I messaggi privati, le lettrici che hanno inserito la storia tra le seguite/preferite/ricordate, i complimenti per il capitolo... Insomma, GRAZIE.
Avrei voluto aggiornare a San Valentino, scenario temporale perfetto per un primo appuntamento, ma non ce l'ho fatta, quindi eccolo qui, ancora una volta è Bella che racconta, ma dal prossima tornerà il mio amato EJ.
Buona lettura!
Quattordicesimo Capitolo
THE DATE
Non
credevo che sarei stata così agitata. All’improvviso nulla mi sembra più al suo
posto. Il vestito è troppo stretto e, forse, troppo esagerato, le scarpe sono
troppo alte, il trucco troppo marcato. Avrei dovuto legare i capelli: il ciuffo
proprio non ne vuole sapere di stare al suo posto.
-
Dannazione!
Quando
il campanello suona per la seconda volta, mi fiondo nell’ingresso, rischiando
di inciampare sui trampoli e cadere per terra!
Calma, Bella…
calma.
Faccio
un respiro profondo e apro la porta.
Ogni
dubbio sul mio aspetto scompare nell’istante esatto in cui vedo l’espressione
di EJ. I suoi occhi sono quasi sgranati e la bocca è dischiusa non solo per lo
stupore, credo, ma anche per un saluto probabilmente bloccato sul nascere.
- Ciao
– dico io al suo posto.
-
Ciao – soffia lui in un sussurro appena percepibile, che mi strappa un sorriso.
Il suo sguardo continua a scivolarmi addosso, dalla testa ai piedi, così
intensamente che d’istinto porto le mani sui fianchi per sentire la stoffa del
vestito.
Ok, ce l’ho!
Mi
scosto da un lato, sperando che lui colga l’invito ad entrare, ed infatti fa un
passo avanti, mentre con l’indice si accarezza il labbro inferiore quasi a
voler celare il suo splendido sorriso sghembo.
Il
modo in cui ha fissato gli occhi sul mio corpo mi sta rendendo nervosa, ma in
un modo inaspettatamente piacevole. Sento il sangue affluire alle guance e
scorrere frenetico martellandomi le tempie, sento la gola secca ed il calore
irradiarsi in posti che in questo momento dovrebbero starsene tranquilli.
-
Prendo giacca e borsa e sono pronta – dico d’un fiato, girandomi svelta nel
tentativo di sfuggire al suo sguardo, raggiungere la mia stanza e
disintossicarmi un po’ dalla sua presenza.
- Non
così in fretta, Swan.
EJ
afferra con decisione il mio gomito e, senza rendermene conto, mi ritrovo
incastrata tra le sue braccia. Il suo corpo troneggia sul mio obbligandolo a
piegarsi all’indietro. Dal fianco una mano risale sulla schiena, lentamente. Lo
sento indugiare sulle stecche del corsetto e, in quell’attimo, mi sembra quasi
che i suoi occhi si facciano più scuri, prima di circondarmi la nuca e spingere
gentilmente la mia testa in avanti, finché le nostre labbra sono ad un soffio
le une dalle altre. La sua presa è salda ma gentile, il suo sguardo cupo è
fisso sulla mia bocca dischiusa, il respiro regolare e profondo soffia sulle
mie labbra un delizioso sapore di menta e di EJ. Lo inspiro avidamente senza
nemmeno cercare di celare il ritmo sovraeccitato del mio. Ma la sua apparente
calma è tradita dall’ipnotizzante movimento del pomo di Adamo, che cerco di
fissare per evitare i suoi occhi.
- Sei
una visione, Isabella Swan – mi sembra di sentire prima che la sua bocca prema
sulla mia.
A
dispetto delle premesse, il bacio che ci scambiamo è dolce e lento. Le nostre
lingue si accarezzano e si riconoscono dopo quelli che sembrano giorni, mesi,
anni di lontananza. Riesco a liberare le braccia, sollevandole e circondandogli
il collo. EJ detta il ritmo di questo bacio ed il mio capo lo asseconda come se
fosse la cosa più naturale nel mondo. Risalgo con le dita sulla nuca,
intrecciandole ai suoi morbidi capelli, che sento ancora umidi. Basta questo a
scuotermi violentemente in un brivido di eccitazione amplificato dalla
pressione che la sua mano esercita alla base della schiena e che consente al
mio corpo di aderire completamente al suo.
-
Swan – protesta, staccandosi leggermente.
Un
gemito di piacere e di frustrazione mi sfugge e le dita si stringono attorno
alle ciocche morbide dei suoi capelli per spingerlo nuovamente su di me.
-
Swan!
-
COSA?!
Il
tono quasi irritato della mia risposta sorprende entrambi. EJ mi guarda e dopo
un po’ sorride scuotendo la testa.
- Che
devo fare con te, piccola Swan?
-
Potresti continuare da dove ci hai interrotti un attimo fa – dico
maliziosamente, salutando il mio, ormai perduto, senso del pudore.
A proposito
della capacità di intendere e di volere…
- Ho
fatto una promessa, Bella, e si sta facendo tardi. Ti aspetto fuori… all’aria
aperta. – Aggiunge le ultime due parole a denti stretti, quasi fosse
un’imprecazione.
Una promessa?
Che promessa? A chi?
Pensierosa,
vado in camera, prendo la mia giacca, la borsa e lo raggiungo, incuriosita
dalle sue parole.
- Ti
ho già detto che sei stupenda stasera?
- Più
o meno – rispondo con sufficienza, facendolo sorridere. Ed è uno di quei rari,
spontanei e bellissimi sorrisi mozzafiato. – Anche tu lo sei – dico sincera,
notando come l’aggettivo “stupendo” non si addica neanche lontanamente al suo
aspetto.
I
capelli sono spettinati ad arte, e forse io ho contribuito giusto un po’, più
scuri, perché umidi, la pelle del viso è liscia, perfettamente rasata, le
labbra rosse e piene per il bacio che ci siamo appena scambiato e infine quello
sguardo a tratti cupo e tormentato, a tratti stupito ed eccitato, che mi lascia
spesso e volentieri senza fiato.
Indossa
un completo scuro dal taglio perfetto e l’aria costosa. La camicia aderisce
così bene al suo torace che mi è facile, troppo facile, immaginare le linee dei
suoi pettorali. E, per completare il tutto, i primi due bottoni sono slacciati
ed il contrasto tra il grigio scuro ed il pallore della pelle è un invito a
scoprire, centimetro dopo centimetro, tutto il suo corpo.
-
Andiamo? – EJ mi circonda la vita con un braccio, spingendomi gentilmente verso
il taxi che ci attende davanti al cancello. Non mi ero nemmeno accorta che ci
fosse e mi sento immediatamente in colpa per tutto il tempo in cui il
tassametro ha girato.
Con
un gesto fluido, EJ mi apre la portiera e, tenendomi per mano, mi accompagna
all’interno dell’abitacolo. Velocemente, fa il giro della macchina e prende
posto accanto a me, sporgendosi in avanti per comunicare la destinazione al
tassista. Distratta dalla sua mano che si è riappropriata della mia e del suo
pollice che mi accarezza le nocche, non riesco a capire l’indirizzo, ma non
m’importa, siamo insieme e questo è il nostro primo vero appuntamento.
EJ
stringe la mia mano e, in certi momenti, ho come l’impressione che lo faccia
per accertarsi che io sia davvero accanto a lui, in carne e ossa.
Stringo
la sua per rassicurarlo e lui si volta verso di me, sfoggiando il sui splendido
sorriso. Mi scosta una ciocca di capelli dalla fronte e appoggia le labbra alla
mia tempia, inspirando forte e posandovi poi un delicatissimo bacio.
La
tensione di prima si è sensibilmente attenuata ed ora aleggia una sensazione di
dolce tranquillità. Ed è sempre così con lui: un attimo prima vengo
attraversata da una scarica di corrente elettrica e l’attimo dopo mi sento come
pervasa da un senso di tranquilla soddisfazione. Non so per quanto riuscirò a
reggere questo scompenso emotivo. Mi sembra di stare sulle montagne russe senza
cintura di sicurezza.
- A
che pensi? – mi chiede d’un tratto.
- È
strano…
-
Cosa? – Il suo tono è quasi allarmato.
-
Tutto questo. Noi due – gli rispondo, volutamente vaga, tenendolo sulle spine.
- Mh…
- mugugna. Il suo viso si adombra all’istante. Stasera EJ è più pensieroso del
solito, spero che non sia successo nulla di grave. Mi pento immediatamente di
averlo impensierito e cerco di rimediare.
- Sì,
è così… stranamente naturale.
Anche
se siamo praticamente al buio e non posso vederlo distintamente, so benissimo
che l’espressione adesso è più distesa. Lo so perché è ciò che succede ogni
volta che mi capita di rassicurarlo, quando scaccio via qualche suo dubbio,
quando gli do, anche involontariamente, la conferma che in questa cosa siamo in
due.
-
Dove stiamo andando?
- Non demordi, eh? Tra poco lo vedrai, è una
sorpresa.
- Un
indizio?
- No,
siamo quasi arrivati – risponde brusco.
-
Solo uno, daiiii… - insisto con la voce un po’ lamentosa.
- Non
m’incanti Swan. Non sei più una bambina – mi rimprovera scherzosamente. Poi lo
sento avvicinarsi, sento le dita sfiorarmi i capelli e portarli dietro
l’orecchio, sento le labbra calde lambirmi il lobo e dopo un attimo sussurrare
piano: - E per quanto fossi una bimba deliziosa, non potrei essere più contento
che tu sia cresciuta.
La
voce roca ed il modo tutt’altro che innocente di pronunciare quelle parole mi
strappano un gemito che riesco a malapena a trattenere. Il tassista mi lancia
uno sguardo dallo specchietto retrovisore ed io vorrei scomparire per
l’imbarazzo. Non è normale il modo in cui il mio cuore reagisce a lui, il modo
in cui il mio corpo si accende ad un suo sguardo, ad una parola, una carezza.
Anche adesso che si è allontanato, non posso non pensare alla mia mano stretta
nella sua e posata sulla sua coscia, e non basta il sottile tessuto del
pantalone a celarmi la consistenza marmorea dei suoi muscoli, che suggerisce
alla mia, facilmente stuzzicabile, immaginazione scenari non proprio casti.
Improvvisamente
l’abitacolo si fa troppo piccolo e affollato, mi sento inquieta, agitata e
vorrei scendere per respirare un po’ di aria fresca, prima di fare o dire
qualcosa di inopportuno.
-
Eccoci – esclama EJ, mentre il taxi rallenta. Sembra quasi aver percepito il
mio disagio. Spesso ho l’impressione che quest’uomo possa leggermi nel
pensiero.
Scuoto
la testa, pensando che quello che vi leggerebbe lo farebbe scappare a gambe levate.
- Ci
sei piccola Swan?
È già
sceso dalla macchina e mi tende la mano per aiutarmi ad uscire. I suoi occhi
brillano e posso leggervi un’emozione
intensa, nuova. Da quando ci siamo ritrovati, non l’ho mai visto così. Sorride,
ma si vede che è agitato, nervoso. Lo sono anche io, ovviamente, ma è come se
ci fosse qualcos’altro.
Afferro
la sua mano con decisione e lascio che mi accompagni all’esterno.
Mi
guardo intorno perplessa e forse anche un po’ delusa. Il suo abbigliamento mi
aveva suggerito una meta elegante e invece ci ritroviamo in una stradina
piuttosto buia, di fronte ad una tutt’altro che rassicurante porticina in
legno, sovrastata da un’insegna con intagliato il nome del locale: The Greazzly
Bear… un pub.
EJ
non si accorge della mia perplessità o forse fa finta di non accorgersene, apre
la porta e mi circonda la vita invitandomi ad entrare.
Ci
ritroviamo in una sorta di anticamera, completamente in legno e ben illuminata,
di fronte a noi una bellissima ragazza bionda, seduta dietro un tavolino
dall’aspetto antico e costoso, e alle sue spalle una porta a due ante con i
vetri riccamente intarsiati.
Ok,
forse ho giudicato questo posto troppo in fretta.
-
Edward! Da quanto tempo… Che bella sorpresa vederti qui.
E questa che
vuole?
-
Buonasera Irina. È un piacere anche per me rivederti. Possiamo entrare? Abbiamo
un tavolo.
- Ma
certo. Allora sei tu il “per due” che mi ha segnato Emmett sulla lista.
Siamo NOI il
“per due”…
- Chi
lo avrebbe mai detto – aggiunge con quel tono starnazzante che comincia a darmi
sui nervi. – E buona serata – conclude aprendo la porta.
Il
“grazie” acido che vorrei pronunciare mi muore sulle labbra quando entro nella
sala. Definire questo posto “pub” è assolutamente riduttivo, ma in effetti non saprei
quale altra parola utilizzare.
Il
parquet scuro, levigato e lucido continua sulle pareti con assi di legno dello
stesso colore fino a metà altezza ed il resto del muro è rivestito da
un’elegante carta da parati satinata di una splendida e raffinata tonalità di
avorio. La sala è strutturata su diversi livelli, ai quali si accede grazie a
due o tre scalini e ogni mini ambiente è suddiviso da una sorta di balconata
che forma un piccolo privée . La luce di deliziose lampade in stile liberty è
calda e soffusa e conferisce all’ambiente un aspetto ricercato e country allo
stesso tempo.
Sulla
sinistra vi è un lungo bancone in perfetto stile saloon, dove alcune persone
sedute su alti sgabelli sorseggiano i loro drinks, probabilmente aspettando che
si liberi un tavolo.
In
fondo alla sala una jazz band suona intrattenendo i clienti e la musica si diffonde
piacevole e tutt’altro che assordante.
- Ti
piace? – mi chiede EJ, visibilmente emozionato.
-
Tantissimo – rispondo entusiasta. Ed è la verità. Non mi sarei mai aspettata un
posto del genere ed è stato amore a prima vista. Adoro la fusione di stili e la
ricercatezza dei dettagli e sono anche un po’ invidiosa, perché è quello che
vorrei ottenere nella mia libreria.
Seguo
EJ fino al nostro tavolo. La posizione e il biglietto con su scritto
“RISERVATO” mi suggerisce non solo che conosca già questo posto, ma che conosca
molto bene anche il proprietario. Magari è quell’Emmett nominato prima dalla
bionda.
Un
cameriere ci raggiunge e prende in consegna le nostre giacche. EJ mi fissa per
un attimo, prima di invitarmi a sedere, allontanando la sedia dal tavolo. Nonostante,
piano piano, mi stia abituando alle sue attenzioni, ogni volta che compie un
gesto come quello di poco fa mi sento lusingata.
Mi
siedo e traggo un sospiro di sollievo, quando mi rendo conto che nonostante il
corsetto non faccio nessuna difficoltà. Quando anche lui prende posto, non lo
fa come ci si aspetterebbe, considerando il modo in cui è apparecchiato il
tavolo, non si siede di fronte a me, ma accanto, spostando rapidamente le
stoviglie e allungando subito dopo la mano verso di me, il palmo aperto in un
chiaro invito. Senza esitare, poggio la mia mano sulla sua, le nostre dita si
intrecciano, posso sentire il calore della sua pelle, e, quando se la porta
alle labbra, posandovi un bacio, posso sentirne la morbidezza.
La
candela sul tavolo proietta sui nostri volti giochi traballanti di ombre e le
ciglia di EJ appaiono ancora più scure, mettendo in risalto i suoi occhi verdi
e profondi, fissi su di me da quando ci siamo seduti.
- Sei
una visione, piccola Swan. E sei deliziosa quando arrossisci così.
Ed io
vorrei rispondergli che non sto arrossendo, sto letteralmente andando in
autocombustione, ma riesco a malapena a sussurrare un “grazie”.
Ma
complimenti Isabella Swan! Hai lasciato a casa la perspicacia. Accanto
all’autocontrollo.
Quando
il cameriere torna con l’acqua, i menu e la carta dei vini, le nostre mani si
separano. Mi scopro inaspettatamente assetata e quando faccio per prendere la
bottiglia, EJ mi precede riempiendomi il bicchiere.
Chiudo
gli occhi mentre sento scivolare giù l’acqua fresca, attenuando leggermente la
sensazione di calore che ho dentro. Ma quando li riapro, trovo nuovamente lo
sguardo di EJ fisso su di me, sul volto un’espressione indecifrabile, ma che ha
il potere di farmi rabbrividire, di farmi sentire completamente nuda. Nel senso
letterale della parola. E mi fa paura.
-
Smettila – gli dico, cercando di sembrare minacciosa. In realtà la voce mi esce
a stento, decisamente più acuta di quello che avrei voluto.
- Di
fare cosa?
- Di
fissarmi in quel modo!
- E
perché mai? – mi chiede, sfoderando il suo sorriso irriverente.
-
Perché… - abbasso gli occhi, mordendomi le labbra. Non riesco a sostenere
quello sguardo.
-
Perché? – mi esorta.
-
Perché… se mi guardi così…
- Sì?
-
Cioè, magari ti accorgi…
Che sei una
deficiente!
- Mi
accorgo di cosa, Swan? Puoi guardarmi per favore?
Senza
sollevare la testa, alzo lo sguardo e mi ritrovo inaspettatamente il suo viso
più vicino di quanto pensassi. Mi faccio coraggio e, d’un fiato, gli rispondo.
- Ti
accorgi che… che sono brutta, che non ti piaccio e chenonnevalelapena!
Patetica!
Le
dita di EJ mi sollevano il mento, dolcemente e, senza nemmeno avere il tempo di
rendermene conto, la sua bocca è sulla mia, calda, morbida, e tutto il resto
scompare in un attimo. Le labbra si schiudono leggermente e sento la sua lingua
che mi accarezza piano, che segue il contorno delle mie, cerco di schiuderle
anche io, morendo dalla voglia di approfondire il contatto, ma EJ si blocca
immediatamente, allontanandosi un po’.
-
Ferma Swan.
E
allora rimango lì, immobile, mentre lui continua per un tempo indefinito la sua
deliziosa tortura. Chiudo gli occhi ed inspiro il suo profumo avvolgente mentre
lui mi ricopre la bocca di baci, ancora, ancora e ancora…
-
Hem…
EJ
interrompe bruscamente il contatto e sto per sporgermi in avanti quando tutto
riacquista forma, definizione e colore e noto un’ingombrante presenza vicino a
noi. Il tempo di darmi un contegno e lo vedo alzarsi per salutare con un
abbraccio e varie energiche pacche sulla spalla colui che ha interrotto uno dei
momenti più belli della mia vita.
Non so chi
sei, ma già ti odio!
-
Bella, lui è Emmett, il proprietario. Emm, lui è Isabella.
-
Piacere Isabella – dice stringendomi vigorosamente la mano. Un po’ troppo
vigorosamente.
-
Puoi chiamarmi Bella, piacere mio – dico massaggiandola.
- Oh,
Bella… scusami. Comunque… Benvenuta al
Grear. Permettimi di offrirti dello champagne. È la prima volta che Edward
porta qualcuno qui. È un evento.
-
Grazie, ma non credo che…
-
Tranquilla! Non so cosa ti abbia raccontato lui – dice sporgendosi verso di me
e indicando EJ con il pollice – ma qui siete a casa. Edward è di famiglia,
anzi, dovreste venire più spesso. Ho l’impressione che tu sia molto imp…
- Emm
– lo interrompe EJ – basta così. La stai mettendo in imbarazzo con le tue
chiacchiere. Il suo tono è forse troppo duro e in realtà non ero affatto in
imbarazzo. Ma probabilmente lui sì, tanto che la sua espressione è cambiata,
sembra preoccupato, e ha distolto lo sguardo da me.
-
Scusami Bella – dice mortificato Emmett – Rosalie dice che mi faccio cogliere
da diarrea verbale.
La
risata che gli sfugge è contagiosa e mi ritrovo a sorridere a mia volta.
-
Avete avuto modo di dare un’occhiata al menu?
Ops, parlare di diarrea non è stata una scelta felice, eh?
- No,
non ancora – risponde EJ, con un tono più calmo rispetto a prima. Prende posto,
di nuovo, vicino a me e mi passa il menu.
- Vi
consiglio di passare direttamente ai primi, sono la mia specialità… E poi, ho
visto che Edward ha già consumato il suo antipasto, eh ragazzone?
Oddio
che vergogna! Vorrei sprofondare qui, adesso. Certo, potevo pensarci prima che
EJ facesse l’amore con la mia bocca in un luogo pubblico! Ma che cosa mi è
preso?!
Guardiamo
il lato positivo: la battuta di Emmett ha definitivamente sciolto la tensione.
EJ gli ha rivolto uno sguardo assassino ed il suo amico ha risposto con un
pugno sul braccio.
Hanno
continuato a rimbeccarsi per un po’ ma alla fine , con molta professionalità e
competenza, Emmett ci ha aiutato a scegliere le portate ed è andato via con la
nostra ordinazione.
Nel frattempo
la jazz band ha smesso di suonare, il palco è stato sgombrato
dagli strumenti ed ora è occupato da un meraviglioso pianoforte
a coda, nero, lucido, posizionato proprio di fronte al nostro tavolo.
Quando lo hanno portato, ho visto un guizzo di entusiasmo negli occhi
di EJ e da allora il suo sguardo si sposta frenetico dallo strumento a
me, continuamente.
- Hey, sono gelosa! - gli dico all'ennesima occhiata.
Il
sorriso divertito che gli nasce sul volto lo rende ancora più
affascinante e non posso fare a meno di guardarlo, rapita dalla sua
bellezza, chiedendomi, ancora una volta, cosa ci veda in una ragazza
ordinaria come me.
- È un Baldwin personalizzato - sussurra con aria sognante.
Anche
se non ho la minima idea di cosa voglia dire, penso che, in effetti,
è splendido ed i riflettori emanano una luce calda che lo fa
apparire ancora più imponente e lussuoso.
- Insomma, non ci sono paragoni... - dico, un po' per provocarlo, un po' perché lo penso veramente.
-
No - dice subito serio, guardandomi negli occhi. - Non ci sono
paragoni! E se stai cercando di irritarmi con queste stupidaggini
stasera Swan, beh, ci stai riuscendo. Quindi, smettila!
I
suoi occhi mi guardano così intensamente e posso leggervi
così distintamente il rimprovero, che, ancora una volta, abbasso
lo sguardo.
-
Non so che idea distorta tu abbia di te stessa, ma sappi che è
sbagliata. - Adesso il suo tono è più accomodante e
gentile. - Ora ti confesso una cosa, stammi a sentire... Se fossimo
rimasti cinque minuti di più su quel taxi, avrei dovuto prendere
a pugni il tassista, perché smettesse di lanciarti quelle
occhiate dallo specchietto. E quando siamo entrati qui dentro, non
c'è stato un solo uomo che non si sia voltato a guardarti.
Fa una pausa e lo vedo deglutire e stringere le labbra.
-
Sto odiando quel dannato vestito ed il modo in cui mette in risalto il
tuo corpo. Mi sta facendo impazzire. Mi sto trattenendo dal toccarti,
dall'accarezzarti. Vorrei sfiorarti i capelli, le guance, accarezzarti
le braccia, ma non lo sto facendo perché ho paura di non
riuscire a trattenermi e non è né il momento né il
luogo. Quindi, Swan, smettila o sarò costretto a dimostrarti che
ti sbagli... E penso che Emmett mi caccerebbe a calci.
Sento
il cuore esplodere nel petto. Nessuno mi aveva mai parlato così
prima d'ora. Mi sento terribilmente in imbarazzo, ma anche lusingata,
emozionata... eccitata.
La sua mano, calda e rassicurante, mi avvolge una guancia.
- Sei bellissima - sussurra prima di posare un bacio sulle mie labbra. Leggero, dolce, appena accennato... meraviglioso.
Quando
si allontana lentamente da me, riesco a non distogliere lo sguardo ed a
pronunciare un timido "grazie". Soddisfatto, EJ torna composto sulla
sua sedia, pochi attimi prima che un cameriere ci porti i nostri
piatti: ravioli ai funghi per me e tagliatelle al tartufo per lui,
fumanti, profumati. Mi sporgo verso il piatto ed inspiro chiudendo gli
occhi.
- Buon appetito! - diciamo nello stesso momento, e la cosa fa sorridere entrambi.
Infilzo
un raviolo con la forchetta, cercando di raccogliere anche un fungo e
un po' di salsa, e lo porto alla bocca. Comincio a masticare e quando
il sapore si sprigiona sul palato non posso fare a meno di chiudere gli
occhi. È paradisiaco. Non credo di aver mai mangiato nulla di
così buono in vita mia.
- Wow! EJ, è... delizioso!
- Posso? - mi chiede puntando il piatto con la sua forchetta.
- Ma certo! - rispondo fin troppo esaltata dall'idea di condividerlo con lui.
Come fa ad essere sexy anche quando mastica?!
-
Hai ragione, è ottimo. Dovrò fare i complimenti ad
Emmett. - Dice alzando gli occhi al cielo e facendomi ridere. - Non che
mi alletti l'idea di gonfiare ulteriormente il suo ego. Eravamo tutti
abbastanza scettici quando ci disse che avrebbe voluto aprire un locale
e occuparsi personalmente della cucina.
Tutti chi? Quando?
Vorrei
chiedergli un sacco di cose, ma è raro che EJ parli di sé
e lo faccia di sua iniziativa, quindi me ne sto buona ad ascoltare.
-
Anche questo piatto, sai? - continua indicando il suo - È stata
una sfida per lui. Esme lo aveva mangiato in un ristorante in Italia e
non faceva che parlarne, allora lui si è messo in testa che
sarebbe riuscito a prepararglielo uguale. E devo dire che c'è
riuscito. O almeno credo - conclude, continuando a mangiare le sue
tagliatelle con gusto.
- Chi è Esme?
La sua espressione mi fa capire che non ho solo pensato la domanda, ma devo avergliela fatta ad alta voce.
Stupida Bella!
- Esme è la mamma di Emmett.
La sua voce ha perso la spontaneità di prima, ma è comunque tranquilla.
-
Vuoi assaggiare? - cambia discorso. Ci sono alcuni argomenti difficili
da affrontare con lui, è facile capire quando ne abbiamo toccato
uno, come in questo momento, e mi riprometto di fare più
attenzione in futuro.
- Sì, certo. - Cerco di mascherare la delusione.
EJ arrotola le tagliatelle con la sua forchetta e, prima di imboccarmi, mi invita a bere un po' di vino, per togliere dalla bocca il sapore dei funghi porcini.
In
realtà non dovrei, sono completamente astemia, ma la bottiglia
che ha ordinato costa ottanta dollari e non mi va di sprecarla.
Il primo sorso scivola dritto dietro la nuca, il secondo mi inumidisce
gli occhi. Decido di non osare con il terzo, sperando che il cibo
tamponi questa sensazione di stordimento.
- Apri la bocca - mi invita prima di avvicinare il boccone alle mie labbra.
Non
so se sia per il vino, per il tono con cui ha pronunciato quelle
parole, per il gesto così confidenziale o per il modo in cui mi
guarda aspettando la mia opinione, ma sento un brivido caldo lungo
tutta la schiena.
Il fatto è che non riesco nemmeno ad esprimerla la mia opinione
perché EJ poggia le labbra sulle mie con dolcezza, per un attimo
troppo breve prima di allontanarsi.
Ma stavolta non sono pronta a lasciarlo andare, così mi sporgo in avanti e ritrovo la sua bocca che si schiude all'istante. Le nostre lingue si incontrano, finalmente, i nostri respiri affannati si confondono. Sento le dita di EJ che mi sfiorano la guancia e mi accarezzano fino ad affondare nei capelli e spingermi dolcemente verso di lui per approfondire il bacio.
È
il paradiso. Baciare EJ è il paradiso. Scoprire che vuole
ciò che voglio io è esaltante. Ed in questo momento
vorrei che tutto scomparisse e che rimanessimo solo noi.
Ma non è così e per fortuna ce ne ricordiamo.
Ok, lui se lo ricorda.
-
Swan, stai rendendo la serata più difficile di quello che
pensassi. Mangiamo, altrimenti diventa freddo. A Emmett prenderebbe un
colpo se rimandassimo i piatti pieni in cucina.
Continuiamo
a cenare mentre discutiamo dei lavori alla libreria. Ci sono alcune
cose di cui non possiamo occuparci e saremo costretti a chiamare un
professionista. L'impianto elettrico va rivisto, i vecchi mobili vanno
restaurati e già tremo se penso alle spese.
Consumiamo il secondo in silenzio, un ottimo pollo con spinaci e
scaglie di grana insaporito con salsa di soia. Gustiamo la pietanza
beandoci l'uno della presenza dell'altra.
- Era tutto di tuo gradimento, Bella? - Quando i piatti sono ormai vuoti, Emmett si avvicina al tavolo per sparecchiare.
- Sì Emmett, grazie. Era tutto squisito, tutto perfetto. Complimenti davvero.
- Oh, grazie a te. Edward? - I due si scambiano uno sguardo complice.
-
Sì, arrivo. Bella, - dice EJ, spostando lo sguardo dal suo
amico, che si allontana, a me - ti dispiace aspettare un po' per il
dessert?
Cerco di decifrare lo sguardo di EJ, ma è impossibile, come al solito. Comincio ad avvertire una certa tensione.
- No, certo che no. Che succede? Tutto ok?
-
Sì - risponde alzandosi e sorridendo. - Torno subito - conclude
stampandomi un bacio sulla guancia, prima di darmi le spalle e andare
via.
Sbatto le palpebre leggermente frastornata. Mi guardo intorno per cercare di capire cosa sia potuto succedere, ma non c'è nulla che mi dia un indizio.
Improvvisamente
la musica di sottofondo si interrompe e le luci si abbassano. Tutta la
sala è nella penombra ad eccezione del palco, su cui due fari
illuminano il pianoforte.
Il cuore comincia a battere all'impazzata quando lo vedo prendere posto sullo sgabello.
Il locale è silenzioso e lo sguardo di tutti i commensali
è rivolto al bellissimo ragazzo dai capelli ramati seduto al
pianoforte.
Sono emozionata, sono orgogliosa, sono agitata. Non posso credere che EJ abbia organizzato tutto questo... per me. Non posso credere che tra un po' lo sentirò suonare di nuovo.
Mi mordo le labbra impaziente. I suoi occhi sono fissi sui tasti e posso vedere la sua agitazione da qui.
Vedo il torace sollevarsi e abbassarsi velocemente. Troppo velocemente.
- EJ... - sussurro. Ma purtroppo non può sentirmi.
I secondi passano, si trasformano in minuti e lo sguardo di EJ è ancora fisso sullo strumento.
Nella
sala si sollevano bisbigli, la gente comincia a mostrare segni di
insofferenza. Mi guardo intorno e, vicino al bancone, vedo Emmett, i
pugni stretti e l'espressione cupa, quasi minacciosa.
Quando fa un passo verso il palco, viene fermato da una donna che lo
afferra per un braccio. Lui scuote la testa e torna a fissare EJ,
impaziente.
La donna vicino a lui è di una bellezza d'altri tempi. Sul viso
a cuore è disegnata un'espressione di tenera preoccupazione ed i
suoi occhi lucidi brillano nella penombra della sala. Ha un fisico
asciutto e l'abito elegante mette in risalto la figura sinuosa. I
capelli, che ricadono in onde perfette sulle spalle, sono castani ma
riesco ad intravedere riflessi color caramello.
Il modo in cui guarda EJ mi impensierisce. Non mi dà fastidio,
no, ma è come se fosse un legame che non riesco a capire.
Inaspettatamente Emmett fa un cenno verso di me e la donna si volta a
guardarmi. Mi sorride e per un attimo vorrei abbassare lo sguardo e
fare finta di niente, ma non lo faccio e le sorrido timidamente anche
io.
Un
fischio cattura la mia attenzione, proviene da un tavolo al centro
della sala, è rivolto ad EJ e mi fa venire voglia di alzarmi e
andare a svuotargli il bicchiere sulla testa. Cafone!
Anche EJ ha sentito e ha sollevato lo sguardo dalla tastiera,
rivolgendolo alla sala, come se stesse cercando qualcosa. Come se
stesse cercando qualcuno. Nel momento esatto in cui lo trova, la sua
espressione si distende e vedo le labbra piegarsi in un timido
sorriso.
È lei. EJ stava cercando lei. È avanzata di qualche passo, per farsi vedere meglio, e sorride, con un'espressione dolce e fiduciosa.
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Spero di non aver deluso le vostre aspettative, al prossimo capitolo,
Miki