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Autore: slanif    01/03/2014    2 recensioni
Aomine/Kise
“Stai invadendo il mio spazio vitale” dice, con sguardo e voce truce.
Io sorrido serafico: “Ho freddo” mento.
“Siamo ad Agosto” mi fa notare lui.
“L’aria condizionata è troppo forte” butto lì di nuovo, mantenendo l’espressione sorridente, anche se dentro mi sento tremare. Sono certo che tra poco mi arriverà un pugno…
“Mettiti una felpa!” sbotta lui.
“Aominecchi è un riscaldamento migliore” cinguetto, avvicinando anche la mia spalla alla sua.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Daiki Aomine, Ryouta Kise
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Underground
di slanif



Abbiamo perso.

Ho perso contro Aomine.

Ero convinto di poterlo battere, di potercela fare, stavolta… e invece, come ogni singolo one-on-one che ho giocato contro di lui, anche la partita di oggi si è conclusa col medesimo risultato: Aomine è il vincente, io il perdente. Se non fosse che mi viene quasi da ridere istericamente per quanto questa cosa sia assurdamente ingiusta, forse piangerei…

Sospiro sconsolato mentre, sacca sportiva in spalla, mi avvio verso i tornelli della metro per superarli e aspettare il mio treno, sulle banchine della linea verde.

Quando andavo alle medie e la scuola era sulla linea rossa, facevo sempre la strada con Aomine. Già, proprio lui… e anche Momoi, che era decisamente immancabile! Da una parte trovavo davvero irritante che seguisse Aomine ad ogni passo come un cagnolino fedele, incapace di farsi una vita propria, ma la verità è che Satsuki vuole bene ad Aominecchi come nessun altro.

O almeno, come nessun altro che si sappia…

Sì, perché sono sicuro che il mio stupido cuore tenga a Aomine molto più di quanto lo faccia il cuore di Satsuki.

L’arrivo del treno mi distoglie dai miei pensieri. Sfreccia davanti a me con forza e velocità, rallentando a poco a poco e mostrando sempre più contorni nitidi. Le carrozze sono bianche con delle linee verdi e anche l’interno è dei medesimi colori. Noto anche che c’è poca gente, rispetto al solito, e questo mi da anche la possibilità di sedermi (da quanto tempo è che non mi succedeva?), ma non mi stupisce. Siamo in piena estate e anche se sono quasi le sei del pomeriggio (e questo implica ora di punta a Tokyo) molti uffici sono chiusi, o comunque molte persone sono in vacanza, perciò c’è più calma. Nel vagone dove sono io ci sono appena un’altra decina di persone. Noto una mamma con un passeggino rosso che lo fa dondolare, affinché il pargolo non si metta a piangere e strepitare, rompendo i timpani (e qualcos’altro…) a noi avventori. Di fronte c’è una vecchietta con una collana di perle che legge un libro un po’ ingiallito, tenuto stretto dalle mani rugose e magre. Poco più in la c’è un ragazzo con uno skateboard e il cappello con visiera girato al contrario, al collo delle gigantesche cuffie gialle, i pantaloni calati sotto il sedere in un aspetto sciatto e mal curato che a me, che sono sempre super preciso, mi fa un po’ saltare i nervi…

Continuo a far vagare lo sguardo sugli altri avventori mentre mi sistemo meglio sul sedile nero dove sono seduto quando…

Ehi, un momento… ma quello non è…

“Aominecchi?”.

La domanda mi esce spontanea mentre mi piego in avanti sul sedile per guardare meglio in fondo al vagone.

Lui subito alza lo sguardo duro su di me, con quella riga in mezzo alle sopracciglia che gli da sempre un aspetto corrucciato e truce, anche se ne noto un’espressione leggermente sorpresa: “Kise?” domanda.

“Ciao Aominecchi!” sorrido a trentadue denti, salutandolo con la mano e agitandomi un poco sul sedile. Anche se mi ha appena battuto miseramente e anche se lui è la fonte del mio cuore sofferente, anche se dovrei cercare di dimenticarlo e di non parlarci, anche se dovrei rendermi conto che non c’è storia… sono troppo felice di averlo incontrato! Ho o no uno stupido cuore? Io direi di sì… “Che ci fai sulla linea verde? Non usi la rossa, di solito?” domando, alzando la voce e rendendo partecipe tutto il vagone di questo fatto.

Lui sbuffa, mani in tasca, ma mi si avvicina: “La vuoi smettere di fare tutto questo casino, stupido di un Kise?” mi domanda, sbuffando di nuovo. Mi è di fronte, con la tuta della sua squadra, anche lui borsone in spalla “E comunque la rossa è interrotta in un punto per dei lavori, perciò devo prendere la verde, aspettare che intrecci con la rossa e quindi tornare indietro di due fermate” mi spiega.

“Quante parole tutte insieme, Aominecchi! E mi hai pure degnato di una spiegazione! Unbelievable!” sorrido felice, battendo le mani “Perché non ti siedi, Aominecchi?” domando sempre col sorriso sulle labbra, tamburellando la mano sul sedile vicino al mio.

Lui sbuffa di nuovo, fissandomi malamente con i suoi profondi occhi blu, poi si siede. Il suo corpo è un po’ distante dal mio, ma non c’è problema: con una strusciare discreto, mi avvicino a lui fino ad appiccicare il mio fianco e la mia coscia alla sua. Aomine nota subito questo mio gesto, e perciò mi guarda stranito: “Stai invadendo il mio spazio vitale” dice, con sguardo e voce truce.

Io sorrido serafico: “Ho freddo” mento.

“Siamo ad Agosto” mi fa notare lui.

“L’aria condizionata è troppo forte” butto lì di nuovo, mantenendo l’espressione sorridente, anche se dentro mi sento tremare. Sono certo che tra poco mi arriverà un pugno…

“Mettiti una felpa!” sbotta lui.

“Aominecchi è un riscaldamento migliore” cinguetto, avvicinando anche la mia spalla alla sua.

Lo sento irrigidirsi. Mi guarda di traverso, poi ringhia: “Smettila di fare queste cose con me, idiota”.

Io sorrido di rimando: “Scusami, Aominecchi, è che quando ti vedo, il mio cervello non riesce più a ragionare…”.

Lo so, lo so… sembro sfacciato, ma in fondo è così che sono! Confidai i miei sentimenti ad Aomine dopo la terza media, ma lui mi disse subito di non provare lo stesso per me. Il colpo fu devastante, sia per la fatica e l’imbarazzo che mi era costato ammettere a voce alta e di fronte a lui i miei sentimenti, sia perché comunque la persona che amo mi ha rifiutato… a quel punto, rincuorato dal fatto che comunque avremmo frequentato due istituti superiori diversi, ero convinto di poterlo dimenticare ma… che ingenuo! Il pensiero fisso di batterlo in campo, che mi stimola ogni giorno a fare meglio e a impegnarmi di più, mi porta inevitabilmente ad averlo sempre in testa e, come se non bastasse, il mio cuore sembra ben deciso a non lasciar andare questo sentimento, benché io mi sforzi e sia uscito anche con qualche ragazza per cercare di dimenticare… ma niente! Il mio cuore ha deciso che Aomine è al primo posto, e lì è rimasto inevitabilmente… e lui lo sa bene, perché anche un deficiente si accorgerebbe di come lo guardo.

“Sei il solito idiota” mi dice lui, distogliendomi dai miei pensieri.

Io sorrido tranquillo, tralasciando una mano in mezzo alle gambe e l’altra sul sedile in mezzo a noi. Ennesima scusa patetica per poterlo toccare… lui sembra non farci caso e rimaniamo in silenzio per un po’. Osservo il mondo correre veloce fuori dal finestrino, sostituito poi dal buio delle gallerie, illuminate di un giallo opaco dalle lampade. Stazione dopo stazione, le porte si aprono, la voce metallica parla e entra ed esce gente di continuo. Le tre persone che avevo notato all’inizio non ci sono più, ma non ho notato dove sono scese…

Daiki respira piano al mio fianco, osservandosi le scarpe da tennis bianche che ondeggiano a causa delle gambe leggermente distese e dei piedi accavallati, smossi dai continui sobbalzi della metropolitana. La posizione sul sedile è un po’ sbracata e i suoi corti capelli sono spettinati, rendendo il suo aspetto ancor più trasandato del solito. Immancabili le mani in tasca.

“Aominecchi dovrebbe curare di più il suo aspetto…” dico piano, osservandolo di sbieco.

“Kise dovrebbe farsi di più gli affari propri” mi rimbecca subito lui.

“Ma io lo dico per te, Aominecchi!” esclamo, sobbalzando sul sedile dalla fretta di parlare “Sei così bello che è un peccato che tu non ti valorizzi!”.

Lui si volta a guardarmi con sguardo serio: “Ti ho già detto che devi smetterla di dire queste cose”.

“E perché mai, Aominecchi?” domando innocentemente, toccandogli la coscia col dito mignolo del braccio nascosto tra i nostri corpi, in una lieve carezza che lo fa sobbalzare “Ti vergogni?”.

“Non dire stupidaggini!” sbotta lui, spazientito, girando la testa dall’altra parte per non guardarmi.

Io ridacchio, consapevole di averlo messo in imbarazzo, e continuo quella lieve carezza col dito lentamente. Piano piano, aggiungo anche l’anulare e poi il medio, muovendomi sempre più velocemente. La sua coscia è dura e soda sotto le mie dita e il tessuto della sua felpa è un po’ ruvido. Posso sentire anche attraverso la stoffa il calore della sua pelle bruna… è persino più inebriante che nelle mie fantasie…

“Smettila” mi ammonisce dopo un po’ “Smettila di toccarmi”.

In tutta risposta gli faccio una nuova carezza: “Non posso, Aominecchi…” sussurro piano “Finché il tuo corpo sarà vicino al mio, le mie mani vorranno toccarlo”. Il mio tono è canzonatorio, ma i miei occhi sono seri. La sua pelle è davvero una calamita per la mia… i sogni bollenti di tutte le notti ne sono una prova…

Lui si volta a guardarmi e vede i miei occhi serissimi fissarlo. Sa che il sorriso che mi arriccia le labbra non significa niente, in questo momento. Adesso è tempo di guardare i miei occhi, di leggere cosa c’è dentro e diventare consapevoli che sono quelli che dicono la verità. Per quanto lui non mi ami, comunque mi conosce. Abbiamo giocato insieme due anni interi e per due anni interi ci fermavamo quasi tutti i pomeriggio per uno one-on-one che poi diventavano due, e tre, e quattro, e dieci one-on-one di seguito. Abbiamo passato ore e ore in palestra insieme, ad allenarci e studiarci a vicenda, comprendendo quanto l’altro a volte non mostrasse i propri sentimenti come difesa personale. Aomine all’epoca era una persona diversa, ma anche io. Ormai siamo cresciuti e cambiati e forse non siamo più le stesse persone di allora, ma lui è consapevole che sono sempre i miei occhi a parlare per me. Per quanto io dica scemenze e sorrida sempre, i miei occhi non sanno mentire. Non rinnegano mai i miei sentimenti…

Lo vedo sospirare e sfilare la mano dalla tasca. La infila in mezzo ai nostri fianchi e io già chiudo gli occhi dispiaciuto dal fatto che mi voglia allontanare da lui… però, inaspettatamente e lentamente, fissandomi sempre negli occhi, lo vedo abbassare la mano a toccare la mia, afferrandola dolcemente. A quel contatto io sobbalzo e sento le guance andare in fiamme. Devo avere un’espressione molto stupida, perché Aomine fa un mezzo ghigno divertito, sbuffando appena.

Mi tira su la mano e velocemente se la infila in tasca, intrecciando le sue dita alle mie.

Il mio cuore batte forte e continuo a fissarlo con gli occhi sbarrati, troppo sorpreso per dire qualcosa. Nella mia mente un mare di pensieri si affollano l’uno sull’altro e le parole da dire si susseguono alla velocità della luce senza riuscire a formulare una frase abbastanza decente da essere pronunciata. Vorrei chiedergli: “Perché?”. Ma anche: “Lascerai ancora la mia mano? Non lasciarla, ti prego”. Vorrei dirglielo, ma sarebbe imbarazzante e stupido, nonché terribilmente infantile…

Continuo a fissarlo in tralice per un po’, sempre più in imbarazzo. Il suo tocco è caldo e liscio e le sue dita si intrecciano alle mie in un gesto tenero che non mi sarei mai aspettato da lui.

“Smettila di fissarmi” mi ammonisce lui, dopo un po’, continuando a fissare dritto davanti a se.

Il suono della sua voce mi fa riscuotere e mentre sento nel petto una sensazione di benessere avvolgermi e salirmi al centro del petto, domando, sorridendo lievemente: “Il tuo cuore si è intenerito, Aominecchi?”.

“Tsk!” dice lui, arrossendo appena. Lo sguardo è duro e le sopracciglia sono corrucciate, ma io sorrido.

“Grazie, Aominecchi…” sussurro, sorridendo appena.

Grazie, perché comunque mi vuoi bene, nonostante tutto.

“Stai zitto” mi dice lui, con tono duro. Dovrei offendermi, ma so che è l’imbarazzo che lo fa parlare così duramente… perciò sorrido ancor più apertamente e, con un sospiro, socchiudo gli occhi e poggio delicatamente la testa sulla sua spalla, solleticandomi la pelle con il bordo del colletto della sua felpa.

“Non ti ho dato il permesso di prenderti tutte queste confidenze…” mi ammonisce lui, guardandomi di sbieco.

“Dimmelo quando mi avrai lasciato la mano, Daiki…”.



**FINE**



Ah!
Che sensazione!
E’ la prima fan fiction che scrivo su questa coppia (anche se li adoro e ho letto con piacere quelle di molte altre autrici) e sono sicura di non averli saputi gestire bene! XD!
E’ anche solo la mia terza fan fiction su questo Fandom, perciò non mi stupisce che non sia credibile! Mi dispiace! ç__ç Cercherò di migliorare sempre di più, ma ho bisogno di prendere confidenza con i personaggi! Pensi forse sia una scusa? Se non sai scrivere qualcosa di decente su questo Fandom non farlo fino a quando non ne sarai in grado, no?
Comunque volevo solo dirvi che, riguardo alla storia della metro e del cambio che deve fare Aomine ecc… mi sono documentata! C’è davvero una stazione dove la verde e la rossa si incontrano, nella Metropolitana di Tokyo, perciò almeno su questo sono stata precisa!
Detto ciò… niente! Se avrete voglia di farmi sapere cosa ne pensate, ne sarò davvero felice!
Un saluto!

   
 
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