Secondo
giorno
« Mia signora, che cosa avete? »
Deamna è molto solerte oggi. Non so se dipenda da lei,
oppure se effettivamente il mio aspetto possa dare adito a pensare che qualcosa
sia diverso da solito.
« Nulla, Deamna, »
rispondo io, gentilmente, ma con evidente noia, visto che mi ha posto questa
domanda almeno cinque volte da quando è entrata nelle mie stanze.
« Siete sicura? Sembrate pallida. »
Sorrido mestamente « Il
pallore del mio volto altro non è che una manifestazione di come la vita,
dentro di me, si stia affievolendo. »
La ragazza al mio fianco, mentre mi pettina i
lunghi capelli, ha un singhiozzo. È evidente che le mie parole l’hanno molto
turbata. Non è, come me, abituata a prendere in considerazione la morte da
quando è nata. Ho visto riportare mio padre a palazzo, morto, poi ho assistito
al lento spegnersi di mia madre, che ha dovuto
soccombere al dolore.
Ora mio zio è morto e sto per perdere anche Eomer. Io, invece, sono in gabbia. Cosa mi aspetta, se non
seguire la mia stirpe nell’oblio?
« Cosa desiderate indossare oggi,
mia signora? » mi domanda, dopo aver sistemato i miei
capelli in un’elaborata acconciatura raccolta alla base del collo.
« L’abito nero, Deamna.
» rispondo osservandomi allo specchio e stentando a riconoscermi « Il lutto è
ciò che ho sempre vissuto. Perché smettere ora? Perché non andargli incontro? »
Seno chiaramente un sospiro provenire dalla
ragazza, ma non me ne curo. So perfettamente che vorrebbe vedermi bella e
sorridente, ma ho abbandonato la possibilità di sorridere nel momento in cui
sire Aragorn ha rifiutato il mio amore.
Il braccio mi duole molto meno rispetto a ieri.
Non me ne rendo conto fino a che non indosso l’abito, dovendolo piegare su se
stesso. Ma è un miglioramento giunto troppo tardi
perché io possa seguire i soldati di mio fratello in battaglia. In verità, li
avrei seguiti anche ferita, ma, come in quel caso, neppure adesso me lo
permetterebbero.
« Cosa fate, mia signora? »
la voce di Deamna mi distoglie dai miei pensieri.
« Desidero passeggiare nel cortile, » rispondo « vedere il sole e tentare di scaldare il mio cuore al suo
calore. » So bene che non è possibile. Non ho mai
sperato in qualcosa del genere, ma non voglio turbare la mia dama più di quanto
già non sia. Mi dispiace per lei, a volte, perché le infondo tristezza, pur
senza volerlo.
« Volete che vi accompagni? »
si offre gentilmente, abbozzando un sorriso.
Mi volto a guardarla, più rapidamente di quanto
intendessi fare « No. ». La mia voce è imperiosa e non
so perché. Non ho avuto questo tono intenzionalmente e me ne rammarico nel
momento in cui vedo l’espressione gioiosa di Deamna
sgretolarsi.
« Perdonami, » dico subito, tentando di fare
ammenda per il mio strano comportamento « Ma la
solitudine mi è molto cara. »
Deamna annuisce lentamente e sembra calmarsi. In
realtà so che è ancora molto dispiaciuta. Purtroppo, però non posso alleviare
ulteriormente le sue sofferenze, perché dovrei fingere di star bene. Non ho mai
saputo fingere.
Esco dalle mie stanze chiedendomi il motivo del
mio strano comportamento di un attimo fa. Che la solitudine mi sia cara è vero,
non ci sono dubbi. Non ho mentito. Ma sono stata attraversata, poco dopo, dalla
consapevolezza che il volto di sire Faramir mi è
apparso, quando la mia dama si è offerta di farmi compagnia.
Non so spiegarmi il perché. Che sia questo il
motivo del mio strano comportamento? Forse, ma ciò che maggiormente mi
preoccupa è il motivo della mia associazione, non il mio errore.
Raggiungo il cortile camminando lentamente,
gravemente, rimuginando come sempre sul mio passato e sul presente. Il futuro
non mi preoccupa, perché so che non ce ne sarà uno. Il mondo cadrà nell’ombra
senza la guida di mio zio Theoden per il mio popolo,
e senza tutti i valorosi soldati che abbiamo perduto.
Rivolgo lo sguardo ad oriente. Darei ogni cosa
in mio possesso per godere della vista degli elfi e osservare da vicino l’esito
delle battaglie, la marcia dei soldati…. Almeno in questo modo potrei sentirmi
vicina a loro.
Il sole è sorto da poco. I suoi raggi caldi e
luminosi sono un balsamo per me. Una delle poche cose, in verità, che ancora mi
recano piacere.
Sospiro, godendo della sensazione di quel tepore
sul mio viso, senza staccare gli occhi dall’orizzonte.
« Anche io vorrei poterli vedere. » dice una voce alle mie spalle. Sussulto per la sorpresa,
ma non ho bisogno di voltarmi per sapere chi ha parlato.
Faramir di Gondor è ora
accanto a me, come appena un giorno fa. Posso sentire la sua presenza
rassicurante accanto a me, come un appiglio sicuro in caso di necessità. È una
sensazione che mi è nuova, perché non ho mai cercato sostegno, né ne ho mai
sentito il bisogno.
« So che mi sarebbe di conforto » rispondo io,
chiedendomi, però come abbia fatto ad indovinare i miei pensieri. Ci voltiamo
l’uno verso l’altro quasi contemporaneamente. Sire Faramir sembra pensieroso, ma sorride sempre. Anche ora.
Come può un uomo come lui riuscire a sorridere in un’ora così buia? Dovrebbe
soffrire della mia stessa melanconia.
« È normale desiderare ciò, mia signora. » annuisce scrutandomi il volto. Ha uno strano sguardo « Lo stesso provo io, osservando da lontano l’orizzonte e
potendo fare affidamento solo alla mia immaginazione per indovinare cosa accade
ai nostri. »
« Però non possiamo. »
come mai ho parlato al plurale? Perché mi sono riferita ad entrambi?
Faramir allarga le mani in un gesto rassegnato
d’impotenza « No, mia signora, non possiamo. » sospira
« Ma questo non significa che non possiamo sentirci vicini a loro. »
Le sue parole sono così calme! Riesce a trovare
qualcosa di rassicurante in ogni situazione. È un dono che non ho mai posseduto
e che ricordo di non avere neppure mai potuto osservare.
« Credi che ci sentano,
mio signore? » chiedo, incapace di non porgli quella domanda « Credi davvero
che i nostri soldati, in battaglia, sentano che il loro popolo, Noi, riponiamo
in loro la nostra fiducia? »
« Non dovresti saperlo,
dama Eowyn? » mi domanda in risposta « Non sei forse
tu andata in battaglia come i più valorosi degli uomini? »
« È vero, sire, ma quando scesi in battaglia, il
mio cuore era altrove. Non avevo tempo di prestare attenzione a sensazione
alcuna. »
Ciò che gli ho rivelato è la verità. Quello che
però mi stordisce e mi lascia in confusione è il fatto stesso che glie lo abbia
rivelato. Chi è lui, signore di Gondor, capace di
indovinare i segreti pensieri del mio cuore?
Non posso che sentirmi priva di difese in sua
presenza, eppure ciò mi causa rabbia e piacere insieme.
« Vogliamo camminare, dama Eowyn?
» mi propone, facendo per primo alcuni passi. Lo seguo
senza esitazione, guardando nei suoi occhi gentili. È un uomo molto strano, il
sovrintendente di Gondor.
Facciamo molti passi in silenzio, ma io mi
accorgo che molto spesso i suoi occhi indugiano sul mio volto e sulla mia
figura. Indugiano gentili, curiosi, non impertinenti. Il suo è uno sguardo che
pesa.
« Posso chiedere, mia
signora? » domanda a voce bassa dopo alcuni istanti.
Mi volto verso di lui «
Cosa, sire? »
« Mi domandavo, come mai porti i colori del
lutto. » Possiede una disarmante sincerità. È una
sincerità rispettosa, ma mi suscita lo stesso disagio.
Cosa mai potrei rispondere, se non la verità?
« La mia vita è stata un unico, intenso lutto. »
I suoi occhi diventano tristi «
Anche la mia, dama Eowyn. Posso capire il tuo dolore.
»
Stavolta sono io ad essere incuriosita dalle sue
parole. Se ha chiesto di me a Merry, sono sicura che ha appreso anche le mie numerose perdite, ma lui? Chi mai
avrà perduto, lui?
« Davvero, mio signore? »
« Si. » risponde senza
vergogna o riservatezza « Mia madre, la cui morte fece quasi impazzire mio
padre, mio fratello maggiore e mio padre stesso. »
« Tuo fratello sire? »
gli domando.
Per un attimo i suoi occhi si velano di
tristezza. È un momento che passa subito, ma non posso fare a meno di
dispiacermene. Non avevao mai pensato di vedere gli
occhi di quest’uomo, sempre così buoni e gentili, esprimere dolore.
« Si, mia signora. » si sta confidando con me. Quasi non posso crederlo, visto
che so che io, probabilmente, non avrei fatto la stessa cosa con lui. No. Non
lo avrei fatto di certo. « Avevo un fratello, che mi
superava in età di cinque anni. Egli era il prediletto di mio padre, sire Denethor, ed era il soldato più nobile e valoroso di questa terra. Il Capitano della Torre Bianca. L’erede. Lo
amavo molto e quando ci giunse la notizia della sua scomparsa, seguita, in
seguito dal ritrovamento del suo corno, spezzato, una parte di me è morta con
lui. » sospira profondamente « Boromir era il suo
nome. Se lo avessi conosciuto, mia signora, sono certo che lo avresti ammirato.
»
Continuiamo a passeggiare silenziosamente.
Mentre raccontava quella triste storia, c’era davvero grande pena nella sua
voce. Mi stupisce, quanto sia complessa e strana l’anima di quest’uomo. Quanti
anni può avere? Trenta? Certo non più di trentatre. Eppure c’è grande saggezza
nel suo cuore. Lo avrebbe detto anche il mio signore e zio, Theoden,
se lo avesse incontrato.
« Sono certa che tuo fratello era un uomo
valoroso, mio signore. » non posso fare a meno di
dirlo. E forse, almeno un po’, lo penso. « D’altra
parte, siete dello stesso sangue. »
Non so cosa mi abbia spinto a parlare in maniera
tanto ardita, né faccio in tempo ad interrogarmi a riguardo, perché l’uomo che
passeggia al mio fianco si volta verso di me e mi rivolge un sorriso aperto,
sinceramente felice e commosso per il mio, seppure involontario, complimento.
« Mi rendi grande onore, dama Eowyn.
» mi ringrazia « Ma temo che mio padre avesse ragione nel credere che fosse Boromir il figlio con maggiore coraggio. »
« Tuo padre, sire, ti amava certamente. Non
confondere una predilezione, seppure sbagliata e distorta dalla follia, con la
mancanza d’amore. » Ho sentito di ciò che è accaduto
al vecchio sovrintendente. Deamna è stata davvero un’ ottima informatrice. Non che avessi espresso desiderio
di conoscenza di questi fatti, ma ella, in buona fede e notando le attenzioni
di sire Faramir verso di me, ha voluto che io
sapessi.
Se prima le mie parole lo hanno fatto
compiacere, ora egli è commosso. Vedo chiaramente le lacrime affacciarsi ai
suoi occhi di tempesta, mentre mi guarda. Il suo sguardo, in questo momento, mi
fa sentire piccola e insignificante, perché è carico di un sentimento grande
quanto la stessa terra.
« Ti chiedo perdono,
sire, se ti ho mancato di rispetto con le mie parole. »
Non posso fare a meno di scusarmi.
Faramir si ferma e mi guarda, ancora commosso, begli
occhi, intensamente.
« Mia signora, » la sua voce è grave, solenne,
ma incredibilmente dolce « Le tue parole sono piene di
saggezza, non comune in una fanciulla della tua giovane età. Mi hanno placato.
Per questo ti ringrazio e ti sarò per sempre debitore. »
È sincero. Posso vederlo. E sento le mie gambe tremare alla vista di un uomo
della sua tempra sillabare quelle semplici parole. Che mi sta accadendo? Certo
non posso essere io la fanciulla che rabbrividisce sotto il peso di uno
sguardo, quando non teme né lancia né spada.
« Non parliamo di debiti, in quest’ora buia,
sire. » dico io di rimando « Perché, in ogni caso, non siamo neppure certi che
avremo modo di pagarli. »
Faramir si rabbuia un po’, ma presto ritorna sereno, la
fronte ampia spianata e solcata da un’unica ruga orizzontale nel mezzo. Il suo
è un volto amico. Non riesce difficile imparare ad amarlo.
Amore? In tutte le forme in cui ho avuto modo di
rovarlo, ora è morto, dentro di me. Perché ho usato
questa parola non so spiegarmi, ma non è il momento in cui interrogarsi su
sciocchezze del genere.
« Il tuo braccio sta guarendo? »
mi domanda premuroso e visibilmente interessato.
« Migliora, sire, ma ho paura che occorrerà
ancora qualche giorno prima che possa tornare ad usarlo. »
Avevo dimenticato, per un attimo, quanto il mio inutile braccio mi fosse di
peso. Ma so che dalla realtà non si può fuggire. Né la fuga è un atto
onorevole.
Il sovrintendente annuisce ed abbozza un sorriso
comprensivo « È ovvio, mia signora. » dice pacato « Il
tempo deve fare il suo corso perché le ferite si rimarginino. »
Un ombra scura mi attraversa lo sguardo,
solitamente limpido « Ci sono ferite, Faramir di Gondor, che neppure il tempo può sanare. ».
Senza dubbio comprende che non sono le ferite di
guerra quelle a cui mi riferisco. Lo so, perché si riaccende la pietà nei suoi
occhi. Vorrei fuggire da quello sguardo. È la prima volta che desidero mettermi
in salvo in questo riprovevole modo.
Il sapere, poi, che si tratta solo di uno
sguardo, quello da cui voglio scappare, mi riempie di vergogna. Cerco di
mantenere la calma, ma mi riesce difficile. Cosa mi ha fatto quest’uomo?
Nessuno mai mi ha messo in difficoltà.
« Dama Eowyn, » la sua
voce è troppo gentile. Troppo rassicurante e straziante. Pietà. Pietà anche
nella voce. « Non essere triste, perché sei una
fanciulla di grande coraggio e incredibile forza. » mi guardò più intensamente,
sicuro e serio « Sconfiggerai il tuo dolore così come hai sconfitto il Nazgul. »
Non posso che restare muta davanti a tanta
fiducia, a tanta ammirazione. Lo guardo a mia volta e, oltre alla pietà, scorgo
una stranissima tenerezza. Lo sguardo che ha adesso è molto, molto simile a
quelli che mi rivolgeva quando passeggiavo nel cortile ovest. Anche allora il
suo sguardo pesava su di me.
« Non so se il mio destino è quello di
sopravvivere all’Ombra. » sospiro.
« Invece si. » mi
corregge con un improvviso impeto « Mia signora.. »
continua, poi, più dolcemente. « Se il mondo degli uomini
non è destinato a cadere, non sarà certo per il dolore che tu appassirai. »
« E dunque per cosa, uomo di Gondor?
»
Sorride. Perché sorride se stiamo parlando della
mia morte? Forse che trova l’oblio qualcosa di cui avere burla?
Se possibile, vedendo la mia incredulità, il suo
sorriso si allarga « Tu morirai tra moltissimi anni,
quando vecchia e stanca, sentirai che il tuo posto non è più in questo mondo. »
non riesco a comprendere ancora le sue parole « Ti spegnerai quando l’amore di tuo
marito sarà a confortarti, oppure egli ti osserverà insieme agli spiriti della
tua stirpe.
E avrai molti eredi intorno a te, belli, fieri e
splendenti come te, Bianca Dama. »
Non ho parole per rispondergli. Un futuro dl
genere l’ho immaginato una sola volta in tutta la mia vita: quando speravo
nell’amore di sire Aragorn.
Ma evidentemente, non è il futuro che mi
aspetta.
« Come puoi dire questi, sire? »
Si stringe nelle spalle. « Semplicemente lo credo, mia signora. »
Continuiamo a camminare, senza parlare,
rivolgendo sovente i nostri sguardi ad oriente. Eomer
starà già combattendo? No, non credo. Ancora non è il momento.
Passano i minuti, lenti ed inesorabili e io non
sento altro che non siano i miei sospiri malinconici. Sire Faramir,
invece, sembra sereno anche ora. Non rimugina. Non è caduto preda della
melanconia. Non lui. Che sia vero che non posso essere alla pari di un uomo?
È per la mia natura di donna che sono in questo stato, ora?
« Mia signora? » mi chiama dopo un po’. « Vorrei
farti una domanda. »
Mi volto a guardarlo. È una risposta sufficiente
per lui, che prosegue.
« Non vorresti sedere al mio fianco, questa sera,
quando gli uomini valorosi della terra di mezzo che si trovano qui si
riuniranno al banchetto? »
Ricordo che mi è stata fatta già una volta una
domanda simile. Ricordo anche di come ho rifiutato il suo invito, indispettita
e forse offesa dai suoi sguardi tanto nuovo e strani
per me.
« Già una volta mi hai chiesto ciò, sire. »
« È vero. Ma te lo chiedo ancora,
dama Eowyn. » sorride
ancora. Il suo aperto, irriducibile sorriso « E sta a te, ora decidere se
rifiutare ancora »
Dunque non ha dimenticato. Però, come quando
l’ho incontrato personalmente la prima volta, non mi incolpa né sembra messo a
disagio dai miei rifiuti. Forse mi comprende più di quanto non sembri.
Vale la pena di tentare, allora. Me ne pentirò?
« Accetto, mio signore, e ti ringrazio. » chino il capo in segno di rispetto e di ringraziamento.
Egli sorride, felice. Cosa mai avrò detto per causargli tanta gioia?
« Mi rendi felice mia signora. »
È come pensavo, allora. Da cosa di pende tanto entusiasmo? Stavolta, non so per quale motivo,
l’istinto mi impone di non fare domande al riguardo.
Fatemi sapere se vi è piaciuto. Saluti e baci a
tutti e in particolare a chi ha questa storia tra i preferiti.
Rue Meridian mi piacerebbe se mi facessi sapere che
ne pensi.