sigh). In questo capitolo la nostra scienziata conoscerà meglio i suoi nuovi quattro amici, uno di loro in particolare... eheheh Vi scrivo però per dirvi una cosa che probabilmente qualcuno ha già notato: i personaggi di questa storia hanno un carattere completamente stravolto (maddai?) ma ciò è stato fatto su schemi precisi, non alla cavolo! Infatti, se prima Sheldon era un asessuato fisico teorico e Penny una pupa che faceva cadare ai suoi piedi, ora è l'esatto opposto! E lo stesso vale per gli altri tre... ma penso che vi piacerebbe scoprire da soli queste sottigliezze! Non indugiamo oltre, e via col racconto! Buona lettura (:






*knock knock* « Penny! » *knock knock* « Penny! » *knock knock* « Penny! »
Erano le 6:30 del mattino quando la bionda sentì bussare alla sua porta. Nonostante la sera prima si fosse ripromessa di svegliarsi all’alba così da avere tutto il tempo per prepararsi ad accogliere i quattro uomini, non aveva preso in considerazione che qualcuno in quel dannato condominio si sarebbe potuto svegliare prima di lei.
« Chi è? » domandò con voce strascicata, troppo rilassata sotto le lenzuola fresche per potersi alzare e andare a vedere di persona chi ci fosse sull’uscio di casa sua.
« Sono Sheldon. Ti sei dimenticata il nostro incontro per la lotta allo sporco? »
Penny si alzò di scatto, impaurita. Che ci faceva Sheldon a casa sua già a quell’ora? Si girò verso lo specchio e un brivido le percorse la schiena; lo chignon della sera prima era tutto scomposto, qualche ciocca era riuscita a sfuggire alla presa ferrea delle mollette e dell’elastico, indossava il pigiama estivo con la stampa di Wolverine impegnato nell’estrazione degli artigli di adamantio, e senza occhiali i suoi occhi parevano tondi come quelli di una bambina. Rimase troppo a rimuginare sul da farsi (come suo solito) che non si accorse del tempo che scorreva e che aveva un ospite sulla soglia.
« Hey Penny, sei ancora viva? » si rifece sentire Sheldon, facendo sobbalzare la ragazza.
« Sì, arrivo! » prese un respiro profondo e andò ad aprire la porta di casa. Le si presentò di fronte uno Sheldon in versione domestica, con dei pantaloni della tuta molto belli, una maglietta con la stampa “sex bomb” e quel suo sorrisetto ambiguo.
« Ma buongiorno bella addormentata nell’appartamento 4B! Ho forse interrotto qualcosa? Perché certe pettinature le ho viste in testa solo ad un certo tipo di donne ».
Penny avvampò, anche se le ci volle un attimo per capire a cosa si riferisse l’attore. Non era abituata a certi discorsi, anche se diverse volte era finita per pensarci. Voleva rispondere a tono, ma la franchezza della battuta l’aveva spiazzata completamente, e come una baccalà si bloccò a bocca spalancata a fissarlo negli occhi e a giocare nervosamente con le mani. Lui non sembrò notare più di tanto il disagio che le aveva provocato, solo il suo lungo silenzio.
« Beh, pensandoci bene, non mi sembri tipa da sesso mattutino » e senza convenevoli o inviti, entrò nell’appartamento. Si guardò intorno con la stessa aria infastidita del giorno prima, e i suoi occhi girovagavano da un angolo all’altro del salotto, come se stesse cercando qualcosa.
« Mi vuoi dire dove sono gli attrezzi da lavoro? » domandò, facendo rianimare la ragazza.
« A-attrezzi... da lavoro? »
« Sì, gli attrezzi da lavoro. Aspirapolvere, straccio per i pavimenti, per la polvere, detergenti. Su Penelope, ti devo dire tutto io? »
« No no! E’ che... non aspettavo nessuno per quest’ora. A proposito... cosa ci fai qua a casa mia alle 6:30 del mattino? »
« In effetti, avendomi conosciuto solo ieri non potevi saperlo, ma io sono famoso per essere molto mattiniero e quasi maniacale per quanto riguarda le pulizie domestiche, quindi queste due caratteristiche messe nello stesso contesto possono essere micidiali. Beh, per gli altri, per me no di certo ».
Penny poteva capirlo, pure lei era fissata con l’ordine, anche se non come lui.
« Beh... Ok allora, se riesci ad aspettare venti minuti che faccio colazione e mi cambio... »
« Se vuoi ti preparo io un’ottima colazione, faccio delle magie con i toast! » si alzò e fece per andare dietro il bancone della cucina, ma la ragazza lo fermò, afferrandolo per un braccio. Sheldon si girò lentamente verso di lei, avvicinandosi pericolosamente.
« So di essere bello, Penelope, ma inizi già a soffrire la mia mancanza? »
Per la prima volta da quando era nata, Penny rise di gusto per una battuta provocatoria fatta da un ragazzo.
« Io attratta da te? Ammetto che sei bello da far star male Sheldon, ma non potrei mai stare con te. Sono troppo intelligente. » riuscì a dire, sperando di non aver offeso l’uomo, ma era vero, l’unico suo vanto era la sua straordinaria capacità intellettuale. Sheldon le si piazzò completamente di fronte, con un’aria di sfida degna un attore porno. “Forse lo è stato davvero”.
« E se davvero fosse così, perché mi avresti afferrato così prontamente appena mi sono allontanato da te? »
Secondi di assoluto silenzio.
« Perché sono intollerante al glutine, Sheldon. Se mi preparassi dei toast, mi uccideresti ».
Lo sguardo dell’uomo sembrò vacillare in modo pericoloso, come se non ci fosse abituato.
« Ma se tu ci avessi pensato, il fatto che io sono celiaca ti avrebbe fatto capire che i toast presenti in questa casa sono tutti senza glutine, no? »
Ora invece la guardava confuso come non mai, con le sopracciglia aggrottate e la bocca semi aperta.
« Ma... Io continuo a non capire. Allora perché mi hai afferrato, se i toast sono sicuri? »
« Per vedere se ci saresti arrivato » scrollò le spalle « ma a quanto pare no ».
Sheldon non sembrò curarsene per il resto della mattina, perché rimasero a ridere e a scherzare come due amici di vecchia data, e nonostante il suo fascino da ragazzo “curato-ma-non-poi-così-tanto” che lo rendeva sensuale in ogni suo movimento o sguardo, Penny non riusciva a guardarlo con occhi diversi da quelli di una cara amica. Aveva capito che se era il principe azzurro quello che cercava, di certo non sarebbe stato lui; non puntava certo a cercarne uno con un Q.I. elevato come il suo (sai che fatica trovarlo!) ma neanche uno come l’attore che, sì era una persona piacevole con cui passare il tempo, ma dava l’idea di un uomo non troppo colto in abito culturale o scientifico. Beh, se voleva vederla in questo modo, QUALE uomo era così, in quest’epoca in cui l’ignoranza regna sovrana? Penny sbuffò sonoramente a quel pensiero sconsolante, attirando l’attenzione del suo ospite, che in quel momento era impegnato a tirar fuori l’aspirapolvere dallo sgabuzzino.
« Qualcosa non va, Penny? Sappi che se ti è passata la voglia di fare le pulizie sono beneamati affaracci tuoi! Non uscirò da questa casa finché non riuscirò a specchiarmi sui muri! »
Penny scoppiò a ridere di nuovo, ma cercò di evitare la domanda, non essendo poi così estroversa.
« Tranquillo, non mi è assolutamente passata la voglia! »
« Oh mio Dio Sheldon, vi conoscete da un solo giorno e le hai già fatto venire voglia? »
La ragazza al suono di quella voce si girò di scatto ed ebbe un tuffo al cuore: Leonard la guardava con aria divertita, le mani infilate nei costosi jeans e i capelli umidi di una doccia appena fatta. Dietro di lui c’erano un Rajesh intento a mangiucchiare uno dei toast avanzati e un Howard coi nervi a fior di pelle.
« Non si origliano le conversazioni altrui. Non si entra in casa d’altri senza bussare ed annunciarsi. Non si mangia il cibo degli altri senza chiedere. »
« Oh andiamo Howie, a parte l’ultima cosa, hai fatto tutto questo! » esclamò Rajesh.
Howard arrossì.
« Ovvio, se no sarei rimasto come un fesso fuori dall’appartamento da solo. »
« Non c’è problema ragazzi, tanto stavamo per iniziare con le pulizie » li rassicurò la padrona di casa, benedicendo il loro arrivo così tempistico che le fece evitare QUELL’argomento con Sheldon. Che, a proposito, la guardava con occhi sospetti. Dopo qualche chiacchiera e l’esaurimento definitivo dei toast, iniziarono tutti insieme a fare pulizia, partendo dal bagno incrostato (nel quale un sensibile Leonard stava per rigettare la colazione), la camera di Penny (Sheldon diede un’occhiata al cassetto degli slip, beccandosi una gomitata sia dalla ragazza che da Howard), passando al salotto (Rajesh trovò un coniglio di polvere che a momenti si portò a casa), finendo poi con la meno difficile, la cucina. Ci impiegarono in tutto quattro ore buone, tra pulizie ai mobili, al pavimento, ai vetri, allo svuotamento degli scatoloni e a tutto il resto. Nonostante la fatica, i quattro non presentavano neanche una goccia di sudore, fatta eccezione alla fronte LEGGERMENTE lucida, mentre Penny si vergognò moltissimo per le macchie sulla schiena e sotto le ascelle.
« Ragazzi... E grazie al cielo questo appartamento è la metà del nostro! » disse Leonard, per poi buttarsi sul divano e asciugarsi il viso con la manica della camicia sportiva.
« Io non ho capito. Abitate tutti e quattro nell’appartamento qui di fronte? »
« No no. Io vivo con mia madre e Rajesh in un appartamento a due isolati da qui. Leonard e Sheldon sono gli unici ad abitare nel condominio » spiegò Howard.
« Sul serio, Howie? Un ragazzo bello e bravo come te vive con sua madre? » chiese stupita Penny. Da come le si erano presentati, le erano parsi degli uomini indipendenti e sicuramente impegnati, ma dopo aver scoperto quella mattina che Sheldon non lo fosse, e in quel momento che Howard, il più gentile e garbato del gruppo, abitasse ancora con la madre, non sapeva più che aspettarsi. Quest’ultimo arrossì come suo solito e abbassò lo sguardo quando gli furono fatti questi complimenti, biascicando qualcosa di incomprensibile che Penny immaginò come dei ringraziamenti.
« Se non inizi a tirar fuori le palle, invece di fare la sirenetta, ci vivrai ancora per molto con tua madre » disse Leonard, facendo scoppiare a ridere Sheldon e Rajesh, e rendendo il viso dell’istruttore di nuoto paonazzo dalla vergogna.
« Almeno le ragazze con cui sono stato io hanno visto il meglio di me, a differenza delle tue che ti ricorderanno sempre e solo come uno stronzo fra i tanti! » riuscì a ribattere, nonostante il tremolio della voce.
Anche chi stava ridendo, in quell’istante si ammutolì, facendo scorrere gli occhi dal viso bordeaux di Howard a quello tranquillo di Leonard. “La calma prima della tempesta” furono le parole mentali con le quali Penny descrisse quel momento. Fecero entrambi per aprir bocca, quando un previdente Rajesh si alzò in piedi frapponendosi fra i due e, con un sorriso a trentadue denti, spalancò le braccia urlando:
« OGGI E’ SABATO! E’ giorno di cibo messicano! »
Nell’udire quelle parole scattò in piedi un altrettanto allegro Sheldon, che batteva le mani con fare stranamente felice.
« Cazzo, me ne ero completamente dimenticato! Penny, non puoi assolutamente perderti il cibo del ristorante messicano di Pasadena! Cosa aspettiamo? Cambiati che mi sembri una camionista, che oggi si pranza là! »
Alquanto spiazzata dal consiglio appena ricevuto (soprattutto perché era vero, sembrava sul serio una camionista) decise di fidarsi di loro, lasciandoli da soli nel salotto. Si fece una doccia veloce, mise i primi vestiti che le capitarono in mano (maglietta con la scritta “Shrödinger’s cat is not dead”, pantaloni larghi e scarpe ortopediche), si raccolse i capelli un po’ umidi nel solito chignon ferreo e inforcò gli enormi occhiali. Ritornò nell’altra stanza col pensiero che l’avrebbe trovata distrutta, e invece i quattro stavano ridendo tra di loro come se la scena di pochi minuti prima non fosse mai successa, e ciò la lasciò per l’ennesima volta a bocca aperta. Quando essi si accorsero dell’entrata in scena della bionda, si zittirono e si girarono a guardarla, il che la fece sentire minuscola. Quando mai nella vita le era capitato di essere guardata così profondamente da quattro uomini, uno più sexy dell’altro, e tutti single?
« Tesoro mio, sei un insulto alla moda » sputacchiò Sheldon, senza offendere Penny, perfettamente consapevole di non aver alcun senso estetico, così gli rispose semplicemente con un’alzata di spalle, come a voler dire “lo so ma non posso farci nulla”. Ma ad un certo punto accadde l’incredibile; Leonard le si avvicinò, e con un movimento sicuro e deciso delle mani le sciolse i capelli, facendoli ricadere a cascata sulle spalle, che solleticarono i visi ad entrambi.
« Ecco, così stai molto meglio » sussurrò, come se non volesse farsi sentire dagli amici, ma era ovvio che in certe situazioni le loro orecchie erano attente come quelle delle volpi del deserto. Penny però non aveva la più pallida idea di cosa rispondere, e imbarazzata più che mai, si strinse nelle spalle e abbassò lo sguardo, sperando che qualche ciocca potesse coprirle la faccia.
« Beh? Andiamo? » circumnavigò il corpo imbambolato di Leonard e raggiunse gli altri, che con simulata disinvoltura fecero finta di non essersi accorti del momento “intimo” che avevano appena passato lei e il loro amico, e tutti insieme si avviarono al ristorante messicano.
***
Sheldon ebbe ragione ad aver insistito per portarla in quel ristorante; Penny mangiò tutto e di più (sempre nelle restrizioni della sua celiachia) e scoprì anche che le piaceva da matti il cibo piccante. Saltato fuori l’argomento “intollerante al glutine” si mise a parlarne con Rajesh che, essendo un personal trainer, conosceva bene la malattia. Le spiegò che non era del tutto una sfortuna, perché i celiaci, non potendo ingerire glutine, mangiano un quantitativo di cibo spazzatura equivalente a zero, e che quindi hanno una forma fisica da fare invidia.
« Mi pareva strano che una nerd come te tutta casa-lavoro-casa-playstation avesse un certo fisichino! Insomma Penny, se ti vestissi in modo decente e la smettessi di parlare con il tuo linguaggio da laboratorio ogni tanto, saresti uno schianto di pupa! E ti posso assicurare che ce ne siamo accorti tutti » e quei “tutti” girarono lo sguardo da un’altra parte che non fosse il viso della ragazza, che per il complimento ricevuto a momenti non si fece andare di traverso un boccone.
« Ba ghe dic - coff coff - Raj? » riuscì a deglutire. « Non dire cavolate. »
L’indiano scrollò le spalle, come se non si sarebbe mangiato quell’affermazione mai nella vita.
« Pensala come vuoi ragazza, io ti ho solo detto come la penso » e riprese a mangiare.
« E comunque, possono dire tutto, ma i re indiscussi delle figure di merda siamo noi, ragazzi » disse giustamente Howard, al che tutti i maschi scoppiarono a ridere e gli batterono il cinque.
Nel pomeriggio tornarono a casa, e quando Penny mise piede nella sua neocasa per poco non scoppiò a piangere dalla gioia; era così ordinata, così pulita, e nell’aria si poteva ancora sentire il profumo di limone del detergente. Era solo il suo secondo giorno a Pasadena, e l’idea che prima o poi avrebbe dovuto lasciarla le afferrò il cuore e glielo stritolò, facendole mancare il fiato. Ma non era quello il momento per pensarci, non aveva senso rovinarsi una così bella giornata.
“Forza e coraggio Penelope Callaway, siamo solo all’inizio del test!”
  
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