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Autore: mirandas    22/02/2014    3 recensioni
"Beh, Beatrice mi ha detto, che Lucia le ha detto che la Madonna le ha detto di dirle mentre era con Rachele…sì, insomma, mi manda Beatrice!" (Estratto dal capitolo 2)
Chi, leggendo la Divina Commedia, non ha mai pensato che gli svenimenti del nostro amato fiorentino fossero leggermente fittizzi? Per Dante, Beatrice passa in secondo piano di fronte alla fascinosa guida, anche se ci vorrà un po' di tempo: esattamente la durata di un periglioso tour fra inferno, purgatorio e paradiso. Buona lettura a tutti!
Genere: Comico, Parodia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dante Alighieri, Un po' tutti, Virgilio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ed eccoci giunti al capitolo tanto atteso...il canto dei sodomiti!!!! :D Vi avverto fin da subito che questo canto non è venuto come ci aspettavamo...semplicemente perchè nel testo non siamo riuscite a trovare nemmeno un doppiosenso! D: Siamo rimaste molto deluse ma ci siamo sapute arrangiare ed è venuto fuori questo capitolo che troverete più lungo del solito ed in cui verranno spiegate alcune cose poco chiare (ad esempio perchè Dante è così innocente quando si parla di daghe quando all'inizio si faceva molti disegnini mentali su Virgilio....).
Vorrei ringraziare ancora una volta
ThanatoseHypnos per aver chiesto di inserire la nostra fanfiction fra le storie scelte :) A breve cominceremo una revisione dei canti per togliere eventuali (e probabili) errori di battuta, di distrazione, ecc...
Bene, ho terminato con le comunicazioni, non mi resta che augurarvi una buona lettura!


Canto XV
 
Virgilio
 
Finalmente…
Finalmente il mio problema sotto-tunica era finito!
La conversazione con Capaneo aveva decisamente scaricato le mie batterie. Oh, quanto era difficile durare così tanto! E il fatto di essere morto da giovane non aveva certo contribuito…
Dovevo riuscire a controllarmi meglio, a trovare qualcosa che mi distraesse da Dante, qualunque cosa!
“Maestro, in che girone siamo?”
Eh, parli del diavolo…
“Eh, beh, siamo nel girone dei…”
Oh Santamadresbrisolona!
Tossicchiai, cercando di riacquistare quel poco di controllo che mi era rimasto. “Lo vedrai, Dante. Lo vedrai…”
Il mio protetto rimase a fissarmi ammutolito, ma subito si riscosse e si apprestò a seguirmi, temendo che lo avrei lasciato indietro. Che stupido, come se giunti a questo punto, quando non riuscivo a smettere di pensare a lui nemmeno per un secondo, potessi farlo…
Continuammo a camminare lungo gli argini del Flegetonte, sotto una pioggia di fuoco. A proteggerci dal calore delle fiamme ci pensava il vapore che si creava al contatto delle fiamme con l’acqua e gli argini del fiume.
“Questi argini sono alti come quelli di Wissant e di…”
“Dante.”
“…”
“Bravo.”
Mi guardai indietro e lanciai un’occhiata alla selva dei suicidi, eravamo ormai tanto lontani che non riuscivo più a scorgerla.
Nel momento in cui mi girai di nuovo verso la nostra meta, scorsi una schiera di anime che venivano avanti fissandoci con gli occhi socchiusi…
“…come se cercassero di infilare un filo nella cruna dell’ago in una notte di luna nuova!” concluse Dante…un momento, concluse? Guardai il fiorentino con aria interrogativa.
Questi mi rivolse un sorrisetto furbo. “Ma come, maestro, non ti eri accorto che stavi parlando a voce alta?”
“Ah, ora ti metti a citarmi?” domandai, non sapendo se sentirmi offeso o lusingato.
Dante rise: “Forse. Ma allora, chi sono quelli? Mi sento un po’ troppo osservato…”
“NUOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO! DANTEEEEEEEEEEEEE!!!”
Dante sobbalzò impaurito. “Ma cos…?!”
All’improvviso, qualcosa di molto simile ad una valanga lo travolse e lo gettò a terra.
Osservai perplesso il groviglio di macerie umane e notai che la valanga era in realtà un uomo basso, robusto e bruciacchiato. Ma prima che potessi cercare di districarli udii Dante squittire: “Maestroooooooo!”
Ma non era rivolto a me.
Era rivolto verso l’ometto e lo guardava con aria estasiata. I due si rialzarono aiutandosi a vicenda. Sorrisero e si abbracciarono con calore. Al distacco l’ometto acchiappò con due dita la guancia di Dante e, stritolandogliela con vigore, esclamò: “Ma guarda te come sei cresciuto! Mi ricordo quando eri ancora un giovane pischello, sempre chino sui libri!”
Il fiorentino mi guardò con aria disperata, cercando aiuto per liberarsi dalla stretta mortale dell’ometto.  
Non sapevo come reagire. Ero piuttosto spiazzato e del resto l’uomo non sembrava pericoloso. La naturalezza con cui Dante era saltato al collo del tizio lasciava intendere che ci fosse una certa affinità tra i due. Mi limitai ad alzare il sopracciglio e a guardare Dante con aria interrogativa.
Nel frattempo il mio protetto era riuscito a liberarsi da colui che aveva chiamato maestro e mettendogli con affetto una mano sulla spalla, si rivolse a me dicendo: “Cara guida, posso presentarti il mio amato maestro Brunetto Latini?”
Ah.
Amato” maestro?  
Sbaglio o ero io il suo amato maestro? Insomma, chi poteva sperare di competere con me, uno tra i più famosi poeti della storia? L’autore delle Bucoliche, delle Georgiche e dell’Eneide?
Chi aveva portato Dante all’Inferno per volere della bionda sbrisolona? IO. Chi lo aveva guidato attraverso ogni girone? IO. Chi gli aveva promesso di rimanere sempre con lui? IO. Chi provava qualcosa per lui?...ehm…ehmehm…. Aaah, dopo tutto ciò che era successo non potevo certo negare di provare l’ardente desiderio di gettarlo per terra e saltargli addosso sul momento. Guardai da lontano le anime del girone. Almeno loro lo avevano fatto, maledizione!
Mi riscossi sentendo una mano che mi tirava un lembo della tunica. “Maestro! Maestro! Può restare anche lui? Ti preeeeeeeeeeeeeeeeego!”
Ah, adesso sono di nuovo io il “maestro”?
Sospirai. “Sì, certo che può. Sarà un piacere averlo con noi.” Pensai un potrei vomitare che però tenni per me.
“Oh! Grazie maestro!” Dante mi abbracciò di slancio.  Gli posai delicatamente una mano sulla schiena. Scesi fino al fianco e poi la ritirai, scacciando l’ impulso di andare oltre. Mi staccai notando infastidito lo sguardo che mi aveva lanciato Brunetto Latini.
 
 
Dante
 
Brunetto camminava al mio fianco. Che bella sorpresa rivedere il mio precettore! Discorrevamo di tante cose; voleva sapere tutto della mia vita e dei miei studi. Virgilio camminava qualche passo avanti a  noi, le spalle incurvate, la testa bassa. Sembrava perso in pensieri tutti suoi.
“Allora, Dante, chi è quel bel pischello?”
Virgilio si voltò di scatto. “Signor Pischello, prego.”  Si addolcì un poco. “Il mio nome è Publio Virgilio Marone.”
Brunetto si arrestò. “Ah! E bravo il nostro Dante!” disse, assestandomi una poderosa pacca sul sedere, facendomi arrossire.
Virgilio ci guardò con aria interrogativa. Anche lui si era leggermente colorito in volto e fissava Brunetto. Accidenti, che figura mi aveva fatto fare di fronte a Virgilio! Chissà cosa avrebbe pensato di me.
“Allora, da quant’è che state insihmfmhh!” Riuscii appena in tempo a tappargli la bocca.
“Beh, abbiamo cominciato a viaggiare insieme da quando ci siamo incontrati sulla porta dell’Inferno ieri mattina. Lui è la mia guida, mi aspettava all’ entrata. Lo ha mandato Beatrice.”
“Sì, però lui è molto meglio della tettona bionda!”
“Maestro!” protestai infastidito, intimandogli di abbassare la voce.
Brunetto mi guardò con un’aria di comprensione paterna. “Oh, ora capisco tutto.” Mormorò, passando lo sguardo da me a Virgilio, il quale camminava distante da noi per permetterci di avere un po’ di privacy. Anche se con il tono di voce del mio precettore parlare di privacy era un tantino troppo pretenzioso.
“Che cosa hai “capito”, maestro?” sussurrai.
Brunetto mi sorrise dolcemente. “Lui non sa di piacerti.”
A quelle parole arrossii così tanto che il mio maestro si preoccupò per la mia salute fisica e mentale. “Io…ecco…non…non è così…Insomma…lui è il mio idolo…non potrei mai…Beatrice…” balbettai disperato cercando di aggrapparmi al nome della donna che avevo amato o creduto di amare – non lo sapevo più neanche io – nella speranza che mi togliesse d’imbarazzo, ma ottenni scarsi risultati.
Fortunatamente il mio precettore era lì per me. Mi passò gentilmente una mano sulla schiena per calmarmi e mi aiutò a ritrovare il respiro e la voce dandomi piccoli incoraggiamenti. “Calma, calma. Così, respira: inspira ed espira. Bravo. Va tutto bene, Dante.” Quando si accertò che fossi nuovamente in condizioni di parlare, ruppe il dolce silenzio in cui avevo trovato una momentanea pace. “Allora, Dante, vuoi spiegarmi qual è il problema? Insomma, non hai visto quant’è figo Virgilio?! È l’idolo di tutti i poeti. Diamine, è stato anche il mio! Da giovane ero pieno di suoi poster miniati in camera! Hai praticamente il sogno della tua vita davanti agli occhi e non vuoi fare niente per cogliere l’occasione al volo? Così mi deludi Dante, il minimo è saltargli addosso!”
“Ma, maestro, lui non si dedicherebbe mai all’amore carnale! Lui è un grandissimo poeta e… poi io non so mica se…” tentai di spiegargli, ma venni interrotto bruscamente.
“No, ma dico, hai notato come ti guarda? E poi cosa c’entra l’essere un poeta? Pensi forse che non senta pure lui certi…desideri? Ma insomma, anche lui è umano! E piantiamola una buona volta con questo amore platonico! L’amore spirituale, la nobiltà dell' animo, e le chiappe non si toccano perché la carnalità non va bene e bla bla bla,…CHE – PALLE!”  Mi si fermò davanti, mi afferrò saldamente per le spalle e, guardandomi fisso negli occhi aggiunse: “Non vergognarti della carnalità. MAI. E’ parte del tuo essere umano e tanto basta. Rimanere un’ eterna verginella spaurita non ti renderà più puro, o più bello agli occhi di Dio , né una persona migliore.” Lanciò un’ occhiata a Virgilio. “E lui ora questo lo ha capito, fidati, te lo dice uno che se ne intende.”
Fu allora che ebbi una rivelazione. “Ma…allora la sua…daga… Oddio, mi si è anche seduto dietro! Mammina mia…mi si è…seduto…Gesù…la …la daga…ma certo, un pugnale, proprio lì...non era possibile…che …che stupido…” balbettai, incapace di fermarmi.
Brunetto aggrottò le sopracciglia e mi guardò in cerca di spiegazioni. “Daga? Di quale daga stai parlando, Dante?” Guardò Virgilio, poi me, poi di nuovo lui. Improvvisamente parve realizzare ciò che intendevo e scoppiò a ridere fragorosamente. “Non ci credo! Vuoi dire che Virgilio ha avuto…Hahahahahaha!…e che tu hai pensato che fosse…Huhahahahahahaha!!…! Questa è in assoluto una delle storie più divertenti che io abbia mai sentito!” Continuò a ridere, andando quasi in iperventilazione. Virgilio si girò addirittura a guardarci con un’aria tra il sospettoso e il preoccupato. Gli feci cenno con un gesto che andava tutto bene. Si voltò di nuovo e continuò per la sua strada, con un’ espressione quasi scocciata, o delusa. Non appena si rigirò, mi rivolsi al mio precettore. “Maestro, basta!” sibilai, viola in viso.
Brunetto fece finta di asciugarsi una lacrima da un occhio e mi rivolse un sorriso di scuse. “Perdonami, Dante, era da molto tempo che non ridevo così tanto…anzi, ad essere più precisi, era da tanto che non ridevo affatto. Ma, sai, non ti facevo così ingenuo. Sembri proprio una suorina!”
Distolsi velocemente lo sguardo da lui e misi su un broncio degno di un bambino di cinque anni. “Non è colpa mia! Semplicemente non pensavo che fosse tipo da pensare a certe cose…questo non significa che io non ci abbia pensato ma…Virgilio mi confonde, maestro. È sempre così contradditorio in ogni sua azione. Un momento gli importa di me e quello dopo mi tratta male. E poi quando mi ha baciato ha detto che era un tipico saluto romano…”
Brunetto si fermò di colpo e mi guardò con aria sconvolta. “Vi siete baciati?!?” Lanciò un urletto emozionato degno della migliore fan girl.
“Ehm…più o meno…non proprio…insomma, ha baciato solo metà della mia bocca, quindi teoricamente non vale come bacio e…Possiamo tornare a parlare di questioni importanti?” domandai disperato infine.
“Per esempio?”
“Per esempio potresti dirmi quale girone è questo, tanto per cominciare…” proposi, ricominciando a camminare. “Com’ è possibile che tu sia finito all’ Inferno?” Sapere che una delle persone a me più care si trovava in un luogo simile mi faceva veramente male. Solo ora mi ero reso conto di dove in effetti ci trovavamo.
“Virgilio non te l’ha detto? Non mi sorprende. Forse temeva che ti saresti finalmente accorto della sua daga.” Rispose ridacchiando. Alla mia smorfia di impazienza cercò di tornare all’apparenza serio. “Beh, ragazzo mio, siamo nel girone dei sodomiti.” Mi strizzò l’occhio. “Se vuoi posso mettere una buona parolina anche per te.”
Lo guardai confuso. “Ma, maestro, quindi è questo il tuo più grande peccato?” Ripensai alla manata sul sedere di poco prima. Non mi ero mai accorto di questo particolare. Beh, pensavo che fosse solamente una persona molto affettuosa con i suoi amici, non mi ero mai reso conto della verità.
Lui ricambiò il mio sguardo. “Perché, quale pensavi che fosse?”
Cercai di non lasciar cadere lo sguardo sulla sua pancia. Non dire che è grasso, non dire che è grasso, non dire che è grasso…
“Ehm…l’avarizia…” risposi incerto.
“Cosa?! E perché mai?”
“Quando volevo uscire con Guido e gli altri non mi davi mai nemmeno uno spicciolo!”
“Perché non volevo che li spendessi giocando!” ribatté. Ma dopo pochi secondi sorrise. “Mi erano mancate queste piccole liti.” Ammise.
Mi venne spontaneo ricambiare il sorriso. “Anche a me.”
“Ora però torniamo a parlare di cose serie.”
“Sono d’accordo!”
“Quand’è che ti darai da fare con Virgilio?”
Per poco non inciampai. “Maestro!”
“Oh, andiamo! Ora che hai aperto gli occhi e che hai scoperto che pure lui prova qualcosa per te…”
“Un momento!” Stavolta fu il mio turno di interromperlo. “Va bene, abbiamo appurato che è umano e suscettibile agli stimoli della carne. Ma come fai a sapere che prova qualcosa proprio per me?”
Brunetto parve volermi dare una scrollata, ma invece inspirò profondamente e lasciò trascorrere dieci secondi. “Ma secondo te l’erezione gli è venuta pensando alle Arpie?!”
Fu allora che ebbi la seconda rivelazione della giornata. Per un attimo temetti che tutto il sangue del mio corpo si fosse coagulato nella testa, da tanto me la sentivo bollente. “Quindi…”
“Già.”
“Oh…”
“Già.”
“Quindi il bacio…”
“Aspetta, non correre troppo, figliolo.” Mi disse, circondandomi le spalle con un braccio. “E’ vero che Virgilio probabilmente prova qualcosa per te, ma per ora è meglio non fare supposizioni affrettate. Devi sapere che in amore occorre pianificare ogni dettaglio come se fosse una battaglia. Com’è che si dice? ‘In amore e in guerra tutto è lecito’. Anche eventuali giochetti strani…”
“Quindi che cosa faccio adesso?” domandai con voce piccola.
“Beh, io arriverei subito al dunque, ma tu devi dare tempo a Virgilio di trovare il coraggio per rivelare i suoi sentimenti, visto che sono sicuro che tu non avrai mai le palle di prendere l’iniziativa. Senza offesa, ma ti conosco fin troppo bene.”
Abbassai lo sguardo, mortificato. Ma subito mi ripresi. Non dovevo farmi scoraggiare dalle parole del mio precettore! Aveva detto di avere un piano in mente ed io avrei fatto di tutto per seguirlo e per conquistare la mia guida! “E nel frattempo che cosa posso fare?”
Brunetto mi guardò soddisfatto nel constatare che non mi ero lasciato abbattere. “Beh, nell’ attesa…ci sono tanti modi per ingannare il tempo quando si è da soli…”
“Maestro…”
“Ok, ok. Non devi più mostrarti così sottomesso in sua presenza. Ricordati, soprattutto quando si parla di relazioni la completa sottomissione ti porta poi al masoch…”
“Ok, ok, ho capito, vai avanti, ti prego.” Ancora più spaventoso del discorso in sé era il modo in cui lo diceva: era perfettamente a suo agio e a conoscenza dell’argomento, sembrava un documentario.
Continuò imperterrito: “Devi fargli vedere il tuo carattere, fai vedere che anche tu hai le palle! Anzi, fagliele proprio vedere in senso letterale!
“Ma no! Maestro, piano!”
“Se poi lui ti risponde in malo modo, tu non accettare i suoi scherzi: ribatti, come so che sei in grado di fare. Ovviamente, se i suoi rimproveri sono fondati, dovrai accettarli. Il punto è però, Dante, che non devi lasciarti mettere i piedi in testa. E’ fondamentale in una relazione il rispetto reciproco. Sii te stesso. Sii curioso, timido, ma anche arguto e scaltro, mio giovane aquilotto!”
“Ehi!” protestai.
 Brunetto ridacchiò. “Vedi? È proprio questo che intendevo. Puoi limitarti a protestare con un ‘Ehi!’, come hai appena fatto, o puoi spingerti oltre. Ricordati chi sei, Dante.”
“Perché stai citando ‘Il re leone’, maestro?”
“E tu perché continui a pensare alle tette di Beatrice quando hai un figone assurdo come Virgilio che ti accompagna?”
“Cosa?!” esclamai inorridito. “Io non penso a lei in quel modo! Il mio amore per lei è puramente platonico.”
“Tu sai di aver appena ammesso che pensi a Virgilio in quel modo, vero? E poi non fare lo stupido, pensi che non mi sia mai accorto della bavetta che ti scendeva dalla bocca quando la vedevi passare o pensavi a lei. Ah, bei tempi, quando eri ancora un ragazzetto brufoloso…”
Mi portai le mani alla testa. “Va bene, mi arrendo! Ok, ci ho pensato, lo ammetto! Soddisfatto?”
Brunetto ghignò. “Prima dobbiamo fare un discorsetto da padre a figlio.”
Se possibile, i miei occhi si spalancarono ancora di più. “Non intenderai IL discorso, vero? Ormai sono abbastanza grande da sapere come vanno le cose durante la fornicazione…”
Sesso, Dante, si dice fare sesso! Vorrei sapere dove hai imparato a parlare così all’antica! Comunque, non era questo il discorso che volevo farti.” Rispose ridacchiando.
“Oh…Allora cosa…?”
Brunetto si fermò, mi mise per la seconda volta le mani sulle spalle e mi guardò dritto negli occhi. Il tempo dei giochi era alla fine. “Dante, voglio che mi prometti che non ti lascerai travolgere dalle emozioni e che continuerai il tuo viaggio qualunque cosa accada.”
Lo fissai spaventato. “Cosa? Perché? Cosa succederà?”
“Tu sai che Virgilio non potrà accompagnarti in Paradiso. Promettimi che continuerai nel tuo percorso e che raggiungerai la gloria per la quale sei giunto sino a qui. Sai bene che se io fossi stato ancora in vita ti avrei aiutato volentieri. Tu sei sempre stato una delle poche persone oneste che io abbia mai conosciuto in mezzo ai quei corrotti fiorentini. Con quale coraggio osano definirsi nostri compaesani!? Loro sono come bestie affamate che si mangiano fra di loro. E vorrebbero mangiare anche te, lo so, sia Guelfi bianchi che neri. Beh, a dire il vero sono sicuro che anche Virgilio vorrebbe mangiarti, ma questo è un’ altro discorso. Ma tu dovrai continuare nel tuo percorso affinché il tuo desiderio venga esaudito.”
Il suo discorso così serio mi aveva rattristato a tal punto che sentivo già le prime lacrime farsi strada sul mio viso. “Se mi fosse possibile esprimere un desiderio, vorrei che fossi ancora vivo, mio caro maestro. Sei stato come un padre per me e mi hai insegnato tutto ciò che so sulla poesia. Prometto che scriverò un racconto su questa mia esperienza e che vi citerò. Non dimenticherò nulla del mio viaggio. Spero solo che Beatrice chiarisca tutti i miei dubbi sul futuro mio e di Firenze.”
“Ancora quella tettona bionda! E basta!” tentò di sdrammatizzare Brunetto, ma intravidi lo stesso una lacrima traditrice che gli scendeva sulla guancia. “E smettila di pensare a me. Concentrati piuttosto su quel bel pezzo di cencio (Nota dell’autrice: ebbene sì, il cencio è anche il nome di un dolce tipico fiorentino!) davanti a te! Voglio solo che tu sia felice. Io ormai sono qui, quel che è fatto è fatto, e non sono pentito di come ho vissuto.”
Continuammo a camminare in silenzio, Virgilio alla stessa distanza di quando avevamo cominciato. Tanto per passare il tempo, domandai al mio precettore chi fossero gli uomini intrappolati con lui nel girone dei sodomiti. “Giovane pischello, puoi ben immaginare che la stragrande maggioranza delle anime qui sia di chierici. Sai com’è, loro hanno il voto di castità ed una marea di sciocchezze varie. Ah, ma non ci sono solo preti! Ci sono anche famosi letterari. Per esempio Francesco d’Accorso. Invece sai chi altri c’è? Pensa un po’, Andrea de’ Mozzi! Sì, esatto, è dovuto interferire quel simpaticone del tuo amico Bonifacio VIII per farlo spostare da Firenze a Venezia. Pensa te! Guarda, parlerei molto volentieri con te ma non posso superare questo punto. Ti raccomando le mie opere e ti prego di ricordarti di me quando sarai vecchio!”
Lo abbracciai per quella che sapevo sarebbe stata l’ultima volta. “Non potrei mai dimenticarti. Sei stato come un padre per me.” Gli confessai per l’ennesima volta quel giorno.
“Non essere triste, Dante. Ogni volta che leggerai il mio Tesoretto, ti ricorderai di me.”
Non è che stava solo cercando un modo per farmelo leggere?
“Addio, maestro.”
“Addio, figliolo.”
Scambiati i nostri ultimi saluti, lo vidi correre verso dove eravamo giunti. Si voltò un’ ultima volta indietro, sorridendomi prima di scomparire per sempre. Una lacrima solitaria mi accompagnò mentre lo guardavo per l’ultima volta. All’improvviso mi accorsi che una mano era scivolata nella mia, cercando di farmi coraggio. Non so quanto restammo lì, in silenzio , a tenerci per mano. So solo che dopo un po’ mi ritrovai fra le braccia di Virgilio, a piangere nella sua tunica, sperando di non riempirla di moccico e lacrime, perché sarebbe stato difficile lavare via il tutto. Beh, magari sarei riuscito a fargliela togliere con la scusa che era bagnata. Vieni Virgilio, che ti asciugo io…
Per tutto il tempo Virgilio mi accarezzò la schiena e mi rassicurò, dicendomi che la pena del mio precettore non era tra le peggiori e che ricordandolo sarebbe stato sempre vivo nel mio cuore…ok, forse non lo disse proprio con queste esatte parole, ma il significato era quello!
Anche dopo essermi calmato rimasi un poco con la testa abbandonata sul suo petto, umido del mio pianto, assaporando il suo odore, il suo calore, mentre le mie ultime lacrime si asciugavano sulle guance. Avrei desiderato di rimanere così per sempre, ma Viriglio mi riprese la mano e mi chiese dolcemente: “Andiamo?”
Annuii, sperando che il mio dolore sarebbe diminuito col tempo. Non potei fare a meno di ripensare alla discussione avuta con Brunetto. “Non lasciarti travolgere dalle tue emozioni.”
Mi aveva avvertito, riferendosi a Virgilio. Ma probabilmente, pensai, si riferiva anche al nostro addio. Decisi che avrei seguito il suo consiglio e che l’avrei reso fiero di me.
  
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