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Autore: Marra Superwholocked    18/02/2014    3 recensioni
"Io ero letteralmente spiaccicata al muro, con gli occhi serrati e la bocca che lo imploravano di mettere giù quel coso dalla luce verde.
Poi quell'aggeggio finì di far rumore e potei finalmente riaprire gli occhi.
E fu lì che conobbi il Dottore."
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Companion - Altro, Doctor - 10, Nuovo personaggio, TARDIS
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Gli addi non esistono, per noi
PARTE 2

Mi avvicinai al bancone e ordinai una cioccolata calda al peperoncino. Sbottonai i tre bottoni del mio cappotto e tolsi la sciarpa tenendola sull'avambraccio. I pochi clienti lì intorno erano molto silenziosi e interessati ai fatti loro, quando un omone alla mia destra, di cui sarebbe stato un miracolo se gli avessero trovato delle gocce di sangue nell'alcol che gli circolava nelle vene, si girò verso di me col sorriso di un ebete e allungò una mano sulla mia coscia.
“Ehi, cosa ci fa una ragazza bella come te.. Qui, da sola?” Accompagnò le ultime parole con un'alitata di whisky economico e avvicinò i suoi occhi rossi e umidicci ai miei.
Vicino a noi sembrava non esserci più nessuno tranne il titolare, impegnato ad asciugare i bicchieri, e i piccioni che beccavano le foglie secche in cerca di cibo. Il tempo parve fermarsi e quei pochi secondi che passarono parvero durare minuti scanditi da un enorme gong nel silenzio di una montagna innevata.
Lui era ancora lì, con la sua sudicia mano sulla mia gamba, quando arrivò alle nostre spalle un uomo molto giovane, vestito elegante e dall'aria saccente. Con uno strano sorriso che creava una doppia fossetta sulla guancia contratta, sollevò la mano dell'ubriacone che, sbuffando alito puzzolente, se ne andò controvoglia trascinando i piedi.
La fase pre-panico era finita e cominciai a riavere una buona vista.
“Grazie” gli dissi stringendogli la mano.
“Di nulla, Elly.”


Capotto color cioccolata lungo fino alle caviglie, completo blu con tanto di cravatta e un paio di converse bordeaux: di certo il gusto nel vestire era molto simile.
Forse… era un po’ più sexy, ma giusto solo un po’. Emily non riusciva a togliergli gli occhi di dosso, mentre lui scrutava malinconico l’elenco dei caduti incisi su una lastra di marmo.
“È triste, non trovi?”
“Che cosa?”
“Il modo in cui bisogna venir ricordarti, ovvero quando si è morti. E’ una cosa che mi deprime.” La sua voce era così malinconica, intenta a sopprimere un brutto ricordo. La prova era nei suoi occhi lucidi prossimi a diventare rossi.
Per un momento Emily sembrò soffrire insieme a lui.
“Beh, pazienza” disse finito di leggere l’ultimo nome.
“Ad ogni modo, perché correvi? Qualcuno ti stava inseguendo?”
Un po’ imbarazzata, la ragazza abbassò lo sguardo a terra, intravedendo con la coda dell’occhio un sorrisetto compiaciuto su di lui.
“Beh, ecco… in realtà non volevo essere seguita.”
“Da chi? Dal biondino in giacca gialla fluorescente?”
“C-come fai a saperlo?”
L’uomo scrollò le spalle.
“Ho tirato ad indovinare. Se vuoi posso farti compagnia. Sto ancora aspettando una mia amica, ho un po’ di tempo.”
“Anche io sto aspettando qualcuno, ma mi sa che mi sono allontanata un po’…”
“Già, anche io. È strano fino a dove si può arrivare con la testa fra le nuvole.”
“Tu non sei di queste parti, vero?”
“Ebbene sì, non sono di Milano.”
“Sei scozzese?”
L’uomo fissò Emily con un sopracciglio inarcato. Era così buffo agli occhi della ragazza.
“Come fai a dire che sono scozzese?”
Questa volta, fu lei a scollare le spalle.
“Ho provato ad indovinare.”
I due si scambiarono due smaglianti sorrisi. Anche il suo sorriso piacque molto ad Emily. Un bel sorriso a trentadue denti, ma uno di quelli che le sembrava di aver già visto.
Possibile che lui…
“Come ti chiami?”
“Ehm… Emily” si avvicinò per stringergli la mano. “Emily Creek.”
“Oh, ma guarda, un cognome inglese!” L’uomo rispose con una stretta vigorosa. “Anche tu allora non sei di queste parti.”
“Mio padre è americano.”
“Ah, capisco. Bene, Emily Creek. Piacere di conoscerti, io sono-… ma, cosa..?!”
Un po’ bruscamente l’uomo ritirò la mano e la infilò nella giacca. Con gli occhi spalancati dalla tasca tirò fuori uno strano strumento simile ad una penna con una curiosa punta blu lampeggiante.
Emily trasalì quanto lui. Forse era un modello diverso o semplicemente non era quello che pensava, ma il ronzio era inconfondibile: quello tra le sue mani era proprio un cacciavite sonico.
“Ma… ma quello è…”
“Oh, lo sapevo!! Il segnale si è agganciato! È qui! Lui – o lei, non si sa mai- è qui!”
“Cos-… un momento, ma chi?”
“È un po’ difficile da spiegare, e sicuramente non capiresti, quindi tanto vale non farlo. Mi dispiace Emily, ma devo proprio scappare. Non mi deve sfuggire.”
Inaspettatamente Emily ricevette un bacio sulla fronte che la bloccò per almeno una decina di secondi, un tempo sufficiente per lui per poter girare un angolo.
“Ehi!! Aspetta!”
Ripresasi dallo shock, Emily lo rincorse.
“Dottore!”
Ma non fece in tempo. Quel Dottore era come svanito nel nulla.


Cosa?!, pensai. C'è solo un uomo che mi chiama così.
Momento, momento, momento.
“Dott-.. Dottore?!” sussurrai avvicinandomi al suo viso, diverso da quello che ricordavo. “Ma cosa..? Quindi, uno degli altri due Tardis è il tuo..” Ok, ma il terzo?
“Sono successe un po' di cose da quando ci siamo lasciati.” Mi fece l'occhiolino, poi si rabbuiò. “Mi ricordo perché sei qui. Non c'è alcuna possibilità che tu cambi idea?”
Feci cenno di no; era troppo importante. Sapevo a quali pericoli stavo andando incontro – non l'avrei più rivisto, probabilmente – ma ormai avevo deciso e di tornare indietro non ci pensavo nemmeno.
“È bello rivederti.” Tornò a sorridere e mi abbracciò. Aveva un odore diverso..
“Dove l'hai messo il cappotto?” gli chiesi quando sciolse l'abbraccio. “E come mai sei qui?”
“Mia cara Elly.. Nella vita, si cambia idea molte volte. E io sono parecchio duttile. Ehm.. Sono qui con degli amici. Sai, nuove avventure..” Il suo dolce farfallino metteva ancor più allegria sul suo visino angelico.
“Dottore?”
“Dimmi, Elly.” Mi guardò con lo sguardo più spensierato ed innocente che potesse esistere.
“Scusami. Intendo per quello che tra poco ti dirò.. Che ti ho detto..” Wow. “Detto o dirò? Che confusione..”
“Per me è passato; per te è futuro.” Una lacrima stava per farsi strada sulla sua guancia. “Tranquilla. Mi mancherai, è vero, ma la supererò. L'amicizia è una cosa importante.”
Aveva ragione: per me, Jenna è sempre stata importante e, nonostante la poca conoscenza di lei, l'ho considerata fin da subito come una sorella. Ciò che causò la rottura della nostra amicizia è paragonabile ad una minuscola crepa nell'immensità dell'universo.
“Qualche consiglio?”
“Parla col cuore. Apprezzo le persone sincere.”
Un ottimo aiuto. Per chi non ha un cuore freddo come il mio.
Nel riabbracciarlo, sentii che profumava di qualcosa di nuovo – crema, forse – ed era caldo, tremendamente caldo: non riuscivo più a staccarmi da quel calorifero. Mi accarezzò i capelli scompigliandoli appena, come farebbe un fratello maggiore, e io risposi bagnandogli tutta la spalla con lacrime che mi facevano bruciare gli occhi per il trucco che colava, colorandomi gli occhi come un panda. Un po' controvoglia, mi staccai dal Dottore col farfallino.
“Salutami Londra. E chiama se noti qualcosa di strano come cani che parlano o case che scompaiono, eh!” mi disse con un sorriso che non ammetteva repliche.
“Come farai a sapere che avrò bisogno di te?” È vero, c'era un telefono incorporato al Tardis; ma come avrei fatto a chiamarlo se fosse stato in tutt'altra epoca?
“Tranquilla: ovunque ci siano guai, prima o poi arrivo io! Non so come, ma è così.”
“Allora questo è un addio?”
“Probabilmente, per me sì. Ma tu mi parlerai nuovamente fra qualche istante” rispose inclinando la testa e, dopo aver dato uno sguardo al minuscolo orologio da polso, indicò un albero alla mia sinistra. “Guarda: sto per spuntare da là dietro. Ah” mi prese il mento per farmi girare la testa e guardarlo negli occhi; mi si avvicinò, naso contro naso, e il mio volto diventò come il sole al tramonto. Fortuna che lui ebbe l'accortezza di non dire nulla.
“Ricordati di non dirgli nulla di me. Digli che stavi parlando con.. il tuo ex fidanzato, ok?”
Con le gote in fiamme e la pelle d'oca perfino sul cuoio capelluto, annuii.
“Elly!” mi chiamò il Dottore col cappotto lungo fino alle caviglie. Mi girai; lui era ad una cinquantina di metri da noi. O meglio, da me.. Perché, quando mi girai nuovamente, l'altro lui non c'era più.


Assurdo. Quello era veramente… il Dottore? Ma non può essere! Insomma: era così… diverso! Ma anche così… simile.
Ad Emily le era passata la fame, come se il suo stomaco si fosse chiuso all’improvviso. Non le importava più della brioche al cioccolato, ne tanto meno di incontrare Jeremy (tanto era già uscito dal parco, lo aveva intravisto). L’unica sua premura era quello strano tizio con il cacciavite sonico: perché quello era un cacciavite sonico, e non c’erano dubbi. Forse era un suo amico, tentò, o suo fratello, o… un clone.
Frustrata, la ragazza si arruffò i capelli levandosi dalla testa quel cappotto, quel completo blu, tutto, finché non le rimase da dimenticare quel bacio sulla fronte. Una sfida.
“Ah! Non ci capisco niente! Al diavolo i viaggi nel tempo!”
“Lo sai che parlando così mi stai insultando pesantemente?”
La voce del Dottore spaventò Emily a tal punto che saltò lontano da lui di almeno un metro.
Da dove era sbucato? Come aveva fatto a non sentirlo arrivare?
“Ah! Dottore?!”
“Wo, calma Emi! Sì, sono io. In carne ed ossa, dal farfallino alle scarpe di pelle. Tutto bene?”
Un po’ sorpresa Emily si avvicinò al Signore del Tempo e iniziò a toccarlo con un indice.
“Sei… sei veramente tu?”
“Cos’è questo, un interrogatorio?”
“Mi è… successo qualcosa di strano un attimo fa.”
“Cosa? Hai visto qualcuno fico come me?”
“Non proprio, ma ti… assomigliava, credo.”
“Ed era più bello?”
“Forse.”
“Oi!”
“Tu piuttosto! Dove sei stato?”
Il Dottore tirò fuori dalla tasca della giacca un sacchetto di carta e lo agitò sotto il naso di Emily.
“Brioche al cioccolato. Come avevi chiesto. Gustatela fin quando è calda.”
La ragazza non se lo fece ripetere due volte e gli sfilò il sacchetto dalla mano. Al primo morso le sembrò di essere in estasi. Era davvero buona.
“Grazie, Dottore.”
“Di nulla. Bene, credo che ora dovremmo andare.”
“Di già?”
“Ho detto che facevamo uno spuntino e poi ripartivamo, no? Forza allora!”
“Ehm, Dottore?”
“Sì?”
“Ti potrà sembrare una domanda… un po’ sciocca, ma considerando il fatto che sei un alieno…” un boccone di brioche le si bloccò in gola. “per caso tu, puoi cambiare faccia?”
Stupito, l’alieno si voltò serio verso la ragazza rimanendo in silenzio. Si avvicinò a lei così tanto, che i loro nasi quasi si toccavano.
Emily si aspettò che le chiedesse il perché di quella domanda così all’improvviso, ma non accadde, sicché lui si limitò a sorriderle e a sfiorarle il naso con un indice.
“Ti racconto tutto sul TARDIS. Ora è meglio se andiamo. Tira una brutta aria, qui.”
Il Dottore prese per mano Emily e camminarono a passo sostenuto.
“Ehi, aspetta. Perché tanta fretta? È successo qualcosa?”
“Credimi. È meglio se non te ne parlo qui e ora.”
I due tagliarono per un parco giochi che brulicava di bambini, mentre poco più lontano da loro, il Dottore dalla giacca color cioccolata, cercava invano l’uomo da lui intravisto.


“Elly, tutto bene? Dov'è andato quell'uomo?” mi chiese il Dottore quasi correndo. Si era messo un paio di occhiali e studiava, con profonda concentrazione, lo spazio alle mie spalle.
“Dottore, tranquillo. Mi ha aiutata a liberarmi di un ubriacone. E poi.. era.. il mio ex.” Autoconvincimento, mode: ON.
“Mhm, va bene. Ma dimmi il suo nome, non si sa mai. Sembrava inglese.. Non è così?”
Oh, mamma. Oh, cavolo. “Sì, si chiama.. Joey.. Joey Turner.” Che fantasia...
“Ok, appuntato in mente.” Si toccò la tempia. “Cosa mi dovevi dire?”
Pericolo scampato. “Siediti.” Mi aveva detto di parlare col cuore. L'unico problema è che ho il tatto di un elefante.. Ma se ha detto che l'avrebbe superata, allora l'unico modo per dirglielo era essere me stessa.
Quando si fu seduto, cominciai a contorcermi le mani che sudavano come non mai. “Ammetto di non essere brava con le parole, specialmente per cose del genere, quindi ti chiedo subito scusa.”
Lui aveva già capito. “No, non pure tu, ti prego! Rimani!” I suoi occhi erano diventati come diamanti ambrati; si espose per prendermi una mano e stringermela forte.
“Oh, Dottore.. Non sai quanto mi piacerebbe. Ma non posso restare.”
“Invece sì! Saremo liberi di andare ovunque noi vogliamo; niente più lavoro per guadagnarsi da mangiare; niente bollette, niente stress, niente cose noiose che riguardano la vita monotona! Vieni con me, ti prego..”
Mi girai; non riuscivo a sopportare quella visione. “C'è una ragazza a Londra che aspetta le mie scuse. Da quasi sette anni. Devo tornare da lei, Jennifer mi aspetta.”
Lui abbassò lo sguardo in un silenzio straziante. “Permettermi di accompagnarti a Londra personalmente, almeno” mi implorò.
“No, vorrei fare tutto da sola. Dottore, tu hai già fatto molto per me, moltissimo.” Lui alzò lo sguardo; la bocca semichiusa con fiumi di lacrime che gli scorrevano fin oltre il mento. “Standoti vicino, ho imparato i valori dell'amicizia e quella pazza londinese mi manca da morire. Ho bisogno di mettere in piedi un discorso che le faccia capire che sono cambiata.”
“Allora questo è un addio?”
Mi venne da sorridere. Curioso, la mia stessa domanda. “Probabilmente, per me sì. Ma aspetta ancora qualche avventura e, vedrai, ci rincontreremo, senza preavviso, qui e oggi.”
Quello che avvenne dopo esserci salutati non voglio descriverlo. Posso solo dire che, ancora adesso, quando ci penso, mi viene la pelle d'oca alta come un palazzo..
Andai all'aeroporto con un taxi e comprai un biglietto per Londra; partii senza bagagli, quasi senza meta, ma non mi importava. Stavo tornando a casa. Dalla mia Jennifer.


NOTA DELL'AUTRICE
E' stato magnifico condividere con voi questa emozionante avventura! Vi ringrazio ad uno ad uno, nella speranza di avervi tenuto buona compagnia.
Vostra,
Tilena Girl.

   
 
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