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Autore: Laylath    19/02/2014    4 recensioni
Eppure a guardare più da vicino i ragazzi di quella realtà, ci si sarebbe accorti che le loro esistenze non erano così scontate: i piccoli grandi problemi dell’infanzia e dell’adolescenza a volte andavano ad intrecciarsi con situazioni difficili, dove spesso il legame con un amico fidato era la cosa migliore per poter andare avanti.
E spesso le persone più impensabili stringevano un forte legame tra di loro per uno strano susseguirsi di eventi, all’apparenza così normali… anche se poi viverli era tutt’altra cosa.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Team Mustang
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un anno per crescere'
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Capitolo 26. Pensieri natalizi.


 
Quando finalmente l’ultima cassetta fu sistemata e l’ultima voce dell’elenco venne spuntata, Jean ed Heymans si lasciarono andare a esclamazioni di esultanza: era stato un lavoro duro che li aveva impegnati per quattro pomeriggi di fila, ma alla fine erano riusciti a venire a patti con la riorganizzazione del magazzino dell’emporio Havoc.
“Ottimo lavoro, ragazzi – annuì compiaciuto James, avvicinandosi e mettendo una mano sulla spalla di entrambi – sono davvero fiero di voi: abbiamo finito con due giorni d’anticipo rispetto a quanto ci eravamo ripromessi.”
“Ormai non sentivo più le braccia, – sospirò Heymans – ma a guardare il risultato direi che ne è valsa la pena: siamo stati davvero in gamba, Jean.”
“Perché tu non l’hai visto i primi giorni: era un vero macello. Che meraviglia! Fino all’arrivo della primavera non ci sarà bisogno di fare tutto questo lavoro: almeno tre mesi di relativo riposo.”
James sorrise mentre si avviava con i due giovani verso l’uscita del magazzino: avevano fatto una faticaccia, ma non avevano emesso un lamento. Non li aveva mai visti lavorare con tanto entusiasmo e buona volontà.
Decisamente a questo giro meritavano un premio.
“Angela, dai un succo di frutta a questi due lavoratori – disse, come arrivarono alla cucina – sono stati davvero eccezionali: abbiamo finto tutto quanto.”
“Davvero? Oh, ragazzi dovete essere distrutti. Sedetevi e aspettate, vi preparo dei panini: avete bisogno di riprendere le forze.”
A quelle parole Heymans sorrise e si godette quei momenti di tranquilla stanchezza. Era da parecchio che non aiutava Jean ed il padre nel magazzino ed era stato davvero piacevole ritrovare quel senso di lavoro di squadra che tanto gli piaceva. Erano come un meccanismo perfettamente oliato: se trasportavano una cosa in due sapevano alla perfezione i tempi e le movenze dell’altro ed agivano di conseguenza, aiutandosi invece che intralciarsi. Con questa tipologia di lavoro si creava tra di loro un feeling del tutto particolare, fatto di sguardi e cenni d’intesa che, tuttavia, confermava il loro grande affiatamento.
“Heymans, – disse James, ritornando nella stanza e mettendogli davanti una busta – tieni, questa è per te.”
Il rosso la fissò con perplessità e, sotto lo sguardo incuriosito di Jean, la aprì.
“Oh no, signore, non posso…” esclamò imbarazzato.
“Accidenti, è una bella cifra! Sono almeno due mesi di paghetta settimanale.” commento Jean.
“Sciocchezze, Heymans – dichiarò James con serietà – hai fatto un grandissimo lavoro in questi giorni.”
“Ma l’ho fatto con piacere: siete sempre così gentili con me… sul serio, signore, io non…”
“Te li sei guadagnati, fidati di me. E poi natale sta per arrivare: questo piccolo premio è sempre utile per qualche regalo, no?”
“Ricordati del tuo migliore amico, allora.” scherzò Jean, passandogli il braccio sulle spalle.
Ma Heymans non fece quasi caso a quella battuta: fissava incredulo quei soldi, ovviamente nessuna cifra esorbitante, ma avevano un significato del tutto particolare.
Me li sono guadagnati…
 
Quella novità lo lasciò piacevolmente sconvolto tanto che, come andò via da casa di Jean, sentì l’improvvisa esigenza di doverla condividere con qualcuno. Inizialmente pensò di correre a casa e dirlo a sua madre, ma poi rifletté che con quei soldi avrebbe potuto anche farle una sorpresa per natale e dunque era il caso di mantenere il segreto.
E se magari non fosse d’accordo? Forse non avrebbe voluto che li accettassi.
Fu un pensiero strano quanto spiacevole: ora, lui non pensava assolutamente che fosse un gesto di carità nei suoi confronti anche perché, in realtà, di problemi economici non ne aveva. Ma questo lo sapevano solo lui, sua madre ed Andrew Fury.
“Cavolo, – mormorò, toccandosi la tasca del cappotto dove stava la busta – non credevo che la cosa mi creasse così tanti problemi.”
Era uno strano problema etico a cui non aveva mai pensato: aveva sempre parlato di lavorare in modo da poter aiutare in famiglia, ma adesso che aveva guadagnato dei soldi non sapeva se la cosa sarebbe stata gradita o meno.
Fu quindi istintivo per lui andare verso il cantiere dove sapeva che Andrew Fury stava lavorando.
 
Proprio mentre Heymans deviava dal solito percorso, Roy bussava a casa dei Fury.
Come Ellie gli aprì, il giovane fece uno smagliante sorriso: non aveva ancora conosciuto di persona la madre di Kain e non si aspettava che fosse così carina. In genere le coetanee gli stavano abbastanza indifferenti, ma le donne adulte avevano un fascino del tutto particolare.
“Buonasera, signora, sono Roy Mustang, un amico di Kain.”
“Ciao, Roy – sorrise Ellie – vieni dentro, te lo chiamo subito.”
“Mi scusi tanto se la disturbo.”
“Tranquillo, nessun disturbo. Ti posso offrire qualcosa?”
“No, si figuri. A dire il vero vorrei rubarle suo figlio per qualche ora: ho un problema con una radio e serve qualcuno che ci capisca qualcosa.”
“Capisco. Kain, pulcino! Scendi che c’è Roy! – chiamò Ellie – Non sapevo avessi una radio.”
“E’ quella del locale di mia zia.”
Ellie iniziò ad annuire e poi, come un lampo, focalizzò di che cosa si stava parlando. Ora, non aveva nessun pregiudizio in merito a questo ragazzo dai capelli ed occhi scuri, ma… stava per portare suo figlio in un locale di donne dai facili costumi? Fu con notevole forza di volontà che mantenne il sorriso.
“Eccomi, mamma. Ciao Roy!” sorrise Kain, scendendo dalle scale.
“Ciao, gnomo – salutò il ragazzo, arruffandogli i capelli – ti posso chiedere una mano? La radio di mia zia si è rotta e bisognerebbe ripararla entro stasera.”
“Davvero? Beh, posso dare un’occhiata: – annuì il bambino con tranquillità – nel caso avete degli attrezzi per lavorare lì?”
“Non lo so, meglio che vai a prendere i tuoi.”
“Va bene: torno tra due minuti.”
Questo scambio di battute era stato così rapido e spontaneo che Ellie non era riuscita ad intromettersi. Solo dopo che Kain fu sparito per andare a prendere i suoi piccoli attrezzi, riuscì a squadrare Roy. Il ragazzo fece un sorriso disarmante, come se avesse capito perfettamente cosa stava passando nella testa della donna.
“Non potrei mai far torto a una bella mamma come lei, signora.” disse con notevole galanteria.
“Scusa?” fece Ellie, non potendo fare a meno di arrossire lievemente.
“Le prometto che farò in modo che suo figlio non veda niente di compromettente: l’ultima cosa che voglio è vederla arrabbiata, signora.”
Ellie rimase interdetta quando Roy le prese la mano e la strinse con una delicatezza disarmante. Kain gli aveva raccontato diverse cose su quel ragazzo, ma non che fosse così sfacciatamente galante. Però dopo un secondo si rese conto di avere davanti un quindicenne e dunque riprese la visione giusta delle cose.
“Senti un po’, galantuomo, – disse mettendogli l’indice sulla fronte – per non far arrabbiare questa mamma mantieni fede a quanto detto. Le parole dolci riservale per qualcuna di molto speciale, altrimenti nel momento in cui ti innamori potresti avere difficoltà a farla credere alle tue buone intenzioni. Sai, noi donne a volte siamo gelose.”
Roy rimase lievemente offeso per quella lieve presa in giro, ma non fece in tempo a ribattere che Kain scese con addosso il cappotto e una tracolla.
“Torno presto, mamma.” annunciò portandosi diligentemente davanti ad Ellie.
“Fai il bravo, mi raccomando – annuì lei, sistemandogli meglio il cappotto – e non prendere freddo.”
“Tranquilla.”
Come accompagnò i ragazzi fuori dalla porta, Kain mise un’esclamazione di sorpresa.
“Una bici? Roy, tu hai una bici? Non me l’avevi mai detto! E’ bellissima!”
“Ti piace, gnomo? – sorrise Roy – Non è che la uso molto, considerando quanto è piccolo il paese, ma per venire a casa tua è utile. Allora, io la tengo ferma, tu sali e sistemati sul sellino.”
“Aspetta, volete andare in bici?” chiese Ellie, immaginandosi già qualche catastrofica caduta.
“Certamente, signora.”
“Ma Kain non è mai stato su una bici… potreste perdere l’equilibrio.”
“Ma no, stia tranquilla: sono bravo.”
“Oh dai, mamma – supplicò Kain, mentre si sistemava sul sellino – non dire di no, ti prego.”
Perché una bicicletta era davvero una rarità in un posto come quello dove la gente si muoveva a piedi o perlopiù con i carri trainati da cavalli. Roy se l’era portata dietro da Central City: in realtà era stata di suo padre, ma era uno di quelle cose che aveva pensato bene di tenere per sé.
Ellie fissò con aria dubbiosa Kain che stava seduto in quel sellino, mentre Roy si sistemava con agilità davanti a lui e gli faceva cenno di aggrapparsi alla sua vita.
“Le ho promesso che glielo riporto sano e salvo, signora Fury. Si fidi di me!” esclamò Roy, facendo leva sul pedale sinistro e iniziando a far muovere la bici. E ad Ellie non restò che guardare quei due che si allontanavano a grande velocità.
 
“Ehilà, ciao Heymans, – salutò Andrew, andando incontro al ragazzo e dandogli un’affettuosa pacca sulla spalla – cosa ti porta da queste parti?”
“Problemi di natura strana, signore – ammise il rosso, constatando con piacere che non aveva nessuna remore a parlare con lui – e volevo chiederle il suo parere, per me è importante. Ma forse, la sto disturbando…”
“Oh, stai tranquillo – scrollò le spalle l’uomo, mentre prendeva con disinvoltura alcune misure con uno strano macchinario posto su un cavalletto e le riportava in un foglio – come vedi qui si procede spediti. E poi per te ho sempre del tempo a disposizione: vieni, andiamo vicino al tavolo, così non disturbiamo gli altri. Un cantiere non è proprio un posto adatto a un ragazzino…”
“Vengo da casa di Jean dove ho aiutato lui e suo padre a sistemare il magazzino: è un po’ un cantiere anche quello, no?” sghignazzò Heymans.
“Toccato – ridacchiò Andrew, ammettendo la sconfitta – allora, che problema ti affligge?”
“Ecco, supponiamo che Kain aiutasse un amico per una radio da riparare: lo fa con piacere perché vuole bene a quella persona e alla sua famiglia… però gli danno dei soldi perché in fondo ha fatto un lavoro. E’giusto accettarli?”
“Sono sicuro che James Havoc ti ha dato quei soldi con grande piacere. – dichiarò Andrew, capendo subito quale era il problema del ragazzo – E’ un uomo onesto ed ha sicuramente apprezzato l’aiuto che gli hai dato.”
“Lo so, ma ho paura che mamma possa restare contrariata. Insomma, forse lo prenderebbe come un gesto di carità nei miei confronti, ma non è così, ne sono certo.”
“E’ questo che ti preoccupa?”
“Sì – ammise lui – ed inoltre non vorrei si sentisse in qualche modo in colpa. A volte le dicevo che appena potevo sarei andato a lavorare per guadagnare un po’ ed essere più tranquilli, quando ancora credevo che ci fosse la rendita dei nonni… volevo aiutarla, fare qualcosa per lei. E adesso che finalmente ho guadagnato qualcosa, ho paura di farle un regalo per natale. Non vorrei che si sentisse offesa.”
Andrew gli arruffò i capelli con un sorriso comprensivo.
“E’ normale che tu sia confuso, considerate le scoperte che hai fatto nemmeno due settimane fa, ma voglio tranquillizzarti. Laura ha un’ottima opinione degli Havoc e sa benissimo che questi soldi te li sei guadagnati con onesta fatica: sarà fiera di te, fidati.”
“Io e Jean non abbiamo avuto un attimo di tregua, ma siamo così soddisfatti.” ammise Heymans con orgoglio, tirando fuori la busta e mostrandola all’uomo. Andrew diede una rapida occhiata al contenuto ed annuì.
“Sono veramente orgoglioso di te, figliolo – disse restituendogliela – sono certo che li spenderai con molta responsabilità. Ma ti posso dare un consiglio? Concediti qualcosa per te: lo meriti tantissimo, davvero.”
Heymans annuì con un sorriso: non poteva che dargli ragione.
 
Kain fece un’esclamazione deliziata quando Roy imboccò con abilità l’ultima curva ed entrò in paese ad alta velocità. Non aveva mai immaginato che un viaggio in bici potesse essere così elettrizzante: era stato meraviglioso vedere il paesaggio schizzare via in maniera così rapida, sentire l’aria fresca sui capelli e sul viso. Se correre era fantastico, andare in bici lo era ancora di più.
“Eccoci arrivati, gnomo – annunciò Roy, fermando la bici proprio davanti al locale – allora, hai avuto paura?”
“Assolutamente no, Roy! – esclamò il bambino scendendo dal sellino con un agile balzo – è stato fantastico! Ti prego, mi puoi portare altre volte a fare un giro in bici?”
“Ti riporto a casa come finirai con la radio – gli promise il moro – e visto che ti piace così tanto ti farò sicuramente fare altri giretti. Magari come diventi un po’ più grande e arrivi bene ai pedali ti insegno anche ad andarci da solo, ti va come idea?”
“Se mi va? Sarebbe meraviglioso! – Kain saltò letteralmente addosso all’amico, abbracciandolo con entusiasmo – Grazie, Roy, sei fantastico.”
“Per il mio gnomo questo e altro – sogghignò lui, sollevandolo di peso ed entrando nel locale – adesso ti presento mia zia e ti faccio vedere la radio.”
A differenza di quanto era successo ad Heymans, Riza e Vato che avevano visto il locale sempre vuoto, quando Roy entrò assieme a Kain c’erano quasi tutte le ragazze che vi lavoravano. Nessuna di loro era ancora vestita e truccata in modo provocante, ma certamente i leggeri abitini che si intravedevano dalle vestaglie che indossavano non erano proprio quello a cui Kain era abituato. In ogni caso, la sua presenza scatenò l’attenzione generale.
“Ehi, ragazze, abbiamo un cliente speciale oggi: guardate che bocconcino.”
“Roy, avevi detto che avresti portato qualcuno per la radio, non avevi parlato di un topolino come lui.”
“Non ti preoccupare, Vanessa. Questo topolino è in grado di riparare il nostro vecchio apparecchio.”
“Buonasera signorine.” sorrise Kain con tutta la sua educazione, ovviamente ignorando che tipo di locale fosse quello e che lavoro facessero quelle donne.
“Oh, ma è semplicemente adorabile – esclamò deliziata una delle più giovani – come ti chiami, tesoro?”
“Kain, signorina. E lei?”
“Mi chiamo Lola, piccolo caro… ma guardati, hai le guance rosse rosse.”
“Fuori fa fresco e Roy mi ha portato in bici – spiegò il bambino, arrossendo anche per tutte quelle gentilezze. Ma iniziava a trovare molto simpatiche quelle signorine: erano tutte molto carine con lui – è comunque un piacere conoscerla signorina Lola.”
“Che è tutto questo baccano, branco di oche giulive?” disse un vocione che fece voltare Kain con terrorizzata sorpresa. Se la comparsa di Madame aveva spaventato persino Heymans, il bambino non ci pensò due volte a correre da Roy e stringersi a lui.
“Madame – sogghignò il ragazzo grande – se lo spaventi così la radio non la ripara.”
“Signora, ha visto che ha portato Roy? E’ tremendamente adorabile.”
“Sarebbe questo passerotto appena caduto dal nido il tecnico di cui parlavi?” chiese la donna, avvicinandosi e squadrando Kain che le lanciava timorose occhiate.
“Le apparenze ingannano – Roy arruffò i capelli corvini dell’amico – è piccolo ma ha già costruito una radio tutta da solo.”
“Davvero? Vieni piumino, vediamo se riesci a risolvere il problema con il nostro vecchio apparecchio.”
Senza aspettare risposta, Madame allungò la mano e lo prese sottobraccio per portarlo davanti al bancone. Qui, senza troppe cerimonie e con una notevole forza fisica, lo mise sopra il piano di legno dove stata una vecchia radio aperta e con vari pezzetti sparsi attorno.
“Oh no, ma che è successo?” chiese Kain, raccogliendo con ansia quei fragili meccanismi e dimenticandosi della paura che suscitava in lui quella donna.
“Una di queste ochette l’ha fatta cadere, ma anche prima dava dei problemi.”
“Ci sono tutti i pezzi?”
“Abbiamo scopato il pavimento per recuperarli tutti, proprio come ci ha chiesto Roy - disse Lola, accostandosi a lui e aiutando a togliersi il cappotto – pensi di poter fare qualcosa, zuccherino? Senza la musica proprio non posso vivere.”
“Ma certo signorina Lola – sorrise Kain, aprendo la sua tracolla e prendendo gli attrezzi – stia tranquilla che farò di tutto per riparare la radio.”
“Che tesoro!”
 
Mentre Kain, con sommo divertimento di Roy, si destreggiava tra radio ed insolite ammiratrici, Vato scopriva che avere una fidanzata poteva comportare anche dei problemi.
“Che cosa si regala alla propria ragazza per natale?” disse questa frase a voce alta, posandosi con disperazione allo schienale della sedia.
Gioielli? No, decisamente troppo presto, senza contare che lui non aveva tutte queste grandi risorse finanziarie. Libri? Sì, certo.. e sarebbe andato a comprarli nella libreria di suo nonno, magari proprio quando c’era lei a dare una mano alla cassa. Fiori? Banale, troppo banale e poi era natale, mica un appuntamento qualsiasi.
Quel nuovo problema era davvero sconvolgente: tutti gli anni precedenti se l’era sempre cavata con un dolce che sua madre faceva per Elisa e tutta la sua famiglia, cosa che veniva ricambiata allo stesso modo. Ma questa volta era diverso: si presupponeva che oltre al dolce per i genitori di lei, facesse anche un regalo personale alla ragazza.
E ovviamente Elisa aveva già pensato al proprio regalo.
“Certo che so già cosa regalarti, Vato. Sono sicura che ti piacerà tantissimo!”
“Nnnngh! Ma perché, nemmeno questa volta i libri servono a qualcosa!”
“Vato, perché parli da solo?” chiese sua madre entrando in camera.
“Niente di particolare! – esclamò lui, alzandosi dalla scrivania. Aveva anche pensato di chiedere a sua madre qualche consiglio, ma per una strana e nuova forma di orgoglio voleva pensare da solo a qualcosa da regalare alla sua ragazza – Io esco: devo andare a comprare un regalo per natale.”
Fu quasi una fuga, ma a posteriori era meglio rifletterci con i negozi a portata di mano piuttosto che stando seduto alla scrivania, senza niente che potesse dargli dei suggerimenti. Così iniziò a camminare distrattamente per la via principale del paese, dove diverse persone provvedevano agli acquisti natalizi, quando una lieve pacca sulla spalla lo fece voltare.
“Ciao Heymans.”
“Ciao, Vato, acquisti di natale?”
“Già e anche difficoltosi: hai idea di cosa si regali ad una ragazza?”
“Elisa? – Heymans scosse il capo – No, mi dispiace: mi sono da poco reso conto che le femmine sono complicate da capire, eccetto rare e lodevoli eccezioni. Ma se ti può consolare anche io sono in difficoltà: devo fare un regalo a mia madre, ma non so proprio che cosa.”
“Beh, mia madre è facile: ogni anno le regalo un’agenda nuova. Fra organizzazione di pranzi, spesa, casa e quanto altro la finisce sempre e così ho il compito facilitato.”
Heymans annuì con distrazione: Vato non poteva sapere che la situazione a casa sua era leggermente diversa. Non si era mai presentata l’occasione di comprare un regalo a sua madre: sentirlo parlare con tanta semplicità di un simile argomento lo faceva sentire veramente depresso.
“Fra mia madre ed Elisa siamo proprio messi male, eh?” commentò, sistemandosi meglio la sciarpa.
“Già… dicono sempre che è il pensiero che conta, ma non è vero. Ci tengo a farle un regalo che le piaccia veramente.”
Heymans scosse il capo con rabbia. Possibile che dovevano avere simili difficoltà? Insomma, stavano cercando un regalo per delle persone che conoscevano bene, come potevano fallire?
“Va bene, andiamo con ordine: vediamo di focalizzare i nostri obbiettivi.”
“Obbiettivi?” chiese Vato perplesso: aveva pensato tutto di Elisa, ma mai che fosse un obbiettivo.
“Sì, partiamo con il tuo… allora, chiudi gli occhi ed immagina Elisa che apre un pacco di natale. Che cosa c’è dentro quel pacco?”
Vato rimase ad occhi chiusi e braccia conserte, profondamente concentrato, tanto che Heymans fu sicuro di vedere la proiezione della scena che si stava immaginando. Ma dopo un minuto buono scosse la testa bicolore e fece un sospiro.
“In quel pacco c’è il nulla! Dannazione! Provaci tu, magari con te funziona.”
Heymans annuì e provò a seguire quel particolare metodo di convincimento, ma non ebbe migliore fortuna.
Era come se quelle due donne, così importanti per loro, fossero estremamente sfuggenti.
“Va bene, niente panico – cercò di consolarsi il rosso mentre riprendevano a camminare – mancano ancora cinque giorni a natale, no? Abbiamo tutto il tempo che ci serve.”
“Quattro, ricorda che c’è una domenica di mezzo… anzi tre e mezza dato che la sera della vigilia saranno chiusi.”
“Accidenti, Vato Falman, ma perché sei così pessimista?”
“Non sono pessimista, sono realista: quando gioco a Risiko con Roy calcolo sempre bene ogni dettaglio.”
“Risiko? – Heymans si girò a guardarlo – Ma dai, che bello… è quel gioco di strategia, vero?”
“Sì – sorrise Vato – mio padre aveva parecchi giochi di questo tipo: io e Roy ci giochiamo molto spesso.”
Sarebbe andato anche oltre, ma vide l’espressione emozionata negli occhi grigi di Heymans: di colpo intuì che simili giochi dovevano piacere parecchio anche a lui.
Vuoi vedere che…
“Perché la prossima volta che organizziamo una serata di gioco non vieni pure tu? Scommetto che con un giocatore di più è ancora più bello.”
“Mi piacerebbe.” ammise il rosso senza problemi.
“Ti piace la strategia militare?”
“Parecchio, peccato che nei libri di scuola non venga detto praticamente niente… solo chi ha vinto e chi ha perso. Potrebbero dilungarsi di più nella spiegazione delle battaglie.”
“Ah, allora devi proprio venire con me – sorrise Vato, prendendolo per il braccio – ti devo far vedere una cosa.”
E senza volerlo Heymans si trovò trascinato da quel ragazzo, in genere era così riservato, ma che in quel momento dimostrava un entusiasmo senza pari. Con disinvoltura lo condusse nella libreria del paese dove vennero salutati da Elisa che stava mettendo a posto alcuni libri.
“Ciao Vato – salutò – oh, ciao Heymans.”
“Ciao Elisa – fece in tempo a salutarla lui, prima che Vato lo spingesse verso un preciso scaffale – ma insomma, si può sapere che hai? Sei letteralmente esagitato.”
“Guarda! – esclamò il ragazzo, mollando la presa e prendendo con orgoglio un grosso libro in mano – Guarda che meraviglia!”
Le strategie degli eserciti nel corso dei secoli: tutte le battaglie di Amestris.
Come lessero quel titolo gli occhi grigi di Heymans presero a brillare.
“Oh, quello – commentò Elisa, raggiungendoli – non mi dire che ti interessa. Credevo che cose simili piacessero solo a Vato…”
Ma Heymans nemmeno la ascoltava: rigirava quel libro tra le mani, dando un’occhiata al prezzo e notando che era perfettamente alla sua portata, lasciando anche ampio margine per il regalo di sua madre e per tenere qualcosa da parte. Del resto Andrew Fury non gli aveva detto di comprare qualcosa per se stesso?
“Lo prendo.”
“Eh? Davvero? Va bene, vieni che te lo incarto.”
Heymans e Vato si scambiarono un sorriso soddisfatto: all’improvviso avevano scoperto di avere una grande passione in comune.
“Te lo presto come lo finisco.”
“A casa mia ne ho anche altri, te li passo volentieri.”
“Affare fatto.”
“Ma guardatevi – sospirò Elisa, mentre Heymans le passava i soldi – siete bambini davanti ad un nuovo giocattolo.”
E in quel momento Vato si fermò imbambolato a guardarla. Aveva appena notato come la ragazza soffiasse per allontanare dei ciuffi dei lunghi capelli castani e gli venne in mente che era un gesto che faceva spesso. Ora, era assolutamente fuori discussione che si tagliasse i capelli: lui li adorava così lunghi e ribelli, ma certo che con un nastro…
“Vato? Vato, sei diventato tutto rosso… che hai?”
“Eh? No, niente! Allora avete fatto?”
“Sì, – annuì Elisa, passando la busta ad Heymans – oh, fai attenzione Heymans, il bottone del tuo cappotto si sta per staccare.”
“Che? Ah, è vero: grazie Elisa: stasera lo faccio sistemare da mia madre.”
“A proposito, falle tanti complimenti: ho adorato il vestito di Riza alla festa e ho saputo che l’ha sistemato lei: è proprio una bravissima sarta.”
“Lo farò, stanne certa – sorrise lui – le farà davvero piacere e…”
E anche lui fu colto da un’epifania: ripensò alla scatola di cucito che sua madre era solita usare… con gli anni molti aghi si erano rovinati o erano andati perduti e anche le altre strane cose che usava erano logore.
“Ti intendi di cucito, Elisa?”
“Beh, abbastanza, perché?”
“Se ti chiedessi di darmi una mano a comprare una nuova scatola di cucito, saresti in grado di consigliarmi?”
Elisa lo guardò stranita con i suoi grandi occhi verdi e poi sorrise.
“Nonno! – esclamò – Io sto uscendo con Vato ed un amico: torno tra un’oretta, va bene? Aspettatemi qui, vado a prendere il cappotto.”
I due ragazzi si sorrisero mentre la vedevano andare sul retro.
“Heymans – sussurrò Vato con aria complice – se io compro il necessario, tua madre potrebbe fare dei nastri per capelli per Elisa?”
“Certo che sì. Siamo troppo forti, abbiamo risolto il problema dei regali di natale!”
“Amico mio, le nostre menti sono le migliori dell’universo.”
 
Le menti migliori dell’universo si stavano congratulando tra di loro, mentre una ragazza del locale di Madame osservava Kain destreggiarsi con abilità con i componenti della radio che, piano piano, stavano ritrovando la loro giusta collocazione.
“Ci sai davvero fare con le mani, zuccherino.” ridacchiò Lola.
“Grazie.” sorrise Kain.
“E detto da una che sa davvero lavorare bene di mani…” commentò un’altra ragazza.
“Sasha, sei simpatica come una mer… meravigliosa giornata di pioggia.”
“Fa anche lei lavori di precisione con le mani, signorina Lola?” chiese Kain, girandosi a guardarla.
“Una specie, tesoro – strizzò l’occhio lei – ma diverso da quello che fai tu. Allora, ce l’hai una fidanzatina?”
“No.” arrossì Kain.
“Ah, ma Kain fa colpo sulle ragazze – lo prese in giro Roy che stava seduto poco distante a giocare a carte con altre ragazze – alla festa del primo dicembre una dolce biondina di prima elementare ha ballato con lui.”
“Che tenero!”
“E’ che le sto simpatico – disse il ragazzino – e lei, signorina Lola, non ha il fidanzato? E’ così carina e gentile… un po’ mi ricorda la mia mamma.”
“No, zuccherino – sospirò Lola, accarezzandogli i capelli – non ce l’ho un fidanzato. Una volta l’avevo, ma non è stato molto carino con me. Ma sono sicura che quando tu avrai una fidanzatina la tratterai bene, come merita.”
“Lo merita anche lei, signorina: sono sicuro che prima o poi arriva quello giusto.” sorrise Kain con ottimismo
“Se mai arriva spero che sia proprio come te, – rispose al sorriso Lola, dandogli un bacio sulla guancia – allora, hai finito?”
Kain annuì, mentre chiudeva la scatola della radio. La ricollegò alla corrente e poi girò la manopola e la musica aleggiò nella sala, con somma gioia delle ragazze.
“Oh, ce l’ha fatta allora! – esclamò Madame, spuntando fuori dalla cucina – Niente male, piumino, davvero niente male.”
“Che ne dice, Madame – sorrise Lola – il nostro piccolo zuccherino non merita una ricompensa?”
“Direi di sì.”
 
Il mio pulcino in un bordello… il mio pulcino in un bordello… è quasi ora di cena…Ellie, calmati, calmati.
Ecco un altro problema di essere una madre troppo apprensiva: quel ritardo le stava davvero facendo fermare il cuore.
“Ellie, vuoi calmarti? Vedrai che sta per tornare.” disse Andrew, seduto al tavolo di cucina.
“Oddio Andrew, come fai a stare così tranquillo? – sbottò lei, andando verso il marito – Il nostro innocente pulcino in quel posto… e se vede cose che non… ah, non ci voglio pensare!”
“Dubito che Roy abbia intenzione di sfidare la tua ira e dubito che quelle ragazze siano interessate a Kain in quel senso.”
Ellie arrossì colpevolmente, ricordando che anche Laura aveva rischiato seriamente una fine simile.
“Sono una donna pessima.”
“No, sei semplicemente troppo apprensiva – scosse il capo Andrew – eppure ti fidi di nostro figlio, no?”
“Sì che mi fido di lui. Ma ci sono cose che non credo sia ancora in grado di capire…”
“Ovvio, e infatti mica è andato da solo in quel posto. E’ andato a dare un’occhiata alla radio, Ellie: non ha visto niente di sconveniente, tranquilla.”
“Mamma, papà, sono tornato!” la voce di Kain interruppe quella discussione ed Andrew non fece in tempo ad alzarsi che Ellie si era già catapultata all’ingresso.
“Amore, pulcino della mamma – sospirò, abbracciando il bambino con foga – è così tardi…”
“Scusa, mamma, ci ho impiegato più del previsto. Ma non è ancora ora di cena, no?”
“No, non ancora.”
“Ah, meno male. Sai, Roy è stato molto gentile a riaccompagnarmi in bici: così non ho fatto la strada da solo al buio. Ciao, papà.”
“Ciao, Kain, allora la radio ha ripreso a funzionare?”
“Sì, le signorine erano tutte molto felici: a loro piace tanto la musica. Sono state davvero gentili: non sapevo che Roy vivesse con così tante persone.”
“Le signorine gentili? – sorrise Ellie, cercando di controllare la sua ansia – Erano con te mentre lavoravi alla radio?”
“Sì, con la signorina Lola ho parlato tanto: a quanto pare pure lei lavora di precisione con le mani, ma non sono riuscito a capire che cosa fa di specifico…”
A quelle parole Ellie si girò per lanciare un’occhiataccia ad Andrew come per dire hai visto?
“… ma è stata davvero carina. Ed è così gentile e premurosa, mi ricorda tanto te, mamma: ha persino una treccia come la tua, anche se lei ha i capelli castani.”
“Davvero? – disse Andrew, intromettendosi per far allontanare Ellie e permettere al bambino a levarsi il cappotto – E che altro ti ha detto?”
“Che spera di trovare un fidanzato carino e buono, pare che il primo non sia stato gentile con lei. Ma sono sicuro che lo troverà: scommetto che molti ragazzi vorranno stare con lei, è così buona! Mamma, ma perché mi abbracci così? Qualcosa non va?”
“Niente, amore mio, niente… mi sono solo resa conto che a volte sono davvero stupida.”
“Che? Ma no, mamma, tu sei meravigliosa: ho parlato tanto di te alla signorina Lola. Un giorno te la posso presentare?”
“Ma certo, Kain… mh, ma che hai nella tracolla?”
“Ah, dimenticavo: sai la zia di Roy mi ha voluto ricompensare per il lavoro che ho fatto.”
E con estremo orgoglio tirò fuori una grossa bottiglia di liquido scuro e schiumoso che passò ad Andrew.
“Accidenti che bottiglione: sono due litri buoni.”
“Già, meno male che Roy mi ha dato un passaggio in bici: pesa tanto. Sai, le ragazze del locale lo bevono spessissimo e ne ho bevuto due bicchieri pure io: non avevo mai assaggiato niente di così buono.”
Ellie si girò di nuovo verso Andrew, fissandolo con aria supplicante.
Dimmi che non è vino…
Andrew sorrise e stappò la bottiglia, annusandone il contenuto.
“Si trattano bene, eh? Succo di more di prima qualità, vogliamo berne un bicchiere tutti assieme?”
“Oh sì, brindiamo a qualsiasi cosa tu voglia, papà!” esclamò Kain, felice.
“Che ne dici di brindare alla madre più apprensiva del mondo? Vai a preparare i bicchieri.”
“Va bene.” annuì lui, correndo in cucina.
“Sono un mostro…” mormorò Ellie abbattuta.
“Sei solo adorabilmente apprensiva, tutto qui.”
  
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