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Autore: LilithJow    01/03/2014    3 recensioni
Io avevo sempre odiato la morte, così come le persone che le andavano incontro; quelle che rinunciavano alla propria vita, sperando in un'esistenza migliore, che però non c'era e io lo sapevo bene. Non capii perché nella mia mente si materializzò l'idea di permettere a Sebastian di uccidermi e non era qualcosa di simile a ciò che era successo in precedenza.
Avevo deciso di sacrificarmi per permettere a Simon di vivere e ritenevo che fosse una buona motivazione. Ma allora, una ragione non c'era, eppure lo desideravo comunque. - SEGUITO DI "LULLABIES"
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lullabies Saga'
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Capitolo 24
"Free falling"



Fissavo il mio riflesso allo specchio.
Non avevo un bell'aspetto, anzi, tutt'altro: profondi cerchi neri mi segnavano gli occhi, le guance erano scavate ed io ero più pallida del solito. Quasi temetti che le mie ossa si potessero spezzare tutte assieme se solo qualcuno avesse osato sfiorarmi.
Assurdo che dovessi uccidere qualcuno in tali condizioni.
Con quel che avevo addosso, poi, risultava tutto ancor più al limite del razionale: un abito lungo, tinta perla, che ricopriva il mio corpo, lungo fino ai piedi, con dei risvolti in pizzo al bordo della gonna e delle maniche.
Sembrava un sobrio vestito da sposa e quel pensiero mi fece sorridere. Ne avevo visti di matrimoni nella mia lunga esistenza. Ricordavo perfettamente come mi infiltravo ad alcuni eventi del genere, unicamente per ascoltare le promesse che i due amanti si scambiavano davanti all'altare.
Era romantico e adoravo analizzare ogni parola nei minimi dettagli e perdermi in esse.

“Prometto di amarti e onorarti sempre, nella gioia e nel dolore, in salute e in malattia, finché morte non ci separi”.

Buffo: senza farci promesse di alcun genere, Simon ed io eravamo passati attraverso, praticamente, ogni cosa. Persino la morte e, dopo di essa, non avevo cessato di amarlo.
Non è quello il punto, poi? L'amore, se è vero, supera tutto, anche la morte.


***


«Bene, bene». La voce di Juliet rimbombò nella grossa stanza ed io sussultai non appena mi affiancò, facendo picchiettare i suoi alti tacchi a spillo sul pavimento di pietra. «Oh, ti calza proprio a pennello, devo dire» esclamò, fissandomi negli occhi attraverso lo specchio.

«Già» replicai, distratta. «Anche se non vedo il motivo per cui debba indossare una cosa del genere».

«Beh, perché stiamo per andare incontro ad un evento epocale. Mi sembra giusto celebrare e tu, mia cara, sarai la stella della nostra festa».

«Una serie di omicidi di massa è un motivo di festa, ora?». Mi pizzicai la lingua con i denti a tale frase. Avrei dovuto semplicemente stare zitta e accordare la Creatrice in ogni sua bizzarra azione, come mi era stato ordinato; il problema era che, per me, obbedire era estremamente complicato, se non fuori da ogni logica.
Juliet fece una smorfia. Sebbene mi aspettassi una reazione violenta da parte sua, non fece nulla del genere. Tutt'altro: restò calma in modo inquietante. «Di certo non per causa mia» disse. «Avrei volentieri evitato di giocarmi la pelle, ma... Alcuni rapporti raggiungono un limite che, una volta superato, ti impedisce di tornare indietro. Ogni cosa è talmente logora che tutto ciò che si può fare è dare un taglio netto alla faccenda e andare avanti, lasciandosi alle spalle il resto».
Aggrottai le sopracciglia. Stava definendo la battaglia cruenta in procinto di iniziare come la fine di una qualsiasi squallida relazione amorosa. Era patetico.
«Sta' tranquilla» proseguì poi, sorridendomi con euforia. «Se sarai brava e svelta, saranno poche le esistenze spezzate».

«Volendo... Potresti riportare indietro coloro che cadranno in battaglia, no? Insomma, con... Con Simon l'hai fatto». Ancora una volta parlai a sproposito e furono le mie labbra a pagarne il prezzo, mentre le mordevo così forte da portarle quasi a sanguinare.
A quel punto, tuttavia, la Creatrice abbozzò una risata. «Dolcezza» disse «contrattare con la Morte per un singolo individuo è arduo. Farlo per decine e decine di esseri... Direi praticamente impossibile. Conosci la regola degli equilibri? Una vita per una vita. Per riportare indietro il tuo amato, qualcuno è morto al suo posto. Non si ottiene mai nulla per nulla».

Lasciai andare lentamente il labbro inferiore dalla presa ferrea dei miei denti. Avevo pensato a una cosa del genere più volte dopo esser venuta a conoscenza di tale verità, ma mi ero costretta a considerare quella teoria come falsa per il semplice fatto che sarebbe stato troppo da accettare per qualsiasi coscienza; la mia o quella di Simon.
Sentirlo dire ad alta voce fu come ricevere l'ennesima palla di cannone in pieno stomaco, come se la verità pura e semplice fosse un'arma a doppio taglio in grado di ferirti nel profondo, molto più delle menzogne e dei sotterfugi.
Non ebbi, comunque, il tempo di rimuginarci troppo sopra poiché la Creatrice aveva già cambiato discorso, che io non seguii alla lettera. Blaterava qualcosa riguardo al “grande evento”, accompagnando il tutto con larghi sorrisi ed euforia macabra. Tentava di infonderla anche a me, ma con scarsi risultati.
Smisi addirittura di ascoltarla ad un tratto e mi affidai soltanto ai gesti che mi fece quando mi invitò a seguirla e continuò a parlare. Lo dedussi dalle sue labbra in continuo movimento.
Io mi limitai a seguirla e dovetti convincermi a stringerle la mano quando, per proseguire, fu necessario smaterializzarsi in un altro – e nuovo – luogo. Beh, “nuovo” per modo di dire. Ultimamente ogni posto era uguale a quello precedente: sempre buio, sempre circondato da rocce fredde.

Qualcosa di diverso, tuttavia, riuscii a scorgerlo. Poco distante da dove eravamo apparse, infatti, si trovava una teca di vetro e i pochi raggi di sole che filtravano in quella grotta la illuminavano come fosse un tesoro prezioso.
Fui costretta a sforzare – e non poco – gli occhi, per capire cosa contenessero tali lastre trasparenti: una lama affilata, con un manico molto simile a quello dei Pugnali – le incisioni mi sembrarono le stesse; la peculiarità era che esse parevano risplendere, nonostante la scarsa luce.

«Non è la cosa più bella che tu abbia mai visto, Hazel?» esclamò Juliet, accelerando il passo per raggiungere la teca. «Ho passato le pene dell'inferno per reperirla – letteralmente – ma ne è valsa la pena: ciò che distruggerà tuo padre. Qualcosa di così piccolo che in realtà ha così tanto potere».

Non levò il sorriso nemmeno in quel momento e mi sorprese il modo in cui fissava incantata quel pugnale – che somigliava più ad una vera e propria spada – considerato che era la stessa arma che avrebbe potuto distruggere anche lei se solo io mi fossi ribellata. Evidentemente, era più che sicura che non avrei fatto nulla del genere, nonostante il mio atteggiamento – a suo dire – irritante.
Io restai immobile, a pochi metri di distanza. C'eravamo noi e altri due Divoratori col volto coperto in quel posto, ma era come se fossimo sole.

«Posso... Chiederti una cosa?» dissi, ignorando la voce nella mia testa che suggeriva di farmi semplicemente i fatti miei, senza peggiorare le cose.

«Immagino di sì» replicò la Creatrice, distogliendo per un attimo lo sguardo dal suo gioiello.

«Perché fate tutto questo?» domandai. «Insomma... Sono passati millenni dalla vostra discussione, il tutto per... Futili motivi. Dopo tutto questo tempo, perché non... Perché non lasciare semplicemente perdere?».

«Credevo di avertelo già detto. Non possiamo coesistere in una stessa dimensione».

«In precedenza, lo avete fatto. Se è vero quello che si dice, vivevate in armonia. E anche in questo preciso istante lo state facendo e... Niente di catastrofico si sta verificando, se non azioni mostruose compiute sotto vostro ordine».

«Un tradimento del genere non è... Qualcosa su cui si può passare sopra così facilmente. Ad ogni azione corrisponde una reazione e lui deve pagare il giusto prezzo per quel che ha fatto».

«Trascorrere millenni negli Inferi non è abbastanza?».

«No. La morte è abbastanza».

Serrai la mascella. «Anch'io mi sono innamorata di un umano. Questo mi rende una traditrice?».

Juliet spaccò la propria espressione che si era indurita durante le ultime frasi. Mi venne incontro, camminando lentamente e si fermò soltanto quando mi fu di fronte. «Assolutamente no» disse. «Ti sei... Innamorata di un umano perché quasi costretta. Quel che avete non è reale, anche se tu ora credi lo sia e sei qui perché tieni a lui e hai paura che io lo rispedisca là dove l'ho trovato, ma ti assicuro che quando tutto questo sarà finito, il tuo dolce Simon non sarà altro che un cattivo ricordo così come i sentimenti che professi per lui».

Mi venne voglia di scattare in avanti, rompere la teca, afferrare il Pugnale e trafiggerla in quel preciso istante. Ci sapeva fare con le parole. Era in grado di distruggere qualcuno con delle semplici frasi ed era ciò che stava facendo con me. Probabilmente, neanche ci pensava a quel che stava dicendo. Per lei, i sentimenti non contavano nulla.

«Non lo vorresti, Hazel?» continuò Juliet. «Non ti piacerebbe tornare ad essere una Divoratrice? Vivere per sempre, nella gloria e nell'onore, rispettata dalla tua gente, quasi al mio pari, con la possibilità di assumere qualsivoglia aspetto e liberarti di questa ragazzina impaurita che possiedi ora? E' possibile. Io posso farlo».

Scossi ripetutamente la testa e strizzai gli occhi. «Non voglio nulla del genere» esclamai.

«Dici così ora, non mi sorprende. Ma sappi che quando il momento arriverà, sarai tu ad implorarmi di trasformarti in ciò che eri».

Se mi avesse proposto una cosa del genere solo il giorno prima, avrei accettato senza ripensamenti, per quanto fosse assurdo e privo di senso. Nonostante avessi desiderato, per un momento, il non provare niente, l'idea di tornare ad essere apatica non mi allettava affatto.

A quel punto, mi ero abituata al dolore.

«Non accadrà» confermai.

«Staremo a vedere». Non si smosse più di tanto. Sembrava del tutto convinta delle proprie affermazioni e allora tacqui, per non dare inizio ad ulteriori discussioni che non sarei stata in grado di sostenere.

Restai in silenzio per qualche secondo, finché Juliet smise di sperare in una mia reazione e cambiò rotta. «Prendi l'Arma» mi ordinò.

Sospirai e le obbedii.

La teca era pesante, feci fatica a sollevarla. Nessuno dei presenti mi aiutò e non era certo perché non potevano toccare quelle lastre di vetro; in qualche modo avevano dovuto trasportare tale contenitore fino a lì.
Non appena la mia mano si chiuse attorno al manico della lama, essa vibrò tra le mie dita e, in seguito, risplendette di luce propria. Fu un evento che durò solo una manciata di secondi, ma bastò a lasciare me perplessa e ad aumentare l'euforia della Creatrice.

«Ora non c'è più nessun dubbio che sia tu» esclamò, ad un tono così basso che dubitai volesse farmelo sentire.

Osservai la Spada che reggevo in mano. Dovevo apparire ridicola con quell'Arma così grande in mano; ero bassa, minuta... Di sicuro non potevo intimorire nessuno, ma ero pericolosa nonostante le apparenze.

“Bel giocattolino, eh?”. Udii una voce nella mia testa, diversa dal solito. Non era la mia coscienza che commentava o altro, anche perché il tono era maschile. Faticai, però, a riconoscere a chi appartenesse.

«Cosa...» biascicai, facendo una smorfia e Juliet mi guardò con fare curioso, come si aspettasse una qualsivoglia domanda.

“Non parlare ad alta voce, Hazel. Vuoi farci scoprire? Basta pensare ad una risposta e io la sentirò”.

“Sebastian?”. Feci come mi disse.

“Bingo”.

“Come diavolo...”.

“Faccio ad essere nella tua testa? Incantesimo molto potente. L'ho fatto piazzare su di te tempo fa”.

“Senza dirmelo?”.

“Non avresti acconsentito”.

«Qualcosa non va, Hazel?» mi chiese la Creatrice. Evidentemente, ero rimasta immobile con una smorfia stampata in faccia per qualche secondo più del normale. «Uhm, sì» replicai, scuotendo appena la testa. «Stavo solo... Ammirando l'Arma».

Juliet sorrise, quasi fosse orgogliosa di me in qualche contorto senso e io feci lo stesso, di rimando, pur senza il medesimo entusiasmo. Lei mi fece un cenno con il capo, per indurmi a seguirla e le obbedii.

“Sei ancora lì?” pensai. “Certo” replicò Sebastian.

“E come funziona tutta questa cosa?”.

“Sento tutto ciò che senti tu, solo che non posso vederlo. Per quello dovrai aiutarmi tu”.

“Temevi che non avrei potuto cavarmela da sola?”.

“No, ma ho vissuto per parecchio tempo in ambienti simili e so come ci si deve comportare per non farsi uccidere”.

“Katie ha detto che non mi torceranno un capello”.

“Katie non sa quello che so io”.

“E cosa sai?”.

“Non ho propriamente il tempo per spiegarti tutto”.

Roteai gli occhi. Quando si trattava di stilare le ragioni per cui qualcosa accadeva, sembrava non essercene mai l'occasione.
La Creatrice mi ordinò di fermarmi – in realtà, si bloccò di colpo e rischiai di andarle a sbattere addosso. Si voltò verso di me e sorrise in quel modo macabro che continuava a mettermi i brividi.
Mi aggiustò il vestito bianco che indossavo, proprio come avrebbe fatto una vera madre nel giorno del matrimonio della figlia. Poi strinse tra le sue dita la mia mano libera e insieme agli due Divoratori presenti ci smaterializzammo.

Di solito, spostarsi da un luogo all'altro in tal modo richiedeva una frazione di secondo. Quella volta, invece, il processo ne richiedette sessanta.
Sessanta secondi esatti – li contai – in cui tenni gli occhi fermamente chiusi, giusto per non farmi girare la testa. Prima che potessi sollevare le palpebre, un vento gelido mi fece pizzicare il viso. Juliet mi lasciò la mano e solo allora riaprii gli occhi. Era buio, ma riuscii a scorgere, in lontananza, il profilo del castello in mezzo all'oceano che fungeva da dimora del Creatore.
Come avrei potuto scordarlo? Avevo saltato dalla rupe su cui di ergeva e ancora mi domandavo come era possibile che fossi viva dopo tale evento.

“Hazel, ci sei?”. La voce di Sebastian irruppe nella mia testa. Ebbi l'istinto di annuire e basta, ma sarebbe stato pressoché inutile. “Ci sono” mi sforzai di pensare. “Siamo nel luogo dove alloggia il Creatore”.

Lui tacque e Juliet, con uno dei suoi soliti cenni, mi disse di continuare a seguirla. Man mano che camminavamo, dietro di noi comparvero altri Divoratori: prima una decina, poi venti, trenta, quaranta... Persi il conto, ma non dubitai del fatto che alle mie spalle avessi almeno cento ombre.
Ad un tratto, la Creatrice si fermò e, di nuovo, fui sul punto di andarle contro, il che mi faceva ridere – non lo feci sul serio. Insomma, mi apprestavo a combattere una guerra e inciampavo sui miei stessi piedi. Quanto era assurdo?

«Pronta per un po' di azione, mia cara?» sibilò, in modo che solo io la sentissi. Non risposi; evidentemente, nemmeno lei voleva lo facessi.

La vidi allargare le braccia e il vento le mosse i capelli, come a mostrarsi già vincente.

«Sta per cominciare, figli miei» quasi urlò. «Stanotte è l'inizio di tutto. Combattete fieri, abbattete i traditori e insieme costruiremo un nuovo mondo».

Alle mie orecchie, quel discorso suonò ridicolo e pregno di manie di protagonismo. Feci una smorfia e pregai che lei non mi avesse visto. Anzi, trattenni anche un'altra risata. Era sciocco ridere, lo sapevo, ma, forse, l'isterismo attanagliava il mio inconscio al punto da spingermi a comportarmi in modo strano. Persi le sue ultime parole. Lo sguardo mi ricadde sull'Arma che tenevo in mano.

Sarebbe stato sciocco trafiggere la Creatrice in quel preciso momento? Avrei potuto farlo. Era così assorta nelle sue proclamazioni da non badare a me. I Divoratori che ci circondavano mi avrebbero uccisa, allora? Oppure si sarebbero levati un peso? Quanti di loro erano davvero disposti a combattere e quanti erano stati puramente costretti?
Probabilmente, Juliet non mi riteneva capace di un'azione simile. Io ero soltanto un burattino che poteva muovere senza alcun intralcio tramite minacce e ultimatum.
In fondo, era vero: non sarei stata in grado di fare qualcosa del genere. O di uccidere il Creatore, del resto. Confidavo in una eventuale scarica di adrenalina nel giusto istante – così credevo si chiamasse.

Delle urla di acclamazione interruppero il flusso dei miei pensieri – e chissà se Sebastian era rimasto all'ascolto.
Come uno sciame, i Divoratori mi superarono quasi non badando a me o alla Creatrice, che rimase immobile lì dov'era. Vidi alcuni di loro scomparire e riapparire metri più avanti, altri correre e basta, brandendo quei Pugnali che io tanto odiavo.
Passarono alcuni secondi in cui il rumore dei loro passi si allontanò sempre più, fino quasi a divenire nullo. Seguì un attimo di silenzio e mi ritrovai, inconsciamente, a trattenere il respiro. Esso sembrò interrompersi del tutto non appena grida di diverso tono rispetto a quelle precedenti scalfirono l'aria; urla acute, penetranti, che scavarono una voragine nel mio petto e provocarono sola ulteriore soddisfazione nell'espressione della Creatrice.
Mi afferrò prepotentemente per un braccio e mi trascinò via di peso. Non seppi per quale miracolo non caddi a terra, considerata la velocità con cui procedevamo.
Si fermò poco prima dell'entrata al castello. «Ora è il tuo turno, dolcezza» esclamò. Mi lanciò una rapida occhiata e sorrise, come se volesse, a modo suo, incoraggiarmi. «Raggiungi la Torre. A lui piace stare lì».

Dopo mi invitò a proseguire, senza di lei.

Esitai, ovviamente. Non ero particolarmente propensa ad entrare in un luogo da cui provenivano urla e lamenti. Era come darsi in pasto ai leoni. Eppure, dovetti farlo, poiché Juliet continuò a incitarmi a camminare, ad andare avanti.
Strinsi forte il manico della mia Arma, feci un respiro profondo e mi costrinsi a muovere le gambe in maniera abbastanza sicura, almeno evitando di inciampare.
Quando varcai la soglia di una porta inesistente, lo spettacolo che mi ritrovai davanti fu atroce e macabro. C'erano cadaveri di Divoratori sparsi ovunque, Divoratori che combattevano e si uccidevano l'un l'altro, che urlavano. C'era sangue e l'odore era così forte che mi diede la nausea.
Mi mossi furtivamente, ma notai presto come nessuno si accanisse su me direttamente. Forse mi avevano riconosciuto ed era stato dato loro l'ordine non toccarmi. Del resto, servivo al Creatore così come servivo alla Creatrice. Era come se avessi uno scudo invisibile addosso.
Tuttavia, probabilmente di rimando, uno dello schieramento avversario avanzò nella mia direzione con fare minaccioso. Fece per colpirmi, ma lo schivai. Lui non si arrese e ci provò di nuovo e ancora lo scansai. Riuscii ad evitarlo per almeno cinque volte, finché non fu in grado di colpirmi con un calcio alle gambe. Caddi a terra e la mia Arma mi scivolò di mano. Prima che potessi anche solo fare cenno ad alzarmi, il mio nemico mi afferrò per il collo, bloccandomi sul pavimento di roccia gelida.
Era impossibile muovermi da quella posizione. Potei solamente allungare il braccio e cercare di recuperare la spada. Dovetti faticare per avere successo, quasi persi il fiato.
Afferrai nuovamente l'Arma e con tutta la forza che avevo, la conficcai nel fianco del Divoratore, che tremò per poi ricadere a terra, inerme.

Mi misi in piedi, barcollando, col fiatone.
La lama della spada si era ricoperta di sangue. Evitai di focalizzarmi troppo su esso, altrimenti avrei vomitato.

Scossi appena la testa e ripresi il mio cammino. “La Torre. Dove accidenti è la Torre?” urlai nella mia testa.

“Calma” replicò Sebastian. “Dimmi dove sei”.

Strizzai gli occhi. Stavo per avere una crisi di pianto, seppur altamente fuori luogo. Dovevo essere fredda e decisa, invece mi ritrovai ad essere eccessivamente emotiva. “Dannazione”. Sebastian sentì anche quello.

“Hazel, dimmi dove sei”.

“Non.. Non lo so. Questi corridoi sono tutti uguali”.

“Sembra così, ma c'è uno schema ben preciso”.

Continuai a camminare, mi guardai attorno. Le lotte parvero lontane, così le urla, come se tutto si fosse concentrato all'entrata.

“Ci sono delle fiaccole accese e...”.

“Le fiaccole. Ce ne dovrebbe essere una sistemata in modo diverso dalle altre. Ti indica un nuovo corridoio, più stretto e buio”.

Controllai meglio ciò che mi circondava ed effettivamente notai una di quelle torce posizionata più in alto rispetto allo standard. Accanto ad essa, vi era un'apertura ristretta. Vi entrai. “E ora?”.

“Ora prosegui. Troverai una scala a chiocciola. Sali. La Torre è lì”.

Seguii le sue indicazioni, che si rivelarono tutte esatte.

Come pensava la Creatrice che avessi potuto trovare quel luogo da sola? Forse mi riteneva più intelligente del dovuto.

Alla fine della scala, dovetti percorrere un ulteriore pezzo di corridoio al buio. Alla fine, sbucai in una grossa stanza, con al centro una poltrona di velluto rosso. C'ero già stata in quel posto, mesi prima. Era la stessa stanza.

Il Creatore era di spalle, da solo. Non c'erano guardie accanto a lui e non ve ne erano nemmeno prima. Nessuno aveva tentato di fermarmi. Nessuno aveva provato ad evitare che io lo raggiungessi.

Era stato facile.

Fin troppo facile.

«Bene, bene» esclamò lui. Non ebbe bisogno di voltarsi per accorgersi della mia presenza. «Guarda chi è tornata a farmi visita».

«Non la chiamerei proprio una visita» replicai e tentai di mantenere un tono spavaldo, nonostante non lo fossi per nulla.

«Già. Sei venuta qui per uccidermi. Direi... Non molto cortese».

Lo sentii ridacchiare e poco dopo lo vidi voltarsi. Si aggiustò il colletto della camicia nera che indossava e mosse qualche passo nella mia direzione. Io, di riflesso, impugnai più saldamente l'Arma.
Il Creatore si fermò a meno di un metro da me e sospirò. «Beh» disse e si inginocchiò, allargando le braccia. «Fallo».

Non mi aspettavo una reazione del genere. Credevo avesse barricato la sua fortezza con ogni genere di protezione, che in quel momento tentasse di tutto per contrastarmi o, perlomeno, cercasse di convincermi a cambiare schieramento. Invece, nulla del genere accadde.

Avevo il Creatore inginocchiato ai miei piedi che mi invitava ad ucciderlo.

Di nuovo troppo semplice.

“Fallo, Hazel. Colpiscilo” urlò Sebastian nella mia testa.

Fui davvero sul punto di farlo. Sollevai la spada con una sola mano e mi preparai a trafiggerlo. Tuttavia, la sua espressione soddisfatta sul volto mi portò ad esitare. Perché non temeva di essere ucciso? Perché voleva che lo facessi?
Se era così intenzionato a morire senza lottare, avremmo potuto evitare tutto il casino che stava succedendo là fuori.

“Muoviti, Hazel!”.

Tremai. I miei occhi ricaddero sulla piccola parte scoperta del collo del Creatore. Erano visibile i segni dei sigilli, seppur in maniera meno calcata rispetto a quelli che erano rimasti sulla pelle di Simon. Essi erano serviti per riportarlo alla luce dopo secoli di pene negli Inferi; gli avevano concesso la giusta energia vitale per nutrirsi e assumere l'aspetto che desiderava e... E se non fossero serviti solo a quello? Ormai ogni cosa scaturiva nuovi dubbi.
«Esiti, Hazel?» sibilò il Creatore. «Non ti credevo il tipo da esitazioni. Insomma, non ci hai pensato troppo su quando sei fuggita e hai saltato nell'acqua gelida, quando ti sei nascosta inutilmente». Abbozzò una risata e, con un gesto secco, guidò la lama della spada affinché poggiasse sul suo collo, proprio sui vari sigilli che avevo notato poco prima. Quasi rischiai di lasciarmi scivolare di mano l'Arma e dovetti sforzarmi di mantenere le dita ben strette attorno al manico.

«Sei qui e basterebbe così poco» continuò. «Che succede? Ti manca il coraggio? Oppure stai venendo sommersa dalle tue incertezze?».

«Sta' zitto» dissi. Avrei voluto urlarlo, ma il mio tono di voce fu flebile. Il sorriso sul suo volto era rimasto, come se si stesse divertendo a prendermi in giro in quel modo.

«Avresti dovuto accettare il mio compromesso quando eri in tempo. Avremmo già risolto tutto a quest'ora. Invece no: hai voluto ribellarti, scappare e ora... Ora sei addirittura parte dello schieramento opposto. Non che mi sorprenda, immaginavo lo avresti fatto. Ma, come si dice? Ogni cattivo che si rispetti – perché, a quanto pare, sono il cattivo della situazione – ha un suo asso nella manica, giusto?».

Feci una smorfia. Di che parlava?

“Colpiscilo ora, prima che sia troppo tardi” mi urlò Sebastian, ma non lo ascoltai.

«Che intendi?» domandai. Il Creatore ammiccò. «Uccidi me» disse «e uccidi lui. Credi non sappia del suo miracoloso ritorno dal regno dei morti?».

Spalancai gli occhi e mi mancò il respiro.

Era una maledetta congiura.

«Siamo connessi, Hazel. Io e lui. Lo siamo sempre stati».

In quella guerra insulsa, entrambe le parti avevano in mano la vita di Simon e potevano giocarci come meglio volevano. Ed io ero in mezzo a quel turbine, non sapendo più che fare.
Se non avessi portato a termine quella missione, la Creatrice avrebbe richiamato chissà chi e avrebbe rispedito Simon dove lo aveva trovato. D'altra parte, se avessi agito, sarei stata io l'artefice del suo omicidio.

Non c'era soluzione, non in quel momento.

“Non credergli. Non devi credergli” mi sussurrò Sebastian. Strizzai gli occhi: dovevo evitare che le brutte sensazioni che mi stavano avvolgendo influissero sulla mia lucidità.

«Non... Non ti credo» biascicai, con voce spezzata.

«Beh, su questo non posso intervenire. Ma vuoi davvero rischiare di perdere l'amore della tua vita di nuovo? Per cosa, poi?».

Strattonai via la spada e feci un passo indietro, distrattamente. Mi sentivo svuotata.

Possibile che niente andasse mai secondo i piani?

Il Creatore si tirò su, lentamente, tornando ad essere in piedi. Si avvicinò a me e, con due dita, mi sfiorò una guancia. Lo scansai subito. Lui sospirò.

«Sai, io ti capisco, Hazel» disse. «Anche io sono stato innamorato di un'umana ed è praticamente solo a causa mia che ti è successo quel che ti è successo. Io ti ho creata e voglio solo il bene per te».

Scossi appena la testa, esterrefatta. «Le cose non avrebbero dovuto andare così, sai?» andò avanti. «Però, ovviamente, tua madre sa come scombussolare le cose. Ed è questo il problema. Lei è il problema. Non credi che tutto sarebbe migliore se non ci fosse? Nessuna guerra, solo pace, come era in principio».

«Senza umani?» domandai, retorica e acida.

«No, beh... Immagino che, in piccola parte, potrebbero restare anche loro».

«Non...».

Avrei detto tante cose, oppure sarei semplicemente rimasta in silenzio.

Non potei saperlo, poiché venni interrotta prima. La Creatrice irruppe nella stanza, con passo pesante ci venne incontro, fermandosi a pochi metri da noi. Mi voltai appena, incrociando il suo sguardo furioso.

«Che cosa stai aspettando, Hazel?» esclamò, scandendo bene ogni parola. Sobbalzai; avevo paura scattasse in avanti e mi attaccasse. Data l'espressione furiosa dipinta sul suo viso, non ne sarei rimasta sorpresa.

Tuttavia, non fece nulla del genere. Restò immobile, con i pugni stretti lungo i fianchi.

«La cordialità non è mai stata il tuo punto forte, cara» esclamò il Creatore e ciò non fece altro che aumentare l'ira della sua consorte. La vidi, poco dopo, ringhiare e dissolversi nell'aria. Riapparve alle mie spalle, ma non si accanì su di me. Afferrò il Creatore per le spalle e, con forza, lo tirò, facendolo capitombolare dall'altra parte della stanza, contro la parete di roccia.

«Avevi un solo dannato compito, Hazel!» sbraitò poi «e ancora non l'hai portato a termine».

Indietreggiai appena, lentamente, sollevando l'Arma in modo che potesse aiutare a difendermi. «A quanto pare, non ne sei in grado» continuò «o forse hai bisogno di una spinta in più».

Nemmeno il tempo di finire la frase e Juliet si smaterializzò di nuovo. Non potei notare dove tornò ad essere visibile, finché non mi afferrò da dietro, bloccandomi le braccia al corpo e stringendo insieme a me l'impugnatura della spada.
«Non cambia niente, sai?» sibilò al mio orecchio. «Posso guidare la tua mano, avrà lo stesso effetto, come se lo facessi tu. E dopo di che, ucciderò anche te. Ti piace l'idea?».
Tentai di divincolarmi. Mi dimenai, urlai, scalciai, ma non riuscii a contrastare la sua forza, mentre avanzava verso il Creatore che solo allora si era rimesso in piedi.
Juliet andò oltre, agì, fece per colpirlo, usando me come un burattino, però non ebbe successo, poiché l'avversario si dissolse nell'aria, riapparendo ad alcuni metri di distanza. La Creatrice sbraitò e a causa di quel gesto, si distrasse a sufficienza da permettermi di liberarmi dalla sua presa grazie ad un calcio che sferrai alle sua gambe.
Ebbi l'intenzione di trafiggerla in quel preciso istante. Sembrava più vulnerabile del solito, ma non appena mi mossi per farlo, lei reagì, colpendomi con un pugno in pieno volto, con così tanta violenza da farmi perdere l'equilibrio e farmi sanguinare il labbro. Era nettamente allo sbaraglio, come una persona pazza che non sapeva più come agire; avrebbe ucciso anche me, pur consapevole che io le servivo per liberarsi del suo nemico.

Era quello che stava per fare.

Si stava per scagliare su di me un'altra volta, ma prima che potesse farlo, qualcun altro intervenne, distraendola dalla mia traiettoria. Credetti si trattasse del Creatore e mi sbagliai. Quando mi tirai su in piedi – a fatica – notai la presenza di Sebastian e, poco distante, di Katie.

Evidentemente, il piano era cambiato.

Non ci fu occasione, per me, di gioire o fare altro. Quel che successe di lì in poi fu un totale caos, sia per quella lotta malsana, sia per ciò che stava accadendo nella mia testa.
Forse ero pazza anch'io perché non sapevo più cosa fosse giusto, cosa sbagliato o, semplicemente, cosa fare. Vedevo Sebastian e Katie combattere contro la Creatrice, il Creatore rimanere in disparte solo ad osservare ed io immobile. L'unica che poteva fare qualcosa... E rimanevo immobile.
Solo una cosa fu in grado di smuovermi. Qualcosa che, fino a qualche tempo prima, non avrebbe nemmeno toccato di striscio: Juliet atterrò Sebastian, fu sul punto di trafiggerlo col suo Pugnale. E allora scattai, senza ragionarci su, senza farmi troppe domande.

«No!» urlai e corsi nella direzione dove il peggio stava per accadere.

Strillai ancora.

Strillai, mentre la lama della mia spada si conficcava nella schiena della Creatrice, in mezzo alle sue scapole, attraversando il suo corpo da parte a parte. Lei gemette e il Pugnale le ricadde di mano. Una strana luce le illuminò la pelle, gridò e poi ricadde di peso sul pavimento di roccia.
Rimasero solo gli occhi di Sebastian, fissi su di me, sorpreso del fatto che gli avessi appena salvato la vita. Ne ero sorpresa anche io: per aver impedito che venisse ucciso e... Per aver ucciso, finalmente, la Creatrice.

Quasi non mi sembrava vero e mi lasciai scappare un sorriso, seppur non fosse realmente tutto finito. C'era ancora il Creatore e...

No, era tutto finito.

Portai una mano tremante sul mio petto e, con orrore, la vidi impregnarsi di sangue.

La stessa ferita, lo stesso dolore.

Incrociai lo sguardo di mio fratello solo per un attimo e lui capì cosa stava succedendo senza che io parlassi. Frenò la mia caduta prima che mi schiantassi a terra, accogliendomi tra le sue braccia.
Non lo vidi, ma ero pressapoco sicura che il Creatore stesse sorridendo. Ne ebbi la conferma quando lo sentii sussurrare «Non siamo gli unici connessi», mentre, insieme a Sebastian, mi dissolvevo nell'aria.

  
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