Diciannove febbraio: parole e ancora parole.
“Potrei passare ore intere a scriverti,
ma oggi come ieri sei scostante.
Ti stai stancando di me?
Non voglio allontanarmi troppo;
potrei perdermi
e non ritrovare più la tua strada.”
intingo i polpastrelli teneri in
piccole e profonde pozze di livido inchiostro,
ne scheggio la superficie con le sottili unghie pallide.
Una volta scalfite, le parole,
fuoriescono, irrompono, nella realtà del giorno;
a fiotti, lentamente, affannate, singhiozzanti.
Si riversano nella mente,
sul profilo confuso delle labbra tremule
e baciano infine la pagina,
affogando tra la cellulosa porosa;
soffocano e spirano,
suscitando un moto d’emozione vivida
negli occhi voraci.
*