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Autore: masked_lady    19/06/2008    3 recensioni
Questa è la storia di come Eowyn e Faramir si sono innamorati. Tutto quello che il libro dice e non dice. la storia di come una dama ardita e fiera fu guarita dall'amore vero. Leggete in tanti e SE VI VA LASCIATE UN COMMENTO. bACI.
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Eowyn, Faramir
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Secondo giorno

Secondo giorno

« Mia signora, che cosa avete? »

Deamna è molto solerte oggi. Non so se dipenda da lei, oppure se effettivamente il mio aspetto possa dare adito a pensare che qualcosa sia diverso da solito.

« Nulla, Deamna, » rispondo io, gentilmente, ma con evidente noia, visto che mi ha posto questa domanda almeno cinque volte da quando è entrata nelle mie stanze.

« Siete sicura? Sembrate pallida. »

Sorrido mestamente « Il pallore del mio volto altro non è che una manifestazione di come la vita, dentro di me, si stia affievolendo. »

La ragazza al mio fianco, mentre mi pettina i lunghi capelli, ha un singhiozzo. È evidente che le mie parole l’hanno molto turbata. Non è, come me, abituata a prendere in considerazione la morte da quando è nata. Ho visto riportare mio padre a palazzo, morto, poi ho assistito al lento spegnersi di mia madre, che ha dovuto soccombere al dolore.

Ora mio zio è morto e sto per perdere anche Eomer. Io, invece, sono in gabbia. Cosa mi aspetta, se non seguire la mia stirpe nell’oblio?

« Cosa desiderate indossare oggi, mia signora? » mi domanda, dopo aver sistemato i miei capelli in un’elaborata acconciatura raccolta alla base del collo.

« L’abito nero, Deamna. » rispondo osservandomi allo specchio e stentando a riconoscermi « Il lutto è ciò che ho sempre vissuto. Perché smettere ora? Perché non andargli incontro? »

Seno chiaramente un sospiro provenire dalla ragazza, ma non me ne curo. So perfettamente che vorrebbe vedermi bella e sorridente, ma ho abbandonato la possibilità di sorridere nel momento in cui sire Aragorn ha rifiutato il mio amore.

Il braccio mi duole molto meno rispetto a ieri. Non me ne rendo conto fino a che non indosso l’abito, dovendolo piegare su se stesso. Ma è un miglioramento giunto troppo tardi perché io possa seguire i soldati di mio fratello in battaglia. In verità, li avrei seguiti anche ferita, ma, come in quel caso, neppure adesso me lo permetterebbero.

« Cosa fate, mia signora? » la voce di Deamna mi distoglie dai miei pensieri.

« Desidero passeggiare nel cortile, » rispondo « vedere il sole e tentare di scaldare il mio cuore al suo calore. » So bene che non è possibile. Non ho mai sperato in qualcosa del genere, ma non voglio turbare la mia dama più di quanto già non sia. Mi dispiace per lei, a volte, perché le infondo tristezza, pur senza volerlo.

« Volete che vi accompagni? » si offre gentilmente, abbozzando un sorriso.

Mi volto a guardarla, più rapidamente di quanto intendessi fare « No. ». La mia voce è imperiosa e non so perché. Non ho avuto questo tono intenzionalmente e me ne rammarico nel momento in cui vedo l’espressione gioiosa di Deamna sgretolarsi.

« Perdonami, » dico subito, tentando di fare ammenda per il mio strano comportamento « Ma la solitudine mi è molto cara. »

Deamna annuisce lentamente e sembra calmarsi. In realtà so che è ancora molto dispiaciuta. Purtroppo, però non posso alleviare ulteriormente le sue sofferenze, perché dovrei fingere di star bene. Non ho mai saputo fingere.

Esco dalle mie stanze chiedendomi il motivo del mio strano comportamento di un attimo fa. Che la solitudine mi sia cara è vero, non ci sono dubbi. Non ho mentito. Ma sono stata attraversata, poco dopo, dalla consapevolezza che il volto di sire Faramir mi è apparso, quando la mia dama si è offerta di farmi compagnia.

Non so spiegarmi il perché. Che sia questo il motivo del mio strano comportamento? Forse, ma ciò che maggiormente mi preoccupa è il motivo della mia associazione, non il mio errore.

Raggiungo il cortile camminando lentamente, gravemente, rimuginando come sempre sul mio passato e sul presente. Il futuro non mi preoccupa, perché so che non ce ne sarà uno. Il mondo cadrà nell’ombra senza la guida di mio zio Theoden per il mio popolo, e senza tutti i valorosi soldati che abbiamo perduto.

Rivolgo lo sguardo ad oriente. Darei ogni cosa in mio possesso per godere della vista degli elfi e osservare da vicino l’esito delle battaglie, la marcia dei soldati…. Almeno in questo modo potrei sentirmi vicina a loro.

Il sole è sorto da poco. I suoi raggi caldi e luminosi sono un balsamo per me. Una delle poche cose, in verità, che ancora mi recano piacere.

Sospiro, godendo della sensazione di quel tepore sul mio viso, senza staccare gli occhi dall’orizzonte.

« Anche io vorrei poterli vedere. » dice una voce alle mie spalle. Sussulto per la sorpresa, ma non ho bisogno di voltarmi per sapere chi ha parlato.

Faramir di Gondor è ora accanto a me, come appena un giorno fa. Posso sentire la sua presenza rassicurante accanto a me, come un appiglio sicuro in caso di necessità. È una sensazione che mi è nuova, perché non ho mai cercato sostegno, né ne ho mai sentito il bisogno.

« So che mi sarebbe di conforto » rispondo io, chiedendomi, però come abbia fatto ad indovinare i miei pensieri. Ci voltiamo l’uno verso l’altro quasi contemporaneamente. Sire Faramir sembra pensieroso, ma sorride sempre. Anche ora. Come può un uomo come lui riuscire a sorridere in un’ora così buia? Dovrebbe soffrire della mia stessa melanconia.

« È normale desiderare ciò, mia signora. » annuisce scrutandomi il volto. Ha uno strano sguardo « Lo stesso provo io, osservando da lontano l’orizzonte e potendo fare affidamento solo alla mia immaginazione per indovinare cosa accade ai nostri. »

« Però non possiamo. » come mai ho parlato al plurale? Perché mi sono riferita ad entrambi?

Faramir allarga le mani in un gesto rassegnato d’impotenza « No, mia signora, non possiamo. » sospira « Ma questo non significa che non possiamo sentirci vicini a loro. »

Le sue parole sono così calme! Riesce a trovare qualcosa di rassicurante in ogni situazione. È un dono che non ho mai posseduto e che ricordo di non avere neppure mai potuto osservare.

« Credi che ci sentano, mio signore? » chiedo, incapace di non porgli quella domanda « Credi davvero che i nostri soldati, in battaglia, sentano che il loro popolo, Noi, riponiamo in loro la nostra fiducia? »

« Non dovresti saperlo, dama Eowyn? » mi domanda in risposta « Non sei forse tu andata in battaglia come i più valorosi degli uomini? »

« È vero, sire, ma quando scesi in battaglia, il mio cuore era altrove. Non avevo tempo di prestare attenzione a sensazione alcuna. »

Ciò che gli ho rivelato è la verità. Quello che però mi stordisce e mi lascia in confusione è il fatto stesso che glie lo abbia rivelato. Chi è lui, signore di Gondor, capace di indovinare i segreti pensieri del mio cuore?

Non posso che sentirmi priva di difese in sua presenza, eppure ciò mi causa rabbia e piacere insieme.

« Vogliamo camminare, dama Eowyn? » mi propone, facendo per primo alcuni passi. Lo seguo senza esitazione, guardando nei suoi occhi gentili. È un uomo molto strano, il sovrintendente di Gondor.

Facciamo molti passi in silenzio, ma io mi accorgo che molto spesso i suoi occhi indugiano sul mio volto e sulla mia figura. Indugiano gentili, curiosi, non impertinenti. Il suo è uno sguardo che pesa.

« Posso chiedere, mia signora? » domanda a voce bassa dopo alcuni istanti.

Mi volto verso di lui « Cosa, sire? »

« Mi domandavo, come mai porti i colori del lutto. » Possiede una disarmante sincerità. È una sincerità rispettosa, ma mi suscita lo stesso disagio.

Cosa mai potrei rispondere, se non la verità?

« La mia vita è stata un unico, intenso lutto. »

I suoi occhi diventano tristi « Anche la mia, dama Eowyn. Posso capire il tuo dolore. »

Stavolta sono io ad essere incuriosita dalle sue parole. Se ha chiesto di me a Merry, sono sicura che ha appreso anche le mie numerose perdite, ma lui? Chi mai avrà perduto, lui?

« Davvero, mio signore? »

« Si. » risponde senza vergogna o riservatezza « Mia madre, la cui morte fece quasi impazzire mio padre, mio fratello maggiore e mio padre stesso. »

« Tuo fratello sire? » gli domando.

Per un attimo i suoi occhi si velano di tristezza. È un momento che passa subito, ma non posso fare a meno di dispiacermene. Non avevao mai pensato di vedere gli occhi di quest’uomo, sempre così buoni e gentili, esprimere dolore.

« Si, mia signora. » si sta confidando con me. Quasi non posso crederlo, visto che so che io, probabilmente, non avrei fatto la stessa cosa con lui. No. Non lo avrei fatto di certo. « Avevo un fratello, che mi superava in età di cinque anni. Egli era il prediletto di mio padre, sire Denethor, ed era il soldato più nobile e valoroso di questa terra. Il Capitano della Torre Bianca. L’erede. Lo amavo molto e quando ci giunse la notizia della sua scomparsa, seguita, in seguito dal ritrovamento del suo corno, spezzato, una parte di me è morta con lui. » sospira profondamente « Boromir era il suo nome. Se lo avessi conosciuto, mia signora, sono certo che lo avresti ammirato. »

Continuiamo a passeggiare silenziosamente. Mentre raccontava quella triste storia, c’era davvero grande pena nella sua voce. Mi stupisce, quanto sia complessa e strana l’anima di quest’uomo. Quanti anni può avere? Trenta? Certo non più di trentatre. Eppure c’è grande saggezza nel suo cuore. Lo avrebbe detto anche il mio signore e zio, Theoden, se lo avesse incontrato.

« Sono certa che tuo fratello era un uomo valoroso, mio signore. » non posso fare a meno di dirlo. E forse, almeno un po’, lo penso. « D’altra parte, siete dello stesso sangue. »

Non so cosa mi abbia spinto a parlare in maniera tanto ardita, né faccio in tempo ad interrogarmi a riguardo, perché l’uomo che passeggia al mio fianco si volta verso di me e mi rivolge un sorriso aperto, sinceramente felice e commosso per il mio, seppure involontario, complimento.

« Mi rendi grande onore, dama Eowyn. » mi ringrazia « Ma temo che mio padre avesse ragione nel credere che fosse Boromir il figlio con maggiore coraggio. »

« Tuo padre, sire, ti amava certamente. Non confondere una predilezione, seppure sbagliata e distorta dalla follia, con la mancanza d’amore. » Ho sentito di ciò che è accaduto al vecchio sovrintendente. Deamna è stata davvero un’ ottima informatrice. Non che avessi espresso desiderio di conoscenza di questi fatti, ma ella, in buona fede e notando le attenzioni di sire Faramir verso di me, ha voluto che io sapessi.

Se prima le mie parole lo hanno fatto compiacere, ora egli è commosso. Vedo chiaramente le lacrime affacciarsi ai suoi occhi di tempesta, mentre mi guarda. Il suo sguardo, in questo momento, mi fa sentire piccola e insignificante, perché è carico di un sentimento grande quanto la stessa terra.

« Ti chiedo perdono, sire, se ti ho mancato di rispetto con le mie parole. » Non posso fare a meno di scusarmi.

Faramir si ferma e mi guarda, ancora commosso, begli occhi, intensamente.

« Mia signora, » la sua voce è grave, solenne, ma incredibilmente dolce « Le tue parole sono piene di saggezza, non comune in una fanciulla della tua giovane età. Mi hanno placato. Per questo ti ringrazio e ti sarò per sempre debitore. » È sincero. Posso vederlo. E sento le mie gambe tremare alla vista di un uomo della sua tempra sillabare quelle semplici parole. Che mi sta accadendo? Certo non posso essere io la fanciulla che rabbrividisce sotto il peso di uno sguardo, quando non teme né lancia né spada.

« Non parliamo di debiti, in quest’ora buia, sire. » dico io di rimando « Perché, in ogni caso, non siamo neppure certi che avremo modo di pagarli. »

Faramir si rabbuia un po’, ma presto ritorna sereno, la fronte ampia spianata e solcata da un’unica ruga orizzontale nel mezzo. Il suo è un volto amico. Non riesce difficile imparare ad amarlo.

Amore? In tutte le forme in cui ho avuto modo di rovarlo, ora è morto, dentro di me. Perché ho usato questa parola non so spiegarmi, ma non è il momento in cui interrogarsi su sciocchezze del genere.

« Il tuo braccio sta guarendo? » mi domanda premuroso e visibilmente interessato.

« Migliora, sire, ma ho paura che occorrerà ancora qualche giorno prima che possa tornare ad usarlo. » Avevo dimenticato, per un attimo, quanto il mio inutile braccio mi fosse di peso. Ma so che dalla realtà non si può fuggire. Né la fuga è un atto onorevole.

Il sovrintendente annuisce ed abbozza un sorriso comprensivo « È ovvio, mia signora. » dice pacato « Il tempo deve fare il suo corso perché le ferite si rimarginino. »

Un ombra scura mi attraversa lo sguardo, solitamente limpido « Ci sono ferite, Faramir di Gondor, che neppure il tempo può sanare. ».

Senza dubbio comprende che non sono le ferite di guerra quelle a cui mi riferisco. Lo so, perché si riaccende la pietà nei suoi occhi. Vorrei fuggire da quello sguardo. È la prima volta che desidero mettermi in salvo in questo riprovevole modo.

Il sapere, poi, che si tratta solo di uno sguardo, quello da cui voglio scappare, mi riempie di vergogna. Cerco di mantenere la calma, ma mi riesce difficile. Cosa mi ha fatto quest’uomo? Nessuno mai mi ha messo in difficoltà.

« Dama Eowyn, » la sua voce è troppo gentile. Troppo rassicurante e straziante. Pietà. Pietà anche nella voce. « Non essere triste, perché sei una fanciulla di grande coraggio e incredibile forza. » mi guardò più intensamente, sicuro e serio « Sconfiggerai il tuo dolore così come hai sconfitto il Nazgul. »

Non posso che restare muta davanti a tanta fiducia, a tanta ammirazione. Lo guardo a mia volta e, oltre alla pietà, scorgo una stranissima tenerezza. Lo sguardo che ha adesso è molto, molto simile a quelli che mi rivolgeva quando passeggiavo nel cortile ovest. Anche allora il suo sguardo pesava su di me.

« Non so se il mio destino è quello di sopravvivere all’Ombra. » sospiro.

« Invece si. » mi corregge con un improvviso impeto « Mia signora.. » continua, poi, più dolcemente. « Se il mondo degli uomini non è destinato a cadere, non sarà certo per il dolore che tu appassirai. »

« E dunque per cosa, uomo di Gondor? »

Sorride. Perché sorride se stiamo parlando della mia morte? Forse che trova l’oblio qualcosa di cui avere burla?

Se possibile, vedendo la mia incredulità, il suo sorriso si allarga « Tu morirai tra moltissimi anni, quando vecchia e stanca, sentirai che il tuo posto non è più in questo mondo. » non riesco a comprendere ancora le sue parole « Ti spegnerai quando l’amore di tuo marito sarà a confortarti, oppure egli ti osserverà insieme agli spiriti della tua stirpe.

E avrai molti eredi intorno a te, belli, fieri e splendenti come te, Bianca Dama. »

Non ho parole per rispondergli. Un futuro dl genere l’ho immaginato una sola volta in tutta la mia vita: quando speravo nell’amore di sire Aragorn.

Ma evidentemente, non è il futuro che mi aspetta.

« Come puoi dire questi, sire? »

Si stringe nelle spalle. « Semplicemente lo credo, mia signora. »

Continuiamo a camminare, senza parlare, rivolgendo sovente i nostri sguardi ad oriente. Eomer starà già combattendo? No, non credo. Ancora non è il momento.

Passano i minuti, lenti ed inesorabili e io non sento altro che non siano i miei sospiri malinconici. Sire Faramir, invece, sembra sereno anche ora. Non rimugina. Non è caduto preda della melanconia. Non lui. Che sia vero che non posso essere alla pari di un uomo? È per la mia natura di donna che sono in questo stato, ora?

« Mia signora? » mi chiama dopo un po’. « Vorrei farti una domanda. »

Mi volto a guardarlo. È una risposta sufficiente per lui, che prosegue.

« Non vorresti sedere al mio fianco, questa sera, quando gli uomini valorosi della terra di mezzo che si trovano qui si riuniranno al banchetto? »

Ricordo che mi è stata fatta già una volta una domanda simile. Ricordo anche di come ho rifiutato il suo invito, indispettita e forse offesa dai suoi sguardi tanto nuovo e strani per me.

« Già una volta mi hai chiesto ciò, sire. »

« È vero. Ma te lo chiedo ancora, dama Eowyn. » sorride ancora. Il suo aperto, irriducibile sorriso « E sta a te, ora decidere se rifiutare ancora »

Dunque non ha dimenticato. Però, come quando l’ho incontrato personalmente la prima volta, non mi incolpa né sembra messo a disagio dai miei rifiuti. Forse mi comprende più di quanto non sembri.

Vale la pena di tentare, allora. Me ne pentirò?

« Accetto, mio signore, e ti ringrazio. » chino il capo in segno di rispetto e di ringraziamento. Egli sorride, felice. Cosa mai avrò detto per causargli tanta gioia?

« Mi rendi felice mia signora. »

È come pensavo, allora. Da cosa di pende tanto entusiasmo? Stavolta, non so per quale motivo, l’istinto mi impone di non fare domande al riguardo.

Fatemi sapere se vi è piaciuto. Saluti e baci a tutti e in particolare a chi ha questa storia tra i preferiti.

Rue Meridian mi piacerebbe se mi facessi sapere che ne pensi.

  
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