E
Capitolo
8
Io e Thomas scendemmo nella grande sala che il giorno prima ci si era
presentata, e con molta calma ci avvicinammo al lungo tavolo di
quercia.
Notammo che al tavolo c’erano davvero poche persone. Ovviamente Lord
Malory, seduto al fianco di una ragazza che doveva avere circa la mia stessa
età.
Per dire la verità, non sapevo chi fosse, poiché la sera prima non
l’avevo vista.
In aggiunta, c’erano anche Lionel, Gareth, Gawain e purtroppo, anche
quell’insopportabile di Percival.
Quanto avrei dato per poterlo schiaffeggiare come si
deve.
<< Bonjour ragazzi miei! Venite, venite >>, ci urlò
Lord Malory, mentre scostava due sedie da sotto la
tavolata.
Ci
avvicinammo, come sempre a braccetto, prendendo posto vicino a Lord Malory, il
quale non appena fui più vicina, mi fece un elegante
baciamano.
<< Spero mi potrai perdonare Thomas >>.
<< Con te non ho da correre alcun rischio
>>.
<< Ne sei così sicuro? Dovrete stare attenta mademoiselle.
Thomas è sempre stato molto geloso delle sue cose
>>.
<< Lo terrò a mente >>, risposi
ridacchiando.
Per la colazione erano presenti molte vivande di vario tipo: mele, pane,
biscotti, torte, marmellata, la nostra famosa farinata d’avena, latte e
sidro.
Durante la colazione, che si stava svolgendo nel migliore dei modi,
restai in silenzio a pensare nuovamente al mio matrimonio.
Con tutto quello che succedeva, non avevo mai molto tempo per pensarci,
in ogni modo, sapevo che ciò che contava di più era che io e Thomas ci
sposassimo.
Come
o con che cosa non aveva alcuna importanza.
<< Isabeau, tutto bene? >>, mi sussurrò all’orecchio Thomas,
che non aspettandomelo sussultai leggermente sulla sedia.
<< Sì certo. Perché me lo chiedi? >>.
<< Ti ho visto fissare il vuoto… >>.
<< Probabilmente si starà annoiando. Non facciamo altro che parlare
di guerra >>, intervenne Lionel, che guardai volgendogli un
sorriso.
<< Perdonami, ti sto trascurando >>.
<< Oh, non preoccuparti. Non voglio distrarti dai tuoi doveri
>>.
<< Anche mia figlia si sta annoiando. Perché voi due non andate a
fare una bella cavalcata >>.
Mi girai nella direzione di Lord Malory, il quale stava indicando la
ragazza che avevo visto prima. Quella era sua figlia.
Aveva lunghi capelli ricci, di un intenso castano ramato. Sul capo
portava una delicata coroncina di filigrana, e pareva alquanto
aggraziata.
<< Sarebbe una splendida idea, sempre che… Thomas sia d’accordo
>>, risposi, guardandolo. Avevo notato già da prima, lo strano cipiglio
assunto dalla sua faccia, di fronte a quella proposta.
<< Suvvia Thomas! Dobbiamo parlare di cose molto importanti. Non
vorrai farla restare tutto il santo giorno chiusa qui dentro… >>,
intervenne in mia difesa Lord Malory, ma dubitavo bastasse per convincere
Thomas.
Lo conoscevo così bene, da sapere che quella piccola rughetta al lato
della bocca, presagiva un attento esame della proposta, seguito da una lunga
serie di domande per valutare più attentamente il caso.
Non voleva mandarmi, ma solo per timore che mi capitasse qualcosa di
brutto. Oramai, ero abituata al suo modo di fare, che prevedeva pericoli
ovunque.
Se non ci fosse stato anche lui, non mi avrebbe lasciato andare. In ogni
modo, avrei passato il tempo a ricamare e rammendare.
<< Non saprei Godfrey… >>.
<< Se non fossi certo, che non corre alcun pericolo, credi che
avrei lasciato andare mia figlia? Thomas, lasciala respirare un po’. Non scappa
via, e poi tra quasi due settimane vi sposerete. Hai tutto il tempo per
strapazzarla >>.
<< E va bene! Mi arrendo, ma che sia chiaro >>, disse rivolto
nella mia direzione, sventolandomi davanti alla faccia un
dito.
<< Solo nei dintorni del castello, e guardati da ciò che fai sopra
quel cavallo>>.
<>.
<< Sarà meglio >>, mi rispose
sorridendomi.
Mi alzai, dirigendomi verso la figlia di Lord Malory. Anch’essa si alzò
rivolgendomi un delicato sorriso.
<< Salve. Sono Clarise Genevieve Malory, Duchessa di Heartheaven.
Felice di conoscervi >>.
<< Altrettanto. Io sono… >>.
<< So chi siete, mademoiselle. Le mie cameriere non fanno
altro che parlare di voi e del vostro futuro sposo. A quanto pare, ha
conquistato molti cuori >>.
<< Non immaginate quanti >>.
<< Venite, usciamo all’aperto >>.
La segui lungo un corridoio, alla fine del quale c’era un enorme
giardino, che dava una splendida vista della vallata verde
sottostante.
Quel giorno, un sole lucente splendeva alto in un cielo azzurro come
l’acqua, e l’aria profumava di gelsomino.
Cominciammo a passeggiare lungo il perimetro del giardino, e senza quasi
rendermene conto, iniziammo una conversazione davvero molto
piacevole.
Parlavamo del più e del meno, spaziando tra vari argomenti, fino a quando
decidemmo di andare a prendere i cavalli per la famosa
passeggiata.
Mentre ci incamminavamo verso le stalle, Clarise mi porse alcune domande
su me e Thomas.
<< Il Barone Devereux è un uomo molto avvenente. Chissà come vi
invidiano le dame di corte… >>.
<< Bhè, diciamo che non l’ho ancora sperimentato, ma sono sicura
che presto dovrò farci i conti >>.
<< Il vostro sembra un amore molto profondo. Supererà qualunque
insidia >>.
<< Lo spero… Allora, qual è il vostro cavallo? >>, le
domandai, quando raggiungemmo l’entrata, pronte per andare in
selleria.
<< Lo stallone nero del secondo box. Si chiama Ares
>>.
<< E’ meraviglioso. E’ un trottatore francese, nevvero?
>>.
<< Esatto. Vi intendete di cavalli? >>.
<< Abbastanza… >>.
<< E il vostro deve essere quell’arabo bianco, giusto?
>>.
<>.
<< Molto esuberante devo dire >>, mi disse riferita al fatto
che il mio cavallo, aveva cominciato a nitrire e dare doppie alle travi del
box.
Con
molta probabilità, aveva solo voglia di uscire e farsi una bella galoppata.
Dunque, presi tutto l’occorrente, e senza perdere altro tempo inizia a
sellarlo.
Tempo un quarto d’ora, ed entrambe eravamo già in sella, e con lo sguardo
spaziavamo la lunga distesa verde, che si estendeva davanti a
noi.
Sentivo l’adrenalina salirmi alla testa, dovuta alla bellissima galoppata
che ci attendeva. Anche Majestic l’avvertiva, poiché cominciò a raspare con uno
zoccolo.
<< Tracciato unico. La prima che arriva in fondo, vince >>,
mi disse Clarise con un sorriso sghembo sulle labbra.
<< Molto bene >>, gli risposi, ricambiando il sorriso, poi
partii ad un galoppo sfrenato.
Erano già due ore che parlavamo solo della possibile strategia da
adottare a Hastings, ma non eravamo riusciti a cavare un ragno da un
buco.
I sassoni erano più numerosi, ed erano riusciti a stringere un’alleanza
con i vicini scozzesi. Oramai, Guglielmo aveva mobilitato tutte le truppe sui
confini, in modo da non farli passare e mantenere un controllo sul territorio,
ma se presto non saremmo intervenuti, le difese si sarebbero
indebolite.
Tracannai dal calice un altro sorso di Cognac, per cercare di scrollarmi
di dosso quel senso d’oppressione. Odiavo non avere le cose in mano, e non
sopportavo l’idea di non riuscire ad arrivare ad una
soluzione.
Era
una cosa che mi mandava giù di testa, e intanto, bevvi un altro
sorso.
<< Thomas non esagerare con quel Cognac…
>>.
<< Che altro vorresti fare Lionel? Ormai, ci siamo resi conto che
abbiamo poche scelte >>.
<< Il tuo piano Thomas è buono, ma ci sono alcune imprecisioni. Per
esempio: loro possiedono le catapulte. Noi come faremo a difenderci?
>>.
Anche a questo non avevo pensato. Era inconcepibile che i sassoni stavano
avendo la meglio. Era quella dannata cavalleria inglese…
In
ogni modo, presto avrei trovato una soluzione.
<< A cosa pensi? >>, mi chiese Gawain.
<< Non lo so neppure io >>.
Ed era vero. Per la metà del tempo, avevo pensato ad Isabeau, e tutt’ora
continuavo. E per quanto cercassi di non farlo, era come se quel pensiero si
fosse fissato nella mia mente. Non c’era verso di
toglierlo.
Inoltre,
ero leggermente angustiato: non la vedevo, ne avevo sue notizie da più di tre
ore.
E
se le fosse successo qualcosa?
Scuotei il capo, imponendomi di restare calmo. Non dovevo mostrarmi
apprensivo.
<< Tranquillo. Isabeau sta bene… >>.
Alzai lo sguardo su Lionel. Accidenti, quanto mi conosceva
bene!
Con
un tirato sorriso lo ringrazia, e presi un altro sorso di
Cognac.
<< Sentite, è inutile arrovellarsi su questa questione tanto a
lungo. Troveremo il modo, magari più avanti. Parliamo piuttosto di come
organizzare il resto del viaggio. Manca relativamente poco a Londra… >>,
spezzò il silenzio Gareth.
Londra. Mai avevo agognato come adesso per arrivarci. Speravo di
raggiungerla al più presto, e finalmente io ed Isabeau, ci saremmo appartenuti
l’unaltro, consacrati da Dio.
Un bussare deciso alla porta, ci interruppe. Gareth, col suo vocione,
ordinò un secco avanti, facendo entrare un servo, che si posizionò
sull’uscio.
<< Perdonatemi, ma Sir Galleron è giunto a Heartheaven, e chiede di
conferire con voi Lord Devereux. In privato >>.
Io e gli altri ci guardammo stupefatti. Cosa ci faceva il cugino del Re a
Heartheaven? Se si era scomodato così tanto da Londra, dove le sue chiappe
potevano stare al sicuro, ed entrare in territori così ostili, doveva riferirmi
qualcosa di molto grosso.
Al tempo stesso non gioivo della sua visita;
Non
eravamo mai stati in buoni rapporti, causa, la sua gelosia nei mie confronti.
Credeva che io non avessi il diritto di occupare quella posizione, e di certo,
il Re aveva commesso un grave errore ad accogliermi in
famiglia.
A sentire lui, tutto ciò spettava ad esso, non a me. Io lo lasciavo
parlare, e qualche volta mi divertivo a strapazzarlo, fino a, quando, non se ne
andò in Cornovaglia per quasi tre mesi.
Ed ora, eccolo nuovamente alla carica. Ero veramente curioso di sapere
cosa mi doveva dire, e per giunta in privato.
<< Riferitegli che lo attendo con ansia
>>.
<< Sì mio signore >>, e con un profondo inchino se ne andò,
chiudendo la porta.
Restammo solo noi quattro nella stanza, in silenzio, probabilmente ognuno
immerso nei propri pensieri.
<< Hai veramente intenzione di parlare con quel farabutto?
>>.
Guardai Gawain alterato, guardarmi con ferocia. Purtroppo non avevo
scelta. Anch’io avei voluto non per nulla vederlo.
<< Basta ragazzi. Andiamocene, prima che l’aria si faccia troppo
pesante >>, disse Lionel alzandosi dalla cassapanca in legno e
avvicinandosi alla porta.
Gli altri lo seguirono ed io rimasi da solo. Dopo un quarto d’ora, sentii
la porta aprirsi, e non mi meravigliai nel vedere Galleron entrare con
spavalderia verso di me.
<< Barone. Sua Maestà vi porge i suoi più sinceri saluti, e si
augura che stiate bene >>.
<< Come vedi, per tua sfortuna sono ancora tutto intero
>>.
Mi guardò con astio, e volgendomi le spalle, si tolse il pesante mantello
di velluto marrone, gettandolo a terra, seguito dagli stivali.
Prese
un calice di ferro, e si versò una sostanziosa dose di vino rosso. Volgendomi un
ultima occhiata in tralice, si accomodò sulla scrano affianco al
mio.
Lo guardai, rammentando a me stesso, di non perdere la calma, perché
quell’uomo aveva la capacità di farmi ribollire il sangue nelle
vene.
Con ostentata superiorità, sorseggio il vino, mentre con lo sguardo
passava in rassegna la stanza. Evidentemente non era di suo
gradimento.
<< Guarda dove sono finito… >>,
sussurrò.
<< Come dici prego? >>.
<< Sai, il Re tiene così tanto a te, che per riferirti uno stupido
messaggio, ha voluto mandare me, pensando che fosse più sicuro e veloce
>>.
<< O forse, ha pensato che tu sia un scansa fatiche…
>>.
Sbattendo il calice di ferro sul bracciolo della sedia, vidi Galleron
alzarsi in piedi come una furia, mentre una vena gli pulsava sulla
fronte.
Quell’uomo
non aveva autocontrollo.
<< Bada a come parli Thomas! Il Re ormai è vecchio, e quando
morirà, la vita non ti sarà più facile come adesso
>>.
<< Cosa ti fa credere, che quando morirà sua Maestà, non mi designi
come suo legittimo erede? >>.
<< Ah, ah, ah! Questa è buona… Non avendo figli, io sono il diretto
discendente. Spetta a me la corona. Tu mi hai gia rubato parecchie cose, non ti
permetterò di strapparmi anche questa! >>.
<< Non spetta a te decidere, e nemmeno a me. Ora però, fammi il
piacere di riferirmi questo stupido messaggio. La tua presenza non è gradita
>>.
Si riempì nuovamente il calice con dell’altro vino, e con lentezza se lo
portò alle labbra, bevendolo a piccoli sorsi.
<< Il Re, ha ovviamente pensato a te, mentre eri via. Ha deciso di
occuparsi del tuo matrimonio >>.
Un gelo irreale mi pervase dalla testa ai piedi. Per un momento, fui
incapace persino di pensare. La parole matrimonio, mi rimbombava nella testa
come un’eco continuo.
<< Sei sorpreso? La cosa mi lascia alquanto perplesso. Credevi che
non avrebbe elevato ancor di più la tua posizione con un matrimonio di
convenienza? >>.
<< Quale… matrimonio? >>, riuscii a dire. Quella parola mi
strozzò, e la cosa era resa peggiore, avendo la bocca
arida.
<< Quello con la figlia del Duca di Rouen. Non ti devi neanche
lamentare: è davvero una splendida ragazza, e la sua dote è la più ricca di
tutto il reame… Tutte le fortune capitano a te, come al solito
>>.
Fortuna? Se solo sapesse… La mia mente corse subito a Isabeau. Non potevo
rinunciare a lei. Non volevo…
Lei
era tutto per me. Come avrei fatto a sposare un’altra donna che non fosse
lei?
Dovevo assolutamente parlare col Re, e spiegargli la situazione. Lui
avrebbe capito e risolto tutto quanto, ne ero sicuro… o almeno era quello che
speravo.
Un silenzio gelido calò nella stanza, ma anche la mia anima si era fatta
di ghiaccio.
Vidi Galleron servirsi il vino per la terza volta. Che ci si
affogasse!
<< Si chiama Alistance du Polignac. Una donna molto, anzi, devo
dire estremamente piacevole. Ha lunghi capelli color del grano, una vita sottile
e un seno prosperoso. Il meglio del meglio, per il nostro principe d’Inghilterra
>>.
Lo guardai con odio, mentre accompagnava le sue parole con un finto
brindisi alzando il calice verso di me.
<< Avete finito? >>.
<< Non ti vedo soddisfatto… devo riferire a sua Maestà che non
gradite le sue attenzioni? Potrebbe rimanerci molto male. Pensate, ha preso un
accordo speciale col Duca, unicamente per riuscire a farvela sposare. Capisci
anche tu che è una donna piuttosto corteggiata. Suo marito, entrerà in possesso
dei terreni di Rouen, Polignac e anche alcuni possedimenti in Cornovaglia. Un
bel bottino >>.
<< Ora taci Galleron. Se è tutto, puoi alzare quel tuo sedere
cencioso e non farti più vedere, mi sono spiegato?
>>.
<< Sì certo. Come desideri my lord. Ah, ah, ah
>>.
Si alzò leggermente barcollando, con qualche difficoltà raccolse da terra
le sue cose, e uscì dalla stanza ridendo come un pazzo.
Aveva
bevuto troppo vino.
Quando fu molto lontano, tutto ciò che potei fare, fu accasciarmi sulla
sedia in preda alla disperazione più totale.
Io e Mademoiselle Clarise, stavamo rientrando dentro al castello.
Avevamo passato la maggior parte del pomeriggio a cavalcare in mezzo ai boschi,
e il sole aveva riscaldato fino a poco fa la giornata.
Mi ero divertita molto in sua compagnia, poiché era una ragazza
piacevole. Avevamo parlato, scherzato e condiviso alcuni aneddoti sugli uomini,
ma in particolar modo su Thomas.
<< E’ stato un pomeriggio piacevolissimo Mademoiselle
D’Arcy. Vi ringrazio molto, mi ci voleva proprio una giornata così
>>.
<< Anche per me è stata una bella giornata. Spero che domani,
vorrete farmi compagni ugualmente… >>.
<< Certamente. Ora sarà meglio che ci diamo una ripulita
>>.
<< Certo, a domani >>.
Congedandoci, andai a cercare Thomas, che con tutta probabilità doveva
essere ancora nel salone a discutere di guerra, armi, combattimenti e
simili.
Percorsi il lungo corridoio ornato da arazzi e statue. Le torce erano già
state accese sulle pareti, e alcuni candelabri erano stati posti sui mobili di
legno pregiato.
Arrivai all’enorme portone del salone, e più mi avvicinavo, più sentivo
chiare e distinte le voci provenienti dall’interno.
Riconobbi la voce di Thomas immediatamente, e successivamente anche
quella di Lionel. I loro toni, erano molto astiosi, sembrava che stessero
litigando.
Scostai di qualche centimetro la porta, e gli urli mi colpirono
pesantemente i timpani.
<< Santo cielo Thomas, glielo devi dire! Non puoi tenerle nascosto
una cosa del genere! >>.
<< Come posso Lionel?! Come?! >>.
<< Non mi interessa, ma ha il diritto di sapere! Soffrirebbe e
basta, se tu glielo riferissi all’ultimo minuto, o peggio, vederti direttamente
all’altare con un’altra donna! >>.
Soffocai un urlo portandomi una mano davanti alla bocca. La gola mi
diventò arida, e il respiro mi si mozzò.
Sensazioni devastanti e assolutamente dolorose mi trafissero come mille
lame. Dagli occhi, presero a sgorgare copiose lacrime.
<< Glielo devi dire prima di raggiungere Londra, mi hai
capito?!>>.
<
<< Cosa intendi fare allora, eh?! Sposerai Alistance e proporrai ad
Isabeau di diventare la tua amante?! E’ questo quello che vuoi fare?!
>>.
<< Noo! Santo cielo no! Ci deve essere un modo per…
>>.
<< Dannazione Thomas, guarda in faccia la realtà! Come te lo devo
dire?! Non puoi sposare Isabeau! >>.
Quello fu il colpo di grazia. Sentii le gambe cedere sotto il mio peso, e
la vista si offuscava sempre di più, a causa di tutte le lacrime che stavano
uscendo dai miei occhi.
Non potevo continuare un minuto di più ad ascoltare, così aggrappandomi a
tutto ciò che trovavo, raggiunsi la mia camera chiudendola a
chiave.
Ignoravo come ci fossi riuscita, ma ora che ero li, potevo sfogare il mio
dolore in santa pace.
Appoggiandomi alla porta sigillata, mi lascia scivolare lentamente sulla
sua superficie, sino a ritrovarmi raggomitolata a terra, in preda ad un dolore
devastante.
La
mia mente era ottenebrata: non pensavo più a niente, non vedevo più niente.
Sentivo soltanto male, che minuto dopo minuti mi stringeva ancor di più nella
sua fredda morsa.
Avrei voluto urlare per la sofferenza, ma la mia voce non era abbastanza
acuta per esprimerlo pienamente.
Col cuore sgretolato come creta, mi diressi lentamente verso la mia
camera. Cercai di togliermi quell’aria tremendamente affranta, triste,
disperata, addolorata.
Mi sentivo in mille modi diversi, tutti quanti devastanti per la mia
anima, che si struggeva lentamente per un amore, che presto si sarebbe
spento.
Da quando avevo sette anni, non avevo più sentito le lacrime sfiorarmi
gli occhi, ma riuscii a trattenerle. Non potevo crollare
adesso.
Avevo deciso di informare Isabeau l’indomani, cercando quella notte, di
fingere la nostra spensierata felicità, il nostro amore.
Come avrei fatto senza di lei?
Scaccia quegli oscuri pensieri, poiché ero già alla porta, così abbassai
la mano sulla maniglia. Cercai di darmi più contegno possibile, ma con mi enorme
stupore, la porta non si apriva.
Feci altri tentativi, e arrivai alla triste conclusione che era chiusa a
chiave dall’interno.
<< Isabeau? >>, dissi con la voce ancora
tremante.
Dall’interno non mi arrivò nessuna risposta. Forse non era in camera.
Allora, dove poteva essere?
In ogni modo, la porta era chiusa a chiave, e lei doveva essere per forza lì dentro,
ma non capivo perché non voleva aprirmi.
<< Isabeau? Aprimi per favore… >>.
Nuovamente il silenzio mi rispose, e questo non fece altro che aumentare
il gelo che mi avvolgeva da quel pomeriggio.
Mi appoggiai alla porta, cercando di capire cosa stesse accadendo. Mi
sembrava che stesse per arrivare la fine del mondo.
Improvvisamente, udii un singhiozzo soffocato al di là della
porta.
<< Isabeau! Apri… che succede? >>, chiesi
apprensivo.
Dio! Stava piangendo.
<< Isabeau, per favore, aprimi. Che cosa è accaduto? Ti prego,
dimmelo >>.
Per tutta risposta, sentii un oggetto di terra cotta, infrangersi sulla
porta.
<< Isabeau… spiegami cosa è successo, te ne prego. Non sopporto
l’idea che tu stia male… >>.
Un altro oggetto colpì la parete della porta. Attraverso un complicato
ragionamento, intuii che Isabeau in qualche modo, era venuta a conoscenza della
discussione tra me e Lionel.
<< Oh Dio! Isabeau, ascoltami… >>, ma non feci in tempo a
completare la frase, perché un oggetto metallico colpì la superficie di legno,
ammaccandola con un rumore tremendo.
Restai fermo davanti a quella porta sperando che mi aprisse, o anche che
mi dicesse qualcosa, ma nulla accadde.
Non sapevo quanto tempo era trascorso, oramai avevo perso ogni senso e
anche la cognizione del tempo. Il dolore mi aveva pervaso così tanto, da
rendermi apatico, statico. Mi sentivo come un fantasma, vagare senza
meta.
Affranto, mi asciugai un po’ gli occhi, e lentamente mi diressi verso il
salone.
Quella notte mi addormentai sfinita e stremata fra le lacrime, mentre in
lontananza udivo la voce di Thomas che mi chiamava e ripeteva il mio
nome.
Combattei fino all’ultimo pur di non cedere alla tentazione di aprire
quella porta e gettarmi fra le braccia di Thomas, e chiedergli se veramente
tutto stava per finire.
Forse era passata un’ora, come forse cinque minuti, ma non m’importava.
L’unica mia certezza, è che mi sono svegliata da un sonno agitato e
buio.
Mi alzai sul materasso e con le mani cercai di togliermi i residui salati
delle lacrime, che mi bruciavano sulle guance scarlatte.
Volevo scendere. Volevo uscire da quella stanza, che troppi ricordi ,o
faceva affiorare alla mente.
Scesi lentamente le scale, ed il silenzio che vi padroneggiava mi rendeva
ancor più sola e abbandonata. Il freddo mi parve
aumentare.
Dalla porta del salone, filtrava uno spiraglio di luce prodotta dal
fuoco, che con molta probabilità doveva essere acceso.
Entrai nella stanza, dove aleggiava un piacevole calore, ma con mio
enorme stupore vidi Thomas girare il volto nella mia direzione, quando fino a un
secondo prima, guardava assorto le fiamme.
Aveva
una mano appoggiata alla cornice in pietra del camino, l’altra sull’elsa della
spada, gli occhi fissi sui miei;
Trattenei
il respiro, senza poter fare a meno di guardarlo,perdendomi in quel mare verde,
che tante volte mi aveva stregato.