Tanto tempo fa, quando ancora il cielo era vuoto,
c’erano
due regni in costante guerra tra loro, il Regno dell’Est e il Regno
dell’Ovest.
Motivo della disputa era la volontà dei re di
controllare
anche l’altro regno, la sete di potere li attanagliava e, a causa di
ciò, i re
fecero negli anni numerose campagne per alimentare l’odio tra i due
popoli.
Il Re dell’Ovest aveva un figlio, bello come il
sole, alto,
snello e atletico, mentre il Re dell’Est aveva una figlia, dalla pelle
candida
come la luna, bellissima anch’essa, dai lunghi e fluenti capelli color
dell’oro
più puro.
Essendo entrambi i pargoli di sangue reale vennero
per tutta
la loro infanzia serviti e riveriti, ma anche protetti.
Gli eredi al trono non potevano correre pericoli,
no? In
fondo essi erano il bene più prezioso dei rispettivi regni.
Venne loro quindi proibito, fin dalla più tenera
età, di
avventurarsi fuori dalle imponenti mura dei castelli.
I due erano però di indole estremamente curiosa.
La Principessa dell’Est soleva guardare le
verdeggianti
colline dalla finestra della sua camera, sognando di viaggiare libera
in quelle
terre per scoprire come vivevano i popolani, così uguali eppure così
differenti
da lei.
Il Principe dell’Ovest soleva invece guardare le
ampie
praterie dalle merlature del castello, sognando di essere un eroe e
sconfiggere
potenti draghi.
Entrambi si chiedevano se vivere una vita di
reclusione in
un castello, seppure ampio, valesse la pena di essere vissuta.
Cresciuti un poco, quindi, una notte presero
coraggio e
fuggirono dal luogo natio per esplorare il mondo.
Rubarono un cavallo dalle scuderie paterne e si
misero in
viaggio, nel cuore tanta paura ma altrettanta speranza e curiosità.
Il mattino seguente ai castelli i servi si
accorsero che i
due eredi mancavano e corsero ad allertare i re.
Subito i re mobilitarono i rispettivi eserciti
alla ricerca
dei figli perduti, preoccupati per le sorti dei regni che si sarebbero
trovati
senza alcun erede, diventando preda facile per l’altro regno.
I re e le regine erano infatti troppo vecchi per
avere un
altro figlio.
Passarono i giorni, poi le settimane, e degli
eredi nessuna
traccia.
Nel frattempo il Principe dell’Ovest giunse ad
un’imponente
catena montuosa.
Dagli insegnamenti dei suoi barbuti e decrepiti
maestri al
castello capì che esse erano le montagne che separavano il Regno
dell’Ovest
dall’orrido Regno dell’Est, abitato, si diceva, da mostri
pericolosissimi.
Quale occasione migliore per un eroico combattente
quale lui
era di dimostrare il proprio valore in battaglia?
Scorgendo all’orizzonte un accampamento ebbe
un’idea.
Fingendosi un soldato si unì all’esercito e partì
insieme ad
esso per la prima spedizione possibile contro il Regno dell’Est.
Dopo giorni di estenuante ed ininterrotta marcia
il manipolo
di soldati giunse ad un altopiano, il freddo sferzava le gote e
penetrava nelle
ossa.
L’imponente generale delle truppe ordinò di
accamparsi in
quel luogo, in attesa del prossimo attacco della “feccia dell’Est”.
Il Principe era ansioso di combattere, chissà
quali
leggendarie creature avrebbe dovuto affrontare, forse draghi, forse
chimere,
forse potenti maghi malvagi… sarebbe tornato a casa dopo essersi
ricoperto di
gloria ed onore, suo padre avrebbe capito che non era fatto per stare
confinato
nel castello.
Non dovette aspettare a lungo, appena il mattino
seguente il
generale, scorto qualche movimento all’orizzonte, ordinò di attaccare.
Immediatamente tutti i soldati indossarono
l’armatura e si
schierarono, pronti.
Il generale passò in rassegna le truppe, fece un
breve
discorso per alzare il morale dei suoi sottoposti, quindi si girò verso
l’altro
esercito, alzò il braccio, gridò e lo abbassò.
A quel gesto le centinaia di soldati urlando e
brandendo le
spade si gettarono addosso al nemico.
Tra essi, ovviamente, c’era anche il Principe,
abbastanza
nelle retrovie.
Correndo per l’altopiano il Principe cominciò a
chiedersi il
perché non vedesse draghi, perché non apparissero fiamme o fulmini,
perché non
sentisse ruggiti ma solo clangore di spade e urla di dolore.
Presto la verità venne a galla. I crudeli mostri
di cui
parlavano le leggende sentite al castello dai suoi maestri non erano
altro che
uomini come lui, dannatamente drammaticamente uguali a lui, diversi
solo nello
stemma sulla cotta di maglia e sull’elmo.
Voltandosi tentò di scappare, piangente e
disperato, da
quell’orrore, ma la spada di un soldato dell’Est lo colpì ad un fianco.
Per lo
shock e per il dolore il Principe inciampò, cadde, battè la testa e
perse i
sensi.
Nessuno si curò di lui nella battaglia, avendolo
scambiato
per una delle centinaia di altri caduti sull’altopiano. Qualche ora
dopo la
battaglia finì, gli eserciti si ritirarono e scomparvero, tornando
ognuno al
proprio regno.