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Autore: JudeNera    21/02/2014    1 recensioni
«Ragazzi» esordì Zack «Vi ho portato il pubblico!». Da dietro la porta spuntò una ragazzina «Salve a tutti» disse massacrandosi le mani. I ragazzi fecero un grosso sorriso tranne Jimmy che sembrava preoccupato «Come hai conosciuto questa testa di cazzo?» riferendosi al moro. «Hey! Testa di cazzo a chi?» Zack si tuffò su di lui che prontamente lo scansò facendolo quasi finire per terra. Ridendo Sam rispose «Ci siamo conosciuti in punizione... Avevo dato della "prostituta", per dirlo gentilmente, alla figlia della preside». Un vocione spezzò le risate soffocate dei presenti «E tu Zacky, che avevi combinato per stare lì in punizione?» Matt salvò quella ragazza che ormai era diventata color porpora per l'imbarazzo. «Secondo te, Shads? Ho picchiato Morrison, aveva insultato me e la mia amante» rispose velocemente il ragazzo guardando con occhi sognanti la sua chitarra.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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You're just a sad song with nothing to say.


Jimmy p.o.v.
«Questa è la tua fine, maledetto!» sguainai la spada lucente sotto il sole rosso del tramonto.
«Ahahahah davvero credi di potermi sconfiggere con quella?» l’enorme bestia verde mostrò di rimando i suoi denti aguzzi, pronti a far di me un sol boccone. Non avevo paura però, ero convinto che la mia spada magica non mi avrebbe lasciato solo nel momento del bisogno. Mi lanciai contro di lui, facendomi precedere dall’arma, feci un salto ed arrivai all’altezza del suo occhio, caricai il tiro e…
Dliiiin dloooon
«Aaaaaah!»
Aprii gli occhi e ci misi un po’ per mettere a fuoco. Mi trovavo ancora nella mia camera, seduto a metà del letto, tutto sudato e con un braccio alzato.
«Devo smetterla di giocare a quei giochi, mi mandano in pappa il cervello»
Dissi a bassa voce come se fosse un post scriptum da tenere a mente.
Dliiiiiin dloooon
“Il campanello? Che diavolo di ore sono?” pensai cercando la sveglia sul comodino. La girai verso di me e vidi quelle cifre in rosso “4:16”
“Saranno i ladri, o qualcuno che vuole fare uno scherzo”
Mi tirai le coperte e mi misi su di un lato
Dliiiiin dlooon
“Che ladri insistenti… ma gli altri non sentono nulla?”
Dliiin dlooon
“Che palle.”
Mi alzai controvoglia, presi la mazza da baseball dall’angolino -non si può mai sapere- e mi diressi verso la porta che quella sera sembrava animata.
Poggiai la mazza per terra a mo’ di bastone e guardai dallo spioncino. Riconobbi una figura familiare, i capelli neri scompigliati e gli occhi più rossi che azzurri. Aprii immediatamente la porta
«Che diavolo ci fai qui, Z?» dissi ancora con la bocca impastata dal sonno e con gli occhi socchiusi per la troppa luce della strada
«Ho lasciato Gena e non vogliono farmi entrare all’ospedale per vedere Sam!» non appena aprì bocca ne uscì un’olezzo di alcool e marlboro e contorsi il naso
«Aspetta aspetta aspetta, tu hai fatto cosa? Lasciato Gena? Da ubriaco?»
Cercai per un attimo di ignorare le paranoie di un alcolizzato e concentrarmi sul succo del discorso
«No! Prima! Non voleva che andassi più da Sam… è pazza!»
“No, tu, amico mio, sei pazzo a girare da solo per strada a quest’ora”
«Entra, su…» lo aiutai a mantenersi in piedi ed arrivare fino al divano, dove sprofondò e si addormentò quasi subito nella stessa posizione in cui era caduto.



Zack p.o.v.
Non so dire esattamente quanto passò, forse una settimana, o forse un anno… avevo perso completamente il senso del tempo. Dentro la mia testa si faceva sempre più largo l’idea di averla persa per sempre, di aver perso per sempre la mia migliore amica, e con chi avrei visto quegli orribili splatter che non piacciono nemmeno ai registi che li fanno? Con chi avrei riso fino alle lacrime per stronzate? Non riuscivo nemmeno a pensarci. Come può fermarsi una vita a 22 fottutissimi anni? In me c’era ancora quella piccola e debole speranza di rivedere i suoi occhi ed il suo sorriso, o forse era solo perché non volevo cedere all’evidenza. Sam stava male. Se si fosse risvegliata avrebbe potuto riportare traumi, la sua faccia era guarita ma ancora livida e gonfia, dati i frammenti che le erano finiti un po’ su tutto il corpo. La notte rimanevo sveglio a pensare, a rimuginare sulle cose che avevo fatto o che invece avrei potuto fare per cambiare quella situazione. Poi mi accorsi che ormai era passato, a meno che non avessi costruito una macchina del tempo non era possibile ritornare indietro e mi assalì un nuovo pensiero. In quelle ultime sere pensai di non averla abbracciata abbastanza, di non averle detto o dimostrato che le volevo bene, che per me era una persona importante, un cardine, insieme agli altri della band, soprattutto da quando ci eravamo trasferiti. Mi sentivo male ogni volta che ci pensavo perché, beh, se lei se ne fosse andata da questo mondo –non riesco ancora a dire quella parola- non l’avrebbe mai saputo.
Quell’ultima sera mi trovavo come sempre nella mia camera, con una piccola luce direzionata sulla mia scrivania. Avevo la testa appoggiata fra le mani e cercavo di trattenere le lacrime quando ad un certo punto mi girai e vidi lì di fianco a me un foglio di carta con una matita. Immediatamente iniziai a solcare la carta con la grafite con un tratto definito e pesante, e non appena ebbi finito presi quel foglio, lo piegai delicatamente e lo infilai nella tasca del primo cappotto che mi capitò a tiro, mettendomelo addosso. Aprii la porta di legno scuro e l’aria di novembre mi pizzicò il naso. Rimasi lì sul pianerottolo per qualche secondo con gli occhi chiusi e poi mi incamminai con la luce flebile dei lampioni a farmi compagnia.

  
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