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Autore: live in love    27/02/2014    2 recensioni
Seguito della storia "Ritratto di Te"
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Sono, ormai, passati vari mesi da quando Emma ha presentato la sua opera e dallo scandalo del New York Times che ha visto coinvolti la sua famiglia ed Andrew.
Una apparente tranquillità sembra pervadere ora la sua vita, divisa tra amore, lavoro e arte, ma cosa ha in serbo per lei il destino?
Nuovi problemi, situazioni diverse e impresti personaggi sono in agguato, come affronteranno Emma ed Andrew tutto ciò?
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Mia seconda storia originale.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 2

Just you and me



- Hai preso l'astuccio, Adam? -

Gli occhi chiari di Andrew, ora leggermente socchiusi, incontrano quelli identici di suo nipote, seduto dalla parte opposta del piccolo tavolo in ferro battuto, l'istante seguente, un sopracciglio biondo inarcato in modo teneramente inquisitorio mentre la voce fuoriesce bassa e cadenzata, disperdendosi morbidamente nell'aria.

Fasciato da una polo nera e appoggiato comodamente contro lo schienale in metallo della sedia la flette appena, facendola suonare come un morbido promemoria mentre allude chiaramente alla sua sua evidente sbadataggine, un raggio di sole che lo colpisce in pieno, illuminandolo.

Se Lizzie, infatti, è così perfetta e puntuale da risultare inquietante per una bambina della sua età, rifletto, Adam è decisamente l'opposto, incredibilmente disordinato e poco metodico.

Un risolino divertito preme spontaneo contro le mie labbra a questa considerazione, frenato a stento dai miei incisivi che affondano nel mio labbro inferiore, arrestandolo a fatica mentre lui gli lancia una occhiatina amorevole e premurosa di sottecchi, scrutandolo con attenzione.

Ed io faccio lo stesso, inclinando appena il viso alla mia sinistra, proprio dove è seduto il bambino, posizionato tra lo zio e la sorella, nel momento stesso in cui raddrizza la postura, abbandonando il muffin al cioccolato, che ha ordinato per colazione.

Lo lascia, infatti, cadere sulla porcellana azzurra del piatto, spostando totalmente la sua attenzione su Andrew mentre la giacca blu scuro e la camicia bianca della divisa della scuola lo fanno apparire incredibilmente serio e impettito.

Quasi più grande, realizzo istantaneamente con un pensiero distratto, rimuginando leggermente.

Il sottile divertimento che continua a scuotermi, però, viene scacciato subito dopo da una sonora e sibillina fitta di dolcezza che mi perfora, trafiggendomi il petto da parte a parte, nel momento stesso in cui noto alcune briciole imperlargli la bocca, facendolo apparire delizioso.

- Si – afferma convinto dopo una manciata di secondi di esitazione, quasi come se avesse appena fatto mente locale, accompagnando il suo mormorio con un cenno affermativo del capo, acconsentendo vigorosamente.

Sorridendo lievemente, mi porto una ciocca dietro l'orecchio mentre con la coda dell'occhio intravedo Andrew scrutarlo, sorseggiando con calma il suo succo d'arancia mentre Lizzie continua tranquillamente a tagliare i suoi pancakes con sciroppo d'acero, infilzando poi le piccole porzioni con la forchetta.

Sorprendendomi e rompendo di fatto il filone delle mie elucubrazioni, si volta poi repentinamente verso di me l'istante seguente, inchiodandomi con una occhiata luminosa e allegra che catalizza immediatamente tutto il mio interesse, assorbendolo con una facilità disarmante.

- Ho portato quello che abbiamo comprato, sai – mi informa orgoglioso, stringendosi vanitosamente tra le braccia, il colletto bianco della camicia che gli solletica appena la nuca mentre si riferisce chiaramente alle compere che abbiamo fatto in cartoleria solo qualche giorno fa.

Compiaciuta e un po' lusingata da questo fatto ricambio il suo sorrisetto all'istante, non riuscendomi ad esimere dal sentirmi intenerita da questa sua infantile e contemporaneamente affettuosa manifestazione di entusiasmo.

Simultaneamente, dalla mia memoria riemergono i piacevoli ricordi di quel pomeriggio passato al centro commerciale, stordendomi piacevolmente e facendomi perdere per una frazione di secondo il contatto con la realtà.

- Sono certa che piacerà a tutti i tuoi compagni – gli dico subito dopo, sogghignando appena al suo indirizzo, rassicurandolo teneramente e causando il suo sgargiante sorrisetto.

Adam annuisce, le dita strette intorno al bordo del tavolo mentre dondola appena le gambe, non smettendo neanche per un attimo di studiarmi attentamente, facendomi quasi sentire vagamente a disagio.

Inevitabilmente, con i polpastrelli arriccia il cotone delle tovagliette bianche che sono poste sotto i piatti, spiegazzandole appena all'altezza degli angoli ricamati di blu.

Dandomi l'imminente sensazione che mi stia per chiedere qualcosa, tuttavia, schiude subito dopo la bocca, rimanendo però ammutolito e facendomi di conseguenza corrucciare.

Tentando di capire se sia solamente una mia percezione o la realtà dei fatti, aggrotto appena la fronte, non perdendolo di vista.

Lui, però, non ribatte assolutamente niente, spronandomi di conseguenza a parlare nuovamente nel tentativo di spezzare la famigliare quiete che è calata su di noi.

- Contenti di tornare a scuola? - gli chiedo, infatti, l'istante seguente, sollecitandolo e muovendomi appena sul posto mentre propongo il primo argomento che mi passa per il cervello.

Oggi, infatti, è il primo giorno di lezione per i bambini e, per festeggiare e far iniziare l'anno accademico nei migliori dei modi, ho deciso di portarli a fare colazioni fuori, in una caffetteria situata vicino a Central Park.

Inspirando flebilmente, lancio una occhiata intorno a me, l'ampia terrazza del bar che permette di intravedere gli alberi del parco rischiarati dalla luce mattutina, deliziandomi e creando una atmosfera semplice e bellissima al tempo stesso.

Accavallo subito dopo le gambe, facendo smuovere la gonna del vestito in cotone che indosso mentre lancio una occhiatina di sottecchi ad Andrew, trovandolo intento ad squadrarci serenamente.

- Molto – trilla, però, subito dopo Lizzie, alzando improvvisamente il capo dal piatto ed illuminandosi in viso, limpidamente contenta ed esaltata dall'idea di imparare cosa nuove – A casa mi annoiavo – mi spiega l'attimo seguente, mangiandosi quasi le lettere a causa della celerità con cui le pronuncia, gonfiando le guance rosate.

Sbarrando appena le iridi scure, sospira poi debolmente, continuando l'istante dopo a parlare mentre con la mano si sistema appena la camicia celeste che indossa, il cardigan blu scuro piegato accuratamente sullo schienale della sedia per evitare che si sporchi.

- E poi quest'anno iniziamo la Rivoluzione Americana con Miss Fleur – aggiunge eccitata, in modo quasi sognante, riferendosi limpidamente alla maestra.

Dinnanzi alla sua smisurata curiosità e voglia di apprendere ghigno dolcemente, rivedendomi un po' in lei, riconoscendomi nei suoi comportamenti vispi e irrequieti.

Anche io alla sua età, infatti, non vedevo l'ora di iniziare la scuola ed imparare cose nuove, il bisogno di essere sempre mentalmente stimolata che mi rendeva quasi inquieta e facilmente incline alla noia.

Tuttavia, il mio rimuginare viene frantumato in mille pezzi l'attimo dopo dal sussurro imbronciato di Adam, che si intromette nella nostra conversazione, apparendo di umore diametralmente opposto a quello della sorella.

- Io per niente – afferma, infatti, imbronciato, scuotendo interdetto la testa mentre fissa Lizzie in modo quasi stralunato, rispondendo con una frazione di secondo di ritardo alla mia domanda.

Intanto, una smorfia disgustata e contrita campeggia distintamente sul suo volto pallido, rendendolo incredibilmente buffo mentre una folata di vento gli scompiglia i sottili capelli biondi.

Non riuscendo a frenarmi, scoppio a ridere all'istante dinnanzi alla sua smorfia, subito seguita dal ridacchiare fragoroso e cristallino di Andrew.

Per una manciata di secondi unicamente questo rumore spezza il silenzio che ci avvolge, rendendolo terribilmente intimo e pacato, nessun altro chiacchiericcio o trambusto che lo disturba dal momento che non vi è nessun altro oltre noi.

Sotto l'impeto dell'allegria, socchiudo debolmente le palpebre, alleggerendomi dal peso di ogni perplessità, dei piccoli problemi quotidiani, mentre il bambino incassa il capo tra le spalle, non apprezzando questa bonaria presa in giro.

Una penetrante e densa serenità mi pervade subitanea, insinuandosi tra le mie pieghe, rendendomi incredibilmente calma e felice.

Tuttavia, Adam non mi dà praticamente di nuovo il tempo di bearmene dal momento che insiste ancora l'attimo dopo,incalzandomi di punto in bianco con un quesito che mi spiazza, ghiacciandomi sul posto per la naturalezza con cui me lo propone.

Letteralmente.

Comunque, dopo mi fai la dedica sul diario, Emma? - mi domanda, infatti, dopo un attimo di incertezza, quasi come se meditasse di domandarmelo da tempo ma non ne avesse mai avuto il coraggio, lasciandomi senza parole per l'innocenza con cui lo fa.

Arrossendo leggermente, mi osserva con devota attenzione, rimanendo ostinatamente in attesa, sembrando vagamente imbarazzato e a disagio nonostante la confidenza che, ormai, vi è tra di noi.

Disarmata, sbarro appena gli occhi, fissandolo stupita e meravigliata dalla sua ingenua richiesta, percependo le guance iniziare bruciare veementemente.

Avvampando, indugio per un breve secondo, il cuore che scalpita leggermente più forte nella mia cassa toracica, rendendomi quasi esagitata e pompando più freneticamente il sangue nelle mie vene.

- Certo! - ribatto prontamente subito dopo, comprendendo quanto realmente ci tenga nel momento stesso in cui vedo la preoccupazione svanire dalle sue iridi chiare non appena parlo, sostituita dal sollievo.

Visibilmente contento, si esibisce in una smorfia soddisfatta, rivolgendomi l'ennesima occhiatina carica di tenerezza prima di tornare a dedicarsi alla sua colazione.

Con le piccole dita, difatti, agguanta nuovamente il muffin, portandoselo alla bocca e prendendone un vorace morso, non aggiungendo null'altro mentre io rimango quasi imbambolata a fissarlo, non riuscendo quasi a farne a meno.

Con il passare dei giorni, difatti, e col crescere del nostro rapporto, mi sono resa conto di come io mi stia affezionando e legando sempre più a lui, ritrovandomi a guardarlo o a preoccuparmi per il bambino in modo del tutto irrazionale e naturale.

È quasi un istinto, noto l'istante dopo, sprofondando momentaneamente nel flusso sconclusionato delle mie elucubrazioni, comprendendo simultaneamente che lo stesso identico atteggiamento sorge in me spontaneo anche nei confronti di Lizzie.

È più forte di me, semplicemente.

Tuttavia, non ho praticamente il tempo di rimuginarci sopra dal momento che la bambina sbotta all'improvviso, sbraitando indispettita contro il fratello.

- Adam, ma perchè devi sempre copiarmi! - gli inveisce contro, palesando tutto il suo essere stufa e portandomi di conseguenza a girarmi verso di lei, non comprendendo assolutamente questo suo strano sfogo.

Confusa, mi chiedo cosa l'abbia portata a dire ciò, non riuscendo a trovare una soluzione soddisfacente.

Quasi a fatica, lei trattiene poi un sonoro sbuffo, incupendosi e sporgendo unicamente il labbro inferiore mentre appare incredibilmente sdegnata.

Incrociando seccamente le braccia al petto e facendo di conseguenza arricciare appena la camicia, rotea poi gli occhi al cielo mentre Adam la guarda di sbieco, non apprezzando per nulla il suo commento piccato e contrito.

Non smettendo, però, di mangiare di buon grado, si acciglia, assottigliando contemporaneamente appena lo sguardo senza ribattere nulla, rimanendo momentaneamente in silenzio.

Per una frazione di secondo, in cui sia io che Andrew restiamo ammutoliti a scrutarli, nessuno dice niente, una sottile tensione che riempie l'aria raddensandola quasi giocosamente.

Nonostante, infatti, il loro sia il probabile inizio di un battibecco, risulta paradossalmente goffo ed esilarante.

Irritata, lei si volta poi repentinamente verso di me con una piccola torsione del busto, incontrando la mia espressione stordita, densa di perplessità e dubbi.

Le iridi scure, ora fiammeggianti a causa delle intense emozioni che la scuotono, la fanno apparire quasi più adulta mentre si appresta a continuare a parlare con infantile veemenza, il viso chiazzato di rosso e un ciuffo più corto di capelli castani che le solletica la fronte, intaccandola appena.

- Ha visto che l'hai fatta a me e ora la vuole anche lui – mi spiega accuratamente il motivo di questa inaspettata lite, comprendendo probabilmente le domande che mi vorticano in testa e fornendomi di fatto una risposta mentre allude chiaramente a quando, qualche giorno fa, di ritorno dal centro commerciale, mi aveva chiesto di farle una dedica sul diario nuovo.

Mentre i ricordi di quel momento riemergono facilmente schiudo appena le labbra, muovendo su e giù il capo mentre ora tutto appare molto più chiaro e limpido, portandomi irrazionalmente quasi a sogghignare dinnanzi alla sua arrabbiatura.

La stessa in cui in qualche modo mi riconosco, rammentando perfettamente come anche io e Michael avessimo liti simili e immotivate.

Sospiro flebilmente mentre il sapore dolce di quei momenti ormai lontani mi invadono sinuosamente, ammorbidendo la mia postura.

Comprendendo benissimo, difatti, il comportamento emulante del fratello, ma anche, simultaneamente, il suo fastidio, piego impercettibilmente la testa di lato, cercando disperatamente qualcosa da dire per accontentare e placare entrambi.

Cosa che appare quasi realmente impossibile, noto sentendomi in difficoltà.

Tuttavia, Adam ribatte subito dopo, sputando aspramente le parole tra i denti.

- Io non ti copio! - sibila alzando appena la voce, che diventa più acuta e stridula, venata da una punta di orgoglio mentre si imbroncia, offeso da questa accusa infondata.

Allargando appena le iridi azzurre, poi, raddrizza la schiena con un movimento deciso, protestando senza alcuna remora o freno.

Istantaneamente, l'occhiataccia ammonitrice da parte di Andrew lo raggiunge, sferzandolo ed anticipando di una manciata di attimi la sua affermazione.

- Parla piano, Adam – gli intima, infatti, il timbro che rimane, però, tranquillo e pacato nonostante la severità del suo atteggiamento.

Un po' incuriosita, gli lancio una occhiatina di sottecchi, squadrando intrigata il suo profilo elegante.

In ogni caso, né lui né Lizzie lo calcolano, non prestandovi molta attenzione. Il bambino, difatti, si stringe unicamente tra le spalle, incassando l'ammonimento mentre rimane chiuso nel suo mutismo, persistendo solamente a fissare malevolmente sua sorella.

L'apparente quiete che è calata su di noi, tuttavia, dura solo pochi istanti dal momento che viene frantumata nuovamente l'attimo seguente.

- Si può sapere cosa te ne fai? - lo pungola insistentemente, infatti, Lizzie, inarcando scetticamente un sopracciglio castano mentre persiste a trucidarlo – Non sai neanche leggere – freccia quasi malignamente, alzando cocciutamente il mento mentre gli rivolge una occhiatina vittoriosa, facendo del tutto infiammare il bambino.

Scocciato ed indispettito dalla sua affermazione la fissa con la bocca dischiusa per una manciata di secondi, tornando alla carica subito dopo, non lasciandosi assolutamente prevaricare mentre le mie pupille si posano alternativamente sulle loro sottili figure.

- Infatti, vado a scuola per imparare a leggere e scrivere, saputella – afferma prontamente lui, stupendomi per la sagacia della sua risposta, pronta e intelligente, prendendola in giro.

Un sorriso leggero si delinea così lentamente sul mio volto mentre una leggera fitta di dolcezza mi trafigge nel momento stesso in cui mi allungo in avanti, agguantando il mio bicchiere di caffè.

Me lo porto alle labbra l'attimo seguente, prendendone un piccolo sorso, il suo sapore intenso e contemporaneamente dolce amaro che mi invade il palato.

Con la coda dell'occhio, intanto, intravedo la stessa ilarità abitare anche Andrew, un fievole risolino compiaciuto che lo scuote e che suscita l'ampliarsi del mio sogghigno mentre le palpitazioni mi sconvolgono il cuore, accompagnando le farfalle nello stomaco.

Sentendosi probabilmente osservato, lui si muove l'attimo dopo, intercettando la mia occhiatina poco discreta con estrema e semplice complicità.

Il mio cuore pulsa, allora, irrazionalmente in modo più concitato, pompando in modo frenetico il sangue nelle mie vene mentre il tempo sembra quasi cristallizzarsi, raddensandosi fin quasi ad arrestare il suo incedere.

Tuttavia, il discorso tra i bambini diventa più acceso esattamente subito dopo, spronandomi inevitabilmente a prestare nuovamente a loro tutta la mia attenzione, facendomi tornare alla realtà.

Espirando violentemente e sgonfiando di conseguenza il petto, infatti, ribatte in modo tagliente e asciutto al fratello.

- Imparerai a leggere solo in prima, tonno! - lo rimprovera stizzita lei, sbuffando esasperata quasi come se non si capacitasse di ciò che dice, gesticolando concitata con una mano.

E ridere, davanti all'appellativo con cui lo apostrofa diventa incredibilmente complicato e difficile.

Percependo, infatti, la risata montare ad ondate dentro di me, affondo gli incisivi nel mio labbro inferiore, scambiandomi l'ennesimo sguardo con Andrew, mentre Adam si adombra inesorabilmente, apparendo visibilmente alterato.

Lei, tuttavia, continua a parlare imperterrita, alimentando la loro discussione senza dargli il tempo di intervenire.

- Per ora continuerai a fare solo stupidi disegni - soffia ancora dispettosamente, infierendo senza pietà, rasentando la tipica ed innocente cattiveria che caratterizza i bambini.

Pungolato probabilmente su un tasto dolente e sensibile, lui semplicemente scoppia.

- I miei disegni non sono stupidi! - sbotta lui in risposta, stringendo le piccole mani a pugno mentre il suo viso si colora di un rosso intenso a causa della furia che lo abita, rendendolo minaccioso e carino al tempo stesso.

Una sensazione di aggrovigliamento mi coglie all'istante a questa visione, sferzandomi sibillino ed avviluppandomi in una morsa docile e carezzevole che mi fa sentire quasi in precario equilibrio, strana.

Deglutisco, capendo con un attimo di ritardo che è unicamente dovuto all'affetto sempre più smisurato e importante che provo verso di loro.

Lo stesso che nasce dal profondo e che, man in mano che i giorni passano, diventa sempre più illimitato e senza confini, rendendo più solido e stabile il legame che ci unisce.

Ed è proprio questo, in qualche modo, e la confidenza che ormai abbiamo instaurato a portarmi ad intervenire subitaneamente, prima ancora che Lizzie abbia il tempo di rispondere al fratello, cercando di placarli.

- Non litigate, dai – mormoro pacatamente e quasi intimidita, allungando una mano nella direzione della bambina, seduta alla mia sinistra, per riservarle una breve carezza sui capelli, oggi sciolti sulle spalle, nel tentativo di tranquillizzarla.

Non voglio, infatti, che discutano per un qualcosa che ho scatenato io stessa, un flebile dispiacere che si insinua sincero ed onesto dentro di me, non lasciandomi scampo.

Sbuffo leggermente, curvando la postura sotto il peso di queste riflessioni mentre lei persiste nel rimanere voltata verso il fratello, una smorfia infastidita che le inclina le labbra, distorcendole appena.

Un debole silenzio cala poi su di noi, portandomi a sperare ardentemente che il loro litigio cada finalmente nel vuoto dopo il mio dolce monito, svanendo nel nulla.

Cosa che, però, non accade.

Le mie speranze, infatti, vengono purtroppo disattese l'attimo seguente, frantumandosi contro la realtà dei fatti.

Lei, difatti, si protende bruscamente in avanti, riducendo pericolosamente lo sguardo ad una fessura mentre una scintilla di sfida e determinazione ad averla vinta lo animano, rendendolo più lucido e portandola ad avvicinarsi di conseguenza al fratello.

- I tuoi disegni sono stupidi – ribadisce ancora il concetto, arricciando il piccolo naso e pronunciando quasi ogni termine in modo cadenzato e lento, finendo per sillabarli quasi.

Adam, sempre più irritato dalle accuse della sorella, si agita veementemente sulla sedia, muovendosi nervosamente mentre io mi ritrovo a prendere una boccata d'aria, rendendomi conto di come il mio rimprovero non abbia assolutamente sortito l'effetto sperato.

Tutt'altro.

Roteo le pupille al cielo, rammaricandomi mentre, desolata, allontano la mano da Lizzie, riponendola sulle mie gambe senza aggiungere null'altro, reputandolo inutile.

Adam si inalbera ulteriormente, fulminandola con una bruciante occhiataccia al vetriolo mentre esita momentaneamente, chiudendosi in un minaccioso ammutolimento.

Ed irrazionalmente il mio cervello mi porta a considerare come anche Andrew si esibisca a volte nella stessa, identica smorfia contrita, quasi come se fosse sul punto di scoppiare, ma cercasse al col tempo disperatamente di trattenersi.

E ancora una volta noto quanto la somiglianza tra i due sia disarmante, rendendoli a tratti due gocce d'acqua non solo a livello fisico, ma anche caratteriale.

- Non è vero! - riprende a puntualizzare il bimbo, richiamandomi di fatto al presente mentre le mie dita stropicciano appena la gonna del mio vestito, adocchiandoli di sbieco.

Contemporaneamente, percepisco Andrew espirare seccamente l'aria tra i denti, facendomi intuire che sia sempre più prossimo a perdere la pazienza.

- Ad Emma piacciono – borbotta ancora il bimbo quasi piagnucolando, incrociando le braccia al petto mentre non smette neanche per un attimo di fissarla in malo modo, incontrando il suo dubbioso scetticismo.

Ed è proprio questo, in qualche contorto modo, a portarlo a spostare le iridi dal suo piccolo viso, subito dopo, per puntarli su di me, un principio di insicurezza che le oscura appena nonostante faccia di tutto per non darlo, orgogliosamente, a vedere.

- Vero che ti piacciono? - si rivolge direttamente a me, la voce che traballa appena mentre sgrana ancora di più le palpebre, rendendo i suoi occhi vagamente più lucidi e grandi e sollecitando, di conseguenza, una mia risposta affermativa.

Ed io non esito a farlo, desiderando assolutamente scacciare tutte le sue incertezze a riguardo, sentendone quasi l'interiore e scalpitante bisogno.

- Certamente – affermo io prontamente, riservandogli un tenero sorriso.

Limpidamente contento del mio commento Adam piega appena il capo di lato, aprendosi in uno smagliante e luminoso sogghigno.

Con una scintilla di vittoriosa vanitosità si gira poi nuovamente verso la sorella, rivolgendosi a lei con una ostentata contentezza.

- Visto, ad Emma piacciono – mormora cantilenante, accompagnando la sua frase con una sonora pernacchia.

Tuttavia, il momento viene bruscamente interrotto da Andrew subito dopo, le sue parole che sferzano l'aria in modo severo e autoritario, zittendoli e facendomi, spontaneamente, raddrizzare la schiena.

- Ora basta! - sbotta infatti dopo una frazione di secondo, portandoci celermente e di istinto a scrutarlo.

Con gli occhi tenacemente socchiusi fissa i bambini in modo severo, riprendendoli senza indugio mentre si sporge leggermente in avanti, appoggiando il gomito sul tavolo.

- Smettetela immediatamente di litigare – soffia ancora, deciso e determinano mentre gesticola convulsamente – I suoi disegni non sono stupidi – si rivolge direttamente a Lizzie, indicando con l'indice Adam, imponendole quindi di smettere di dirlo – E tu non fare le boccacce a tua sorella – ammonisce ora il bambino, intento a farle le linguacce.

Impettiti, entrambi non replicano nulla, limitandosi ad annuire in segno di assenso, ubbidendo educatamente senza fare storie o capricci, prendendo alla lettera ciò che ha detto lo zio.

Non osando assolutamente intromettermi in questa situazione spinosa e delicata, io non dico, invece, nulla, nascondendo la mia smorfia nuovamente nel bicchiere in plastica verde, il caffè ormai freddo.

- E ora finite la colazione – conclude, infine, Andrew, addolcendo appena il tono mentre con un cenno del capo indica i loro piatti, ancora parzialmente pieni.

Inspirando una profonda boccata d'aria mi rivolge poi una occhiatina di scuse, un po' dispiaciuto e un po' esasperato.

So perfettamente, infatti, quanto non ami riprenderli o essere brusco nei loro confronti, preferendo di gran lunga coccolarli e viziarli.

Gli sorrido debolmente, rincuorandolo a distanza mentre i suoi lineamenti tornano ad essere impercettibilmente più distesi, la mia carezza invisibile che sortisce l'effetto sperato, rilassandolo leggermente.

Il sole tiepido del primo mattino, intanto, mi scalda debolmente la pelle, una carezza soffice ed invisibile che mi intorpidisce le membra, deliziandomi.

Tuttavia, il momento viene interrotto esattamente l'attimo seguente dall'insistente suoneria, acuta e squillante, di un cellulare, mandandolo completamente in frantumi.

Colta alla sprovvista sobbalzo, comprendendo con un istante di ritardo che proviene dal telefonino di Andrew mentre lui si esibisce in una espressione per nulla rallegrata, sbuffando.

Sospirando appena mi stringo debolmente tra le spalle, intuendo mutamente che si tratti di lavoro, mentre lui si muove appena sul posto, infilando la mano nella tasca dei suoi jeans, recuperandolo.

Lo tira fuori l'attimo seguente, adocchiando celermente il nome del mittente che fa bella mostra di se sullo schermo, arricciando appena la bocca in una smorfia indispettita e stanca.

- Devo rispondere – soffia stancamente, rivolgendomi una complice occhiata rammaricata e mesta che incasso silenziosamente, limitandomi ad annuire – E' un collega – aggiunge ancora, spiegandosi meglio e facendomi comprendere tra le righe che ci sia qualche questione importante di mezzo.

- Tranquillo – affermo io comprensiva in risposta, capendo benissimo la situazione, nessun fastidio che sorge in me.

La stessa comprensione, però, che non trova in sua nipote.

Il sospiro seccato e sibilante di Lizzie, infatti, sferza l'aria, sovrastando momentaneamente anche l'insistente squillare del telefono, portandomi a girarmi repentinamente verso di lei.

Visibilmente scocciata da questa interruzione, appare leggermente imbronciata, le iridi appena assottigliata mentre fissa in malo modo suo zio, per nulla aggradata da questa interruzione.

Captandolo intelligentemente, Andrew parla ancora, cercando di rasserenarla.

- Ci metto pochissimo, tesoro, promesso – le sorride dolcemente, apprestandosi subito dopo ad alzarsi, la sedia tirata indietro che stride contro le piastrelle beige che rivestono il pavimento della terrazza.

Lei, tuttavia, non ribatte assolutamente nulla, limitandosi ad apparire corrucciata, incupendosi appena mentre lui si allontana di qualche passo, rispondendo gentilmente.

- Pronto? - compie qualche precario passo, le mie pupille che non lo perdono di vista, scrutandolo, mentre si avvicina di fatto all'angolo estremo della ringhiera nera che delimita l'ambiente, potendo ora parlare in modo più libero.

Espirando sommessamente, mi volto nuovamente verso i bambini subito dopo, realmente costernata, ben consapevole di quanto loro tenessero a passare questa ora in nostra compagnia in tutta tranquillità e soprattutto senza alcuna interruzione.

Desiderando ardentemente far scomparire le loro espressioni cupe mi arrovello istantaneamente per trovare qualcosa di sensato da proporgli per distrarli, vagliando più ipotesi.

Cosa che accade esattamente l'attimo dopo, quando un aneddoto svagato e divertente di quando ero bambina mi attraversa velocemente e all'improvviso la testa, portandomi ad iniziare un nuovo discorso.

- Sapete che quando ero piccola i miei genitori portavano me e mio fratello ogni primo giorno di scuola a fare colazione fuori? – inizio sorridente a parlare, attirando immediatamente il loro interesse.

Adam, infilandosi in bocca l'ultimo pezzo di muffin, mi fissa attentamente, allargando appena le palpebre mentre mastica lentamente, rimanendo in ascolto, rapito .

Lizzie, al contrario, appare molto più sorpresa ed intrigata, incalzandomi subito con un quesito mentre abbandona le posate nel piatto, lasciando perdere i suoi pancakes per dedicare a me tutta la sua attenzione.

- Davvero? - mormora visibilmente meravigliata da ciò che ho appena detto, portandomi ad annuire con convinzione, muovendo su e giù il capo.

Una fitta di piacere mi coglie sibillino nell'incontrare le loro espressioni incuriosite, contenta di essere stata in grado di scacciare il loro improvviso malumore, facendolo svanire come una bolla di sapone.

Deglutisco, umettandomi appena il labbro inferiore con la punta della lingua prima di ribattere sinceramente, rammentando il piccolo bar in cui mio padre ci portava quando abitavamo a Chigago.

- Si – soffio docilmente ed in modo mellifluo, portandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio, scostandomela dal viso – Fin quando Michael non è andato al College abbiamo avuto questo piccolo rito – gli rivelo ancora, il timbro confidenziale che rende quasi il mio mormorio un affabile segreto.

Contemporaneamente, il dolce sapore dei ricordi della mia infanzia mi invade, lasciandomi addosso una strana sensazione, un misto di melanconia e contentezza che fatico a tenere sotto controllo.

Inevitabilmente, infatti, mi mancano quegli istanti sereni e ormai lontani in cui tutto era così semplice e facile.

Forse, semplicemente, realizzo distrattamente, mi manca solo mio fratello.

Per quanto possa negarlo, difatti, o fare finta di niente, sento incredibilmente la sua mancanza.

Adam, in tutta risposta, raddrizza la schiena, sedendosi sul bordo della sedia nel tentativo di avvicinarsi maggiormente a me per sentire meglio, causando l'ampliarsi del mio luminoso sogghigno, richiamandomi alla realtà.

- E anche noi litigavamo sempre – scherzo ilare e più leggera, alludendo chiaramente al piccolo battibecco che hanno avuto solo qualche minuto fa, facendoli scoppiare a ridere di gusto.

Le loro risatine fievoli e cristalline, mi solleticano poi momentaneamente l'udito, innalzando il mio umore di una tacca.

Prima ancora, però, che io possa continuare, Adam interviene, anticipandomi sul tempo con un quesito che mi destabilizza, inquietandomi.

- E diventerà anche il nostro rito? - mi domanda genuinamente speranzoso, mordendosi appena il labbro inferiore mentre rimane rigorosamente in attesa, scrutandomi smaniosamente – Verremo sempre qui? - mi chiede ancora, insistendo ed incalzandomi.

Colta in contropiede esito per un attimo, profondamente stupita da questa sua richiesta improvvisa ed inaspettata, che mi lascia letteralmente senza parole.

Il fiato, infatti, mi si spezza in gola, nel constatare come questa banale richiesta nasconda, invece, un qualcosa di importante e disarmante.

Boccheggio, annaspando tra le mie elucubrazioni, completamente spiazzata.

Mi vedono nel loro futuro, comprendo sbigottita, positivamente meravigliata mentre il mio corpo si contrae sotto il peso di questa rivelazione sconcertante, tendendomi fin quasi allo spasimo.

Un sentimento forte ed intenso si agita subitaneo dentro di me, l'amore che provo nei loro confronti che scalpita più forte, illuminandomi in viso mentre la sensazione di qualcosa che si scioglie all'altezza del petto mi pungola.

Schiudo le labbra, riscuotendomi, seppur a fatica, e percependo i loro occhi ansiosi puntati ostinatamente sul mio profilo, finalmente pronta a rispondergli affermativamente.

Tuttavia, proprio quando sono sul punto di formulare la frase qualcosa mi anticipa.

O, meglio, qualcuno.

- Cosa dovrebbe diventare il nostro rito? - afferma interessato ed incuriosito Andrew, la sua voce calda che anticipa di un millesimo di secondo il suo arrivo, spezzando il filone dei miei pensieri di netto.

Portandomi, infatti, irrazionalmente a voltarmi alla mia destra con una piccola rotazione del busto, incontro la sua figura alta e snella a pochi passi di distanza da noi, un sorriso sbarazzino che inclina un angolo della sua bocca verso l'alto mentre le sue iridi chiare risultano illuminate da una punta di irrazionale gaiezza.

Deve aver udito la nostra conversazione, realizzo con un attimo di ritardo mentre sbatto le palpebre, quel senso di scombussolamento interiore che non mi abbandona neanche per un breve e fugace istante.

- Venire a fare colazione qui ogni primo giorno di scuola – gli sorrido sbiecamente mentre lui ci raggiunge ed Adam scalpita – E' una cosa che facevo con i miei genitori – gli spiego gesticolando appena, mentre lo guardo dal basso.

Andrew annuisce leggermente, ribattendo.

- Mi sembra un'ottima idea – conviene con me, riservandomi una dolce occhiatina di sottecchi che mi fa letteralmente rabbrividire, scaldandomi il cuore.

Un moto di tenerezza mi investe in pieno, stringendomi nella sua stretta voluttuosa e avviluppante mentre rimaniamo a guardarci per una frazione di secondo, perdendoci, come sempre, negli occhi dell'altro.

Tuttavia, il rumore attutito e lontano di una porta che si chiude, frantuma in mille pezzi questo momento, richiamandoci alla realtà.

Una ragazza poco più giovane di me dai corti capelli color miele legati in una coda alta, compare, infatti, improvvisamente sulla terra, attirando le nostre occhiate distratte.

Con pochi e celeri falcate si avvicina velocemente al nostro tavolo, un grembiule verde bosco legato in vita e un piccolo taccuino nero stretto tra le dita.

- Vi posso portare il conto? - ci domanda premurosamente, palesando una voce morbida e gentile, soffiando tra i denti questo semplice mormorio.

Istintivamente, alzo il capo verso di lei, guardandola e annuendo docilmente al suo indirizzo, acconsentendo.

Rimanendo educatamente in attesa di una risposta, rimane immobile poco dietro la sedia di Adam, adocchiando interessata i bambini, probabilmente attirata dal loro chiacchiericcio e dal loro agitarsi inquieto.

- Si, grazie – ribatte in un mormorio deciso Andrew dopo un istante di esitazione, congedandola educatamente mentre rimane immobile al mio fianco, rivolgendosi ai suoi nipoti – Forza bambini, dobbiamo andare – li informa, causando la smorfia indispettita e delusa di Adam e quella più allegra e solare di Lizzie.

Sogghignando flebilmente, faccio leva sulla gambe l'attimo seguente, tirandomi in piedi con un movimento fluido, pronta ad accompagnarli a scuola mentre i loro sbuffi e mormori mi solleticano l'udito, divertendomi.

- Dobbiamo andare per forza? - si impunta, però, inaspettatamente Adam, rimanendo ostinatamente seduto mentre invece la sorella si alza, recuperando il suo cardigan blu scuro.

- Si, tesoro – gli rispondo io mentre scaccio con le dita le pieghe dal mio abito, riservandogli un pacato sguardo mentre Andrew lo ammonisce silenziosamente con una occhiataccia, invitandolo probabilmente a non fare i capricci.

Prima ancora, però, che lui possa dire qualcosa, rimproverandolo, la donna parla all'improvviso, stupendomi con il suo innocente e sincero commento.

- Avete davvero dei bei bambini – si complimenta dolcemente, socchiudendo appena le iridi verdi mentre osserva ancora Adam e Lizzie, scambiandoli erroneamente come nostri figli.

Scambiandoci, unicamente, per una famiglia.

Avvampo furiosamente, arrossendo all'istante dinnanzi a questo grossolano equivoco mentre con la coda dell'occhio intravedo Andrew impietrirsi, paralizzandosi esattamente come me sul posto.

Sbigottita e sconvolta apro e chiudo un paio di volte la bocca, non sapendo cosa dire o come ribattere mentre la sua semplice frase mi rimbomba in testa, rieccheggiando.

Visti dall'esterno sembriamo davvero dei genitori in compagnia dei loro figli? Mi tormento sconvolta e scioccata, non riuscendo quasi a capacitarmene.

L'incedere del mio cuore aumenta all'istante tramutandosi in una petulante tachicardia mentre una ondata di imbarazzo mi coglie tagliente, sferzandomi senza che io possa fare nulla per arginarla.

Annaspo, un sottile nervosismo che mi pungola, stordendomi e appannandomi ogni pensiero.

- Come vi chiamate? - domanda direttamente a loro l'attimo seguente, ignorando probabilmente lo sconcerto che mi crea, il cervello focalizzato su tutt'altro.

- Adam – afferma docilmente lui, guardandola in modo diffidente e quasi di sbieco, masticando lentamente il proprio nome mentre scende simultaneamente dalla sedia con un piccolo balzo, aggirando il tavolo e avvicinandosi a me – Lei è Lizzie – indica poi timidamente la sorella, intenta a sistemarsi il giacchetto, con un gesto semplice dell'indice, non smettendo neanche per un attimo di fissare la ragazza, non sentendosi probabilmente a proprio agio.

Lei si esibisce in un tenero sorriso, tentando forse di rassicurarlo.

- E quanti hai? - gli chiede morbidamente, piegando appena il capo di lato, osservandolo di sottecchi per non spaventarlo mentre lui incassa la testa tra le fragili e piccole spalle.

Stupendomi, si aggrappa subito dopo alla mia gamba destra, avvinghiandosi a me con una stretta quasi spasmodica e ansiosa, cercando una rassicurazione.

Un moto di tenerezza mi scuote prepotentemente a questo suo gesto mentre il suo mormorio di risposta mi solletica l'udito.

- Quattro – sussurra impacciato, spronandomi spontaneamente ad allungare la mano e posarla sul suo capo, depositandovi una flebile carezza mentre ghigno carezzevolmente al suo indirizzo, quietandolo.

Fortunatamente ci riesco, tranquillizzandolo docilmente.

Lui, infatti, alza appena il mento, guardandomi in faccia e lanciandomi contemporaneamente uno sguardo di gratitudine, sentendosi probabilmnte rincuorato.

- Avete proprio dei bellissimi bambini – ribadisce ancora il concetto la donna, annuendo compiaciuta, lusingandomi e lasciandomi senza fiato.

Avete davvero dei bellissimi bambini.

Deglutisco a fatica, un nodo di emozioni violente e disarmanti che mi occlude la gola, soffocandomi.

E, semplicemente, il mio cuore manca piacevolmente un battito.



*****


*****



Con un sospiro pesante e una leggera e fastidiosa sensazione di affaticamento agli avambracci, compio l'ultimo passo in avanti, le suole delle mie ciabatte che producono un lieve e strascicato ticchettio sul parquet mentre stringo maggiormente le dita intorno ai manici.

Raggiungendo il divano, vi lascio cadere sopra la cesta in plastica azzurra del bucato, che rimbalza appena sulla seduta grigio scuro.

Un silenzio pacato e morbido permea intanto il soggiorno di casa mia, creando una atmosfera intima e famigliare che mi infonde un incredibile senso di tranquilla serenità, spronandomi a bearmene.

Sorrido appena ed in modo allegro, quasi sollevata.

Mi fa sentire semplicemente bene, inspiro una profonda boccata d'aria, un suadente benessere che mi avvolge tra le sue voluttuose spire, pervadendomi.

Stiracchiandomi leggermente, allungo le braccia indolenzite sopra il mio capo, finendo di fatto per inarcarmi appena e far alzare, di conseguenza, la maglietta grigio chiaro che indosso, scoprendo un lembo di pelle sopra i fianchi, esattamente sopra l'elastico nero dei pantaloncini che indosso.

Quasi distrattamente, adocchio poi con uno sguardo fugace alla mia sinistra, fuori dalla portafinestra, scorgendo il cielo, privo di nuvole, ormai di fine pomeriggio iniziare a tingersi di rosso scuro, preannunciando l'imminente tramonto.

Tuttavia, il mio sogghigno si scioglie in una smorfia contrita subito dopo, non appena torno a puntare le mie pupille disattente proprio davanti a me, incontrando il cumulo di biancheria pulita ed arretrata, un moto di noia che mi travolge in pieno, rendendomi incredibilmente pigra e svogliata.

Sporgendo leggermente il labbro inferiore, mi porto indietro una ciocca di capelli castani, sfuggita all'elastico con cui li ho raccolti in una precaria coda, scostandola dal mio volto mentre lo fisso torvamente, fulminandolo con una occhiataccia al vetriolo che spero lo faccia magicamente scomparire.

Cosa che, purtroppo, però, non accade, spingendomi a maledirmi silenziosamente per aver rimandato troppe volte le faccende di casa.

Tra il lavoro e gli impegni che ho avuto in questi ultimi giorni, infatti, ho trascurato un po' la cura della casa, finendo di fatto per accatastare le cose da sistemare e le pulizie da fare.

Sbuffo sonoramente indispettita, curvando desolata al in giù le spalle.

Tentando, poi, di trovare dentro di me il coraggio necessario per cominciare, mi piego subito dopo in avanti, agguantando con un movimento celere un paio di pantaloni blu scuro della tuta, pronta a metterli in ordine.

Scuotendoli lievemente nel tentativo di scacciare le pieghe più grossolane, li ripiego accuratamente l'attimo seguente, riappoggiandoli adeguatamente sul bracciolo squadrato del sofà e accingendomi poi a fare lo stesso con le magliette rimaste.

Tuttavia, il mio confuso rimuginare viene frantumato l'istante seguente, non appena due mani calde e bollenti si posano all'improvviso sui miei fianchi, solleticandoli con i polpastrelli e facendomi sobbalzare bruscamente.

Sgrano istintivamente gli occhi mentre il mio cuore perde irrazionalmente un battito, iniziando a pompare il sangue subito dopo in modo sfrenato e concitato, così veemente da provocarmi un soffuso rossore al viso.

Con il respiro spezzato in gola e uno strano sconvolgimento ad abitarmi, inclino il viso di lato nel momento stesso in cui una voce morbida e melliflua mi sferza, acutizzando inverosimilmente le mie palpitazioni.

- Avevo davvero bisogno di una doccia – afferma, infatti, Andrew soddisfatto e quasi sornionamente dopo una frazione di secondo, illanguidito da una pacatezza disarmante, mentre allude chiaramente alla doccia che si è appena fatto e che io stessa gli ho consigliato solo qualche minuto fa, quando è arrivato, trovandolo stanco e affaticato dopo il turno in ospedale.

Non appena abbiamo lasciato Adam e Lizzie a scuola, difatti, siamo andati entrambi a lavorare, dandoci appuntamento a casa mia per il fine pomeriggio con l'intento di cenare insieme e vedere in seguito un film, approfittando dell'assenza di Sam.

Il suo respiro bollente mi solletica l'orecchio e il collo parzialmente scoperto, provocandomi una ondata di pelle d'oca e brividi che non so governare o sopprimere, richiamdomi alla realtà subito dopo.

Annuisco leggermente, riemergendo dalle mie riflessioni e simultaneamente non riuscendo a placare la tachicardia che mi turba mentre lui mi attira totalmente a se, avviluppandomi in un abbraccio improvvisato che mi causa un luminoso sorriso.

Lo stesso che non sono in grado di trattenere.

Non ribatto così momentaneamente nulla, rimanendo chiusa in un tenero mutismo mentre lui appoggia le labbra sulla mia nuca, depositandovi un dolce bacio che mi suscita un moto di amorevolezza ineguagliabile ed incontrollabile.

Mi rilasso contro di lui mentre compio un piccolo passo indietro, finendo di fatto per far aderire completamente la mia schiena al suo torace sodo e muscoloso mentre il suo profumo mi solletica leggermente le narici l'attimo dopo, stuzzicandomi l'olfatto con il suo aroma suadente e seducente.

Tuttavia, il contatto tra i nostri corpi dura unicamente qualche secondo, svanendo l'attimo seguente, quando Andrew, dopo avermi baciato il collo un'ultima volta, scioglie la presa su di me, allontanandosi di qualche passo.

Il suo calore mi abbandona così all'istante mentre lui mi aggira con una semplice falcata, lasciandosi cadere con un mezzo sorrisetto stampato in faccia sul divano.

Incuriosita ed attratta, gli rivolgo istintivamente una lunga occhiata di sottecchi, adocchiandolo accuratamente.

Fasciato unicamente da una maglietta rossa a mezze maniche e un paio di pantaloncini neri si accomoda contro lo schienale imbottito del sofà, reclinando il capo indietro fino ad appoggiarlo sulla testiera.

I capelli, ancora parzialmente bagnati e quindi più scuri del normale, sono portati indietro, risultando un po' arruffati e inusualmente scomposti.

Una spontanea e naturale morsa allo stomaco mi colpisce l'attimo dopo, sibillina e sincera, manifestando un sottile desiderio, mai davvero saziato o represso.

Affondo gli incisivi nel mio labbro inferiore, la mia occhiatina che si illanguidisce torbidamente sotto il peso di queste percezioni e considerazioni.

E lui sembra notarlo esattamente un millesimo di secondo dopo dal momento che inclina sbarazzinamente il viso, facendo scontrare i nostri occhi mentre sogghigna compiaciuto, intuendo alla perfezione l'entità delle mie elucubrazioni.

Non so se per via della complicità che ci lega o, unicamente, per l'espressione sfacciata che devo aver assunto in questo istante, ma lui sembra leggermi alla perfezione, con una facilità quasi destabilizzante.

Tentando di riprendermi e di cercare di ignorare il violento rossore che mi sta chiazzando il volto, agognando non aumentare ulteriormente il suo ego già smisurato, mi allungo nuovamente verso la cesta del bucato, afferrando una spiegazzata maglia verde bosco.

Solo dopo un attimo, nel momento stesso in cui mi appresto a piegarla, notando le dimensioni troppo grandi, mi rendo conto che non è mia, ma bensì di Andrew.

Ghigno, riflettendo su come ormai siano più le cose sue che ha lasciato qui che quelle che ha nell'armadio. Con il passare del tempo, infatti, ha iniziato a lasciare sempre più cose a casa mia, in parte su mia richiesta e in parte come ricambio per quando rimane a dormire da me, deliziandomi.

Tra il divertito e il compiaciuto sogghigno flebilmente sotto il peso di queste elucubrazioni, percependo il suo sguardo ardente scrutarmi interessato, scivolando sul mio profilo con una silenziosa carezza.

Tuttavia, il dolce silenzio creatosi viene interrotto l'attimo seguente, quando Andrew inizia a parlare, quasi di punto in bianco.

- Grazie per questa mattina – afferma, portandomi ad alzare istintivamente la testa nella sua direzione, facendo scontrare le nostre iridi, unendole saldamente fin quasi a farle fondere.

Un velo di confusione cala, intanto, repentino sul mio volto, rendendomi disorientata e portandomi ad aggrottare interdetta le sopracciglia, corrucciandomi flebilmente senza capire a cosa si stia riferendo.

Intuendolo, si spiega meglio subito dopo, persistendo nel fissarmi teneramente allegro.

- Per la colazione – soffia pacatamente, accompagnando le sue parole con un gesto vago della mano affusolata, gesticolando sommessamente mentre ora la sua affermazione diventa più limpida e chiara, comprensibile.

Un sorriso semplice e spontaneo mi inclina allora le labbra mentre rimango immobile, le dita ancora affondate nel cotone morbido e profumato della sua magli.

Istantaneamente, la mia mente viene invasa da quei ricordi, recenti e piacevoli, che riaffiorano con facilità dalla mia memoria, deliziandomi pallidamente con le sensazioni positive che si portano dietro.

- Figurati – faccio timidamente spallucce, osservandolo di rimando mentre mi sento quasi a disagio, un gesto fatto spontaneamente ed in modo naturale che non merita spiegazioni o discorsi – Mi ha fatto molto piacere – mormoro, non riuscendo quasi a farne a meno e muovendo impercettibilmente la bocca, risultando completamente sincera e trasparente.

Ed è vero, sono stata benissimo in loro compagnia, una mattina iniziata in modo diverso e forse anche meglio rispetto alle altre, tutte uguali e concitate.

Più serena e meno frenetica unicamente, realizzo con una elucubrazione veloce, soffermandovici appena.

Andrew ghigna, una scintilla di felicità che anima i suoi occhi, rendendoli se possibile ancora più azzurri e lucidi, sciolti da una emozione intensa e calda che lo scuote nel profondo.

La stessa che vibra anche dentro di me.

Amore.

Sospiro, continuando a rimanere staticamente ferma, la schiena dritta e la voglia di restare a guardarlo per un tempo indefinito che diventa più pressante dentro di me.

- Anche a Lizzie ed Adam – aggiunge lui dopo un istante di esitazione, appoggiando il braccio destro sul bracciolo – Erano molto contenti di passare un po' di tempo con te – mi rivela in modo dolce e mellifluo, quasi confidenziale mentre una fitta di affettuosità mi perfora il petto da parte a parte, rendendomi inaspettatamente quasi più vulnerabile, travolta in pieno da un calore famigliare e quasi materno.

Per un millesimo di secondo mi ritrovo a chiedermi a cosa sia dovuto, non riuscendo a fornirmi una spiegazione totale ed appagante, portandomi a chiudermi nel mio rimuginare.

Ed è proprio questo, in qualche contorto modo, subito dopo, a far balzare alla mia attenzione un momento preciso di questa mattina, lo stesso a cui, volontariamente o meno, ho pensato più volte durante la giornata.

Senza un motivo apparentemente logico, infatti, mi torna in mente il modo in cui ci ha guardato la cameriera della caffetteria, come ha scambiato il nostro legame per quello tra madre e figli, fraintendendolo bellamente.

Avvampo nuovamente, in modo furioso e quasi imbarazzato, proprio come se lo stessi rivivendo, mentre mi sento quasi a disagio a riflettere su una cosa simile in sua presenza, un errore involontario che, però, ha lasciato inevitabilmente un segno indelebile dentro di me.

Non riesco, semplicemente, a cancellarlo.

Tuttavia, è Andrew stesso ad interrompere il filone alogico e sconclusionato delle mie elucubrazioni subito dopo, notando probabilmente il mio essere assente e con la testa da tutt'altra parte.

- Che pensi? - mi chiede, difatti, dopo un millesimo di secondo, incalzandomi con questo quesito e spronandomi a tornare a guardarlo, incuriosito ed interessato dal mio essere silenziosa.

Stringendomi appena tra le braccia indugio per un attimo prima di rispondere, indecisa se rivelargli i miei intimi pensieri o tacere, tenendoli solamente per me.

Ed è il primo istinto a prevalere, qualcosa di naturale che mi porta a renderlo partecipe del benessere che ho provato in quel momento, una frazione di secondo in cui l'equivoco è stato reale.

- Stavo pensando a questa mattina – gli confido mestamente, prendendo un profondo respiro e gonfiando totalmente il petto mentre lego i miei occhi ai suoi, permettendogli di scavarmi dentro senza opporre alcuna resistenza.

Unicamente, non volendo farlo.

A quando ci hanno scambiato per una famiglia – sussurro ancora mentre la voce si spezza debolmente, la sua espressione disorientata e incerta che mi porta a spiegarmi meglio, con più chiarezza ed in modo quasi affannoso.

Annaspo angosciata, le palpebre leggermente dilatata mentre persisto a fissarlo, il cervello pieno zeppo di domande e perplessità che non mi permette di comprendere la sua reazione.

Simultaneamente, però, mi ritrovo nuovamente a chiedermi come sarebbe avere dei figli nostri, un desiderio così importante formulato con una facilità che mi disarma.

Ed il viso di una bambina dagli occhi scuri e i capelli castano chiaro, tendenti al biondo, mi invade subito dopo la mente, risultando il perfetto mix dei nostri lineamenti.

Esattamente come mi è capitato durante la discussione con mia madre, realizzo boccheggiante, chiedendomi subito dopo se la mia confusione sia semplicemente dovuta a quella conversazione mentre una matassa di emozioni mi occludono la gola.

Piacere... gioia... confusione... insicurezza... dolcezza... fragilità...

- Cosa? - il mormorio scioccato e meravigliato di Andrew, però, mi sferza tagliente l'attimo seguente, risuonando nell'aria e frantumando in mille pezzi la quiete che ci avvolge.

Con le iridi sgranate, un concreto stupore le anima, incupendole, mentre corruccia la fronte, non capendo ciò che ho appena detto.

Ed io mi ritrovo a specchiarmici intimorita e quasi in soggezione, comprendendo come questo mio commento inaspettato lo abbia letteralmente fulminato sul posto, la fierezza di aver pronunciato questa frase che si scontra contro la paura di essere stata fuori luogo, inopportuna.

Mi coglie vigorosamente impreparata, una frustrata invisibile che mi marchia a fuoco la pelle, penetrando tra i miei dubbi, finendo per moltiplicarli attimo dopo attimo.

Apro e chiudo la bocca un paio di volte, scoprendomi ammutolita e quasi incapace di parlare, impossibilitata a farlo, non sapendo cosa dire o come motivare tutto ciò.

Andrew, intanto, persiste a osservarmi in modo quasi stralunato, visibilmente sbigottito e scioccato da questa rivelazione, instillando in me un ansioso nervosismo.

Del tutto irrazionalmente ed in modo quasi orgoglioso, mi ritrovo a continuare a parlare l'attimo dopo, la volontà di spiegargli che diventa quasi una necessità.

- Pensavo a come sarebbe avere dei figli nostri – ammetto infine dopo dei brevi secondi, calcando involontariamente sull'ultima parola fino a conferirle una sfumatura dolce e intima, una apparente tranquillità quasi pesante che cala improvvisamente nella stanza, diventando opprimente e snervante.

E la smorfia attonita e quasi atterrita che assume lui non appena comprendere il reale significato della mia frase, mi fa letteralmente sbiancare.

Un sottile ma intenso allarmismo, infatti, mi attanaglia, stringendomi lo stomaco in una morsa insistente e snervante che non mi dà tregua, incalzandomi e provocandomi quasi un senso di nausea mentre percepisco le mani diventare progressivamente più gelide, sudando freddo.

- Ci stai pensando seriamente? - mi dice lui dopo un attimo, un quesito che suona più come una affermazione mentre mi guarda con gli occhi sgranati, le pupille illanguidite e rese più lucide dalla sorpresa che sembra provare ed io non riesco a capire se in positivo o in negativo – Dei figli nostri – soffia ancora, in modo quasi impalpabile ed inudibile, ripetendo meccanicamente ciò che io ho detto mentre mi irrigidisco maggiormente al suo apparire così paralizzato.

Parla lentamente, quasi come se faticasse ad apprendere o concepire questa semplice frase, il mio desiderio, intimorendomi sinceramente.

Cercando di non farmi prendere dal panico o dall'ansia, tuttavia, tento faticosamente di rimanere calma.

Cosa incredibilmente difficile e complicata, realizzo mentre il mio cuore sbatte sfrenato nel mio petto, spezzandomi il respiro fino a renderlo traballante.

Inspiro a fatica, di nuovo, scoprendo la gola secca e la bocca impastata mentre lui mi fissa con estrema serietà, una maschera di indecifrabile imperscrutabilità che lo rende quasi cupo e di pessimo umore.

Tentando, però, orgogliosamente di non darlo a vedere, parlo ancora.

- Si – asserisco flebilmente, questo laconico monosillabo che esce a fatica dalle mie labbra dischiuse, un invisibile tremolio che le pervade – E' tutto il giorno che ci penso, in effetti – gli rivelo con limpida onestà, non volendo nasconderglielo.

O, forse, semplicemente, non potendo più farlo. Ormai, difatti, è troppo tardi per rimangiarsi tutto, per riavvolgere il nastro all'indietro e cancellare questo assurdo discorso.

Confuso e sbalordito dal mio acconsentire, Andrew sgrana maggiormente le palpebre, contraendo la postura ed tendendosi contro lo schienale del divano, trattenendo quasi il fiato mentre il tempo sembra quasi rallentare fino a fermarsi del tutto, cristallizzandosi.

- Ci hai pensato tutto il giorno – ripete ancora, non aggiungendo null'altro, irritandomi inverosimilmente.

Perchè diavolo reagisce così? Mi chiedo esasperata dal suo non reagire, rimanendo quasi apatico.

Arricciando indispettita la punta del naso, assottiglio minacciosamente lo sguardo, lanciandogli una occhiataccia mentre mi spazientisco del tutto, il suo modo troppo pacato e razionalmente impostato che finisce per infastidirmi inverosimilmente.

E unicamente sbotto, non indugiando ulteriormente.

- Dannazione, la smetti di ripetere tutto quello che dico? - sibilo alterata, sbuffando sonoramente mentre lascio cadere con un gesto secco e deciso la maglia sul divano, allargando frustrata le braccia prima di riaccostarle ai miei fianchi.

Sentendomi sempre meno a mio agio e lucida, gli trucido una occhiata fiammeggiante, bruciante di imbarazzo e rabbia.

Perchè la verità è che mi fa sentire terribilmente stupida questo suo atteggiamento, come se avessi desiderato una follia e non una cosa semplice e normale.

Quasi offeso, lui la ricambia all'istante, ribattendo prontamente con lo stesso identico tono, sentendosi forse attaccato su un tasto dolente.

- Beh, sai, sto cercando di processare quello che mi hai appena detto, – afferma infatti, inarcando allusivamente entrambe le sopracciglia bionde mentre mi squadra severamente, una punta di ironia che impregna il suo timbro, rendendolo quasi aspro – O forse ti aspettavi che mi sarei messo a dipingere la cameretta dei bambini e montare la culla? - mi sferza sbraitando acidamente ed in modo quasi maligno, non accorgendosi forse di farmi male mentre allarga sarcasticamente le braccia

Leggermente ferita, esito per un attimo, percependo il suo commento affondare spietato dentro di me, una lama acuminata ed invisibile che mi trafigge silenziosamente da parte a parte.

In qualche modo, infatti, questa sua battutina vale come una risposta

Con i lineamenti contratti e quasi distorti da un pressante sbigottimento, continua poi a scrutarmi torvamente dal basso, rimanendo seduto senza mormorare null'altro.

E l'impotenza di questa circostanza non fa altro che alimentare la mia momentanea arrabbiatura, spingendomi a parlare in modo quasi tagliente e ad incalzarlo nella vana speranza che cambi registro.

- Non mi aspettavo nulla – mastico torvamente, incupendomi tetramente mentre la consapevolezza che il suo comportamento non è affatto positivo si insinua poderosamente dentro di me, destabilizzandomi – Tanto meno questa tua reazione – concludo amara e laconica, quasi lapidaria mentre un sordo dolore si riversa a fiotti nelle mie vene.

Decisamente, sembra tutto tranne che contento della mia affermazione.

Scuoto vigorosamente il capo, delusa e rattristata mentre mi mordo quasi a sangue il labbro inferiore, dando parzialmente sfogo al nervosismo che mi abita.

Se in un primo momento, difatti, nelle sue iridi vi era solo meraviglia e sorpresa, ora assolutamente non è così. Tutt'altro.

Emozioni più cupe e scure, quasi angoscianti, l'hanno scacciata, imbrunendole e rendendole tendenti al grigio mentre la tipica espressione che assume quando qualcosa non va o è preoccupato lo ha pervaso.

Perchè fa così? Mi tormento ancora, mentre un nodo improvviso mi occlude la gola, rendendo leggermente più lucidi i miei occhi nonostante tutti gli sforzi che faccio per evitarlo, non volendo assolutamente apparire abbacchiata o scoppiare a piangere.

Quasi infastidito dal mio insistente fissarlo e dal mio mutismo basito Andrew si alza di scatto l'attimo seguente, tirandosi bruscamente in piedi e facendomi quasi sobbalzare per la decisione con cui lo fa.

Facendomi mancare un battito, compie poi un passo verso di me, portandomi quasi a considerare che stia per raggiungermi e sfiorarmi.

Cosa che, però, non accade dal momento che lui mi supera con una sola e ampia falcata, muovendosi come un'anima in pena per la stanza, apparendo quasi come un animale in gabbia.

Sfregando il palmo contro la nuca con un movimento fugace, si avvicina alla porta finestra alla mia sinistra, allontanando lo sguardo chiaro e pensieroso dal mio e indirizzandolo in un punto indistinto del panorama.

Sempre più soffocata dall'inquietudine e dall'ansia mi agito appena sul posto, finendo per stropicciarmi le mani mentre mi rammarico di aver tirato fuori questo discorso, sollevando un problema che non credevo esistesse.

Ed è proprio questa frustrazione che mi porta a parlare l'attimo seguente, quasi di punto in bianco, sconsolata e scombussolata.

- Senti, fingi che non ti abbia detto nulla – affermo stanca e mesta, rompendo il teso silenzio che è calato su di noi, non avendo assolutamente voglia di discutere – Non voglio litigare. Discorso chiuso – decreto con un mormorio sofferente mentre alzo entrambe le mani, quasi come a voler frenare un improvviso dialogo che non avviene dal momento che lui rimane chiuso nel suo mutismo.

Ed è così, non voglio portare avanti una litigata come questa, dove sono l'unica ad espormi e ad essere inevitabilmente colpita.

Continuando ad essere confusa ed interdetta, tiro leggermente su col naso, percependo alcune lacrime premere insistentemente agli angoli dei miei occhi, facendo pressione per uscire senza che io glielo permetta.

Tuttavia, è proprio quando sono sul punto di voltarmi e di allontanarmi da lui, non lasciandogli il tempo materiale di ribattere, che Andrew si volta nuovamente verso di me, notando probabilmente il dispiacere che mi scuote.

- Emma, aspetta – mormora leggermente meno infastidito e irritato, sospirando pesantemente mentre mi lancia una lunga occhiata di sottecchi, richiamandomi e spronandomi probabilmente a rimanere.

- Aspetta cosa, Andrew? - sbotto, però, nuovamente io, continuando a non comprendere questi suoi continui cambi di umore e il modo in cui si approccia a me, non lasciandomi il tempo di continuare – E' chiaro che non vuoi parlarne, non ha senso continuare a farlo – sibilo ancora, agitandomi mentre il mio cuore continua a martellarmi nel petto, rendendo sempre più nitida la consapevolezza che lui non vuole tutto questo.

Avvilita, lo guardo negli occhi, una emozione diversa che ora li attraversa, rendendoli meno glaciali e irrazionalmente più caldi, come se avessi appena toccato nervo scoperto.

Rimango immobile, nonostante quello che ho appena detto, nonostante ciò che vorrei.

Il suo soffio rammaricato e accorato, tuttavia, sferza l'aria subito dopo, anticipando solo di una manciata di secondi il rumore dei suoi passi, che riecheggiano appena nella quiete apparente che ci circonda.

Prima ancora che io me ne possa accorgere, Andrew, infatti, mi raggiunge celermente, fermandosi esattamente dinnanzi a me e portandomi di conseguenza ad alzare la testa per guardarlo in faccia.

Con le sopracciglia appena corrucciate e una maschera di dispiacere a pervadere il suo volto, mi adocchia ora in modo impercettibilmente più dolce, rivolgendomi una occhiatina di scuse e specchiandosi nelle mie, abbattute e un po' torbide.

Quasi come se temesse una mia irascibile reazione, allunga poi lentamente entrambe le mani verso di me, posandole con un gesto delicato sulle mie braccia, sfiorandomi con una carezza impalpabile.

La stessa che, però, non mi rincuora, non riuscendo a scacciare lo stordimento che mi annebbia la mia mente. Troppo forte e denso, unicamente troppo.

- Emma, senti – inizia a parlare dopo quella che sembra una eternità, il timbro morbido e calmo che mi infonde un sbiadito senso di tranquillità, riuscendo incredibilmente a quietarmi mentre non interrompe neanche per un attimo il contatto visivo con me, portandomi a chiedere cosa sia accaduto in questi pochi minuti per fargli così repentinamente cambiare umore – Non sto dicendo che non voglio dei figli – continua sicuro di se, muovendo lentamente le dita sulla mia pelle nuda, lasciata scoperta dalla manica della maglia, mentre appare lievemente meno sconvolto e più razionale.

Muovo su e giù il capo senza dire nulla, rimanendo di fatto unicamente in ascolto, non riuscendo a non arrovellarmi a riguardo.

Andrew, però, esita appena, piegando le labbra in una leggera smorfia, quasi come se stesse cercando di trovare i termini giusti ed adeguati per non ferirmi ulteriormente e spiegarmi, contemporaneamente, la cosa in modo chiaro e privo di equivoci.

- Solo, ora non è il momento adatto – conclude alla fine, dopo aver preso una boccata d'aria – Capisci cosa voglio dire? - mi domanda l'attimo dopo, non riuscendo probabilmente ad intuire ciò che mi frulla in testa e sollecitando, di conseguenza, un mio commento.

Mi corruccio, sbattendo le ciglia mentre lui si riferisce chiaramente ad una mia voglia di maternità immediata, dimostrando di avermi frainteso.

Cosa che mi innervosisce ulteriormente invece di quietarmi.

Sentendomi quasi attaccata, socchiudo gli occhi, riducendoli a due fessure minacciose senza riuscire a capirlo, imbronciandomi cupamente.

- Non ho mai detto di volerli ora, Andrew – mi inalbero seccata ed irritata, muovendomi leggermente fino a liberarmi totalmente della sua presa con un gesto secco e deciso, sentendomi quasi insofferente, mentre lui mi lascia andare, sciogliendo la morsa su di me senza opporre resistenza – Dannazione, ho solo detto di averci pensato oggi e che mi ha fatto piacere! - sbotto infine, allargando esasperata le braccia e alzando inconsapevolmente il tono della voce di una ottava.

Con il petto che si alza in modo aritmico e concitato lo scruto, compiendo simultaneamente un passo indietro, non volendo assolutamente essere rabbonita dal suo tocco confortevole e dissuadente.

Non voglio, infatti, che questa discussione di sciolga in un semplice abbraccio, rimanendo sospesa a metà o, peggio, scoppiando come una bolla di sapone.

- Ma noto che la cosa non è condivisa anche da te – sibilo tagliente e ferita, sferzandolo in modo duro e contrito, assumendo quasi una posizione sulla difensiva – Messaggio ricevuto – sussurro alterata.

Sbigottito dalla mia reazione, Andrew mi studia, come se non sapesse quasi cosa dire o cosa fare per non farmi scappare o infuriare ulteriormente, apparendo ora meno infuriato o sotto shock.

Rabbia e delusione, intanto, circolano brucianti nelle mie vene, corrodendomi interiormente e pervadendo ogni singola cellula del mio corpo.

- Emma – afferma ancora morbidamente lui, cercando probabilmente di calmarmi mentre tenta di incontrare le mie iridi – Io sto benissimo con te e lo sai – mi ricorda con una pacatezza disarmante, calcando volutamente sulle ultime due parole ed inarcando un sopracciglio, quasi come a sottolineare questa verità.

Deglutisce poi, esitando per un millesimo di secondo mentre io stringo le labbra, stringendo le mani a pungo, le unghie che affondano spietatamente nella carne delicata del mio palmo.

- Abbiamo avuto i nostri problemi e li abbiamo superati – continua lui, gesticolando flebilmente mentre compie simultaneamente un passo verso di me, azzerando di nuovo la distanza che divideva i nostri corpi – E adesso stiamo iniziando a goderci il nostro equilibrio … non alteriamolo – mormora, portandomi ad alzare appena il mento per guardarlo più agevolmente in volto a causa della nostra improvvisa vicinanza, il suo profumo che mi investe in pieno, facendomi quasi vacillare.

Ascoltandolo, tento quasi disperatamente di dare un senso al suo discorso, cercando di riacquistare un minimo di lucidità.

Piega poi leggermente il viso di lato, una ciocca di capelli, ormai asciutti, che gli intacca la fronte ed una espressione seria che lo fa apparire sincero e trasparente, non più abitato dalle ombre scure di poco fa.

- Semplicemente, sto cercando di dirti che per ora stiamo bene solo io e te – aggiunge onesto, curvando appena la postura verso il basso, quasi come se questa discussione lo stesse spossando, logorandolo, almeno quanto me – Non c'è motivo di affrettare le cose, tutto qui – conclude, una emozione più intensa che si agita dentro di lui, ben palpabile anche dal modo in cui parla.

Ed io unicamente esito, le sue frasi che si insinuano tra i miei dubbi e la mia furia, avendo quasi un effetto sedativo.

In un certo senso, infatti, mi portano a riflettere su ciò che mi sta dicendo, poi non così errato o assurdo.

Quasi improvvisamente il turbamento si dissolve leggermente, affievolendosi e dando al suo atteggiamento una spiegazione più logica e sensata.

Forse, non ci siamo unicamente capiti, realizzo, infatti, dopo una manciata di pensierosi secondi, stringendomi appena tra le spalle mentre mi rendo conto di come alla fine il suo non sia un no, ma solo un voler aspettare.

Sospiro, chiedendomi simultaneamente se la verità dei fatti sia davvero unicamente questa e dietro non vi sia altro.

Inspiro lentamente, lievemente più calma e razionale mentre annuisco, non potendo immaginare ciò che sta per dirmi.

Quasi rincuorato, difatti, Andrew mi studia di sottecchi, alimentando il suo monologo subito dopo, attirando nuovamente la mia totale attenzione e richiamandomi, di conseguenza, dalle mie riflessioni.

- E poi Adam e Lizzie sono ancora troppo piccoli – scuote debolmente il capo, come se questa cosa lo frenasse – Voglio aspettare che crescano un po' prima di avere dei figli miei – afferma mestamente ed in modo limpido.

Una fitta di sconcerto, nuovamente, mi pervade.

- Cosa vuoi dire, scusa? - scatto subito io, non essendo in grado di trattenermi e tendendomi mentre lo osservo con sospetto, l'intimo dubbio che dietro il suo voler attendere vi sia altro che si insinua celermente dentro di me come un logorante tarlo, non lasciandomi scampo.

Fissandomi quasi stancamente, lui puntualizza all'istante, preoccupandosi che io non fraintenda. Ancora.

- Voglio dire che Adam ha solo quattro anni e che non so come potrebbe reagire con l'arrivo di un neonato che gli ruba tutte le attenzioni – mi spiega in modo cadenzato e quasi accademico, causandomi una sonora fitta di fastidio, inarrestabile.

Allora è questo il vero motivo? Mi chiedo subitaneamente, imperterrita.

Tentando quasi di trattenersi dal rispondermi male, lui reprime a forza una risposta più dura e meno diplomatica, non volendo probabilmente sbraitare mentre mi osserva sbiecamente.

Cosa che, invece, faccio io l'attimo seguente, l'arrabbiatura che nuovamente monta velocemente dentro di me fino a privarmi quasi totalmente del raziocinio, annichilendolo completamente e soffocandomi tra le sue spirali.

Inarco un sopracciglio, incalzandolo.

- Quindi tu non vuoi dei figli perchè è presto o perchè i tuoi nipoti sono piccoli? - insisto aspramente, non riuscendo ad arrestare il fiume di taglienti parole che mi vorticano in testa, esagitandomi sommessamente – Perchè non sembri avere le idee molto chiare, Andrew – sibilo, chiamandolo ancora per nome mentre i miei occhi mandano lampi di bruciante furia.

Una densa tensione permea così l'aria, appesantendola, nel momento stesso in cui lui si contrae, sbarrando le palpebre ed affrettandosi a ribattere, contraddicendomi.

- Non ho detto che non li voglio! - alza istantaneamente la voce, rendendola più acuta e stizzita mentre compie un gesto secco e deciso con la mano – Non mettermi frasi in bocca che non ho mai detto – mi rimprovera severamente ed in modo determinato, socchiudendo le iridi mentre indurisce l'espressione, riducendo la mandibola ad una linea netta e rigida.

Sostenendo senza alcun timore la sua occhiata, la ricambio silenziosamente, il sangue che mi ribolle nelle vene dinnanzi al suo essere indeciso.

- Il mio non è un no ma un non adesso - aggiunge dopo un attimo di indugio, non permettendomi di intervenire e calmandosi leggermente, il suo comportamento che non perde, però, una punta di schiettezza.

Rimane ben salda, infatti, rendendolo determinato e testardo nell'affermare ciò che davvero pensa.

E ti ho spiegato le mie ragioni – mi scruta con attenzione, rincarando la dose e tentando forse, nonostante lo scombussolamento che abita anche lui, di capire la mia reazione.

Cosa incredibilmente difficile visto che fatico io stessa a farlo.

Mi sento divisa a metà, il mio essere seccata che cozza contro la voglia di smetterla di discutere.

Arriccio la punta del naso, allontanando in seguito le pupille da lui per puntarle in un punto indistinto davanti a me, incrociando le braccia sotto il seno in modo quasi protettivo, mettendomi sulla difensiva mentre assaporo la sua affermazione.

Certo, mi dico dopo un istante, il suo è un non adesso a tempo indeterminato.

Sbuffo sonoramente indispettita da questa probabile possibilità, così diversa dalle mie.

- Bene – ribatto asciutta, apprestandomi a rispondergli e guadagnandomi la sua occhiataccia – Allora, aspetteremo che vada al college – aggiungo sarcasticamente ironica, non potendo non sentirmi colpita su un nervo scoperto e dolente.

Terribilmente doloroso.

In qualche modo, infatti, mi sono esposta nel dirgli questa cosa, non celandola dietro un muro di protezione, mostrandogli i miei desideri più nascosti e profondi.

E lui l'ha rigettato, calpestandolo prima per poi confondermi con delle stordenti spiegazioni.

A dispetto delle mie previsioni, tuttavia, Andrew non si arrabbia, rispondendo in tutt'altro modo, stupendomi profondamente mentre si esibisce in una espressione placida, avendo apparentemente la situazione sotto controllo.

- Emma, Adam ti adora e stravede per te – soffia mellifluo, flettendo appena il timbro, che assume ora una sfumatura dolce e leggera, sorprendendomi e sollecitando, di fatto, l'affetto che provo per lui – Come pensi che prenderebbe la presenza di un altro bambino? - mi domanda, portandomi a considerare un aspetto che non ho preso fino ad ora in osservazione.

Rimango così in silenzio, rimuginando sulle sue ipotetiche e giustificate reazioni, tutte negative.

Di certo, infatti, non reagirebbe positivamente, soprattutto considerando quanto ormai sia legato a me e mi veda come un punto di riferimento.

Lo prenderebbe come un abbandono, l'ennesimo della sua breve vita.

Una smorfia amara e rattristata mi contrae i tratti.

- Non bene – mastico a fatica, non riuscendo, però, a non dargli ragione nell'intimità della mia testa.

Curvo al in giù le spalle, la rabbia che scema inevitabilmente via sotto il peso di questa riflessione. Il bene che gli voglio, incomprensibilmente, infatti, la scaccia, affievolendola fino a farla svanire del tutto, lasciandomi addosso unicamente un sottile disorientamento.

Inclino leggermente il capo di lato mentre Andrew annuisce impercettibilmente, persistendo nell'adocchiarmi.

- Esatto – mi dice, dandomi ragione – Conoscendolo, con molta probabilità tenterebbe di soffocarlo nella culla – continua ancora, un sorriso sottile che inclina al in su la sua bocca carnosa, rendendolo più quietato e sereno.

Lo stesso ghigno che coglie anche me l'attimo dopo e che non reprimo, portandomi a ridacchiare sommessamente, immaginandomi perfettamente la scena.

Assolutamente esilarante.

Deliziato dal mio risolino e cogliendomi assolutamente in contropiede, Andrew ne approfitta per agire, comprendendo probabilmente di aver aperto un varco nel mio muro di sconforto e irritazione.

Annulla, difatti, totalmente la distanza tra i nostri corpi nel tempo di un respiro, avviluppandomi in un abbraccio improvviso e carico di amorevolezza che mi fa quasi perdere l'equilibrio.

Di slancio, passa le braccia intorno ai miei fianchi, portandomi a sgranare stupita le palpebre, mentre i nostri petti cozzano veementemente, aderendo totalmente.

Ed io non oppongo alcuna resistenza, capendo che dietro il suo gesto si nasconde la voglia di fare pace e di non avere incomprensioni.

La medesima, infondo, che si agita anche dentro di me nonostante io faccia di tutto per non darlo a vedere.

Senza esitare, così, mi stringo a lui, il sibillino bisogno di farlo che emerge prepotentemente, dissuadendomi dal tenergli il muso.

Irrazionalmente, affondo poi il viso nel suo collo, entrando in contatto con la sua pelle calda e profumata.

Odio litigare con lui o discutere, realizzo distrattamente.

Ispiro in seguito il suo odore, prendendone una lunga boccata e vacillando emotivamente insicura mentre lui deposita un bacio sui miei capelli scompigliati e ormai quasi totalmente sciolti, accarezzandomi con la punta delle dita ed in modo lento la schiena, percorrendola quasi interamente.

- Amore – mi chiama flebilmente ed in modo estremamente dolce dopo una manciata di secondi, causandomi una stretta al cuore sconvolgente, subito scacciata da una intensa tachicardia – Voglio solo godermi te ancora per un po' – mi spiega ancora, avendo forse il timore che io possa pensare l'opposto o fraintenderlo nuovamente – Tutto qui -

Sottolineando questo concetto, aumenta la presa sul mio corpo, portandomi di conseguenza ad inarcarmi contro di lui.

Capendolo, deglutisco, allontanando l'attimo seguente la faccia dall'incavo del suo collo, alzandolo quel tanto che basta per guardarlo agevolmente in faccia mentre acconsento, comprendendo come le sue, alla fine, non siano richieste improponibili o strane.

Devo solo accettarle e accettare questa mia improvvisa e nuova voglia di maternità, è questa probabilmente la chiave per rasserenarmi.

Andrew si apre così in un ghigno ampio mentre socchiude le palpebre, appoggiando una mano sul mio volto e dedicandomi una tenera carezza sulla guancia, percorrendola sommariamente con il pollice mentre non smette neanche per un attimo di guardarmi.

Mi vezzeggia, infatti, con una occhiatina morbida e carezzevole, intaccata appena da una punta di divertimento e sbarazzina allegria che solo dopo un attimo capisco, quando parla ancora.

- Vedila così – mormora dopo un attimo, scorgendo probabilmente gli ultimi strascichi di delusione destabilizzarmi, agognando rincuorarmi e concludere definitivamente questo dialogo – Per ora non voglio ancora dividerti con nessuno – afferma, fingendosi geloso e facendomi fragorosamente scoppiare a ridere con questo suo morbido e delicato commento, un po' serio e un po' ilare.

Ridacchio senza freni, sfogando finalmente il nervosismo e la tensione che ho accumulato in questi ultimi minuti, davvero devastanti e snervanti.

Senza dire momentaneamente nulla in risposta, mi spingo unicamente in punta di piedi, anelando di baciarlo quasi disperatamente.

Le mie labbra trovano voracemente le sue un attimo dopo, unendole con un contatto carico di amore nonostante la fugacità che lo contraddistingue.

Lui non esita a rispondere con la stessa pallida veemenza, ricambiandolo all'istante mentre mi spinge contro il suo corpo sodo, portandomi ad inarcarmi irrazionalmente contro di lui.

Leggermente ansimanti, siamo tuttavia costretti a staccarci poco dopo, i nostri visi che rimangono vicini e i nostri respiri spezzati che si mischiano, fondendosi.

Intenerita, sfrego il naso contro il suo, persistendo nel mantenere le ciglia abbassate mentre godo subitaneamente di questo momento.

Non smuovendosi e non allontanandosi da me, Andrew, però, mi solletica l'udito con una battutina la frazione di secondo dopo, pungolandomi ironicamente.

- E poi penso che a tua madre verrebbe un infarto – borbotta, il timbro sarcastico e scherzoso che lo caratterizza di solito che torna a vibrare nell'aria– Un figlio con la pecora nera della famiglia Harrison – continua, esibendosi in una buffa smorfia che mi fa nuovamente ridacchiare di gusto e con leggerezza mentre allude chiaramente all'opinione, mai celata, che mia madre ha di lui – E per di più fuori dal matrimonio! - si finge indignato, persistendo nel tenermi spasmodicamente stretta a se.

Scuoto la testa, dissentendo fortunatamente con sollievo.

- No, mia madre è d'accordo – gli rivelo con innocente ingenuità, contraddicendolo come se fosse la cosa più normale del mondo mentre lui allarga le iridi, inarcando sbigottito entrambe le sopracciglia verso l'alto – Ha decretato, anche, che avrebbe dei bellissimi nipoti – gli spiego mentre accarezzo lentamente la sua nuca con la punta delle dita, osservandolo.

Visibilmente sconvolto e scioccato da questa rivelazione lui, tuttavia, fa forza contro il mio palmo, reclinando il capo quel tanto che basta per fissarmi sbalordito e stralunato, come se avessi appena detto una eresia.

Letteralmente.

Con una espressione scioccata e sgomenta, infatti, mi fissa in silenzio per una manciata di secondi, quasi stravolto da questa rivelazione.

- Cosa? - mi domanda interdetto, non riuscendo a capacitarsi di questo fatto – Cosa centra tua madre? E poi non ci avevi pensato oggi per la prima volta? - mi chiede ancora, riferendosi alla mia volontà di avere dei figli con lui, incalzandomi con una serie di quesiti che lo fanno apparire incredibilmente confuso e disorientato.

Semplicemente, io faccio spallucce, sorridendogli leggermente prima di sporgermi nuovamente in avanti, baciandolo ancora, questa volta, però, in modo più intenso e languido, con evidente trasporto, manifestandogli la voglia che ho di lui.

In tutti i sensi possibili ed immaginabili.

- Non riuscirai a distrarmi baciandomi, guarda – mugugna contro di me, decisamente poco convinto e determinato prima di mordermi lievemente il labbro inferiore, assaporandole ancora – Voglio sapere questa ...cosa – mugola ancora, intervallando le parole a brevi e fugaci baci.

Sogghignante ed in modo del tutto irrazionale, mi ritrovo a non prestargli attenzione, tuttavia, non avendo più assolutamente voglia di parlare.

Ignorandolo bellamente, infatti, dischiudo la bocca a contatto con la sua, baciandolo e permettendo alla sua lingua di incontrare la mia e ai nostri sapori di mischiarsi con facilità, avvinghiandomi a lui mentre il forte sentimento che provo pulsa più forte, annebbiandomi totalmente la mente.

Semplicemente, mi scoppia nel petto, esattamente come tutte le volte che lui è vicino a me o nei paraggi.

Serro maggiormente gli occhi nel momento stesso in cui la sua mano scivola oltre la mia schiena, posandosi vogliosamente sul mio sedere per una veloce carezza.

Ed è proprio mentre noi continuiamo a scambiarci effusioni, tenere e passionali, al centro del mio soggiorno che mi rendo conto che forse neanche io sono ancora pronta ad allargare il nostro nucleo famigliare, volendomi ancora godere unicamente lui.

Semplicemente, solo lui ed io.


*****


E' una strana, pungolante agitazione a farmi riemergere dal dormiveglia in cui ero sprofondata, privo di sogni, disturbandomi.
Aggrottando inconsciamente la fronte rimango momentaneamente immobile a pancia in su, i muscoli contratti da una inconsueta angoscia e i battiti del mio cuore che iniziano lentamente a diventare più veloci, abbandonando il loro placido incedere mentre il braccio di Andrew rimane saldamente appoggiato sul mio ventre, pesandomi dolcemente addosso.
Cercando di addormentarmi nuovamente, però, non vi bado più di molto, ignorandolo bellamente.
Mi limito, infatti, ad inclinare il viso di lato, affondandolo maggiormente nel cuscino, il frusciare dei miei capelli che accompagna questo assonnato gesto.
Tuttavia, non ci riesco, un qualcosa di indefinito e che non riesco a comprendere me lo impedisce, facendomi sentire fin troppo sveglia nonostante il mio corpo rimanga appesantito e indolenzito dalla stanchezza del giorno appena trascorso.
Non essendo in grado di identificare a cosa sia dovuto il mio turbamento, mi muovo leggermente, cercando di mettermi meglio mentre il calore del suo corpo si confonde con il mio, le nostre gambe intrecciate che mi impediscono vagamente i movimenti, provocandomi una fitta di insopprimibile impazienza.
Sofferente, infatti, mi ritrovo a socchiudere gli occhi, un sonoro fastidio che mi inquieta interiormente, scacciando definitamente quel poco di sonnolenza che mi è rimasta.
Corrucciata e torva, sbatto le ciglia nel tentativo di mettere a fuoco la stanza, lanciando subito dopo una occhiataccia di sbieco alla radiosveglia nera, posta sul comodino alla mia destra.
Nella oscurità della camera intravedo i numeri digitali che vi campeggiano, leggendo l'ora e rimanendone visibilmente delusa.
Sono solo le due e cinque di notte, realizzo sgomenta, rendendomi simultaneamente conto di come io abbia dormito solamente un paio d'ore scarse.
Pervasa da un senso d'ansia, stendo la bocca in una smorfia, etichettando questo mio stato d'animo come uno strascico della rabbia di oggi, forzandomi ad non approfondire le mie elucubrazioni. Contemporaneamente, le mie palpebre si fanno nuovamente più pesanti senza, che, però, alcuna voglia di dormire si insinui dentro di me, il cervello fin troppo sveglio ed attivo nonostante il poco riposo.
Sospiro, dicendomi che, forse, ho unicamente accumulato troppo nervosismo. Mi devo solo ed unicamente rilassare, mi rincuoro subito dopo, sfregando la guancia contro la federa, il suo profumo di biancheria pulita che mi solletica l'olfatto, rasserenandomi morbidamente.
Tentando così di non farmi prendere dal panico e di non rimuginare, inspiro una tremolante boccata d'aria, permettendo all'ossigeno di fluire facilmente nei miei polmoni e gonfiarmi il petto, quietandomi in modo impercettibile.
Quel sentimento, un misto di esagitazione e negativa frenesia, però, continua a pungermi fastidiosamente, causandomi un senso di tensione che perfora spietatamente le mie membra.
Strizzo gli occhi, quasi seccata e frustrata da questa cosa, mentre, a dispetto delle mie aspettative, le braccia di Morfeo non mi avviluppano, lasciandomi più vigile che mai.
Intanto, una densa calma mi circonda, i rumori notturni della città che giungono quasi sfocati alle mie orecchie, sbiaditi.
Un fiotto di irritazione si riversa nelle mie vene con più insistenza, spingendomi a muovermi ancora, il materasso diventato istantaneamente troppo scomodo e piccolo.
Sbuffando seccamente, infatti, mi giro l'istante seguente su un fianco, la presa di Andrew sui miei fianchi che si scioglie inevitabilmente, trascinando con se parte del lenzuolo azzurro, scoprendomi parzialmente.
Senza prestarvi troppa attenzione o preoccuparmi di destarlo, mi posiziono quasi sul bordo del letto, le mie cosce che strusciano appena contro il cotone fresco e morbido mentre le piego, rannicchiandomi.
Magari, semplicemente, ero solo nella posizione sbagliata, tento di convincermi distrattamente, ricordando come io, normalmente, sia solita dormire dalla parte opposta, vicino alla finestra.
Infilo poi una mano sotto il guanciale, sistemandomelo meglio e percependo la fiacchezza fisica farsi più insistente mentre mi stringo tra le spalle, sprofondando nella maglietta blu scuro di Andrew che indosso, decisamente troppo grande per me.
E sorprendentemente, per un tempo indefinito che sembra durare all'infinito, riesco a non pensare a nulla, svuotando piacevolmente la testa da ogni riflessione
Inaspettatamente, infatti, il morbido e fluido silenzio della mia camera da letto, spezzato solo dal respiro placido di Andrew alle mie spalle, mi assorbe completamente, inghiottendomi nella sua penombra confortevole.
E così affondo in una sorta di limbo senza confini o perplessità, ritrovandomi a rifugiarmi nel buio torbido che mi consentono le mie palpebre.
Non so quanto dura questa inconsueta pace dei sensi, se ore o minuti, ma è un istantaneo e violento calore a destarmi, rendendomi incredibilmente accaldata.
Quasi di soprassalto, torno nuovamente alla realtà, scoprendomi sudata e agitata, il corpo quasi irrigidito e contratto.
Con la bocca impastata e il respiro accelerato, riapro allora nuovamente le iridi, quell'inquietante e tagliente morsa allo stomaco che non mi dà tregua, persistendo a stritolarmi nella sua soffocante presa. Di istinto, scalcio via le coperte, allontanandole bruscamente da me mentre annaspo.
Le mie pupille appannate, incontrando l'istante seguente la luce rossastra della radiosveglia, ferendole e offuscandomi la vista.
Sono le due e venti, leggo l'ora dopo un istante di esitazione, rendendomi conto che sono passati unicamente quindici minuti dall'ultima volta che l'ho adocchiata.
Sbuffo sommessamente, un sibilo desolato che accompagna il mio lampante ed evidente broncio, avvilito e abbacchiato.
Perchè diavolo non riesco a dormire? Mi ritrovo allora a chiedermi esasperata l'attimo dopo, incalzandomi con un quesito di cui conosco la soluzione.
La stessa che, forse, non voglio semplicemente ammettere.
Deglutisco.
È per via della discussione che ho avuto con Andrew, mi dico con una sicurezza disarmante, sfregandomi gli occhi con la mano. È per via di ciò mi ha detto.
Nonostante io faccia di tutto per non ammetterlo, infatti, mi ha turbato, una ferita appena ricucita che in qualche modo brucia ancora, dolendo appena e suscitandomi pensieri su pensieri.
La stessa consapevolezza di volere dei figli dai lui, così spontanea e immediata, in qualche modo mi destabilizza profondamente, privandomi di solide certezze e rendendomi quasi instabile, in precario equilibrio.
Facendomi, semplicemente, sentire insicura.
Gemo appena, mordendomi nervosamente le labbra con gli incisivi mentre una leggera brezza si insinua suadente nella stanza, smuovendo le tende color panna della finestra socchiusa e accarezzandomi la pelle nuda, velandola di brividi.
Se da un lato, difatti, riesco a dargli ragione, comprendendo appieno il suo bisogno di aspettare ancora e per ora di vivere unicamente il nostro rapporto come coppia, dall'altro percepisco anche il tumulto interiore che tutto questo ha creato, non riuscendo a non immaginare come potrebbe essere un nostro possibile figlio.
È quasi più forte di me, una considerazione irrazionale ed istintiva che vince le costrizioni poste dalla mia razionalità, disintegrandola.
Un po' confusa, mi giro nuovamente a pancia in su, ritrovandomi a fissare il soffitto bianco mentre mi porto una mano alla fronte, portando, stizzita, indietro i miei capelli.
È come se quella conversazione avesse alzato una sorta di torbido polverone, scompigliando e mettendo tutto a soqquadro dentro di me. Ha accatastato domande su domande, dubbi che, mai, avrei pensato di provare.
E, forse, è proprio questo a destabilizzarmi così tanto.
Incapace di rimanere ancora ferma a letto e sentendo l'impellente necessità di alzarmi e muovermi, mi tiro subito dopo a sedere, quasi bruscamente, ignorando il leggero mal di testa che mi affligge.
Con il cuore che sbatte più forte nella mia cassa toracica, infatti, mi siedo sul bordo del materasso, le piante dei piedi che sfiorano momentaneamente il parquet tiepido.
Tuttavia, non faccio praticamente in tempo a fare forza sulle gambe e tirarmi in piedi, dal momento che un mormorio roco e basso mi sferza insinuante, catalizzando violentemente la mia attenzione.
Colta alla sprovvista, sobbalzo impaurita.
- Dove stai andando? - la voce di Andrew, arrochita dal sonno, mi sferza improvvisamente, risultando impregnata da una punta di interdetto disorientamento e spronandomi, di conseguenza, a voltarmi irrazionalmente della sua direzione.
E lo faccio l'attimo dopo, compiendo una piccola rotazione del busto, la mia occhiata che incontra il suo profilo pallido, mettendolo faticosamente a fuoco. Accaldata e meravigliata, lo osservo, rimanendo brevemente ammutolita.
A petto nudo, è sdraiato parzialmente a pancia in giù, la faccia voltata verso di me e un braccio abbandonato poco distante, nell'esatto punto in cui di solito dormo io quando trascorre la notte da me mentre i suoi capelli biondi appaiono scompigliati e arruffati, conferendogli un'aria svagata.
Presa in contropiede e alla sprovvista, indugio per una frazione di secondo, accarezzando silenziosamente con lo sguardo la sua schiena muscolosa, lambita a metà dal lenzuolo, mentre il desiderio di allungarmi in avanti a toccarlo diventa quasi impellente dentro di me.
Lo sopprimo, tuttavia, rispondendo, finalmente.
- Mi stavo alzando – gli rivelo in modo delicato e fievole, rimanendo, però, immobile e sorridendogli in modo dolce ed amorevole mentre con un piccolo cenno del capo indico la porta alla mia sinistra – Non riesco a dormire – sussurro mesta, una punta di fastidio che intacca il mio timbro, inasprendolo appena mentre la mia irritazione si acutizza, rendendomi quasi cupa.
Mi stringo poi appena tra le braccia, impacciata e goffamente a disagio, non riuscendo a intravedere limpidamente la sua espressione. Socchiudendo leggermente le palpebre espiro accoratamente, lasciandogli probabilmente intuire l'inquietudine che mi abita.
Andrew non dice, però, nulla in risposta, rimanendo chiuso nel suo statico mutismo per una manciata di attimi, portandomi, di conseguenza, a temere che si sia riaddormentato.
Tuttavia, proprio quando sono sul punto di alzarmi per lasciarlo riposare in tutta tranquillità, lui ribatte mellifluamente, richiamandomi.
- Vieni qui amore – mormora di punto in bianco lui, sussurrando questo nomignolo con tutta la naturalezza di cui dispone, facendomi vacillare e annichilendo in un istante la mia necessità di fare quattro passi per la casa - Vieni vicino a me – afferma ancora, sottolineando quasi la sua volontà e incitandomi di conseguenza a mettermi accanto a lui.
Le mie iridi brillano appena davanti a questo suo semplice e quasi banale invito, disorientandomi, se possibile, più di quello che già sono e, simultaneamente, rafforzando il mio desiderio di avere dei figli con lui. Due cose apparentemente prive di un collegamento razionale e sensato.
Incomprensibilmente, infatti, rende più vivida e bruciante questa improvvisa volontà, spezzandomi il fiato in gola per la sua intensità. Specularmente, però, si fa anche più insistente il ricordo della litigata che abbiamo avuto oggi pomeriggio, le sue frasi.
Ignorando le mie preoccupazioni, si stiracchia leggermente nel tentativo di risvegliarsi del tutto l'attimo seguente, esibendosi in un sonoro sbadiglio che mi causa un pallido sorriso.
Si muove poi l'attimo dopo, voltandosi e mettendosi in posizione supina, mugolando compiaciuto e accomodandosi meglio.
Annuisco, acconsentendo con un leggero movimento della testa ed in ritardo nonostante lui non possa vedermi chiaramente a causa della oscurità che ci avvolge.
Senza esitare ulteriormente lo raggiungo, gattonando sul letto mentre lui allarga le braccia, un muto richiamo che aumenta irrazionalmente la tachicardia che mi sconvolge il cuore.
Inspirando profondamente, mi lascio cadere contro di lui subito dopo, accucciandomi celermente sul suo petto nudo e tonico mentre il materasso si abbassa sotto il peso dei nostri corpi avvinghiati.
La mia guancia entra subito in contatto con la sua pelle bollente, il suo profumo intenso e seducente che mi ammalia, esattamente come accade ogni volta che ne prendo una boccata mentre rimango sdraiata su un fianco contro di lui.
La sua mano ampia si posa istantaneamente sulla parte bassa della mia schiena, le dita che si insinuano abilmente sotto il tessuto della maglia, entrando direttamente in contatto con me per dedicarmi un placido vezzeggiamento mentre sbadiglia ancora, permettendomi di intuire la sua stanchezza.
Ed è proprio questo a portarmi a parlare subito dopo, preoccupata.
- Mi dispiace – soffio realmente costernata, rendendomi conto unicamente ora di averlo destato mentre alzo appena il mento, quel tanto che basta per guardarlo in viso, incontrando la sua sfocata espressione dubbiosa – Non volevo svegliarti – mi spiego meglio l'attimo seguente, percorrendo con i polpastrelli la linea definita dei suoi pettorali, tentando ardentemente di rilassarmi completamente.
Ci riesco con scarsi risultati, non essendo davvero capace di allontanare il cervello dal turbamento che mi affligge, da quelle riflessioni
- Non fa niente – ribatte docilmente lui, apparendo leggermente più sveglio, prima di avvicinare le labbra alla mia fronte, depositandovi un lieve e rassicurante bacio.
Questo suo gesto premuroso mi suscita un spontaneo sorrisetto, portandomi a stringermi maggiormente a lui quasi a voler trovare conforto nel suo abbraccio, non potendone fare a meno.
Ed è così in un certo senso.
Un morbido e pacato silenzio cala poi su di noi, il suo ansare calmo che mi solletica il viso, insinuandosi tra i miei capelli mentre lui continua ad accarezzarmi, percorrendo totalmente fino a sfiorarmi le scapole.
Ancora una volta, però, le elucubrazioni non mi danno scampo, vorticandomi insistentemente in testa.
Irrequieta, mi agito appena, piegando una gamba tra le sue mentre neanche il suo tocco riesce a placare il mio rimuginare.
È lui, tuttavia, a interrompere questo momento poco dopo, non comprendendo probabilmente il mio atteggiamento, non riuscendo a decifrarlo o a trovarvi una spiegazione soddisfacente.
- Non riesci a dormire a causa della discussione che abbiamo avuto oggi, vero? - mi chiede infatti, andando dritto al punto senza esitare o fare giri di parole, notando forse il mio comportamento silenzioso e pensieroso.
Semplicemente, riuscendo come sempre a leggermi con una facilità disarmante.
Colta nel segno mi tendo dinnanzi a questo suo quesito giustificato e sincero, contraendo i muscoli mentre anche le mie dita si arrestano, smettendo all'istante di creare disegni immaginari sulla sua epidermide, la penombra che ci consente la giusta intimità per affrontare questo discorso.
Divisa tra la necessità di non parlarne, che mi spinge a nascondermi dietro una bugia, e quella opposta di non mentirgli, indugio ansiosamente, schiudendo mutamente la bocca senza che alcun suono vi fuoriesca.
Lo guardo sbiecamente, percependo le sue pupille puntate attentamente su di me nel tentativo di capire la mia imperscrutabilità, sempre più torbida.
- Si – ammetto asciutta infine, onesta al cento per cento, non volendo celargli ciò che penso, la gola improvvisamente occlusa da uno strano nodo di sentimenti mentre una fitta di agitazione mi trafigge spietatamente.
Andrew gonfia il petto, allarmandomi irrazionalmente e spingendomi a continuare a parlare mentre le mie dita si contraggono spasmodicamente.
- Non sono arrabbiata – mi affretto a dirgli velocemente, mangiandomi quasi le lettere a causa della celerità con cui le pronuncio, annaspando tra le mie incertezze, temendo quasi che possa prendere male la mia affermazione – Capisco le tue ragioni e il tuo voler aspettare – gli dico ancora, tentando affannosamente di incontrare il suo sguardo sfuggente, sentendone il destabilizzante bisogno mentre tento di dare un ordine logico e sensato ai miei a ciò che mi frulla in testa.
Cosa incredibilmente difficoltosa.
- Lo condivido – gesticolo flebilmente, ritrovandomi quasi ad ansare.
Lui non dice momentaneamente niente, restando gentilmente in ascolto mentre, però, lo percepisco irrigidirsi impercettibilmente contro di me.
Inspiro in modo tremolante ed incerto, sbattendo le ciglia, mentre ricerco dentro di me il coraggio di continuare il mio sconclusionato monologo.
- Neanche io sono assolutamente pronta a diventare madre ora – sibilo concitata, calcando volutamente sull'ultima parola, cercando di spiegargli ciò che provo, non volendo assolutamente frapporre alcun filtro o protezione tra me e lui.
Non desidero, infatti, raccontargli una mezza verità o solo in parte ciò che mi sta consumando questa notte.
Voglio renderlo totalmente partecipe dei miei punti deboli.
Comprendendolo, lui si calma nuovamente mentre lui continua a lambirmi dolcemente la schiena, riservandomi l'ennesima coccola e studiandomi con interesse, non permettendomi, però, di intuire completamente come stia prendendo ciò che gli sto dicendo.
E, in qualche contorto modo, il desiderio di mettermi a nudo, di farlo partecipe delle mie paure, delle mie domande e delle mie perplessità diventa più forte ed intenso, così tanto da risultare quasi insostenibile.
Lo stringo maggiormente a me, attirando la sua occhiatina preoccupata ed impensierita su di me, visibilmente stordito.
Tuttavia, è proprio quando schiude le labbra, pronto a parlare, che lo anticipo, battendolo sul tempo e lasciandolo sempre più interdetto, una smorfia confusa che distorce i tratti del suo volto.
- Solo... - comincio, non riuscendo a finire la frase, la voce che si frantuma sotto il peso della verità, spezzandosi di netto e rendendomi quasi ammutolita, addensata di sensazioni e nervosismo – Solo, tutto questo mi ha scombussolato – concludo con un attimo di ritardo, puntando le iridi in un punto indistinto del muro, non riuscendo più a sostenere il suo fissarmi, riuscendo finalmente a rivelargli ciò che tanto mi devasta.
Un leggero senso di sollievo a questa asserzione mi coglie, non riuscendo, però, ad allentare la morsa che mi chiude lo stomaco, dolorosa e fastidiosa come non mai.
Andrew, tuttavia, non esita ulteriormente, incalzandomi con un dolce quesito che mi fa trattenere il respiro per la delicatezza con cui lo pone.
- Ti scombussola volere dei figli da me? - mi chiede, infatti, l'istante seguente, cogliendo involontariamente proprio il nocciolo della questione mentre i nostri occhi si ritrovano ancora, legandosi in un gioco privo di barriere o rabbia.
Quasi temendo di farmi chiudere a riccio in me o di spaventarmi, aumenta poi maggiormente la presa sul mio corpo, passando totalmente il braccio intorno ai miei fianchi e attirandomi di conseguenza maggiormente su di se, il mio seno che aderisce parzialmente alla sua cassa toracica.
Irrazionalmente, appoggio il palmo della mano sulla parte sinistra del suo petto, proprio all'altezza del cuore, percependone l'incedere mentre mi inarco contro di lui.
Stringendo le labbra in una linea netta ribatto, una ondata di ansiosa esagitazione che mi tormenta, pungolandomi.
- Si – annuisco mestamente, faticando per un attimo quasi a trovare i termini e il modo adatto con cui spiegarmi – Mi ha positivamente scombussolato – gli rivelo, riservandogli una perforante ed intensa occhiatina di sottecchi che lui ricambia.
Un pallido sorriso aleggia improvvisamente sulla sua bocca, curvandola al in su, non appena pronuncio questa puntualizzazione, un brillio di piacere che rende più luminoso il suo sguardo.
- E' un desiderio che mi rende incredibilmente felice – ammetto sincera, arrossendo veementemente, percependo distintamente le guance bruciare sotto l'impeto di una ondata di imbarazzo – Ma è stato anche improvviso – non mento, una ciocca di capelli che finisce involontariamente sul mio volto, offuscandomi momentaneamente la vista, ora più lucida.
Accarezzandomi con una occhiata carica di comprensione e tenerezza, lui allunga subito dopo le dita verso di me, scostandola prima di sfiorare delicatamente il mio zigomo con il dorso, le sue nocche che mi sfiorano.
Come un fiume in piena io continuo, mentre lui rimane in ascolto, assorbendo ogni mio più piccolo mormorio.
- Così tanto da rendermi insicura – sussurro, il tono che si incrina appena mentre il mio torace si alza e si abbassa in modo aritmico, manifestando chiaramente l'esagitazione che mi dilania interiormente, rendendomi quasi affannata – Mi fa sentire quasi vulnerabile – continuo, umettandomi appena le labbra.
- Credo sia normale – si premura di dirmi all'istante, non lasciandomi quasi finire di parlare, desiderando forse ardentemente spazzare via tutte le mie perplessità, causandomi un moto di amorevolezza disarmante – Tutti i futuri genitori hanno il timore di essere inadeguati o non all'altezza – afferma ancora, facendo assomigliare il nostro discorso quasi più ad una conversazione di due persone in attesa di un figlio piuttosto che due semplici fidanzati che ipotizzano di averne.
Muovo lentamente su e giù il capo, dandogli ragione.
Infondo è vero, mi dico silenziosamente, è una paura comune.
Un po' più rincuorata, appoggio la testa nell'incavo del suo collo, sfregando debolmente il naso contro la sua gola alla ricerca di un contatto più intimo e complice.
Nonostante non possa vederlo in volto sono sicura che stia sorridendo, essendo ben consapevole di quanto questo mio spontaneo gesto lo faccia impazzire, sia nei momenti più passionali che in quelli più dolci, come questo.
Stupendomi nuovamente, lui appoggia poi la mano sinistra sopra la mia, facendo scivolare le dita tra le mie, intrecciandole saldamente e causandomi il batticuore.
Delle furiose palpitazioni mi colgono simultaneamente alle farfalle nello stomaco, portandomi quasi a temere che lui possa percepirle mentre ricambio la stretta, sogghignando in modo più sereno mentre questo semplice contatto assume una valenza importante.
Non è, difatti, unicamente un modo diverso per avermi vicina, ma bensì è incomprensibilmente la manifestazione concreta della nostra unione, di ciò che entrambi proviamo verso l'altro.
Mentre nessuno dei due dice momentaneamente nulla, godendo unicamente della vicinanza dell'altro, appoggio la bocca sul suo collo, baciandolo in modo lento e tenero.
È un bacio, infatti, terribilmente casto, privo della solita voracità che ci contraddistingue, risultando calmo e pacato.
Socchiudendo gli occhi e sentendomi un millesimo più leggera, muovo poi i polpastrelli, giocando con i suoi mentre Andrew poggia la guancia sui miei capelli.
Per un tempo indefinito rimaniamo così, stretti in un abbraccio improvvisato mentre sprofondo nuovamente tra i miei pensieri, riflettendo su ciò che lui mi ha detto.
In un certo senso, infatti, l'avergli esposto i miei timori mi ha reso più calma e tranquilla, facendomi sentire meno strana o goffa.
È proprio lui, tuttavia, a frantumare in mille pezzi la quiete subito dopo, richiamando la mia attenzione proprio nell'esatto momento in cui dichiaro intimamente chiusa questa conversazione.
- Posso chiederti una cosa? - mi dice greve e riflessivo dopo una breve pausa, portandomi a rialzare il capo nella sua direzione, sentendomi un po' in soggezione a causa del suo modo di parlare quasi autoritario.
Lo trovo, però, già intento a scrutarmi, le sue pupille puntate insistentemente su di me, quasi come se stesse cercando di scavarmi dentro alla ricerca di una risposta ad una domanda sconosciuta.
Aggrotto incerta la fronte, non comprendendo assolutamente a cosa sia dovuto il suo timbro serio e posato e il suo repentino cambio di umore.
Nonostante, infatti, cerchi di non darlo a vedere, appare meno sereno rispetto a prima, un'ombra scura che è calata improvvisamente sul suo viso, oscurandolo parzialmente.
C'è qualcosa che non va? Mi domando subitaneamente, allarmata e sconcertata dal suo improvviso modo di porsi.
- Certo – ribatto, però, prontamente io mentre mi corruccio, studiandolo con una timida occhiata di sottecchi che non scalfisce minimamente la sua espressione.
Prendendo una boccata di ossigeno, lui piega appena il viso di lato, finendo inevitabilmente per avvicinarlo al mio, la tensione dell'attesa che si impadronisce voracemente di me, divorandomi.
- Ci sei rimasta male, oggi? - mi sferza sibillino e sincero, a bruciapelo, soffiando lentamente le parole fuori dai denti mentre allude limpidamente alla discussione che abbiamo avuto oggi pomeriggio, facendo apparire questo suo interessamento quasi una necessità.
Stupita dal suo quesito, boccheggio, esitando mutamente mentre sgrano le palpebre, non capendo assolutamente da dove diavolo salti fuori e dove voglia andare a parare.
Deglutisco, sbattendo le ciglia mentre lui prende probabilmente il mio indugiare come una positiva asserzione, indurendo la mandibola mentre incassa il capo, ferito.
Intimorita da questa possibilità, mi mordo quasi a sangue il labbro inferiore, arrovellandomi nel tentativo di dire un qualcosa di coerente e sensato.
- Inizialmente un po' – ammetto coscienziosamente, scacciando veemente la confusione e rispondendogli finalmente – Poi ho capito cosa intendevi – sussurro ancora, facendo leggermente spallucce mentre la mia mente mi riporta a quegli attimi non proprio piacevoli.
Tutt'altro.
All'iniziale delusione, però, si era poi sostituita una sensazione diversa, un misto di timore e inquietudine, un sentimento ingovernabile che mi aveva assalito, rendendomi rabbiosa e spazientita. Semplicemente, avevo preso il suo come un rifiuto.
Lo stesso che torna a pungermi anche ora, facendo riaffiorare quella stessa, intima e latente paura.
La stessa che gli rivelo l'istante seguente, concretizzandola, quasi prima ancora di averla pensata.
- Ma ho avuto paura che tu non volessi un figlio da me – gli dico franca e trasparente, sospirando quasi pesantemente mentre non smetto neanche per un attimo di osservarlo, questa terribile consapevolezza che mi disturba, avvilendomi e ricordando come io mi sia sentita annichilita alla sola ipotesi.
Esattamente come allora, infatti, instilla indecisi dubbi e perplessità dentro di me, inquietandomi.
Il mio cuore manca letteralmente un battito, pompando così insistentemente il sangue nelle mie vene da provocarmi un fastidioso ronzio alle orecchie.
Con gli occhi leggermente più lucidi e destabilizzata semplicemente tra le braccia, non sapendo cosa altro dire o aggiungere mentre Andrew mi scruta visibilmente dispiaciuto, una punta di amarezza che intacca le sue iridi, imbrunendole appena.
Sentendomi incredibilmente fragile e vulnerabile sotto il suo sguardo rimango immobile, non essendo in grado di capire come ha preso ciò che ho detto o quale sia la sua reazione.
Rimane semplicemente statico, quasi come se stesse riflettendo sul mormorio così intensamente da perdere il contatto con la realtà.
L'ho ferito? Mi incalzo, allora, simultaneamente, non comprendendo se ci sia rimasto male o se sia unicamente una mia percezione, fuorviata dalla sibillina paura che sia così.
Annaspo tra i miei timori e le mie elucubrazioni mentre lui scuote finalmente ed in modo impercettibile il capo in segno di diniego, riducendo la bocca ad una linea contrita, quasi come se non riuscisse a capacitarsi di questo mio commento.
Riscuotendosi, lui rafforza la morsa sul mio corpo, stringendomi quasi in modo urgente e spasmodico a se, volendo forse sopprimere questo mio stupido ed improbabile dubbio.
E lo fa completamente l'attimo dopo nel modo che meno mi aspetto, lasciandomi senza fiato. Letteralmente.
Meravigliandomi, infatti, Andrew si sporge repentinamente in avanti, le palpebre che si abbassano irrazionalmente e il suo volto che si avvicina al mio, non lasciandomi il tempo quasi di captare il suo gesto.
Ho unicamente il tempo materiale, difatti, di avvertire il suo respiro sfiorarmi la guancia prima che le sue labbra piombino voracemente sulle mie, intrattenendomi in un contatto lento e dolce, annebbiandomi istantaneamente la mente.
Una violenta tachicardia mi scuote interiormente, aumentando il mio scombussolamento mentre a tutto ciò che già provo si va ad aggiungere l'immenso amore che sento nei suoi confronti.
Dopo un attimo di esitazione ricambio con la stessa veemenza nonostante la posizione non propriamente comoda, inarcandomi contro di lui mentre serro del tutto gli occhi, chiudendoli.
Con il pressante bisogno di toccarlo, muovo la mano subito dopo, spostandola dal suo petto con una tenera carezza fino ad appoggiarla sul suo volto, avvicinandolo di conseguenza maggiormente a me.
Siamo, tuttavia, costretti ad allontanarci dopo una manciata di secondi, i polmoni che bruciano ardentemente in assenza di ossigeno e le nostre labbra, gonfie e dischiuse, che rimangono vicine.
Mi ritrovo quasi ad ansimare, prendendo freneticamente una profonda boccata d'aria mentre tento nuovamente di riempirli.
Andrew deglutisce nel momento stesso in cui lo bacio ancora, seppur a stampo, rendendomi contemporaneamente conto che la risposta che tanto ho agognato è proprio questa, indiretta eppure chiara come non mai.
Sentendomi più rassicurata e calma, muovo appena le dita, accarezzandogli amorevolmente la guancia mentre gli riservo uno sguardo denso si significati.
Forse, semplicemente da innamorata.
È lui, tuttavia, ad interrompere nuovamente il momento di pacata tranquillità subito dopo, un qualcosa di torbido che si agita nelle sue iridi e che mi fa comprendere come qualcosa si stia dimenando furiosamente dentro di lui.
- Prima di oggi non avevo mai pensato di avere dei figli – mi confida mestamente, non distogliendo neanche per una frazione di secondo le pupille dalle mie, destabilizzandomi – Non seriamente, almeno – aggiunge l'istante seguente, portandomi a sgranare sbigottita gli occhi mentre lui inarca leggermente un sopracciglio, quasi come se stesse facendo mente locale, la voce che non vacilla, rimanendo salda e determinata.
Cosa? Non ha mai pensato di avere dei figli? Mi interrogo sbalordita nella mia intimità, finendo di fatto per ripetere le sue parole.
Non capacitandomi quasi di ciò che mi ha appena detto lo fisso scioccata, rimanendo impietrita per una frazione di secondo, i pensieri improvvisamente che si azzerano, lasciando dietro di se una voragine di stupore e sconcerto.
Ed è solo con un attimo di ritardo che mi rendo che, esattamente come ho fatto io, anche lui si sta mettendo a nudo davanti a me, esponendosi e mostrando, in un certo senso, le sue debolezze senza alcun imbarazzo.
Ed io non posso che essergliene dannatamente grata.
Tuttavia, un quesito interessato e quasi petulante mi attraversa fulmineo subito dopo, spronandomi a palesarglielo così velocemente da non capacitarmene quasi, risultando brutale.
- Neanche con Kate? - mi ritrovo a chiedergli con candore in un sussurro innocente e sbigottito, mentre allontano leggermente il viso dal suo, quel tanto che basta per poterlo guardare più agevolmente in faccia.
È solo, però, non appena adocchio i suoi lineamenti indurirsi e contrarsi appena che comprendo davvero e concretamente di averglielo chiesto, impallidendo.
Ho davvero dato voce a questa curiosità? Mi chiedo conoscendo già l'avvilente soluzione, maledicendomi ed inveendo simultaneamente contro di me, desiderando ardentemente non averlo fatto.
So, infatti, perfettamente quanto lui ha sofferto per lei, come ci sia stato male e quanto ne sia uscito con le ossa rotte, letteralmente a pezzi.
Annaspo, le mie stesse asserzioni che mi rimbombano malignamente nel cervello, riecheggiandovi mentre subitaneamente il timore di aver avuto poco tatto si insinua tra le mie pieghe, destabilizzandomi più di quanto non abbia fatto la sua affermazione spontanea.
Sbianco, la salivazione che si azzera completamente, conscia di aver toccato un tasto dolente e dolorante.
Quasi aspettandosi questo quesito, lui, tuttavia, non si altera o irrita, apparendo al contrario incredibilmente calmo e lucido, nessuna ombra di irrazionalità ad incupirlo.
Con il petto che si alza in modo aritmico rimango intanto rigidamente in attesa, scrutandolo attentamente mentre aspetto una risposta, non osando assolutamente incalzarlo o dire altro.
- No, neanche con lei – soffia pacatamente lui dopo lunghi attimi, accompagnando la sua frase con un leggero movimento del capo, sottolineando il concetto – In qualche modo lei aveva già dei figli e... non ne abbiamo mai parlato – mi rivela con semplicità, serio, ma non rammaricato, mentre esita per un istante.
Ammutolita non dico nulla, rimanendo semplicemente in ascolto.
Non ha mai desiderato avere figli con lei, deglutisco stupita da questa rivelazione assolutamente inaspettata, percependo subito dopo un sottile piacere attirarmi tra le sue spire, pervadendomi violentemente.
Inevitabilmente, infatti, il mio cervello mi propone un confronto fra le due situazioni, così diverse tra di loro, rimarcando come, nonostante mi abbia espresso la volontà di aspettare, Andrew non mi abbia mai detto di non volere un figlio da me.
Deglutisco, le palpitazioni che si acutizzano leggermente a questa elucubrazione, rendendo difficile il mio non sorridere.
Tento, però, di frenarmi, imponendo di darmi un minimo di contegno mentre lui continua il suo racconto, spiegandosi meglio.
- In qualche modo, l'ultima cosa che volevo era fare il padre o peggio sostituire la figura di mio fratello – mi dice ancora, gesticolando appena, manifestando un comportamento che è decisamente da lui mentre allude chiaramente ai suoi nipoti.
Annuisco nuovamente, non volendo interrompere la sua rigorosa confidenza, limitandomi unicamente a stringermi di più a lui, le mie dita che scivolano via dal suo viso, appoggiandosi semplicemente alla base del suo collo.
Andrew sospira poi pesantemente, una smorfia non troppo serena che aleggia sul suo volto, incrinando appena i suoi tratti.
- E lei non mi ha mai manifestato la volontà di avere una famiglia con me, tutt'altro – mormora mestamente, una impercepibile nota di tristezza che impregna ora il suo timbro caldo, causandomi una devastante morsa allo stomaco di speculare melanconia.
Irrazionalmente, infatti, un profondo dispiacere mi coglie davanti a questo suo commento, sibillino e tagliente come non mai.
Ciò che mi ha raccontato a riguardo in tutti questi mesi, simultaneamente, riaffiora facilmente dalla mia memoria, portandomi a riflettere su come lui, ormai molto tempo fa, mi avesse rivelato il motivo della loro rottura, esattamente questo: lei non voleva avere una famiglia in quel momento e non voleva impegnarsi con lui.
Inspiro, gonfiando il petto mentre gli riservo una tenera e dolce occhiata, specchiandomi nei suoi occhi chiari e accorati.
- Non credo che lei mi abbia mai amato, in effetti – afferma lui quasi tra se e se l'attimo seguente, una amara ironia che accompagna il suo sussurro.
E tutto quello che io riesco a fare è unicamente guardarlo realmente dispiaciuta, potendo solo immaginare quanto questo debba averlo segnato, una ferita che ha faticato a ricucire e che deve aver sanguinato per molto tempo.
Lui si limita a piegare appena il viso di lato, una smorfia imperscrutabile e contrita che gli inclina le labbra, arricciandole appena mentre mi studia, facendomi sentire istintivamente quasi squadrata.
Prima ancora, tuttavia, che io possa dire qualcosa o manifestargli semplicemente ciò che penso, lui parla ancora, anticipandomi e cogliendomi in contropiede.
- So che ti stai chiedendo se ho sofferto per questo – intuisce con estrema facilità i miei pensieri, portandomi a sgranare colpevolmente le palpebre – E la risposta è si – soffia ancora con una sincerità disarmante, risultando quasi ingenuo nel dirmelo.
Semplicemente privo di difese, boccheggio divisa tra la soddisfazione e lo sconcerto che ciò mi provoca, facendomi sentire quasi strappata in due.
- Mi dispiace – riesco solamente a soffiare tra i denti, in modo così leggero ed impalpabile da risultare inudibile.
Ed è vero, mi spiace da morire, realizzo mentre un insistente istinto di protezione mi coglie sibillino, facendomi quasi desiderare di proteggerlo da qualsiasi altra forma di sofferenza, passata e futura.
Non sapendo cosa altro aggiungere rimango con la bocca dischiusa ed ammutolita, sentendomi quasi impacciata nel sostenere questo strano e spinoso discorso.
- Non devi – ribatte, invece, prontamente lui, socchiudendo teneramente gli occhi mentre qualcosa di incomprensibile e inafferrabile nel suo sguardo cambia, facendolo diventare più liquido e positivo – Dopo ho incontrato te, per cui – lascia volutamente la frase allusivamente in sospeso, un pallido sorriso che gli conferisce un'aria svagata e quasi contenta, fulminandomi semplicemente sul posto dinnanzi a questa indiretta dichiarazione d'amore.
Avvampo violentemente, le guance che bruciano insistentemente mentre la mia occhiata stralunata diventa più lucida e commossa.
Lentamente comprendo intanto come questo sia, in un certo senso, il suo modo contorto e al tempo stesso romantico per dirmi quanto io sia importante per lui, quanto tenga a me.
Così tanto da fargli desiderare di avere dei figli con me, annaspo mentre un sentimento forte e violento, disarmante, mi scoppia letteralmente nel petto, travolgendomi in pieno senza lasciarmi scampo.
Ed è proprio sotto l'impeto di questa percezione che mi ritrovo ad avvinghiarmi istintivamente a lui l'attimo seguente, spingendomi in avanti fino a far incontrare le nostre bocche e unire i nostri toraci.
Senza quasi lasciargli il tempo di comprendere cosa stia accadendo lo bacio con trasporto e quasi con devozione, tutte le frasi che vorrei dirgli che rimangono mutamente addensate senza trovare concretizzazione.
Un po' stordito dal mio approccio travolgente, Andrew mi stringe a se con un attimo di ritardo, alimentando il contatto mentre emozioni diverse impregnano questo bacio.
Amore... dolcezza... gratitudine... passione... felicità... benessere...
Si annodano tra di loro, creando una matassa intricata.
Ansimando freneticamente, mi allontano da lui l'attimo dopo, inspirando ed espirando concitatamente contro di lui mentre mi apro in un luminoso sorriso, le membra illanguidite da questo grumo di sentimenti.
- Ho incontrato te e sono tornato a stare bene, Emma – mi dice ancora, una maschera di docile amorevolezza stampata in faccia mentre mi inchioda con uno sguardo incredibilmente azzurro, così intenso da far male.
Un sordo magone mi occlude all'istante la gola, impedendomi nuovamente di parlare e di sussurragli quanto io lo ami, le mie iridi che diventano celermente più lucide, sfocandomi appena la vista e non permettendomi, di conseguenze, di vederlo nitidamente in viso.
Comprendendo forse il dissesto emotivo che ha scatenato in me, appoggia la mano sul mio viso, accarezzandomi dolcemente mentre non smette di sogghignare, acutizzando il mio scombussolamento.
- E voglio godermi te per ora – continua mellifluamente ed in modo morbido, lasciandomi positivamente sgomenta mentre calca sugli ultimi due termini, sottolineando come questa sia solo una attesa temporanea – In futuro vedremo – ghigna allusivo, inarcando entrambe le sopracciglia verso l'alto mentre si riferisce chiaramente alla possibilità di costruire insieme una famiglia.
Cosa che non vedo l'ora di fare, boccheggio stravolta.
Ed io non mi trattengo, baciandolo ancora e poi ancora, sopendo qualsiasi suo altro mormorio.
Un po' goffamente, passo le braccia le intorno a lui, avvinghiandomi al suo corpo muscoloso mentre anche Andrew mi abbraccia, piegando appena il capo nel tentativo di avere maggior accesso alla mia bocca.
Le nostre lingue, così, finalmente, si sfiorano, massaggiandosi e permettendo ai nostri sapori di mischiarsi.
Mi stacco da lui, tuttavia, l'istante seguente, non smettendo neanche per una frazione di secondo di sorridere.
Boccheggiante, mi rilasso poi totalmente contro di lui, non accennano a smuovermi.
Persisto, difatti, nel rimanere sdraiata sul suo petto, godendo unicamente del suo calore invitante mentre infilo una gamba tra le sue, facendole strusciare appena.
Abbasso poi le palpebre, beandomi solamente della sua confortante vicinanza e di come riesca a farmi stare bene.
Ed è proprio ora inaspettatamente, mentre Andrew mi coccola teneramente senza proferire parola, che una improvvisa stanchezza mi piomba addosso, portandomi a sbadigliare rumorosamente ed in modo irrazionale.
- Sei stanca? - mi chiede subito premurosamente lui, accarezzandomi i capelli arruffati e gonfi, passandoci i polpastrelli.
Di conseguenza, il discorso di poco fa cade tacitamente nel vuoto, risultando concluso e risolto positivamente.
Con ancora il cuore che pulsa concitato nella mia cassa toracica acconsento, sentendomi quasi appesantita da tutta la tensione che ho sopportato oggi.
- Si – sussurro prima di esibirmi in un profondo sospiro, le membra intorpidite dalla spossatezza.
- Allora, dormiamo – soffia Andrew, comprendendolo appieno mentre torna a lambirmi la schiena, unicamente il tessuto della maglietta che indosso a dividerci, deliziandomi con un vezzeggiamento dolce che mi sprona quasi a fare le fusa.
Mugolo compiaciuta, sporgendo lievemente il labbro inferiore mentre la penombra continua ad avvolgerci completamente, facendo calare su di noi una piacevole quiete.
Annuisco semplicemente, troppo intorpidita per parlare ancora mentre, finalmente, il mio cervello inizia a spegnersi, venendo invaso da una densa oscurità che seda e sopprime ogni riflessione, ogni quesito.
Tutto.
Soffio flebilmente l'aria mentre Andrew deposita un breve bacio sula mia fronte, accomodandosi meglio anche lui, il tempo che si dilata e condensa e lo spazio che perde improvvisamente i suoi confini definiti, sfocandosi.
Mi tranquillizzo, sfregando debolmente la guancia contro il suo petto, perdendo inevitabilmente il contatto con la realtà subito dopo.
Ed è proprio mentre la mia mente si appanna totalmente e le braccia di Morfeo si apprestano ad avvilupparmi nella loro morsa che il suo sussurro mi raggiunge, accompagnando il mio sonno sereno.
- In ogni caso, spero prendano i tuoi occhi – mormora complice, emozionato e tenero al mio orecchio, facendomi curvare impercettibilmente gli angoli delle labbra in un sorriso appena accennato.
Mi addormento, però, l'attimo seguente, non riuscendo a ribattere ciò che vorrei, l'eco della sua affermazione che mi ammalia, facendolo apparire quasi un sogno.
E rimaniamo solo lui ed io.
Per ora.



Note:

Buonasera! Come state?

Puntuali come sempre, eccoci qui con l'aggiornamento settimanale, assolutamente movimentato.

Come avrete intuito, il titolo “just you and me” si riferisce a ciò che dice Andrew e ciò che matura Emma durante la seconda e la terza parte. Inaspettatamente, infatti, un po' a causa del commento della madre presente nello scorso capitolo e un po' a causa dell'affermazione della cameriera, si ritrova a pensare ai possibili figli che lei ed Andrew potrebbero avere, una riflessione spontanea e naturale.

Inoltre, scopriamo anche come Andrew voglia aspettare per diventare padre e come, di fatto, non si sia mai pensato in quelle vesti.

Non vorrei dire molto a riguardo o sulla discussione che Andrew ed Emma hanno nella seconda parte. Voglio lasciare a voi le giuste considerazioni, cercando di puntualizzare il meno possibile.

Ci tengo, però, a ringraziare tutte le persone che hanno letto il primo capitolo di questo seguito e che l'hanno inserito tra i preferiti\storie seguite\ricordate. Mi ha fatto davvero molto piacere!

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, che non vi siano errori e che vorrete farmi sapere cosa ne pensate, ci terrei davvero moltissimo!

Il prossimo aggiornamento arriverà Mercoledì 5 Marzo.


A presto


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