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Autore: Laylath    01/03/2014    3 recensioni
Eppure a guardare più da vicino i ragazzi di quella realtà, ci si sarebbe accorti che le loro esistenze non erano così scontate: i piccoli grandi problemi dell’infanzia e dell’adolescenza a volte andavano ad intrecciarsi con situazioni difficili, dove spesso il legame con un amico fidato era la cosa migliore per poter andare avanti.
E spesso le persone più impensabili stringevano un forte legame tra di loro per uno strano susseguirsi di eventi, all’apparenza così normali… anche se poi viverli era tutt’altra cosa.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Team Mustang
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un anno per crescere'
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Capitolo 32. Giornate di pioggia. Seconda parte: madri e figli.

 

Kain venne svegliato da alcuni rumori al piano di sotto. Per qualche secondo pensò che sua madre lo stesse per chiamare per la colazione, ma aprendo gli occhi scoprì che la stanza era ancora buia, senza quel piccolo chiarore che annunciava che fuori era giorno.
E’ anche vero che con questo cielo coperto a volte il buio dura più del previsto.
Non poteva nemmeno fare affidamento su se stesso perché era da ormai dieci giorni che la scuola era chiusa per quel tempo e dunque aveva perso in parte l’abitudine di svegliarsi alla stessa ora. Sentendo di nuovo rumori e la voce dei suoi genitori, allungò una mano fuori dalle coperte e cercò a tentoni gli occhiali che stavano sulla sedia accanto al letto.
Si stropicciò gli occhi prima di indossarli e con uno sbadiglio uscì fuori dalle coperte: sicuramente era quasi ora di alzarsi e dunque tanto valeva iniziare a scendere. Rabbrividì a quell’aria fresca e desiderò andare immediatamente giù a raggomitolarsi nel divano davanti al fuoco, aspettando che la mamma finisse di riscaldare il latte.
Uscì nel corridoio arruffandosi i capelli e rifletté su come avrebbe potuto impiegare il tempo quel giorno, ma quando arrivò al pianerottolo sentì i suoi genitori parlare:
“Allora io vado: potrei fare tardi, quindi non aspettarmi alzata.”
“Mi raccomando, Andrew, fai attenzione, promettimelo.”
“Ehi, Ellie, torno, stai tranquilla: è solo un sopralluogo più a monte. Non c’è niente di pericoloso, fidati.”
“Con tutta questa pioggia…”
“Ssssh, amore mio…”
Il tono agitato di sua madre ebbe il potere di destarlo del tutto e si affrettò a scendere le scale.
“Papà, dove vai con questo tempo?”
Andrew ed Ellie erano davanti alla porta, lui con addosso un impermeabile ed una sacca sulle spalle. Sua madre invece indossava il solito caldo vestito azzurro, ma la sua mano tormentava uno dei legacci dell’indumento del marito. Come videro il bambino Ellie tirò un profondo respiro, come per farsi forza, mentre Andrew lo prese in braccio.
“Vieni, ragazzino, sei scalzo e prendi freddo. Allora, devo andare a fare dei controlli con altre persone per preparaci meglio alla piena: quest’anno arriverà con anticipo considerata l’intensità della pioggia.”
“Oh, – il bambino intercettò lo sguardo preoccupato della madre e capì che il posto dove stava andando non era molto sicuro – ma farai attenzione, vero papà?”
“Ma sì, Kain – sorrise Andrew – faccio attenzione, promesso. E poi nel gruppo c’è anche il capitano Falman, non credi che sia in una botte di ferro con uno in gamba come lui? Nel frattempo ti affido un compito molto importante: prenditi cura della mamma, lo vedi come è preoccupata?”
“Mh, ci penso io a lei – promise il bambino solennemente – fidati di me.”
“Bravo, piccolo mio. Ehi, meraviglia – sorrise rivolgendosi ad Ellie – lo sai che torno sempre da te, no? Ci vediamo dopo.”
“Va bene – annuì lei, facendosi abbracciare con Kain che stava in mezzo a loro – a dopo, amore mio.”
“Dai, piccolo, adesso passa in braccio a tua madre. E prenditi cura di lei.”
Vedendo il padre che si allontanava da casa con quel brutto tempo, Kain si sentì particolarmente stranito: persino la scuola era chiusa per quella situazione meteorologica e non gli piaceva che se ne andasse in posti pericolosi. Ma era anche vero che era stato lui a progettare il rinforzo dell’argine del fiume e dunque era necessario che si rendesse conto della situazione: era sempre stato molto professionale e preciso, attento anche a questi particolari.
Mentre pensava queste cose, sua madre se lo sistemò meglio tra le braccia.
“Scusa se ti abbiamo svegliato, pulcino: perché non torni a dormire? E’ presto, tanto presto… albeggia appena.”
Ma Kain era completamente desto considerata la situazione che si era venuta a creare.
“Ho promesso a papà che mi sarei preso cura di te, mamma – dichiarò – se torno a letto non lo posso fare. Non ti preoccupare, andrà tutto bene e lui torna presto, l’ha promesso.”
Ellie sorrise con dolcezza baciandogli i capelli arruffati.
“Hai ragione, amore mio, papà l’ha promesso.”
Sentendo con che urgenza la madre lo stringeva, Kain capì che quella giornata doveva assolutamente darsi da fare per lei.
Tranquilla mamma, penso io a te.
 
“Bene, l’appuntamento con la squadra è tra dieci minuti – fece Vincent – sarà meglio che vada.”
“Cerca di non prendere troppo freddo è non correre rischi.”
“Ma quando mai.” sorrise il capitano, mentre Rosie gli sistemava l’impermeabile.
Vato spuntò con la matita l’ultima voce dall’elenco e annuì soddisfatto, chiudendo lo zaino.
“C’è tutto, papà, ho controllato personalmente.”
“E’ da ieri pomeriggio che fai quella lista, tesoro – sospirò Rosie – potevi lasciarla nel tavolo e ci avremmo pensato io e tuo padre senza che tu ti alzassi così presto.”
“Che? Scherzi, mamma? – fece lui, profondamente offeso – Devo sovrintendere a queste cose personalmente: e se all’improvviso mi veniva in mente qualcosa che mancava ed era di fondamentale importanza?”
“Tuo padre torna in serata, mica sta andando a scalare i monti di Briggs.”
“Meglio essere prudenti.”
Vincent sorrise nel vedere l’impegno messo dal figlio per quell’incarico che si era assunto di sua spontanea iniziativa. Era chiaro che si sarebbe voluto unire pure lui alla spedizione, ma non l’aveva nemmeno chiesto, perfettamente consapevole che non era una scampagnata. Tuttavia aveva deciso che per quanto possibile si sarebbe resto utile e Vincent aveva voluto assecondarlo, capendo quanto fosse importante per lui.
“Allora ci vediamo più tardi – annuì, baciando la moglie sulla guancia e arruffando i capelli del figlio – non preoccupatevi.”
“Tranquillo papà, alla mamma ci penso io.”
“Proprio quello che volevo sentire.”
Come la porta si chiuse Vato sentì che per quella giornata tutta la responsabilità della casa e di sua madre sarebbe gravata sulle sue spalle: non era come quando suo padre era assente per il solito lavoro. Questa volta stava andando più lontano del previsto e in condizioni non proprio facili: ovviamente si sentiva preoccupato, ma era sicuro che se la sarebbe cavata e avrebbe protetto anche il padre di Kain.
E se io sono un po’ in ansia, figuriamoci la mamma…ma a lei ci penso io.
“Tranquilla, mamma, – fece, voltandosi verso di lei – puoi fare completo affidamento su di me per oggi.”
“Non vuoi tornare a letto? – chiese Rosie sorpresa – Guarda che sono appena le sei e un quarto.”
“No, stai tranquilla – scosse il capo, anche se effettivamente l’idea di stare sotto le coperte considerato il freddo era allettante: ma per lei si sarebbe sacrificato – non ho sonno.”
“Sei sicuro? Io un’altra oretta me la concederei volentieri…”
“Che?” si sbalordì il ragazzo.
Come puoi rimetterti a dormire sapendo che papà sta andando in una spedizione così pericolosa?
Il suo pensiero doveva essere palesato nel viso, perché Rosie si sistemò meglio la pesante vestaglia ridacchiando lievemente.
“Tesoro, – gli disse, accarezzandogli i capelli – papà ha tutto sotto controllo, fidati. E poi prima di due ore non saranno in posti pericolosi. Stai tranquillo, non è il caso di prepararti alla guerra, va bene?”
“Se lo dici tu. Però io non credo che…”
“Lo dico io, Vato Falman – dichiarò Rosie, mettendogli l’indice sulla punta del naso – e ti conviene seguire il mio consiglio e tornare a letto: tanto io prima di un’ora non ho intenzione di preparare la colazione, capito? Buon riposo, tesoro.” lo salutò, avviandosi verso la camera matrimoniale.
E Vato rimase a guardare incredulo la porta che si chiudeva con tanta insensibilità.
Aveva promesso a suo padre che avrebbe pensato a tutto lui, ma non si era aspettato un inizio simile.
“Primo punto per te, mamma – sospirò, rassegnandosi a tornare a letto – ma la giornata è lunga e a te ci penserò io, che ti piaccia o meno!”
 
Una quindicina di minuti dopo, mentre il resto del paese cominciava a svegliarsi, la squadra di cinque persone iniziò a muoversi per andare verso la parte alta del fiume. Considerate le condizioni non proprio favorevoli avrebbero proceduto con relativa lentezza e dunque quello che in occasioni normali si sarebbe fatto in quattro ore, qui ne avrebbe richiesto come minimo il doppio.
“Torneremo fradici in ogni caso – commentò Vincent, sistemandosi meglio l’impermeabile – adesso piove poco, ma a breve peggiorerà.”
“Concordo – fece Andrew, camminando affianco a lui – e questo mi preoccupa: è ormai da sette giorni di fila che concede solo poche ore di tregua: sarò sincero, quest’anno credo che oltre alla piena ci saranno anche delle frane a monte e questo potrebbe creare davvero parecchi problemi.”
“Se è così dobbiamo assolutamente andare a controllare fino al passo ad ovest: ci accorgeremo subito di possibili cedimenti… se cade lì va dritto nel fiume.”
“Sì, non possiamo fare a meno di controllare – ammise Andrew preoccupato: non c’era stato tempo di consolidare così tanto la sicurezza del fiume. Un conto era una piena normale, ma la massa di detriti portati da una frana costituiva un carico molto maggiore – in ogni caso bisogna provvedere già da domani a rafforzare tutto con sacchi di sabbia.”
“Ho già dato ordine ad uno dei miei uomini di iniziare a predisporre già da oggi: tutta la popolazione sarà allertata. Prepariamoci Andrew, ho paura che a questo giro saremo messi a dura prova.”
“Probabile. Beh, almeno mia moglie e mio figlio sono a casa al caldo e al sicuro.”
“Capisco bene cosa intendi, anche se da me erano entrambi preoccupati.”
“Anche Ellie e Kain, ma sono sicuro che il bambino sarà in grado di confortare la madre.”
“Da me sarà tutto da vedere.” sorrise enigmatico Vincent, conoscendo bene i suoi polli.
 
Andrew non aveva avuto alcuna esitazione nel sostenere che la parte del conforto sarebbe toccata maggiormente a Kain. Ellie era una donna fantastica che aveva dimostrato una volontà incredibile in tantissime occasioni, tuttavia accanto a questa forza conviveva una grande apprensione: un po’ paradossale come concetto, ma Andrew era convinto che niente in sua moglie fosse ordinario.
Ellie era semplicemente così: poteva lottare per quattro anni per tenere in vita il figlio e poi cadere nel panico più totale se Kain andava in bici con Roy. E dunque era normale che entrasse in crisi sapendo che quel giorno lui avrebbe fatto qualcosa fuori dall’ordinario lavoro al cantiere.
Anche Kain era in parte consapevole di questa caratteristica di sua madre e dunque aveva deciso di improntare la sua giornata su di lei, annullando completamente la sua preoccupazione per il padre.
“Tieni, pulcino, bevi il tuo latte.”
“Grazie, mamma.” sorrise, prendendo la tazza e soffiandoci sopra prima di bere i primi sorsi.
Ellie gli si sedette accanto, ma non mise mano alla colazione che aveva davanti: continuava a tormentarsi il grembiule e a tenere lo sguardo basso.
“Mamma…”
“Sì?”
Il bambino prese il pentolino di latte ancora caldo che stava sopra un sostegno nel tavolo e ne versò sulla tazza ancora vuota della donna. Poi afferrò il barattolo di miele e ne mise alcuni cucchiai nel liquido caldo, provvedendo a mischiare con cura.
“Colazione per te – sorrise con orgoglio passandole la tazza – mi prepari sempre tutto quanto, mi sembrava carino per una volta pensarci io. Ti va di berlo?”
Ovviamente davanti ad un gesto del genere da parte del figlio, Ellie si smosse da quell’ansia che la tormentava e lo accontentò bevendo tutto il contenuto della tazza. Vedendo che era un momento buono il bambino provvide anche a prepararle alcune fette di pane imburrato e si assicurò che le mangiasse.
“Ehi, pulcino – mormorò Ellie, quando si alzarono entrambi dal tavolo – pensi che non abbia capito che oggi vuoi fare l’ometto di casa?”
“Perché, ti dispiace?”
“No, tutto sommato direi di no. E dimmi, che grandi progetti hai in mente?”
“Di aiutarti in tutto e per tutto: chiedi e io farò, mamma. Oggi non esistono le radio, esisti solo tu.”
“Oh, quale grande onore. Allora che ne dici, cavalier servente, ti va di aiutarmi a sparecchiare?”
“Certamente, mamma… e dopo ti aiuto anche a rifare le stanze.”
“Sono emozionata, allora potremmo anche rimettere bene in ordine la tua questo pomeriggio, che ne dici?” colse al volo l’occasione.
Kain sbiancò a quella richiesta: questo voleva dire che sua madre aveva intenzioni bellicose di buttare qualcosa che magari lui considerava preziosissima, senza contare che aveva alcuni amici del mondo degli insetti tenuti al caldo in una scatoletta… e quell’altro…
“Sì, va bene – acconsentì – ma forse conviene che determinate cose le faccia io.”
“Lombrichi come l’altra volta?” chiese Ellie sospettosa.
“No – fece lui con imbarazzo, ricordandosi l’urlo di sua madre quando per errore aveva urtato la scatoletta sulla scrivania – non lombrichi… altri tipi di, uh, animale…”
“Kain Fury…” iniziò Ellie.
“Mh… ecco, li conosci bene e non sono pericolosi. Di notte sono anche simpatici con il loro canto, se ci pensi bene e…”
Grilli? – inorridì la donna, sgranando gli occhi scuri – Hai portato degli schifosissimi grilli in camera?”
“Poverini, con questo tempo avevano freddo…”
“Finiamo di lavare queste stoviglie, rifacciamo il letto matrimoniale e poi andiamo immediatamente a liberare la tua stanza dall’invasione di insetti, sono stata chiara?”
“Va bene…” annuì lui.
Non aveva ancora avuto il coraggio di dirle del suo amico Arturo…
Speriamo che non le faccia troppo schifo.
 
“Ma porc… ahia! Brucia! Brucia!”
Vato quasi fece cadere il pentolino che aveva afferrato con tutto il suo strano contenuto. Corse al lavandino e aprì l’acqua, mettendovi immediatamente la mano e sospirando di sollievo.
“Vato, che è questo rumore? Oh, oh cavolo!”
Rosie restò interdetta quando, entrata in cucina, trovò i fornelli ridotti ad un disastro e metà tavolo coperto di strani impasti. Per non parlare del figlio che stava con la mano sotto l’acqua con una faccia chiaramente dolorante e a poca distanza da lui un pentolino che ribolliva e schiumava.
“Ti stavo preparando la colazione…” disse lui guardandosi la mano.
“O stavi tentando di far esplodere casa? – chiese Rosie andando a spegnere il fornello sotto il pentolino – Accidenti a me che ho dormito più del previsto: sono quasi le nove. Uh, e nei tuoi progetti che doveva essere questo ammasso giallastro?”
“Crema… ho seguito tutte le istruzioni del tuo ricettario, ma non è andata.”
“Siamo ambiziosi, eh? E’ completamente impazzita, non c’è nulla da fare… fai vedere quella mano.”
“Non è niente – arrossì il ragazzo, porgendo la parte lesa – è solo una scottatura.”
Rosie si mise una mano in fronte: aveva capito che la giornata sarebbe stata veramente difficile. Vato era sempre stato molto tranquillo, ma sembrava che a quel giro fosse determinato a fare tutto lui e per un ragazzo che di lavori domestici non ci capiva niente non era proprio facile.
“Vado a prendere una crema lenitiva, torno subito…” sospirò.
“Mh…”
Il ragazzo abbassò il capo: i suoi ambiziosi progetti stavano andando decisamente male. Non solo non era riuscito a preparare uno straccio di colazione per sua madre (va bene, forse aveva esagerato nel voler fare tutti i suoi piatti preferiti, quando si sarebbe potuto limitare al solito caffellatte con pane burro e marmellata), ma aveva appena fatto la figura dell’inetto.
Cavolo come pulsa questa maledetta bruciatura.
“Tesoro – fece Rosie, tornando e sedendosi su una sedia – che cosa hai mente di fare?”
“Volevo solo preparati la colazione – ripeté lui, mentre le dita della donna gli mettevano il medicamento sul palmo della mano – non volevo che ti preoccupassi per queste cose, almeno per oggi.”
“Per via dell’assenza di tuo padre?”
“E’ così stupido da parte mia volermi prendere cura di te? Capisco la follia di pretendere una cosa simile a cinque anni, ma a diciassette dovrei esserne in grado, non credi?”
Quella confessione detta in tono triste fece commuovere Rosie.
“No, non è stupido, fiocco di neve. Ma tu ti prendi già cura di me, lo sai bene, anche senza cimentarti in queste grandi imprese culinarie. Non sono sola ad aspettare tuo padre, mi basta questo… mi basta vederti seduto davanti al fuoco a leggere come fai sempre, capisci? Non servono grandi dimostrazioni.”
“Mi sento inutile – ammise lui – sarei voluto andare con papà, ma non era nemmeno il caso di chiederlo. Volevo almeno dimostrargli che sapevo badare a te…”
“Beh, la buona volontà non ti manca – constatò Rosie guardando la cucina disastrata – ma decisamente ti manca un briciolo di esperienza per preparare una crema decente. Come va la mano?”
“Meglio, grazie.”
“Allora rimetti a posto questo disastro mentre io vado a cambiarmi – ordinò lei alzandosi – come torno vediamo di cucinare una colazione come si deve. Iniziamo a renderti autosufficiente per queste cose: altrimenti quando ti sposi, Elisa si lamenterà che non sai fare niente.”
“Va ben… che? Mamma ma che stai dicendo? Non ho mai parlato di matrimonio… e non mi pare che…”
“Sbrigati, altrimenti arriviamo direttamente all’ora di pranzo!”
Vato sospirò osservando il disastro che gli toccava pulire: prima non gli era sembrato di proporzioni così mastodontiche. Ma per lo meno aveva raggiunto il suo scopo: aveva distratto sua madre dall’assenza di suo padre e per le prossime ore sarebbe stata impegnata.
Beh, dai, una bruciatura alla mano: me la sono cavata con poco… però, a conti fatti mi sembra che sia lei a prendersi cura di me e non viceversa.
 
“Ma quello è un rospo!”
“Che? Oh no! E’ uscito dalla scatola… mamma, non ti spaventare, non…”
“Kain Fury tu hai portato a casa un rospo!” Ellie rinculò fino all’angolo mentre l’anfibio sembrava averla presa in simpatia e saltava allegramente verso di lei. Ma prima che potesse fare gli ultimi metri, le mani del bambino lo presero da dietro e lo sollevarono.
“Mamma lui è Arturo, non lo trovi simpatico?” chiese, mentre il rospo gracidava in segno di saluto.
“Arturo? Gli hai anche dato un nome! Ma con che coraggio lo porti a casa?”
“Ma no, dai, è carino… lo vuoi vedere da vicino?”
“Tienilo lontano da me!”
Kain sospirò: no, nemmeno i rospi rientravano nelle categorie di animali che sua madre tollerava. Eppure Arturo era un esemplare particolarmente simpatico: si poteva dire che avevano fatto amicizia. Con attenzione lo riadagiò sulla scatola che chiuse con il coperchio traforato: sapeva benissimo come sarebbe andata a finire, ossia che avrebbe dovuto liberare il rospo nel cortile non appena smetteva un poco di piovere.
Quest’idea di fare le pulizie per assecondarla non è stata proprio buona.
“Suvvia, mamma – tentò di rabbonirla – lo sai cosa succede nelle favole, no? La principessa bacia il ranocchio e questo si trasforma in un principe.”
“Una variante interessante della favola è che il principino prenderà una bella sculacciata dalla principessa se non la smette con questi ospiti a sorpresa – disse Ellie, seccata, recuperando un po’ di dignità – altri animali di cui devo venire a conoscenza?”
“No, solo i grilli e Arturo.”
“Bene, allora adesso ti metti l’impermeabile: esci in cortile e liberi questa fauna, mi sono spiegata?” disse in tono arrabbiato, tanto che Kain fece una faccia davvero mogia.
“Va bene, mamma…”
Come il bambino uscì per compiere il suo dovere, Ellie si guardò intorno con preoccupazione, aspettando di veder comparire all’improvviso altre bestie. Si sedette nel letto cercando di controllare i battiti del cuore che aumentavano a dismisura ogni volta che trovava qualche ospite in camera del figlio.
Man mano che si calmava si rendeva conto che forse aveva sbagliato ad essere così dura nei suoi confronti: non era proprio la giornata giusta per simili rimproveri, senza considerate che anche lui doveva essere molto preoccupato per Andrew, nonostante facesse di tutto per nasconderlo.
Con un sospiro si alzò dal letto e andò alla scrivania, prendendo distrattamente in mano un quaderno: quando lo aprì fu sorpresa di riconoscere la scrittura di suo marito e si ricordò di quel particolare regalo che Andrew aveva fatto al figlio.
“Ecco fatto, mamma – annunciò Kain, tornando nella camera e levandosi l’impermeabile gocciolante – li ho liberati tutti quanti fuori dal cortile, come mi hai chiesto. Oh… quello è il quaderno di papà.”
“Adoravo sfogliarlo, sai? – sorrise lei – Quando tornava dall’Università a volte ci sedevamo in un prato e passavo un sacco di tempo a guardare questi disegni: mi immaginavo sempre di essere con lui a vedere questi edifici così belli. Ed in cambio facevo leggere a lui i miei quaderni di racconti.”
“Quelli che mi raccontavi quando ero piccolo? Erano fantastici, mamma, non credo di aver mai letto favole più belle in qualche libro.”
“Oh, erano l’orgoglio e la vergogna della mia adolescenza: solo Andrew e una mia amica li avevano letti. Anzi, la mia amica qualcuno, ma tuo padre li volle leggere tutti.”
Kain la vide sospirare con una leggera malinconia e capì che la situazione gli stava sfuggendo di mano: la sua mente iniziò a lavorare freneticamente per trovare un modo di distrarla. Ricollegandosi a quelle storie meravigliose, si portò accanto a lei e le tirò una manica.
“Mamma, guarda – sorrise, mettendosi le mani sopra la testa e muovendole come se fossero delle orecchie – sono il coniglietto Oscar! Ti ricordi? Quello che viveva nel prato con i fiori arcobaleno ed un giorno decise di andare in città.”
A quella buffa imitazione, identica a quella che faceva a quattro anni, Ellie scoppiò a ridere e si ritrovò ad abbracciarlo.
“Oh, il mio bellissimo coniglietto – mormorò dandogli un bacio sul naso – era da tanto che non lo facevi.”
“Dai, mamma, lasciamo stare la mia camera – propose Kain – perché invece non mi racconti le tue favole, eh? Magari recuperiamo anche i tuoi quaderni, scommetto che alcune non me le ricordo: ti chiedevo sempre di raccontare le stesse. Oppure ne inventiamo qualcuna nuova, mh?”
“E va bene, mio piccolo coniglietto – cedette la donna, prendendolo in braccio – vediamo di ritirare fuori dal cassetto tutti i nostri personaggi preferiti e di inventarcene di nuovi.”
Con un sorriso soddisfatto il bambino si strinse al collo della madre: aveva ottenuto un ottimo risultato in quanto non solo aveva trovato il modo di prendersi cura di lei, ma ci guadagnava pure.
Favole… io amo le favole!
 
“Beh, l’aspetto non è dei migliori, ma non farti scoraggiare, suvvia.”
“No, non va bene: ho seguito tutte le indicazioni, con te a controllare ogni mia mossa, ma il risultato non è assolutamente buono. Insomma, guarda la figura nel ricettario: è totalmente diversa.”
“Vato, non cercare il confronto con quella figura: così non ti esce manco fra mille anni.”
“Grazie per la fiducia…”
“Tesoro, non sei proprio tagliato per fare il cuoco, mi sa. Però questa torta non ucciderà nessuno, fidati.”
Vato fissò dubbioso quella torta bruciacchiata e piena di imperfezioni.
Il risultato di quella serata passata con la madre era stato un’impietosa lezione di cucina in cui si era reso conto dei sui grossi limiti come cuoco. L’unica cosa che probabilmente avrebbe preparato senza troppi problemi sarebbe sempre e solo stato il panino con affettati o con la marmellata. Per il resto, decisamente non c’era speranza e, come aveva commentato sua madre, era un bene che Elisa se la cavasse egregiamente ai fornelli.
“Dici che sarà commestibile?”
“Perché non vai da Elisa e non gliela fai assaggiare? – propose Rosie, guardando alla finestra – C’è finalmente un po’ di tregua con questa pioggia ed è da almeno tre giorni che non vi vedete. Scommetto che quest’improvvisata le farà piacere.”
“Forse è meglio che vada senza torta…”
“Ma smettila. Vatti a mettere il cappotto, io intanto la sistemo in un contenitore.”
E così, nell’arco di cinque minuti, Vato si ritrovò a bussare alla porta di casa di Elisa, i capelli leggermente umidi per le minuscole goccioline di pioggia che non smettevano di scendere nemmeno in quel momento tranquillo. Fu proprio lei ad aprire la porta.
“Ciao!” salutò, provvedendo subito a dargli un bacio entusiasta.
“Ciao Eli – sorrise lui, quando si staccarono – ti ho portato una cosa, ma non sei obbligata a mangiarla.”
“Davvero? – chiese la ragazza mentre lo faceva entrare e gli prendeva il cappotto – Strano, tua madre cucina sempre bene.”
“A dire il vero l’ho fatta io: se non si capisce è una torta.”
“Tu che cucini? Che è questa novità?”
“Lasciamo stare…” sospirò lui con imbarazzo.
“No, davvero, adesso mi hai incuriosita. – sorrise lei, prendendo un pezzo di torta e assaggiandolo, ma subito fece una faccia strana – Uhm è un po’ pesantina come impasto… scusa, ma ho bisogno di un bicchiere d’acqua o non va giù.”
“Oh cavolo – arrossì Vato, non credendo che il risultato fosse così disastroso – avrei dovuto assaggiarla.”
E così, anche per farsi perdonare quel tentato omicidio per soffocamento, si ritrovò a raccontare alla fidanzata la sua disastrosa giornata tra i fornelli.
“Una torta che fa schifo, una bruciatura alla mano, non so quanti ingredienti sprecati ed un mucchio di stoviglie da lavare – sospirò infine – più che prendermi cura di mia madre le ho solo rovinato la giornata.”
“Ma dai, non dire così – sorrise Elisa, prendendo un fazzoletto e legandolo con cura attorno alla bruciatura – sei stato davvero dolce a stare con lei tutto il tempo.”
“Davvero? In realtà mi aveva detto che anche se stavo come sempre a leggere sarebbe andato bene lo stesso: invece le ho fatto dannare l’anima in cucina.”
“Le hai fatto passare l’intera giornata senza pensare troppo a tuo padre, non capisci?”
“Tra i due credo di essere più preoccupato io.”
“Dici? Guarda che noi donne spesso nascondiamo le cose meglio di quanto creda… riflettici su mentre torni a casa. Ti conviene andare perché sta riprendendo a tuonare.”
Mentre percorreva la strada all’inverso, Vato ripensò alle parole che gli aveva detto Elisa: proprio non riusciva a trovare una spiegazione razionale. Per tutta la giornata sua madre aveva fatto finta di niente, come se suo padre fosse uscito per una normale giornata di lavoro: ora, lui non dubitava minimamente dell’amore che univa i suoi genitori, ma a volte Rosie Falman risultava completamente sfuggente al suo modo di pensare.
“Sono tornato – disse entrando a casa – sai la torta non era proprio velenosa ma un suo pericolo lo… mamma.”
“Oh, sei già rientrato – fece Rosie, alzandosi dal divano e cercando di asciugarsi una lacrima – non pensavo facessi così presto. Ma è vero che ha ripreso a piovere e…”
“Mamma, tu stavi piangendo – si accostò lui, sfiorandole la guancia con la mano fasciata – ma…”
E si sentì completamente idiota per non aver capito tutto sin da quella mattina presto: sua madre non era tornata a dormire, era rimasta chiaramente a letto a pensare a tutti i pericoli a cui stava andando incontro Vincent. E quando si era mostrata così normale era solo per farlo sentire a suo agio e non impensierirlo troppo con le sue ansie.
“Sai, sono quasi le otto e sono più di dodici ore che sono via. Lo so che tuo padre ha detto che avrebbe fatto sicuramente tardi, ma non posso fare a meno di essere preoccupata…”
Il ragazzo si sedette accanto a lei e la abbracciò, nascondendo il viso sulla sua spalla.
“Sono sicuro che torna presto, tranquilla – mormorò – oh, mamma… mi dispiace di non aver capito come stavi.”
“Ma no, tesoro, sei stato fantastico a tenermi occupata per tutto questo tempo: ti sei persino prestato alle mie lezioni di cucina. Ti sei preso cura di me, come avevi promesso a Vincent.”
A quel punto a Vato non restò che sospirare: in realtà si erano presi cura uno dell’altro, cercando di non far trasparire i propri timori e le proprie apprensioni.
Davvero madre e figlio, non c’è che dire.
“Coraggio, mamma, vedrai che manca davvero poco. Che dici preparo un paio di panini per cena e ce li mangiamo davanti al fuoco? Ti giuro che non ho proprio voglia di vedere piatti e stoviglie per oggi.”
“Va bene, grande cuoco, mi fido di te.”
 
Erano quasi le undici e mezza di notte quando Andrew aprì la porta di casa completamente zuppo, esausto e con l’esigenza assoluta di farsi un bagno caldo, mangiare qualcosa ed infilarsi sotto le coperte.
Notando che tutta la casa era buia e silenziosa capì che anche Ellie stava sicuramente dormendo, una cosa che gli fece piacere perché voleva dire che non si era lasciata prendere troppo dall’ansia. Posò delicatamente lo zaino a terra e lo stesso fece con l’impermeabile, poi, arruffandosi i capelli, salì le scale ed entrò in camera con estrema cautela per non correre il rischio di svegliarla. Voleva solo prendere il pigiama ed il cambio prima di andare a lavarsi e…
Oh beh, non avevo molti dubbi in merito.
Non riuscì a trattenere un sorriso quando, accendendo la luce, vide Ellie profondamente addormentata con Kain abbracciato a lei. Notò che il bambino indossava ancora gli occhiali e allungò la mano per levarglieli.
“Mh… papà?” mormorò lui nel sonno.
“Sssh, dormi Kain – sussurrò accarezzandogli i capelli – abbraccia la mamma e dormi, da bravo. Papà si prepara e poi vi raggiunge.”
“Mi sono preso cura di mamma – continuò lui – io… e il coniglietto Oscar.”
“Sì? Che bravi, ma non avevo dubbi. Ecco… così, copriti meglio e dormi.”
Il bambino non provò più a cercare di svegliarsi e si arrese al sonno anche perché Ellie d’istinto lo strinse ancora di più a se. Del resto aveva bisogno di riposare dopo aver compiuto quella grande impresa di non far preoccupare troppo sua madre.
 
“Non pensavo di trovarvi addormentati nel divano…” commentò Vincent mentre moglie e figlio si affaccendavano attorno a lui.
“Non ce ne siamo accorti – ammise Vato – e poi come potevamo andare a letto senza sapere quando tornavi? Allora, è andato tutto bene?”
“Nel senso che siamo tornati solo fradici e affamati? Sì sotto quel punto di vista sì, per il resto la situazione non è molto confortante: è quasi certo che ci saranno smottamenti e frane su a monte e questo si ripercuoterà sulla piena, poco ma sicuro. Da domani all’alba dovrò mobilitare tutti gli uomini possibili.”
“Ma sei esausto, caro – sospirò Rosie, stringendosi a lui, ignorando completamente gli indumenti bagnati – dovresti stare a riposare almeno per domani mattina.”
“Vorrei, certamente, ma non si può – ammise lui, accarezzandole i capelli neri – Puoi iniziare a riempire la vasca di acqua calda? Ti giuro che ho davvero bisogno di levarmi questo freddo di dosso.”
Mentre Rosie scompariva in bagno, Vato si accostò al genitore, ricevendo una gentile arruffata di capelli.
“Domani potrò aiutarvi pure io?”
“Sì, direi che ci sarà sicuramente qualcosa che potrai fare: più siamo meglio è. Allora, ti sei preso cura di tua madre?”
“In qualche modo, ma anche lei si è presa cura di me – ammise – eravamo così attenti a non far trasparire le nostre ansie che non l’ho capito fino all’ultimo quanto fosse preoccupata…”
“Tua madre è così: sempre tranquilla e magari pronta a stuzzicarti… non vuole caricare gli altri delle sue paure, specie te, perché sa che sei ansioso di tuo. Ero davvero curioso di vedere se alla fine vi sareste compresi a vicenda e mi pare proprio di sì. Mh? Ma che hai fatto alla mano?”
“Esperimenti in cucina: ho scoperto di non essere un bravo cuoco, tutt’altro.”
“Ti sei preso cura di tua madre cucinando?
“Sì, ma è meglio non dilungarsi in spiegazioni… Sono davvero felice che tu sia di nuovo qui, papà.”
“Anche io, ragazzo mio, anche io.”
  
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