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Autore: Laylath    24/02/2014    3 recensioni
Eppure a guardare più da vicino i ragazzi di quella realtà, ci si sarebbe accorti che le loro esistenze non erano così scontate: i piccoli grandi problemi dell’infanzia e dell’adolescenza a volte andavano ad intrecciarsi con situazioni difficili, dove spesso il legame con un amico fidato era la cosa migliore per poter andare avanti.
E spesso le persone più impensabili stringevano un forte legame tra di loro per uno strano susseguirsi di eventi, all’apparenza così normali… anche se poi viverli era tutt’altra cosa.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Team Mustang
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un anno per crescere'
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Capitolo 29. Spaccature.


 
Quel pomeriggio Vato si sentiva decisamente meglio, tanto che ottenne il permesso di poter finalmente uscire dalla sua stanza e spostarsi nel salotto per qualche ora, sebbene con l’ordine di stare semisdraiato nel divano e con una coperta addosso. La febbre gli era quasi del tutto scesa, ma la madre aveva preso qualsiasi precauzione per evitare eventuali ricadute: tuttavia il ragazzo fu abbastanza accorto da capire che, dietro a tutto questo, c’era anche il forte spavento che le aveva fatto prendere tornando a casa in quelle condizioni.
“Tipico di mamma – mormorò, sistemandosi meglio contro il cuscino e prendendo il libro di strategia che finalmente era in grado di leggere – magari non lo dice, ma si capisce benissimo.”
“Stai tranquillo, le passerà entro due giorni: se domani ti ha consentito di festeggiare il tuo compleanno vuol dire che va molto meglio.”
Vato annuì mentre spostava lo sguardo verso suo padre che finiva di abbottonarsi la giacca della divisa, pronto per andare al commissariato dopo la pausa pranzo.
“Papà, non te l’ho ancora chiesto… i danni all’archivio?”
“Sistemati già da tre giorni, tranquillo – rispose l’uomo sistemandosi il colletto – era caduta diversa roba e un ripiano ha quasi ceduto, ma era già vecchio di suo. Forse quello che avete combinato voi ragazzi ci darà la spinta giusta per dare una sistemata a tutto quel materiale. Che ne dici, ci vorrai dare una mano non appena guarisci?”
“Sul serio, posso? – si illuminò lui – Conta su di me… è anche giusto che faccia la mia parte, considerata la mia responsabilità in tutto questo.”
Vincent scoppiò a ridere e si accostò al figlio per spettinargli i capelli.
“In genere una dichiarazione del genere si fa con voce contrita, ma tu non vedi l’ora di sguazzare in tutti quei documenti, vero piccolo librofilo? In ogni caso ai ragazzi della squadra farà piacere che tu dia loro una mano dato che non amano questo tipo di lavoro.”
Vato ridacchiò imbarazzato, ma si godette appieno quel momento di complicità col genitore: in qualche modo era riuscito a riguadagnare la sua fiducia. Sembrava che suo padre fosse pronto a dargli una seconda possibilità e questa volta non l’avrebbe deluso.
Anche se forse sarò costretto a decisioni drastiche…
“Oh, la porta, forse è Elisa…”
“Vado io, tanto sto uscendo e tua madre torna tra poco. Ci vediamo stasera.”
“A stasera, papà.”
Mentre il padre scompariva nel breve corridoio che portava all’ingresso, Vato si passò una mano per ravviarsi i capelli, sperando che Elisa non facesse troppo caso a quella sua tenuta casalinga. Certo non era proprio il massimo presentarsi alla propria fidanzata in pigiama, per giunta spiegazzato, ma gli ordini di sua madre erano categorici.
“Ehilà, Vato, come va?”
Il giovane sgranò gli occhi quando vide che al posto di Elisa compariva Roy.
Il moro si sbottonò il cappotto con disinvoltura e dalla tracolla che portava prese una cartelletta.
“Da parte di Elisa: sono i compiti ed il programma svolto in questi giorni. Mi ha chiesto la cortesia di consegnarteli dato che lei doveva fare alcune compere urgenti e aveva paura di non trovare più quello che cercava. Ha detto che da te passa più tardi, prima di cena.”
“Oh, capisco – annuì sommessamente Vato, mentre osservava l’amico che andava a posare la cartelletta sopra il tavolo – già… grazie per esserti preso il disturbo.”
“Figurati – scrollò le spalle lui – allora, come va?”
“Abbastanza bene, ormai non ho più la febbre.”
“Giusto in tempo per il tuo compleanno.”
“Già…”
“Che ne dici se come guarisci del tutto organizziamo qualche altra cosa tra di noi? Però questa volta il commissariato di tuo padre lo lasciamo stare, promesso.” finì la frase con una risata.
“Ci mancherebbe altro.” mormorò Vato in tono lievemente acido.
“Mh? – Roy lo guardò con aria stranita – Non mi dire che ce l’hai ancora per quella storia? E dai, persino il mio sedere non ha più i segni delle cinghiate del padre di Jean.”
“Senti Roy, vorrei parlarti a proposito di una cosa…” Vato abbassò lo sguardo e inconsapevolmente strinse la coperta con una mano: non poteva rimandare oltre, era necessario chiarire la cosa.
“Dimmi.”
“Perché non hai nemmeno preso in considerazione la mia obiezione a quella caccia al fantasma? Eppure… eppure sapevi che mio padre non ne sarebbe stato per niente felice.”
“Che? – gli occhi neri di Roy si sgranarono per la sorpresa – Oh, andiamo, non stavamo facendo niente di cattivo: hai solo preso in prestito quelle chiavi…”
“Rubate.”
“… parti già colpevolizzandoti? Bella mossa, complimenti. Se continui così è ovvio che non otterrai mai niente: non sai rischiare nemmeno un po’.”
“Potevamo finire in guai seri e anche farci male.”
“Ma finiscila: non c’era nessuna arma… e l’unico male che ci siamo fatti è stato per la punizione che abbiamo ricevuto. E sotto questo punto di vista siamo io e Jean che l’abbiamo pagata di più, fidati.”
“Non è questo quello che volevo dire."
“Aspetta, ho capito – lo bloccò Roy, con aria seccata – è perché le hai prese come tutti noi? Cos’è? Avere quasi diciassette anni ti vieta di fare finalmente qualche cavolata come si deve con amici che non siano fatti di parola scritta?”
“Io non le prendevo da quando avevo dieci anni! – sbottò Vato, mettendosi una mano sul petto con orgoglio – E anche prima non ho mai avuto simili problemi che…”
“Vuoi un applauso? Quanto sei compassato Vato, goditi questa maledetta vita… vuoi esitare ancora? Come hai fatto con Elisa che ci è voluto il mio intervento per farti dare questa benedetta mossa con lei?”
“Ma porca miseria, possibile che vuoi sempre avere l’ultima parola? – chiese esasperato Vato, alzandosi in piedi dopo aver scostato la coperta – Non prendi in considerazione nemmeno per un secondo il mio punto di vista! Ho detto che i fantasmi non esistono e nemmeno mi hai ascoltato… abbiamo dovuto beccarci quella punizione e nemmeno ti sei degnato di dirmi oh, a proposito, Vato, avevi ragione tu: non era un fantasma…
“Oh, a proposito Vato, avevi ragione tu: non era un fantasma… sei felice adesso?”
“Fai anche lo spiritoso? Non hai la minima idea di quello che ho passato in questi giorni.”
“Avanti dimmelo, che proprio non ce l’ho questa idea… che ha di tanto prezioso il tuo sedere rispetto ai nostri? La tua punizione non è diversa dalla mia, da quella di Kain o da quella di Heymans e Jean: loro non fanno certo tante storie.”
“Ho litigato con mio padre come mai mi era successo – disse Vato con voce grave – la sua fiducia nei miei confronti è stata messa a dura prova…”
“Ma finiscila, stai solo dicendo un mucchio di cavolate! Di che fiducia andrai mai parlando… manco fossi il suo vice alla stazione di polizia.”
“Vuoi avere l’ultima parola anche in questo? – adesso il ragazzo non ci vedeva più dalla rabbia: Roy aveva osato addentrarsi nel terreno assolutamente privato del rapporto con suo padre – Proprio tu che non hai la minima idea di cosa voglia dire avere un padr…”
Si morse la lingua e osservò il viso di Roy che si era indurito, l’espressione impenetrabile: la rabbia gli sparì come neve al sole, lasciando il posto alla vergogna.
“Continua…”
“Non volevo…”
“No, dai finisci la frase – lo incitò lui, impassibile – dicevi che volevo sempre l’ultima parola: non è vero. Termina pure la frase che hai detto… io non ho la minima idea di cosa voglia dire avere un…?”
“Mi sono lasciato prendere, non…”
“Dì quella cazzo di parola, Vato Falman… io non ho la minima idea di cosa voglia dire avere un…
“… un padre…”
Quella parola cadde pesante come un macigno e si fece silenzio, un silenzio carico di tensione come mai era successo tra di loro. Vato si sentiva davvero un mostro, ma una piccola parte di lui non poteva fare a meno di ripetersi:
Lo vedi? Di nuovo… ti sta manipolando, portando la conversazione a suo favore, senza nemmeno darti la possibilità di spiegarti.
“Ti senti migliore di me adesso? Perché per me è stata chiamata mia zia e la punizione me l’ha data il padre di Jean?” fece Roy dopo qualche secondo di pausa.
“Roy, davvero, smettila… non ce la faccio. Perché devi sempre portare il discorso dove vuoi tu?” Vato si risedette nel divano, sentendo un lieve capogiro.
“Perché evidentemente è la direzione dove deve andare, mi pare chiaro.”
“No, non è vero – Vato scosse il capo, profondamente dispiaciuto da quanto stava per dire, ma non ne poteva fare a meno – è la direzione che fa comodo a te, ogni dannata volta. E quello che ho da dire passa sempre in secondo piano, anche se è un consiglio, un opposizione… anche se ti ho chiesto scusa appena ho capito di aver detto una cosa stupida. A che gioco stai giocando con me?”
“Finiscila di fare la vittima.” disse con disgusto il moro.
“Adesso sono io la vittima? Sei stato tu a farmi terminare quella frase, quando io ti avevo già chiesto scusa; se tutto quello che desideri da me è importi su qualunque cosa dica… io non vedo i presupposti per continuare la nostra amicizia. Te lo dico con sincerità: tu non hai idea di quanto ci sto male per questa cosa.”
Aveva lo sguardo sul pavimento e dunque non vide come Roy si irrigidì e come lo sguardo, per un attimo, perdesse l’impassibilità per mostrarsi dolorosamente dispiaciuto.
“Beh, se ti fa così male – mormorò – forse non è il caso che ci frequentiamo ancora. Non pensavo di crearti tanti problemi…”
“Scusami.”
“Ma di che, scusami tu…” e senza attendere risposta si avviò verso l’uscita.
Come sentì la porta che si chiudeva, Vato alzò lo sguardo e capì di essere solo in casa.
Come si sentiva? Aveva finalmente detto le cose in faccia a Roy, gli aveva fatto capire tutto il suo disagio, le sue incertezze, la sua frustrazione per quell’amicizia che non aveva solide basi, dato che andava in un unico senso. A rigor di logica la fine di quel rapporto era una liberazione: adesso si sarebbe sentito decisamente meglio.
E allora che è questo senso di nausea?
Sapeva benissimo che non era per colpa della febbre.
 
Roy non amava essere contrariato, assolutamente.
Pretendeva che le cose andassero per il verso giusto, il suo verso.
Era una cosa che Riza gli aveva spesso rimproverato, soprattutto da quando avevano iniziato a stringere legami con gli altri ragazzi: il suo pretendere che si adattassero a lui e non viceversa.
A volte ci aveva riflettuto, ma aveva sempre archiviato la cosa con una scrollata di spalle: nessuno dei suoi amici sembrava avere problemi a seguire la sua direzione, quindi perché cambiare?
Non gli era mai capitato di sbattere la faccia così violentemente su questa sua caratteristica, non aveva mai pensato che avrebbe portato ad una conseguenza simile. Considerava la sua amicizia con Vato qualcosa di così solido e scontato che non si era nemmeno preoccupato del suo palese disagio per la fine disastrosa di quella caccia al fantasma.
Ed invece? Ed invece?! Poteva dirmelo prima…dannazione a lui! E’ un dannato vigliacco.
Sì, vigliacco: era la definizione giusta per Vato Falman.
Del resto come si poteva definire una persona che aveva sempre avuto paura di affrontare la vita, rifugiandosi nel mondo dei libri e dello studio? Era riuscito a trasformare in tragedia quella che era stata un’esperienza tra amici… persino Kain, che era quello che si era spaventato di più, arrivando a piangere e a strillare, adesso ci rideva sopra.
Invece Mister maturità e fiducia col padre aveva solo tenuto il broncio e dato qualsiasi colpa a lui.
“Che faccia pure l’asociale, allora – sbottò, entrando nel locale di sua zia – non ho bisogno di lui. Adesso lo elimino dai miei pensieri ed il gioco è fatto.”
“Ehilà, Roy – boy, non saluti nemmeno?”
“Ciao, zia…” disse distrattamente, senza nemmeno alzare lo sguardo.
“Ciao, Roy. Credevo restassi di più con Vato.” salutò Vincent.
Il ragazzo si irrigidì: come poteva smette di pensare a Vato se ora incontrava anche il padre?
“Ho fatto prima del previsto – mentì – e non l’ho voluto stancare troppo. Credo che avesse ancora un po’ di mal di testa.”
“Quel mal di testa deve aver colpito anche te, ragazzo mio – fece Madame – hai una faccia…”
“Forse… beh, allora la cosa migliore è che vada a sdraiarmi un po’.”
E senza attendere eventuali reazioni, guadagnò le scale e poi finalmente la sua stanza che provvide a chiudere a chiave. Si levò la tracolla ed il cappotto, lasciandoli cadere sul pavimento e si tuffò prono nel letto, cercando di allontanare quel senso di amaro che gli tormentava il palato.
Stupido! Stupido! Vato Falman, sei la persona più odiosa che conosca!
 
Nemmeno mezz’ora dopo Vincent sedeva nel suo ufficio alla stazione di polizia e controllava alcuni documenti arrivati proprio quel giorno: uno in particolare attrasse la sua attenzione e fu quasi inverosimile che, proprio in quel momento, Andrew Fury bussasse alla porta aperta.
“Capitano Falman.”
“Ingegnere, prego, si accomodi – salutò il poliziotto, alzandosi in piedi e stringendogli la mano con calore – ho giusto letto una comunicazione che la riguarda da vicino.”
“La vecchia miniera?”
“Sì a quanto pare ci sarà ancora da attendere: sembra che abbiano diversi problemi sull’ufficio di competenza di un caso simile; tutta colpa del riordino amministrativo di qualche anno fa. Insomma, ci pregano di aspettare ulteriori disposizioni.”
“Allora ci vorrà ancora qualche mese – sospirò Andrew, incrociando le braccia – e la cosa non mi fa piacere. Uno dei miei operai mi ha detto di aver da poco sentito dei nuovi crolli all’interno: bisognerebbe far saltare l’ingresso con delle cariche al più presto. E’ un posto da sigillare.”
“In ogni caso la popolazione è stata avvisata e non credo che nessuno abbia voglia di andare in quel posto. Dipendesse da me avrei già provveduto, ma le procedure sono lunghe: deve venire qualcuno dell’esercito, dare l’autorizzazione definitiva… insomma le solite cose. Tornando a noi, le volevo chiedere un favore particolare.”
“Certamente.”
“Ampliare la stanza dell’archivio: quello che hanno combinato i ragazzi mi ha fatto propendere per far fare dei lavori a questa stazione. L’archivio non basta più e sarebbe il caso di rendere più grande quel posto: tanto si affaccia su un terreno vuoto facente parte della stazione stessa.”
“Si può fare senza problemi: darò un’occhiata e metterò giù un progetto nelle prossime settimane. Ma guarda, allora quella ragazzata ha anche risvolti positivi, eh?”
“Già – sghignazzò Vincent – ma non mi pare il caso di dirlo a quel gruppo di furfanti: si sentirebbero autorizzati a fare altri danni… mi riferisco in particolare a Roy e Jean. Ho il vago sospetto che si siano già ampiamente dimenticati di quanto hanno passato in questo stesso ufficio una decina di giorni fa.”
“Argento vivo: Kain mi dice che sono di nuovo in splendida forma. A scuola non fanno altro che litigare.”
 “Non avrei mai pensato di vedere Vato coinvolto in una cosa simile.” dopo qualche secondo di silenzio.
“E cosa dovrei dire io con Kain? Anche se in fondo non sono stato molto severo nel punirlo, era palese che sia stato trascinato dagli altri.”
“Mi dispiace che mio figlio sia stato così irresponsabile da coinvolgere il bambino in una cosa simile: parte della punizione che ha ricevuto è stata anche per quello.”
“Credo che la maggior parte del merito dell’impresa sia da dare a Roy Mustang – scrollò le spalle Andrew a quelle parole di scusa – ha parecchio carisma quel ragazzino. E parlando di Vato, come sta? Mi ha detto Kain che si è preso l’influenza.”
“Meglio, decisamente meglio…”
Vincent stava per aggiungere altro ma si bloccò e si alzò in piedi, andando a guardare alla finestra.
L’influenza era solo la conclusione di un grande cambiamento che stava vedendo in suo figlio e la cosa lo sconvolgeva parecchio perché non era il tipo di evoluzione che si era aspettato.
“Signore, mi dica – mormorò con voce sommessa – ha notato qualche cambiamento in Kain da quando ha iniziato a frequentare gli altri ragazzi?”
“Sì – annuì senza esitazioni l’uomo, guardandosi le mani e sorridendo con dolcezza – è molto più sicuro di sé, propenso a parlare: il nostro livello di confidenza è molto aumentato. Mi sono accorto che forse prima pretendevo da lui una maturità che non era in grado di darmi… il fatto che sia molto bravo a scuola ed obbediente non vuol dire essere maturi, non sotto determinati aspetti.”
Vincent annuì.
“Kain e Vato in qualche modo si assomigliano: erano solitari, chini sui loro interessi, in parte estraniati dal mondo. Quando hanno stretto amicizia non sono rimasto molto sorpreso, nonostante la differenza d’età… è quello che è arrivato dopo che mi ha fatto capire che forse mio figlio non è la persona che credevo di conoscere.”
“Che intende dire?”
“Vato si è ammalato perché è scappato di casa – ammise Vincent dopo qualche secondo d’esitazione – alla fine si è trattato solo di qualche ora, niente di grave, ma… era totalmente fuori controllo. Non l’ho mai visto arrabbiato e pronto a sfidarmi in un simile modo. E la cosa peggiore è che non si riconosce più nemmeno lui e questo lo spaventa più di quanto voglia farmi intendere.”
“Ha sedici anni, a quell’età i cambiamenti sono spesso rapidi e possono lasciare confusi.” propose Andrew.
“Prima lei ha detto che forse pretendeva da Kain una maturità che non poteva dare: adesso mi sta venendo il grosso dilemma di aver fatto lo stesso con Vato, forse in modo anche più serrato.”
“Non mi pare un ragazzo così rigido: con Kain è sempre stato molto disponibile e gentile.”
“Non è tanto per questo… è che gli ho sempre dato una visione di responsabilità molto marcata e forse l’ho condizionato troppo. Essere il figlio del capo della polizia non è facile: gli ho caricato addosso una tensione tale che non si è concesso cose che gli altri ragazzi fanno con normalità. E quando è successo tutto questo lui si è in parte trovato spiazzato.”
Mentre diceva queste cose gli tornarono in mente le suppliche deliranti di Vato la sera della fuga.
Non levarmi la tua fiducia, ti giuro che non ti deluderò più… tornerò me stesso… tornerò quello di sempre!
“… tornerò quello di sempre, è questo che ha detto. E’ come se si volesse annullare, rifiutando il cambiamento: non l’ho mai visto così spaventato.”
“Posso darle del tu, capitano?”
Vincent si girò e vide che Andrew si era alzato in piedi e lo stava raggiungendo.
“Non vedo perché no, Andrew Fury.”
“Quello che sta succedendo a Vato non è dissimile a quanto è successo a Kain la prima volta che in cortile ha provato a salire sopra un muretto: ha fatto un capitombolo tale, poverino, aveva solo quattro anni ed era una delle prime volte che usciva di casa per via della sua salute cagionevole… me lo ricordo ancora lo strillo ed il pianto: niente di grave, ovviamente, una bella sbucciatura su entrambe le ginocchia. Però… la cosa che mi lasciò impressionato fu che non volle più andare in cortile. Per i giorni successivi volle stare dentro casa: troppo impaurito da quella cosa nuova che l’aveva fatto divertire, ma allo stesso tempo gli aveva fatto male.”
Andrew sorrise nel ricordare le parole del bambino, mentre si aggrappava ad Ellie:
No… no… cortile cattivo, fa la bua a Kain.
“Vato si è fatto male con la scoperta di essere un ragazzo come tutti gli altri?” chiese Vincent.
“Più che altro credo che il problema di Vato sia capire se essere come tutti gli altri è una cosa che dispiace a suo padre.”
“Ma che sciocchezze – scosse il capo il poliziotto – è mio figlio, non potrei mai…”
Però gli tornarono a mente le cose brucianti che aveva detto quel giorno e anche quando l’aveva punito per quell’avventura.
Credevo che tu fossi più responsabile ed invece mi hai dimostrato di essere solo un immaturo. Non avrei mai immaginato di doverti dare una lezione di questo tipo, ragazzo, non alla tua età.
Lo sguardo comprensivo di Andrew gli diede conferma di quanto pensava.
“Sì, Vincent – annuì – spesso non ci rendiamo conto di quanto i nostri figli assorbano e interpretino a modo loro quanto gli diciamo. Io stesso spesso ho spinto Kain verso una maturità che non poteva darmi e lui arrivava ad interpretare questo come una sua mancanza come figlio…”
“Ci dovrò parlare ancora con lui – ammise Vincent, sentendosi profondamente a disagio – credo che stia interpretando le cose in modo sbagliato ed in parte è per colpa mia. Accidenti, devo dire che Roy Mustang ha dato un bel giro di vite ai nostri figli, eh?”
“Roy, Heymans, Jean… tutti loro stanno dando un giro di vite agli altri, mi sa. E sono tutti dei bravi ragazzi, non potevo chiedere di meglio per Kain.”
“E lo stesso per Vato.”
 
“Hai fatto cosa?” chiese Elisa, alzandosi dal divano con sgomento.
“Ho fatto la cosa giusta – dichiarò Vato con convinzione – adesso tornerà tutto come prima, fidati.”
“Vato Falman, tu sei… sei… sei… il più grande idiota dell’universo!”
“Che? – arrossì lui – ma che cosa dici, Eli? Non è per niente vero.”
“No? Ma se mi hai appena detto di aver rotto la tua amicizia con Roy? Che cosa ti salta per la testa?”
Vato scosse il capo con esasperazione: possibile che la sua ragazza non capisse? Era stato necessario: non poteva continuare a sentirsi a disagio per colpa di quel ragazzo, senza contare che ora non sarebbe stato più coinvolto in cose che l’avrebbero messo in cattiva luce agli occhi di suo padre.
“Non mi ha mai ascoltato, non mi ha mai dato ragione… gli serviva solo qualcuno per compiacere il suo ego, tutto qui. E a me non va di essere quel qualcuno.”
“Compiacere il suo ego? Secondo te quando mi ha invitato a ballare l’ha fatto per compiacere il suo ego?”
“Non in quell’occasione, ma…”
“Voleva aiutarti, desiderava davvero che tu facessi il passo avanti con me… ci teneva perché sapeva che tu lo volevi tanto.”
“Poteva rispettare i miei tempi… come ti sentiresti se Riza venisse da te all’improvviso e iniziasse a dire quello che devi e non devi fare?”
“Ammetto che non è molto delicato in questo, – sospirò la ragazza – ma ci tiene a te, davvero. Vato, come fai a non capirlo?”
“Visto che sai tutto di lui, allora parlami della caccia al fantasma, dai! Sono proprio curioso di sapere quale spiegazione troverai a quella storia.”
E incrociò le braccia al petto in gesto di sfida: dannazione a lei, quanto poteva essere testarda… adorabilmente testarda con le guance arrossate in quel modo.
“La vuoi smettere di arrossire?”
“Scusa… dicevi?”
“Non ti ricordi cosa ha detto? Che voleva fare una cosa tra maschi… voleva fare qualcosa assieme a voi. Perché siete i suoi amici e voleva che fosse un momento speciale.”
“E mi è costato il suo momento speciale! Mio padre ancora un po’ mi levava tutta la fiducia guadagnata in questi anni… non sai quanto la cosa mi abbia fatto stare male.”
Disse quelle parole con sincera partecipazione tanto che la rabbia di Elisa in buona parte andò via.
Sapeva bene che Vato adorava suo padre e desiderava sempre che andasse fiero di lui: ma non poteva immaginare che quella disavventura avesse messo a repentaglio il loro rapporto e…
“Ciao Vato, sono tornato…” la voce di Vincent fece sussultare entrambi.
“Signore, buonasera…”
“Ciao, Elisa, come va?”
“Bene. Però, adesso è meglio che torni a casa: tra poco è ora di cena.”
“Eli…”
“Domani è il tuo compleanno, Vato. Ci vediamo per la festa… mi raccomando riposati.”
Il ragazzo la fissò con dolorosa rassegnazione mentre recuperava il suo cappotto e scappava via. Fu quasi certo di intravedere un lieve luccichio in uno degli occhi verdi.
Anche le lacrime? Oh no…
“Eli…” chiamò, come la porta si chiuse, alzandosi in piedi.
“Problemi tra fidanzati?” chiese Vincent levandosi il cappotto.
“Cielo… cielo, non ci capisco più nulla.” sospirò Vato, rimettendosi seduto e prendendosi la testa tra le mani.
“Già – annuì Vincent, sedendosi accanto a lui e circondandogli le spalle con un braccio – forse è così ed in parte è colpa mia.”
“Papà, non ti devi preoccupare. Ti ho già detto che farò in modo che tu dimentichi quel comportamento così sbagliato che ho avuto e…”
“Vato – lo interruppe Vincent – non impostare le tue azioni su di me, per favore.”
“Ma… ma, papà.”
“Io sarò sempre dalla tua parte: non mi devi dimostrare una maturità così forzata solo per compiacermi; la mia fiducia l’hai in ogni caso. Sei il mio unico figlio, non potrei mai…”
Dovette trattenersi nell’incontrare il viso di Vato, così sorpreso e commosso.
D’improvviso gli tornò in mente una visione di suo figlio a cinque anni, con il berretto della divisa in testa, così grande e buffo su di lui.
“Papà, da grande io divento come te, vero?”
“Guarda che per diventare come me devi essere molto maturo e responsabile, piccolo mio.”
“Re… reponabile…”
“Responsabile, ometto… e cioè devi sempre essere buono e obbediente e non fare mai le cose sbagliate.”
“Io buono papà! Io obbedisco a mamma e a te, sempre.”
“Bravo, ragazzino: mi rendi fiero di te.”
“Vato è repos…responsabile!”
Gli salì un groppo in gola nel ricordare il tono d’urgenza con cui il bambino diceva quelle cose, stringendosi a lui. D’impulso abbracciò il figlio, posando un bacio sulla chioma bicolore.
“Papà…?” mormorò il ragazzo.
“Non sai che bello è per me poterti vedere ridere e scherzare con i tuoi amici… e se fate qualche cavolata va bene così, sul serio.”
“Ma se eri furioso.”
“Va bene, questa è stata grave, te lo concedo. E non rinnego assolutamente il castigo che ti ho dato…”
“Lo vedi allora?”
“Fammi finire, ragazzino – Vincent lo strinse a se, come non era solito fare da anni ormai – non sei maturo, Vato, e va benissimo così. Hai tutto il mondo da scoprire, esperienze da vivere, amici con cui condividere tutte queste cose: non devi assolutamente privartene… e se qualche volta ci sbatti la faccia, pazienza. Io e tua madre siamo qui per te.”
“Ma come posso fare, papà? – sospirò il ragazzo, stringendosi maggiormente in quell’abbraccio e scoprendo che era particolarmente rassicurante – Se sto tornando indietro invece di andare avanti.”
“No, non è vero, fidati di me. Tu stai facendo grandi passi avanti confrontandoti con tutti i tuoi amici.”
A quelle parole Vato si irrigidì… confronto…
“Confronto…”
“E’ la cosa che ti fa maturare di più, credimi. Perdonami figlio mio, forse ti ho condizionato troppo… ma non sentirti imprigionato dalla mia persona: io e tua madre ti amiamo per quello che sei.”
Ma la mente di Vato era ferma ad un altro pensiero:
Confronto…da confrontare:in un dibattito fra due o più oppositori, metterle a confronto per rilevare somiglianze e divergenze, per saggiarne la validità, con il proposito di giungere a un accordo, a una soluzione, o comunque a un risultato positivo.
“Vato… Vato, figliolo, che c’è? – chiese Vincent con preoccupazione – Perché adesso piangi?”
“Sono un idiota!” singhiozzò lui, stringendosi ancora di più al padre.
“Ma che dici? Va tutto bene, da bravo…”
“Ho sbagliato! Ho sbagliato tutto…”
Non aveva cercato il confronto con Roy: l’aveva semplicemente eliminato dalla sua vita, tagliando i ponti con lui… evitando di affrontare il problema. Perché era la soluzione più comoda, perché forse Roy gli aveva sbattuto il faccia la realtà che lui aveva paura di affrontare.
…Cos’è? Avere quasi diciassette anni ti vieta di fare finalmente qualche cavolata come si deve con amici che non siano fatti di parola scritta?
“Adesso non esagerare, non…”
“L’ho perso… ho perso il mio miglior amico!”
 
Proprio in quel momento Roy si alzò dal letto dove aveva passato tutto il pomeriggio facendo finta di dormire, anche se non c’era nessuno in stanza a cui doverlo dimostrare.
Aveva cercato di annullare i suoi pensieri negativi, di dimenticarsi completamente di Vato, ma non ce l’aveva fatta. Aveva riflettuto ed aveva capito che forse era in parte colpa sua e dei suoi atteggiamenti…
“Ma questo non ti autorizza a spezzare la nostra amicizia, Vato Falman! – esclamò, andando verso la scacchiera che stava sul tavolo – Tu sei mio amico e io non butterò via il nostro rapporto solo perché il sedere ti brucia ancora per la punizione che hai ricevuto!”
Il suo pugno sbatté con rabbia vicino al gioco e diversi pezzi si rovesciarono, l’alfiere bianco addirittura cadde a terra.
L’amicizia con me ti crea dei problemi? Benissimo allora vedremo di risolverli.
“Domani è il tuo compleanno, mister maturità… fidati che non lo dimenticherai!”
Raccolse l’alfiere e lo osservò con attenzione: aveva meno di ventiquattro ore per formulare un piano.
Non avrebbe rinunciato a lui per niente al mondo.




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Sono lieta di annunciarvi che ieri sono stati aggiunti dei disegni di Mary_ a diversi capitoli:
Al capitolo 9 ci sono Jean e Roy che si preparano al duello.
Al capitolo 12 potete ammirare Elisa e Riza che si tengono a braccetto.
Al capitolo 19 c'è un non proprio felice Jean imprigionato da Rebecca al ballo xD
Al capitolo 21, oltre che al già vecchio disegno di Vato ed Elisa, abbiamo Jean che fa scoprire la neve a Janet.
Infine al capitolo 27 abbiamo Roy e Jean, impavidi cuor di leone durante la caccia al fantasma.
Vi consiglio di andare a vederli perché sono troppo carini ^__^

 
  
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