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Autore: Lady Guineviere di Camelot    20/06/2008    2 recensioni
Anno 1064, Inghilterra. I normanni hanno conquistato l'intera isola, capitanati dal re Guglielmo primo il conquistatore. I sassoni però rivogliono la loro terra ed insorgono battaglie e scontri. Le famiglie nobili sono costrette a ritirasi nella capitale, luogo più protetto. Il re invierà il suo primo cavaliere presso una famiglia molto importante per scortare la duchessa Isabeau D'Arcy sino a Londra sana e salva. Il rapporto tra i due non sembra dei migliori, ma durante il viaggio l'amore trionferà senza però tralasciare colpi di scena, avventura e azione!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo
Capitoli:
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E

Capitolo

8

 

 

 

         Io e Thomas scendemmo nella grande sala che il giorno prima ci si era presentata, e con molta calma ci avvicinammo al lungo tavolo di quercia.

         Notammo che al tavolo c’erano davvero poche persone. Ovviamente Lord Malory, seduto al fianco di una ragazza che doveva avere circa la mia stessa età.

         Per dire la verità, non sapevo chi fosse, poiché la sera prima non l’avevo vista.

         In aggiunta, c’erano anche Lionel, Gareth, Gawain e purtroppo, anche quell’insopportabile di Percival.

         Quanto avrei dato per poterlo schiaffeggiare come si deve.

         << Bonjour ragazzi miei! Venite, venite >>, ci urlò Lord Malory, mentre scostava due sedie da sotto la tavolata.

Ci avvicinammo, come sempre a braccetto, prendendo posto vicino a Lord Malory, il quale non appena fui più vicina, mi fece un elegante baciamano.

         << Spero mi potrai perdonare Thomas >>.

         << Con te non ho da correre alcun rischio >>.

         << Ne sei così sicuro? Dovrete stare attenta mademoiselle. Thomas è sempre stato molto geloso delle sue cose >>.

         << Lo terrò a mente >>, risposi ridacchiando.

         Per la colazione erano presenti molte vivande di vario tipo: mele, pane, biscotti, torte, marmellata, la nostra famosa farinata d’avena, latte e sidro.

         Durante la colazione, che si stava svolgendo nel migliore dei modi, restai in silenzio a pensare nuovamente al mio matrimonio.

         Con tutto quello che succedeva, non avevo mai molto tempo per pensarci, in ogni modo, sapevo che ciò che contava di più era che io e Thomas ci sposassimo.

Come o con che cosa non aveva alcuna importanza.

         << Isabeau, tutto bene? >>, mi sussurrò all’orecchio Thomas, che non aspettandomelo sussultai leggermente sulla sedia.

         << Sì certo. Perché me lo chiedi? >>.

         << Ti ho visto fissare il vuoto… >>.

         << Probabilmente si starà annoiando. Non facciamo altro che parlare di guerra >>, intervenne Lionel, che guardai volgendogli un sorriso.

         << Perdonami, ti sto trascurando >>.

         << Oh, non preoccuparti. Non voglio distrarti dai tuoi doveri >>.

         << Anche mia figlia si sta annoiando. Perché voi due non andate a fare una bella cavalcata >>.

         Mi girai nella direzione di Lord Malory, il quale stava indicando la ragazza che avevo visto prima. Quella era sua figlia.

         Aveva lunghi capelli ricci, di un intenso castano ramato. Sul capo portava una delicata coroncina di filigrana, e pareva alquanto aggraziata.

         << Sarebbe una splendida idea, sempre che… Thomas sia d’accordo >>, risposi, guardandolo. Avevo notato già da prima, lo strano cipiglio assunto dalla sua faccia, di fronte a quella proposta.

         << Suvvia Thomas! Dobbiamo parlare di cose molto importanti. Non vorrai farla restare tutto il santo giorno chiusa qui dentro… >>, intervenne in mia difesa Lord Malory, ma dubitavo bastasse per convincere Thomas.

         Lo conoscevo così bene, da sapere che quella piccola rughetta al lato della bocca, presagiva un attento esame della proposta, seguito da una lunga serie di domande per valutare più attentamente il caso.

         Non voleva mandarmi, ma solo per timore che mi capitasse qualcosa di brutto. Oramai, ero abituata al suo modo di fare, che prevedeva pericoli ovunque.

         Se non ci fosse stato anche lui, non mi avrebbe lasciato andare. In ogni modo, avrei passato il tempo a ricamare e rammendare.

         << Non saprei Godfrey… >>.

         << Se non fossi certo, che non corre alcun pericolo, credi che avrei lasciato andare mia figlia? Thomas, lasciala respirare un po’. Non scappa via, e poi tra quasi due settimane vi sposerete. Hai tutto il tempo per strapazzarla >>.

         << E va bene! Mi arrendo, ma che sia chiaro >>, disse rivolto nella mia direzione, sventolandomi davanti alla faccia un dito.

         << Solo nei dintorni del castello, e guardati da ciò che fai sopra quel cavallo>>.

         <>.

         << Sarà meglio >>, mi rispose sorridendomi.

         Mi alzai, dirigendomi verso la figlia di Lord Malory. Anch’essa si alzò rivolgendomi un delicato sorriso.

         << Salve. Sono Clarise Genevieve Malory, Duchessa di Heartheaven. Felice di conoscervi >>.

         << Altrettanto. Io sono… >>.

         << So chi siete, mademoiselle. Le mie cameriere non fanno altro che parlare di voi e del vostro futuro sposo. A quanto pare, ha conquistato molti cuori >>.

         << Non immaginate quanti >>.

         << Venite, usciamo all’aperto >>.

         La segui lungo un corridoio, alla fine del quale c’era un enorme giardino, che dava una splendida vista della vallata verde sottostante.

         Quel giorno, un sole lucente splendeva alto in un cielo azzurro come l’acqua, e l’aria profumava di gelsomino.

         Cominciammo a passeggiare lungo il perimetro del giardino, e senza quasi rendermene conto, iniziammo una conversazione davvero molto piacevole.

         Parlavamo del più e del meno, spaziando tra vari argomenti, fino a quando decidemmo di andare a prendere i cavalli per la famosa passeggiata.

         Mentre ci incamminavamo verso le stalle, Clarise mi porse alcune domande su me e Thomas.

         << Il Barone Devereux è un uomo molto avvenente. Chissà come vi invidiano le dame di corte… >>.

         << Bhè, diciamo che non l’ho ancora sperimentato, ma sono sicura che presto dovrò farci i conti >>.

         << Il vostro sembra un amore molto profondo. Supererà qualunque insidia >>.

         << Lo spero… Allora, qual è il vostro cavallo? >>, le domandai, quando raggiungemmo l’entrata, pronte per andare in selleria.

         << Lo stallone nero del secondo box. Si chiama Ares >>.

         << E’ meraviglioso. E’ un trottatore francese, nevvero? >>.

         << Esatto. Vi intendete di cavalli? >>.

         << Abbastanza… >>.

         << E il vostro deve essere quell’arabo bianco, giusto? >>.

         <>.

         << Molto esuberante devo dire >>, mi disse riferita al fatto che il mio cavallo, aveva cominciato a nitrire e dare doppie alle travi del box.

Con molta probabilità, aveva solo voglia di uscire e farsi una bella galoppata.

         Dunque, presi tutto l’occorrente, e senza perdere altro tempo inizia a sellarlo.

         Tempo un quarto d’ora, ed entrambe eravamo già in sella, e con lo sguardo spaziavamo la lunga distesa verde, che si estendeva davanti a noi.

         Sentivo l’adrenalina salirmi alla testa, dovuta alla bellissima galoppata che ci attendeva. Anche Majestic l’avvertiva, poiché cominciò a raspare con uno zoccolo.

         << Tracciato unico. La prima che arriva in fondo, vince >>, mi disse Clarise con un sorriso sghembo sulle labbra.

         << Molto bene >>, gli risposi, ricambiando il sorriso, poi partii ad un galoppo sfrenato.

 

 

         Erano già due ore che parlavamo solo della possibile strategia da adottare a Hastings, ma non eravamo riusciti a cavare un ragno da un buco.

         I sassoni erano più numerosi, ed erano riusciti a stringere un’alleanza con i vicini scozzesi. Oramai, Guglielmo aveva mobilitato tutte le truppe sui confini, in modo da non farli passare e mantenere un controllo sul territorio, ma se presto non saremmo intervenuti, le difese si sarebbero indebolite.

         Tracannai dal calice un altro sorso di Cognac, per cercare di scrollarmi di dosso quel senso d’oppressione. Odiavo non avere le cose in mano, e non sopportavo l’idea di non riuscire ad arrivare ad una soluzione.

Era una cosa che mi mandava giù di testa, e intanto, bevvi un altro sorso.

         << Thomas non esagerare con quel Cognac… >>.

         << Che altro vorresti fare Lionel? Ormai, ci siamo resi conto che abbiamo poche scelte >>.

         << Il tuo piano Thomas è buono, ma ci sono alcune imprecisioni. Per esempio: loro possiedono le catapulte. Noi come faremo a difenderci? >>.

         Anche a questo non avevo pensato. Era inconcepibile che i sassoni stavano avendo la meglio. Era quella dannata cavalleria inglese…

In ogni modo, presto avrei trovato una soluzione.

         << A cosa pensi? >>, mi chiese Gawain.

         << Non lo so neppure io >>.

         Ed era vero. Per la metà del tempo, avevo pensato ad Isabeau, e tutt’ora continuavo. E per quanto cercassi di non farlo, era come se quel pensiero si fosse fissato nella mia mente. Non c’era verso di toglierlo.

Inoltre, ero leggermente angustiato: non la vedevo, ne avevo sue notizie da più di tre ore.

E se le fosse successo qualcosa?

         Scuotei il capo, imponendomi di restare calmo. Non dovevo mostrarmi apprensivo.

         << Tranquillo. Isabeau sta bene… >>.

         Alzai lo sguardo su Lionel. Accidenti, quanto mi conosceva bene!

Con un tirato sorriso lo ringrazia, e presi un altro sorso di Cognac.

         << Sentite, è inutile arrovellarsi su questa questione tanto a lungo. Troveremo il modo, magari più avanti. Parliamo piuttosto di come organizzare il resto del viaggio. Manca relativamente poco a Londra… >>, spezzò il silenzio Gareth.

         Londra. Mai avevo agognato come adesso per arrivarci. Speravo di raggiungerla al più presto, e finalmente io ed Isabeau, ci saremmo appartenuti l’unaltro, consacrati da Dio.

         Un bussare deciso alla porta, ci interruppe. Gareth, col suo vocione, ordinò un secco avanti, facendo entrare un servo, che si posizionò sull’uscio.

         << Perdonatemi, ma Sir Galleron è giunto a Heartheaven, e chiede di conferire con voi Lord Devereux. In privato >>.

         Io e gli altri ci guardammo stupefatti. Cosa ci faceva il cugino del Re a Heartheaven? Se si era scomodato così tanto da Londra, dove le sue chiappe potevano stare al sicuro, ed entrare in territori così ostili, doveva riferirmi qualcosa di molto grosso.

         Al tempo stesso non gioivo della sua visita;

Non eravamo mai stati in buoni rapporti, causa, la sua gelosia nei mie confronti. Credeva che io non avessi il diritto di occupare quella posizione, e di certo, il Re aveva commesso un grave errore ad accogliermi in famiglia.

         A sentire lui, tutto ciò spettava ad esso, non a me. Io lo lasciavo parlare, e qualche volta mi divertivo a strapazzarlo, fino a, quando, non se ne andò in Cornovaglia per quasi tre mesi.

         Ed ora, eccolo nuovamente alla carica. Ero veramente curioso di sapere cosa mi doveva dire, e per giunta in privato.

         << Riferitegli che lo attendo con ansia >>.

         << Sì mio signore >>, e con un profondo inchino se ne andò, chiudendo la porta.

         Restammo solo noi quattro nella stanza, in silenzio, probabilmente ognuno immerso nei propri pensieri.

         << Hai veramente intenzione di parlare con quel farabutto? >>.

         Guardai Gawain alterato, guardarmi con ferocia. Purtroppo non avevo scelta. Anch’io avei voluto non per nulla vederlo.

         << Basta ragazzi. Andiamocene, prima che l’aria si faccia troppo pesante >>, disse Lionel alzandosi dalla cassapanca in legno e avvicinandosi alla porta.

         Gli altri lo seguirono ed io rimasi da solo. Dopo un quarto d’ora, sentii la porta aprirsi, e non mi meravigliai nel vedere Galleron entrare con spavalderia verso di me.

         << Barone. Sua Maestà vi porge i suoi più sinceri saluti, e si augura che stiate bene >>.

         << Come vedi, per tua sfortuna sono ancora tutto intero >>.

         Mi guardò con astio, e volgendomi le spalle, si tolse il pesante mantello di velluto marrone, gettandolo a terra, seguito dagli stivali.

Prese un calice di ferro, e si versò una sostanziosa dose di vino rosso. Volgendomi un ultima occhiata in tralice, si accomodò sulla scrano affianco al mio.

         Lo guardai, rammentando a me stesso, di non perdere la calma, perché quell’uomo aveva la capacità di farmi ribollire il sangue nelle vene.

         Con ostentata superiorità, sorseggio il vino, mentre con lo sguardo passava in rassegna la stanza. Evidentemente non era di suo gradimento.

         << Guarda dove sono finito… >>, sussurrò.

         << Come dici prego? >>.

         << Sai, il Re tiene così tanto a te, che per riferirti uno stupido messaggio, ha voluto mandare me, pensando che fosse più sicuro e veloce >>.

         << O forse, ha pensato che tu sia un scansa fatiche… >>.

         Sbattendo il calice di ferro sul bracciolo della sedia, vidi Galleron alzarsi in piedi come una furia, mentre una vena gli pulsava sulla fronte.

Quell’uomo non aveva autocontrollo.

         << Bada a come parli Thomas! Il Re ormai è vecchio, e quando morirà, la vita non ti sarà più facile come adesso >>.

         << Cosa ti fa credere, che quando morirà sua Maestà, non mi designi come suo legittimo erede? >>.

         << Ah, ah, ah! Questa è buona… Non avendo figli, io sono il diretto discendente. Spetta a me la corona. Tu mi hai gia rubato parecchie cose, non ti permetterò di strapparmi anche questa! >>.

         << Non spetta a te decidere, e nemmeno a me. Ora però, fammi il piacere di riferirmi questo stupido messaggio. La tua presenza non è gradita >>.

         Si riempì nuovamente il calice con dell’altro vino, e con lentezza se lo portò alle labbra, bevendolo a piccoli sorsi.

         << Il Re, ha ovviamente pensato a te, mentre eri via. Ha deciso di occuparsi del tuo matrimonio >>.

         Un gelo irreale mi pervase dalla testa ai piedi. Per un momento, fui incapace persino di pensare. La parole matrimonio, mi rimbombava nella testa come un’eco continuo.

         << Sei sorpreso? La cosa mi lascia alquanto perplesso. Credevi che non avrebbe elevato ancor di più la tua posizione con un matrimonio di convenienza? >>.

         << Quale… matrimonio? >>, riuscii a dire. Quella parola mi strozzò, e la cosa era resa peggiore, avendo la bocca arida.

         << Quello con la figlia del Duca di Rouen. Non ti devi neanche lamentare: è davvero una splendida ragazza, e la sua dote è la più ricca di tutto il reame… Tutte le fortune capitano a te, come al solito >>.

         Fortuna? Se solo sapesse… La mia mente corse subito a Isabeau. Non potevo rinunciare a lei. Non volevo…

Lei era tutto per me. Come avrei fatto a sposare un’altra donna che non fosse lei?

         Dovevo assolutamente parlare col Re, e spiegargli la situazione. Lui avrebbe capito e risolto tutto quanto, ne ero sicuro… o almeno era quello che speravo.

         Un silenzio gelido calò nella stanza, ma anche la mia anima si era fatta di ghiaccio.

         Vidi Galleron servirsi il vino per la terza volta. Che ci si affogasse!

         << Si chiama Alistance du Polignac. Una donna molto, anzi, devo dire estremamente piacevole. Ha lunghi capelli color del grano, una vita sottile e un seno prosperoso. Il meglio del meglio, per il nostro principe d’Inghilterra >>.

         Lo guardai con odio, mentre accompagnava le sue parole con un finto brindisi alzando il calice verso di me.

         << Avete finito? >>.

         << Non ti vedo soddisfatto… devo riferire a sua Maestà che non gradite le sue attenzioni? Potrebbe rimanerci molto male. Pensate, ha preso un accordo speciale col Duca, unicamente per riuscire a farvela sposare. Capisci anche tu che è una donna piuttosto corteggiata. Suo marito, entrerà in possesso dei terreni di Rouen, Polignac e anche alcuni possedimenti in Cornovaglia. Un bel bottino >>.

         << Ora taci Galleron. Se è tutto, puoi alzare quel tuo sedere cencioso e non farti più vedere, mi sono spiegato? >>.

         << Sì certo. Come desideri my lord. Ah, ah, ah >>.

         Si alzò leggermente barcollando, con qualche difficoltà raccolse da terra le sue cose, e uscì dalla stanza ridendo come un pazzo.

Aveva bevuto troppo vino.

         Quando fu molto lontano, tutto ciò che potei fare, fu accasciarmi sulla sedia in preda alla disperazione più totale.

 

 

         Io e Mademoiselle Clarise, stavamo rientrando dentro al castello. Avevamo passato la maggior parte del pomeriggio a cavalcare in mezzo ai boschi, e il sole aveva riscaldato fino a poco fa la giornata.

         Mi ero divertita molto in sua compagnia, poiché era una ragazza piacevole. Avevamo parlato, scherzato e condiviso alcuni aneddoti sugli uomini, ma in particolar modo su Thomas.

         << E’ stato un pomeriggio piacevolissimo Mademoiselle D’Arcy. Vi ringrazio molto, mi ci voleva proprio una giornata così >>.

         << Anche per me è stata una bella giornata. Spero che domani, vorrete farmi compagni ugualmente… >>.

         << Certamente. Ora sarà meglio che ci diamo una ripulita >>.

         << Certo, a domani >>.

         Congedandoci, andai a cercare Thomas, che con tutta probabilità doveva essere ancora nel salone a discutere di guerra, armi, combattimenti e simili.

         Percorsi il lungo corridoio ornato da arazzi e statue. Le torce erano già state accese sulle pareti, e alcuni candelabri erano stati posti sui mobili di legno pregiato.

         Arrivai all’enorme portone del salone, e più mi avvicinavo, più sentivo chiare e distinte le voci provenienti dall’interno.

         Riconobbi la voce di Thomas immediatamente, e successivamente anche quella di Lionel. I loro toni, erano molto astiosi, sembrava che stessero litigando.

         Scostai di qualche centimetro la porta, e gli urli mi colpirono pesantemente i timpani.

         << Santo cielo Thomas, glielo devi dire! Non puoi tenerle nascosto una cosa del genere! >>.

         << Come posso Lionel?! Come?! >>.

         << Non mi interessa, ma ha il diritto di sapere! Soffrirebbe e basta, se tu glielo riferissi all’ultimo minuto, o peggio, vederti direttamente all’altare con un’altra donna! >>.

         Soffocai un urlo portandomi una mano davanti alla bocca. La gola mi diventò arida, e il respiro mi si mozzò.

         Sensazioni devastanti e assolutamente dolorose mi trafissero come mille lame. Dagli occhi, presero a sgorgare copiose lacrime.

         << Glielo devi dire prima di raggiungere Londra, mi hai capito?!>>.

         <>.

         << Cosa intendi fare allora, eh?! Sposerai Alistance e proporrai ad Isabeau di diventare la tua amante?! E’ questo quello che vuoi fare?! >>.

         << Noo! Santo cielo no! Ci deve essere un modo per… >>.

         << Dannazione Thomas, guarda in faccia la realtà! Come te lo devo dire?! Non puoi sposare Isabeau! >>.

         Quello fu il colpo di grazia. Sentii le gambe cedere sotto il mio peso, e la vista si offuscava sempre di più, a causa di tutte le lacrime che stavano uscendo dai miei occhi.

         Non potevo continuare un minuto di più ad ascoltare, così aggrappandomi a tutto ciò che trovavo, raggiunsi la mia camera chiudendola a chiave.

         Ignoravo come ci fossi riuscita, ma ora che ero li, potevo sfogare il mio dolore in santa pace.

         Appoggiandomi alla porta sigillata, mi lascia scivolare lentamente sulla sua superficie, sino a ritrovarmi raggomitolata a terra, in preda ad un dolore devastante.

La mia mente era ottenebrata: non pensavo più a niente, non vedevo più niente. Sentivo soltanto male, che minuto dopo minuti mi stringeva ancor di più nella sua fredda morsa.

         Avrei voluto urlare per la sofferenza, ma la mia voce non era abbastanza acuta per esprimerlo pienamente.

        

 

         Col cuore sgretolato come creta, mi diressi lentamente verso la mia camera. Cercai di togliermi quell’aria tremendamente affranta, triste, disperata, addolorata.

         Mi sentivo in mille modi diversi, tutti quanti devastanti per la mia anima, che si struggeva lentamente per un amore, che presto si sarebbe spento.

         Da quando avevo sette anni, non avevo più sentito le lacrime sfiorarmi gli occhi, ma riuscii a trattenerle. Non potevo crollare adesso.

         Avevo deciso di informare Isabeau l’indomani, cercando quella notte, di fingere la nostra spensierata felicità, il nostro amore.

         Come avrei fatto senza di lei?

         Scaccia quegli oscuri pensieri, poiché ero già alla porta, così abbassai la mano sulla maniglia. Cercai di darmi più contegno possibile, ma con mi enorme stupore, la porta non si apriva.

         Feci altri tentativi, e arrivai alla triste conclusione che era chiusa a chiave dall’interno.

         << Isabeau? >>, dissi con la voce ancora tremante.

         Dall’interno non mi arrivò nessuna risposta. Forse non era in camera. Allora, dove poteva essere?

         In ogni modo, la porta era chiusa a chiave,  e lei doveva essere per forza lì dentro, ma non capivo perché non voleva aprirmi.

         << Isabeau? Aprimi per favore… >>.

         Nuovamente il silenzio mi rispose, e questo non fece altro che aumentare il gelo che mi avvolgeva da quel pomeriggio.

         Mi appoggiai alla porta, cercando di capire cosa stesse accadendo. Mi sembrava che stesse per arrivare la fine del mondo.

         Improvvisamente, udii un singhiozzo soffocato al di là della porta.

         << Isabeau! Apri… che succede? >>, chiesi apprensivo.

         Dio! Stava piangendo.

         << Isabeau, per favore, aprimi. Che cosa è accaduto? Ti prego, dimmelo >>.

         Per tutta risposta, sentii un oggetto di terra cotta, infrangersi sulla porta.

         << Isabeau… spiegami cosa è successo, te ne prego. Non sopporto l’idea che tu stia male… >>.

         Un altro oggetto colpì la parete della porta. Attraverso un complicato ragionamento, intuii che Isabeau in qualche modo, era venuta a conoscenza della discussione tra me e Lionel.

         << Oh Dio! Isabeau, ascoltami…  >>, ma non feci in tempo a completare la frase, perché un oggetto metallico colpì la superficie di legno, ammaccandola con un rumore tremendo.

         Restai fermo davanti a quella porta sperando che mi aprisse, o anche che mi dicesse qualcosa, ma nulla accadde.

         Non sapevo quanto tempo era trascorso, oramai avevo perso ogni senso e anche la cognizione del tempo. Il dolore mi aveva pervaso così tanto, da rendermi apatico, statico. Mi sentivo come un fantasma, vagare senza meta.

         Affranto, mi asciugai un po’ gli occhi, e lentamente mi diressi verso il salone.

 

 

         Quella notte mi addormentai sfinita e stremata fra le lacrime, mentre in lontananza udivo la voce di Thomas che mi chiamava e ripeteva il mio nome.

         Combattei fino all’ultimo pur di non cedere alla tentazione di aprire quella porta e gettarmi fra le braccia di Thomas, e chiedergli se veramente tutto stava per finire.

         Forse era passata un’ora, come forse cinque minuti, ma non m’importava. L’unica mia certezza, è che mi sono svegliata da un sonno agitato e buio.

         Mi alzai sul materasso e con le mani cercai di togliermi i residui salati delle lacrime, che mi bruciavano sulle guance scarlatte.

         Volevo scendere. Volevo uscire da quella stanza, che troppi ricordi ,o faceva affiorare alla mente.

         Scesi lentamente le scale, ed il silenzio che vi padroneggiava mi rendeva ancor più sola e abbandonata. Il freddo mi parve aumentare.

         Dalla porta del salone, filtrava uno spiraglio di luce prodotta dal fuoco, che con molta probabilità doveva essere acceso.

         Entrai nella stanza, dove aleggiava un piacevole calore, ma con mio enorme stupore vidi Thomas girare il volto nella mia direzione, quando fino a un secondo prima, guardava assorto le fiamme.

Aveva una mano appoggiata alla cornice in pietra del camino, l’altra sull’elsa della spada, gli occhi fissi sui miei;

Trattenei il respiro, senza poter fare a meno di guardarlo,perdendomi in quel mare verde, che tante volte mi aveva stregato.

 

   
 
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