Anime & Manga > Full Metal Alchemist
Segui la storia  |       
Autore: Laylath    06/03/2014    5 recensioni
Eppure a guardare più da vicino i ragazzi di quella realtà, ci si sarebbe accorti che le loro esistenze non erano così scontate: i piccoli grandi problemi dell’infanzia e dell’adolescenza a volte andavano ad intrecciarsi con situazioni difficili, dove spesso il legame con un amico fidato era la cosa migliore per poter andare avanti.
E spesso le persone più impensabili stringevano un forte legame tra di loro per uno strano susseguirsi di eventi, all’apparenza così normali… anche se poi viverli era tutt’altra cosa.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Team Mustang
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Un anno per crescere'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 35. Esigenze di cambiare.

 

Sentendo alcuni rumori che provenivano dal corridoio, Laura aprì gli occhi e si accorse che era mattina. Si girò nel letto, ricordando pigramente che oggi riprendevano le scuole, dopo la pausa forzata per le piogge, e dunque Heymans doveva essersi già alzato.
Si preparò mentalmente a lasciare il caldo delle coperte e riprendere il ritmo quotidiano, quando si soffermò a guardare la figura che dormiva accanto a lei. Allungò una mano per toccare quei capelli castani, ma si fermò a pochi centimetri da essi: non era il caso di svegliarlo, era meglio tenerlo buono il maggior tempo possibile.
Le ultime due settimane erano state davvero dure: Gregor non aveva detto una parola a proposito di Andrew, ma quel silenzio era forse peggiore perché la faceva sentire in attesa di una tragedia inevitabile. Guardando quel viso dai lineamenti così simili ad Heymans, si chiese come fosse possibile che la tenesse in una prigione psicologica simile: più di una volta avrebbe voluto liberarsi di lui, dei suoi sbalzi d’umore, del disagio che provocava in misura diversa sui ragazzi. Ma bastava un suo sguardo, una sua sfuriata e lei tornava obbediente al suo posto… del resto senza di lui che cosa avrebbe fatto? Avrebbe trascinato i figli in una nuova spirale di ostracismo da parte del paese: una donna separata, figuriamoci. E questa volta Heymans ed Henry erano troppo grandi per essere messi sotto una campana di vetro.
Onestamente, Laura, tu lo ami ancora?
Una domanda che spesso si poneva nel cuore della notte, quando stava rannicchiata dalla sua parte del letto. Era da ormai tanto tempo che non c’era più intimità tra di loro ed era arrivata alla triste certezza di essere stata tradita più volte con le ragazze del locale di Madame Christmas. Ci aveva provato, in tutti i modi possibili, ma lui non si era voluto far amare… le aveva concesso un’illusione di quel sentimento nei primi anni, ma poi era scivolato in una stanca abitudine dove lei era sempre più la causa della sua infelicità invece che una moglie.
No, non c’era mai stato amore, nemmeno da parte sua… perché continuare a fingere? Gregor era la quotidianità che le era stata imposta, il padre dei ragazzi, legalmente suo marito. Ma non c’era amore tra di loro: sarebbe stata troppo bella come conclusione di quella storia iniziata quindici anni prima.
Si trovò a pensare che quella notte aveva sognato di quando suo fratello aveva chiesto ad Andrew di sposarla: si chiese come sarebbe stato svegliarsi la mattina e trovarlo accanto a sé. Amico, fratello, probabilmente non sarebbero mai arrivati ad amarsi se le cose fossero andate diversamente: anche senza Ellie, il loro rapporto era troppo definito per avere simili evoluzioni. Ma sarebbe stato bello potersi accoccolare a lui sapendo di trovare comunque delle braccia gentili che non esitavano a stringerla, sarebbe stato meraviglioso vederlo parlare tranquillamente con Heymans senza che gli pesasse il fatto che non fosse suo figlio. E chissà, come aveva avuto Henry da Gregor, magari da Andrew sarebbe nato un bambino adorabile come lui e…
Finiscila Laura, l’idea di avere quel tipo di rapporto con lui è praticamente incestuosa.
Però la serenità e la protezione che avrebbe avuto dal suo amico erano delle cose difficili da non rimpiangere…
Si decise ad uscire silenziosamente dalla stanza, stringendosi nella vestaglia di lana, e a scendere.
“Ciao tesoro – salutò, vedendo Heymans che si stava preparando da solo la colazione – scusa se mi sono alzata solo adesso. Da domani faccio io, non ti preoccupare.
“Oh, tranquilla, mamma – sorrise lui, accettando con piacere il bacio sulla guancia – siediti pure, ho quasi finito di scaldare il latte e il pane.”
Seguendo quell’invito, Laura si accomodò nel tavolo, notando come avesse diligentemente apparecchiato per tutti quanti. Non si era mai accorta di come suo figlio si sapesse destreggiare in cucina, ma non aveva dubbi che quell’abilità derivasse dal suo acuto spirito d’osservazione. Poteva sempre sentire i suoi occhi che la guardavano con attenzione quando stava ai fornelli: lui era come una spugna, continuava ad assorbire decine e decine d’informazioni.
“E così oggi riprendete la scuola – commentò, mentre lui portava in tavola il contenitore del latte ed un piatto di fette di pane caldo – eccitato?”
“No, direi di no, ma sarà piacevole tornare alla normalità.”
“Tu e gli altri vi siete dati tanto da fare in questi giorni, come vanno oggi le mani?”
“Tranquilla, – sorrise lui, mostrando come maneggiava il cucchiaio senza problemi, nonostante le lievi fasciature – come vedi le vesciche sono sparite quasi del tutto, ma terrò queste bende ancora per qualche giorno: voglio evitare che il freddo possa  rallentare la completa guarigione.”
“Continua a spalmare l’unguento anche dopo che saranno guarite, almeno per due giorni.”
“Certo: Elisa e sua madre sono state davvero gentili a darne una boccetta a ciascuno di noi, è davvero portentoso.”
“Già, mi piacerebbe sapere come lo fa.”
“Se vuoi lo chiedo ad Elisa, non penso ci siano problemi a farti avere la ricetta.”
La conversazione rimase su quel tono per qualche minuto, senza affrontare argomenti troppo difficili. Tuttavia Heymans, ad un certo punto, buttò una frase quasi in tono disinteressato.
“Oggi rivedrò anche Kain a scuola, spero che suo padre si sia leggermente ripreso da questo periodo di lavoro ininterrotto.”
“Ormai la situazione è sotto controllo.”
“Sì, ma lui ed il padre di Vato quasi tutti i giorni stavano nel luogo dei lavori senza concedersi una pausa: mentre gli altri facevano dei turni, loro erano sempre lì. Quando due giorni fa Kain e la sua famiglia sono tornati alla loro casa ho tirato un sospiro di sollievo, vuol dire che si potrà concedere qualche ora di riposo in più… spesso avevo paura di vederlo crollare per la stanchezza: non si è nemmeno preoccupato per la ferita alla testa. Anche se non era grave era comunque una bella botta che avrebbe richiesto del riposo.”
“Andrew è fatto così – sorrise Laura, scoprendo che in quel frangente non le faceva paura pronunciare quel nome – quando si tratta di aiutare gli altri non si concede un attimo di tregua: non credo che avrebbe permesso a qualcun altro di prendere il suo posto, oppure di accudire la vostra amica Riza. Lei sta bene?”
“Sì, ormai è del tutto guarita – annuì il ragazzo – è tornata con suo padre già da cinque giorni e sembra stia bene anche per fare le solite faccende domestiche o studiare. In questo periodo l’abbiamo davvero coccolata, ma se lo merita: è una ragazza eccezionale.”
“Mi dispiace per quello che mi hai raccontato su suo padre…”
“Beh, succede – esitò lui: aveva scoperto di capire Riza molto meglio del previsto, ma non voleva affrontare l’argomento con sua madre – ma l’importante è che lei sappia di poter contare su di noi…”
Ci fu un silenzio carico di tensione e fu come se la presenza di Gregor aleggiasse su quel tavolo: si girarono entrambi a guardare il suo posto vuoto.
“Mamma, non… non ha ancora tirato fuori l’argomento di me e del signor Fury, vero?”
“No, non ancora.”
“Non capisco che cosa aspetta – mormorò il ragazzo – è come se ci volesse tenere sulle spine per tutto questo tempo. Farmi sentire colpevole… ti giuro che ci sono momenti in cui vorrei andare da lui e chiedergli che cosa vuole ottenere con questo silenzio.”
Laura scosse il capo: nemmeno lei capiva molto del comportamento di Gregor. Ma non dubitava che quanto era successo prima o poi sarebbe stato ritirato fuori: il tono con cui le aveva parlato al capannone era stato tremendamente pericoloso.
Incrociò lo sguardo di Heymans.
Ho paura? Certo che sì… temo sempre che arrivi il momento in cui alzi le mani su di me. Ma, giuro su tutto quello che ho più caro a questo mondo, che se si azzarda a toccare Heymans o Henry non lo perdonerò mai.
Un freddo gelo si impossessò di lei, simile a quello che aveva nei confronti dei suoi genitori: l’esigenza di proteggere i suoi figli aveva la priorità su tutto.
“Vedrai che andrà tutto bene, tesoro. Adesso credo che tu debba andare: non ti devi incontrare con il tuo amico Jean?”
 
“Buongiorno, colombina – salutò Roy con il più sfacciato dei suoi sorrisi – consegna speciale per te: ottimo stufato da parte del locale di mia zia, dovrai solo riscaldarlo quando torni da scuola.”
“Roy…” sospirò Riza, facendolo entrare. Da quando era tornata a casa non passava mattina che lui non venisse a trovarla, sempre portandole qualcosa: non si voleva proprio capacitare che ormai si era ripresa del tutto.
“Oh, suvvia non fare storie – la rimproverò lui, seguendola in cucina e posando la pentola sul fornello – devi ancora rimetterti del tutto.”
“Veramente mi sono rimessa del tutto…”
“Permettimi di dubitarne… ehilà, botolo, come andiamo oggi?”
Hayate rispose con uno sbadiglio e tornò a sonnecchiare davanti alla stufa.
“Sul serio, non trattarmi come una bambola di porcellana – ribadì lei, prendendo il cappotto dalla sedia ed iniziando ad indossarlo – ci hanno già pensato Kain ed i suoi a coccolarmi in questi giorni. Adesso sono di nuovo a pieno regime, su garanzia medica vorrei specificare.”
“Ti dà così fastidio che mi prenda cura di te?” chiese il ragazzo, mentre uscivano di casa.
Riza non rispose: da una parte provava un lieve fastidio per quel considerarla un’invalida, ma dall’altra trovarsi Roy a casa ogni giorno le faceva un innegabile piacere. Dopo quella discussione che aveva avuto con suo padre, il giorno della piena, a rigor di logica aveva tutte le ragioni del mondo per non tornare a casa sua.
Invece viene lo stesso… quasi volesse proteggermi da mio padre e dal suo mondo.
Sì, quello era un tipo d’attenzione che le faceva piacere avere: per quanto fosse arrivata a considerare il padre di Kain come qualcosa di ideale, Roy era maggiormente tangibile e non andava a sovrapporsi a quell’adulto che comunque aveva dei legami di sangue con lei.
“Le piaghe che avevi ai piedi sono guarite del tutto?”
“Sì: stare a letto per tutti quei giorni è stato un bene – ammise lei, anche se per prudenza metteva sempre leggere fasciature prima di infilarsi le calze e le scarpe – e anche le mani sono guarite. Non pensavo di potermi ridurre in un simile modo. E tu? Anche oggi andrai ad aiutare nei lavori?”
“Mi piacerebbe, ma il capitano Falman è stato categorico – disse lui con una smorfia di disappunto – ha detto che ora che riprendeva la scuola noi ragazzi non dovevamo pensare ad altro che allo studio: pensa che ha anche minacciato di portarmi in casa per l’orecchio se osavo contraddire il suo ordine. Diamine, quell’uomo è proprio rigido…”
Riza scoppiò a ridere: era divertente scoprire che finalmente qualcuno metteva in riga il grande Roy Mustang. Di certo Vincent Falman non si faceva molti problemi ad imporgli un po’ di disciplina, ma andava bene così.
“Tu ti prendi le sgridate del padre di Vato – lo prese in giro – io invece mi prendo le premure del padre di Kain: fatti una domanda e datti una risposta.”
“Molto spiritosa, davvero – mise il broncio lui – è che sei una femmina, tutto qui. Si è sempre più carini con le femmine, è risaputo.”
“Certo, certo: intanto cerca di studiare. Oh, ecco Vato ed Elisa. Buongiorno, ragazzi.”
Si salutarono con gioia: c’era una nuova eccitazione nell’aria. Sapere di tornare a scuola, alla normalità, alle solite chiacchiere, dava un senso di sollievo. Era come se finalmente avessero la conferma che davvero l’emergenza era finita: Roy e Vato fissavano le ragazze prendersi a braccetto e ridere con spensieratezza, promettendosi di vedersi il prima possibile al di fuori della scuola.
“Sai una cosa, Roy? – fece il ragazzo con un sorriso – Siamo stati degli eroi in qualche modo, certo, ma questa normalità per me vale molto di più.”
Roy stava per ribattere a quell’affermazione: come poteva dire una cosa simile? Avevano fatto qualcosa di eccezionale, dimostrando di essere adulti ed in grado di grandi imprese…
Ti avviso che sono pronto a prenderti per l’orecchio e trascinarti a studiare.
La minaccia del capitano Falman risuonò nella sua testa e si sentì lievemente imbarazzato: no, forse non era proprio un eroe se gli venivano ancora dette tali cose. Diciamo che però era sulla buona strada per diventarlo, suvvia.
 
“Ti pare giusto? Avanti, dimmelo! – sbottò Jean, durante l’intervallo e andando con Heymans verso il solito gruppo di alberi dove ormai si incontravano con gli altri – Ritorni a scuola dopo tutto quello che è successo e quel maledetto del docente di storia che fa? Annuncia un compito per la settimana prossima! Per dare un ripasso generale del programma degli ultimi mesi… ma vai al diavolo! Altro che ripasso: se prendo un brutto voto la ripassata me lo dà mio padre.”
“Mi mancavano questi tuoi comizi contro i docenti – rise Heymans – forza e coraggio, grande eroe della piena, ti prometto che ripassiamo insieme.”
“Preferirei di gran lunga stare ad aiutare mio padre e gli altri – sbuffò – vero Roy? Perché ci imprigionano qui, quando abbiamo dimostrato di essere una risorsa preziosa?”
“Sono d’accordo – annuì lui – potevano dare una giustificazione speciale a noi ragazzi per andare ad aiutare ai cantieri.”
“Secondo me la state facendo troppo lunga – li rimproverò Riza, mentre Heymans si affiancava a lei e annuiva con convinzione – vi siete esaltati troppo: tornate con i piedi per terra, avete quindici e quattordici anni. Quella era una situazione d’emergenza e basta.”
“Spero che ti ricordi delle parole che ti ha detto ieri mio padre, Roy – sospirò Vato – e ti assicuro che quando usa quel tono non scherza mai.”
Il moro sbuffò a quella minaccia, tuttavia era abbastanza accorto da non stuzzicare troppo il capitano di polizia: aveva il vago sentore che lui e sua zia se la intendessero abbastanza bene e che quindi avesse notevoli libertà nei suoi confronti.
Ma mentre si ripeteva queste cose e guardava i suoi amici che si reinserivano senza problemi nella vita quotidiana (del resto si capiva che Jean voleva solo evitare l’odiato studio il più possibile), lui avvertiva una nota di insoddisfazione sempre più forte: era felice per loro, certamente, ma sentiva che dopo quanto era successo lui non poteva riprendere a fare lo studente e basta. Aveva assaporato qualcosa di particolare che andava oltre le occupazioni dell’adolescenza: l’aver aiutato in modo così tangibile, essersi reso utile, aver fatto qualcosa di importante… erano queste le cose che contavano, non compiti di scuola.
E anche Vincent Falman sarebbe dovuto venire a patti con questo, volente o nolente.
 
“Tra due giorni anche il collegamento ferroviario tornerà normale – annunciò Vincent qualche ora dopo mentre con Andrew avanzava sulla passerella di legno posta sul percorso fangoso – così potremo finalmente rifornirci del materiale che ci serve: abbiamo già fatto un primo elenco, anche se la stima dei danni è ancora tutta da ricontrollare.”
“Finché le pompe non levano tutta l’acqua dai campi non possiamo definire le stime – scosse il capo Andrew – per il ritmo a cui stiamo lavorando ci vogliono ancora cinque giorni ad essere ottimisti. Non possiamo spremerci più di tanto o gli uomini crolleranno: sono comunque dei turni massacranti e non ci siamo concessi nemmeno un giorno di tregua.”
“Non oso tornare a casa se non di sera: se mi sedessi sul divano dopo pranzo non mi alzerei più… almeno di notte posso concedermi un sei ore di sonno continuate: ormai Rosie mi vede più addormentato che sveglio.”
“Stessa cosa per Ellie, almeno con Kain riesco a fare qualche chiacchierata mentre scendiamo insieme da casa: ha persino preso la decisione di restare a studiare dai nonni a giorni alterni per poter fare la strada del ritorno con me. Si è davvero spaventato molto per la ferita che avevo in testa e trovo giusto assecondarlo in questo piccolo modo di sentirsi utile.”
“E’ proprio un bravo ragazzo e…”
La frase si bloccò a metà e Andrew si girò a guardare il capitano di polizia, notando come la sua espressione si fosse indurita. Poi seguì la direzione del suo sguardo e non riuscì a trattenere un lieve sorriso: dentro di sé sapeva che sarebbe successa una cosa simile.
“Hai davvero intenzione di prenderlo per l’orecchio e portarlo da sua zia?”
“Pensavo di avergli dato delle disposizioni ben precise: testardo il ragazzino…”
“Ingegnere – chiamò in quel momento un uomo poco distante – dovrebbe venire a dare un’occhiata: forse la pompa ha dei problemi.”
“Arrivo subito. Beh, Vincent, credo che lo dovrai affrontare da solo: anche perché ha tutta l’intenzione di venire verso di te e sfidarti apertamente.”
Con un lieve colpetto sulla spalla del capitano, Andrew andò verso la direzione dove era richiesta la sua presenza. Come si fu allontanato, Vincent si mise a braccia conserte e osservò Roy che avanzava a passi lenti e controllati sulla passerella di legno, guardando nella sua direzione senza alcun timore.
“Che cosa devo fare con te?” gli chiese con voce seria.
“Permettermi di aiutare.” rispose Roy senza nessuna esitazione, fissandolo con decisione.
“Ti avevo detto chiaramente qual’era il tuo dovere: tornare ad essere un semplice studente, come è giusto a quindici anni.”
“Non ne ho nessuna intenzione.” scosse il capo lui, mettendosi a braccia conserte ad imitazione della posa di Vincent. Però si era dimenticato che il capitano non aveva il medesimo senso dell’umorismo di sua zia per questi atteggiamenti e così, in un millesimo di secondo, si trovò preso per l’orecchio.
“Tu devi ringraziare di non essere mio figlio: avresti perennemente mangiato in piedi perché te le avrei date di santa ragione dalla mattina alla sera.”
“Allora può stare tranquillo, non lo sono.” mormorò Roy, cercando di tenere il tono di sfida, nonostante il dolore per quell’orecchio tenuto in una presa davvero forte.
“Adesso fila a casa: studia, gioca, ma smettila di…”
“No! Intendo stare qui ed aiutare, in quante lingue lo devo ripetere? Ahia!”
“Un grande aiuto un marmocchio che piagnucola perché gli tiro l’orecchio, non c’è che dire… testardo di un ragazzo. Perché diamine non ascolti mai quello che ti dicono gli adulti?”
“Se avessi ascoltato sempre quello che mi dicono gli adulti, a quest’ora sarei un emarginato, non crede? Lei sa benissimo che cosa si dice su di me e su mia zia… ma per mia fortuna ho sempre deciso chi ascoltare.”
Vincent gli lasciò l’orecchio con malagrazia e lo osservò massaggiarsi lievemente la parte arrossata. Nonostante quel gesto davvero infantile, il volto manteneva l’espressione decisa.
No, non era come parlare a Vato o a qualche altro ragazzo: Roy aveva un passato difficile alle spalle e questo l’aveva fatto crescere troppo in fretta, andando a fargli assumere atteggiamenti ribelli. Non gli andava bene essere come gli altri ragazzi, pretendeva un trattamento diverso da parte degli adulti.
Specie da parte di quelli a cui attribuiva un determinato valore.
“Vieni con me – gli girò le spalle il capitano con voce impassibile – non mi pare il caso di dare spettacolo con le tue scenate.”
“Sissignore – annuì prontamente Roy, affiancandosi a lui – non ho intenzione di essere di alcun disturbo, glielo garantisco.”
Camminarono in silenzio per diversi minuti, tanto che Roy si chiese se prima o poi l’uomo decidesse davvero di fargli fare qualcosa di produttivo. Alla fine la passerella di legno finì e si ritrovarono vicinissimi al fiume: i sacchi di sabbia dall’altra parte erano ancora ammucchiati, in attesa che ci fosse tempo per recuperarli e smaltirli.
Così tanti… ne siamo riusciti a mettere così tanti… mi fanno ancora male le mani. Eppure c’è voluto l’ingegno del padre di Kain per salvarci tutti: senza di lui non avrebbero fatto molto perché l’acqua sarebbe stata troppo forte.
“Valiamo così poco?” si trovò a chiedere.
“Chi?”
“Noi… noi che non abbiamo nessuna dote particolare. Siamo così deboli di fronte alla natura.”
“Siamo tutti vivi ed il paese è salvo – disse Vincent – i danni sono relativamente limitati. Non è debolezza, tutt’altro.”
“Il padre di Riza avrebbe potuto creare una barriera con la sua alchimia, ne sono certo. Ma non ha voluto, non gli importava niente… ed invece il padre di Kain ha usato tutta la sua conoscenza per salvare il paese. E’ sempre così – ammise, prendendo un sasso da terra e lanciandolo sul corso d’acqua ora tranquillo e placido – ci sono eroi ed egoisti. Persone che non pensano a quello che dicono e altre che invece mettono a repentaglio la propria vita per gli altri.”
“E’ il mondo, Roy – scrollò le spalle l’uomo – ne hai avuto esperienza, ma hai anche imparato a stare in piedi, no? All’improvviso la cosa ti turba così’ tanto?”
Il ragazzo non rispose, ma cercò un altro sasso da lanciare: era così difficile da far capire quello che lui provava dentro?
“Voglio essere importante – ammise – differenziarmi dagli altri, da quelli che voltano le spalle al mondo. Voglio dimostrare che sono qualcuno…”
“Perché lo vieni a dire a me, quando sai benissimo che io ti considero già qualcuno?” chiese Vincent con una certa gentilezza, prendendo un sasso e progendoglielo.
“Non ne sono molto convinto se tutto quello che mi ordina è andare a studiare.”
“Sei davvero divertente, Roy, e non guardarmi con quell’aria offesa. Ti atteggi ad adulto, ma poi te la prendi se mostro preoccupazione per te, come farei con Vato. E lui è mio figlio, quindi non puoi negare che gli dia grande importanza.”
Roy arrossì, sentendosi enormemente preso in giro. Ma prima che potesse aprire bocca, Vincent lo fermò mettendogli una mano sulla spalla.
“C’è un bel guazzabuglio dentro di te, ragazzo mio. Mi viene da pensare alla tua amica Riza: lei ha voluto dimostrare di essere diversa da suo padre, certo, ma prima di tutto ha fatto quello che ha fatto perché ci teneva a tutti voi e voleva aiutare come poteva. Tu sei partito da questo secondo concetto, ma adesso stai lottando contro te stesso… hai preso l’egoismo di Berthold Hawkeye come spunto, ma non è lui il vero problema, mi sa.”
Il ragazzo scosse il capo con ostinazione, rifiutandosi di dare soddisfazione a quelle parole, anche se sicuramente contenevano un fondo di verità. Non era l’atteggiamento da adulto che si era prefissato di tenere, ma quell’uomo l’aveva messo alle strette con la sua parte ancora orgogliosamente adolescenziale.
Adesso come minimo mi dirà che studiare è importante perché è così che divento qualcuno… la solita minestra riscaldata in modo diverso. Certo, tanto è sempre la stes…
“Ouch! – protestò, quando lo schiaffo sulla nuca interruppe di colpo i suoi pensieri – E’ questo per che cosa sarebbe?”
“Per aver disobbedito al mio ordine – rispose Vincent senza alcun rimorso – e se succederà di nuovo te ne arriverà un altro, stanne certo. Forza, vieni, vuoi aiutare? Va bene… ma fammi il favore di finirla con queste idiozie che ti metti in testa da solo.”
“Idiozie? – sibilò Roy, affrettandosi a raggiungerlo e massaggiandosi la parte lesa: non pensava che potesse colpire così forte – Non sono…”
“Sono idiozie belle e buone e forse renderti utile ti aiuterà a farle passare: a queste condizioni la tua presenza mi sta bene, ma decido io quello che farai.”
“Insomma! Mi sembra di essere un bambino se vengo trattato in questo modo e…”
“Senti un po’ – lo bloccò per il colletto Vincent – sei poco più di un bambino, capito? Hai aiutato come gli altri quando c’è stata l’alluvione e questo dimostra che sei una bella persona su cui i tuoi amici potranno sempre contare. Sei importante e non perché hai fatto l’eroe, ma perché ci sono persone che tengono a te: se un giorno diventerai un poliziotto o un soldato o chissà che cosa io sarò il primo ad esserne felice. Ma anche se diventerai una persona normale, ma soddisfatta e con gli stessi ideali che vedo adesso in te, ne sarò orgoglioso lo stesso… smettila di voler salire su un piedistallo per cui non sei minimamente pronto, capito?”
“Non è così: le persone non sempre si accorgono…”
“E sono quelle le persone che contano?” lo bloccò Vincent.
“Se è tuo padre forse sì, qualcosa conta.” disse tutto d’un fiato il ragazzo, lasciando uscire quel peso dall’anima. In fondo tutto partiva da quello, no? Bastava essere onesti con se stessi: aveva tanto rinfacciato a Riza il fatto di avere poca stima di se stessa, ma anche lui stava dimostrando di non esserle da meno…
“Il padre di Riza è degno di lei?”
“No – scosse il capo con decisione – nemmeno un po’!”
“Perfetto, non ho conosciuto tuo padre, ma se non ti considerava allora per te vale il medesimo discorso.”
“Non si permetta! Lui era solo impegnato e…”
“Vedila come vuoi, ma dai tuoi atteggiamenti mi pare di capire che qualcosa non andava e te la stai trascinando dietro. Io ho dovuto rivedere il mio rapporto con Vato e sai perché? Perché non sono infallibile come genitore e commetto degli errori… così come il padre di Kain. E se poi parliamo del padre di Riza andiamo di male in peggio. Anche tuo padre era fallibile, Roy, non per cattiveria, ma perché semplicemente è impossibile essere perfetti.”
Fece male quell’ultima frase, perché includeva anche lui: non poteva essere perfetto come sperava…
“Se hai finito di pensare a queste cose vieni qui: ecco quello che puoi fare.”
Roy si accostò, lieto che finalmente si arrivasse al dunque e si terminasse con tutti questi discorsi che lo facevano sentire davvero insicuro, una cosa che detestava.
“Che cosa sono?” 
“Le piante di questi campi allagati…ehi, Andrew, prima mi stavi raccontando di come si facevano i conti per vedere le superfici. Roy si è offerto volontario per fare questi calcoli matematici, tanto sono cose che dovrebbe aver già fatto.”
“Matematica?” sgranò gli occhi lui.
“Davvero? – fece Andrew, accostandosi e dando una pacca sulle spalle del ragazzo – Bravo, figliolo, mi complimento con te… allora ti do un po’ di lavoro da fare a casa: non ti preoccupare, sarà come svolgere dei problemi di geometria e fisica.”
Roy lanciò un’occhiata furente a Vincent: l’aveva rigirato come voleva. Praticamente gli stava dando dei compiti supplementari… ma non aveva nessun’intenzione di far vedere quanto fosse insoddisfatto: gli stavano dando quel lavoro da fare? E lui l’avrebbe fatto, a costo di restare in piedi tutta la notte.
 
“Ciao nonna, allora ci vediamo dopodomani.” sorrise Kain.
“Mi raccomando, fate attenzione: è già buio.”
“Tranquilla, mamma, e grazie ancora per aver tenuto Kain.”
“Figurati, è sempre un piacere. A dopodomani, piccolino, ti farò la torta come promesso.”
“Evviva! Grazie nonna!”
Come si avviarono per tornare verso casa, Andrew arruffò i capelli dritti del bambino che ancora sorrideva per il dolce che avrebbe mangiato la prossima volta che andava a trovare i nonni.
“Sei senza vergogna quando si tratta di dolci.”
“L’ha proposto lei – disse il bambino – e io le ho detto di sì. Si sarebbe offesa… Hai lavorato tanto anche oggi, papà? La testa come va?”
“Va bene, tranquillo – sorrise Andrew – avanti, vieni a cavalcioni, così ti dimostro che sto bene una volta per tutte.”
Il piccolo esitò: da una parte non voleva sforzare suo padre che forse non era ancora guarito del tutto, del resto c’era ancora un lieve taglio sulla sua fronte, ma dall’altra l’idea di andare a cavalcioni…
“Solo per un tratto però.” acconsentì, ridendo deliziato quando Andrew con una torsione se lo caricò sulle spalle. Le sue mani affondarono sulla chioma castana, afferrando alcune ciocche e una volta che fu sicuro di quella presa, alzò il viso per poter guardare il cielo.
“Alla fine Roy ce l’ha fatta?” chiese.
“A far cosa?”
“Oggi a scuola ha detto che aveva intenzione di andare dal capitano Falman e di obbligarlo a farlo lavorare al vostro cantiere. Ha detto che l’avrebbe convinto in tutti i modi.”
“Sì, ce l’ha fatta.”
“Davvero? Oh, dovevo immaginarlo: sai, Roy è molto bravo a convincere le persone… è un vero grande!”
Andrew dovette trattenere una risata ripensando a quanto era successo: il grande eroe di suo figlio in realtà era chiuso in casa a risolvere problemi di geometria che poi lui avrebbe corretto il giorno dopo.
“E già, è davvero un grande…” annuì.
“Però sai – ammise il bambino, con tono leggermente preoccupato – ho paura che a mamma non piaccia molto…”
Andrew tornò serio a quell’affermazione: anche lui aveva avuto questo sentore.
“E’ un po’ diverso dagli altri ragazzi, tutto qui…”
“Forse è per la storia di quella caccia al fantasma, ma non capisco perché non gliel’abbia ancora perdonata. In fondo siamo stati tutti puniti e non mi pare che lei sia arrabbiata allo stesso modo con Vato, Heymans e Jean. E poi Roy è molto amico di Riza e a mamma lei piace tanto…”
“Può darsi che la storia della caccia al fantasma c’entri qualcosa. Forse dovresti cercare di obbedire di più a tua madre e dimostrarle che non c’è niente da preoccuparsi…”
“Le obbedisco sempre, lo sai – scosse il capo il bambino – le ho anche promesso che non porto più animaletti in camera.”
Andrew non seppe che altro rispondere e si limitò a dare una pacca sulla coscia del bambino, in un gesto di conforto. Ma la sua mente aveva iniziato a recuperare tutte le volte che suo figlio parlava di Roy e si era accorto che c’era una strana sfumatura di adorazione che non appariva minimamente quando parlava di Heymans o Riza…
Roy aveva carisma da vendere, magari con gli adulti era ancora titubante, ma per un bambino docile e timido come Kain era un vasetto di miele che attira l’ape. Ma mentre Heymans e Riza avevano un’influenza positiva sul bambino…
L’ha trascinato fuori di casa, in piena notte, portandolo in un posto simile… adesso Kain ci ride sopra, ma mi ha raccontato di tutta la paura che ha provato: ha avuto anche gli incubi per due notti di fila.
“Papà…”
“Sì?”
“Ti ricordi di quel ragazzo che mi dava fastidio? Quello più grande di me che mi aveva dato quel colpo?”
“Certo, ma mi pare che non ti abbia più tormentato, no?”
“Era Jean…”
Andrew annuì lievemente.
“Sei… sei arrabbiato con lui?”
“Beh, non sono certo felice di sapere che per anni è stato il tuo aguzzino. Ti ha chiesto scusa?”
“No, non è da lui. Però adesso siamo amici e mi vuole bene: è davvero bravo e poi devi vedere come è premuroso con Janet.”
“Perché mi hai confidato una cosa simile?”
“Perché pensavo… se ho cambiato idea su di lui, è possibile che mamma la cambi su Roy?”
“Spero proprio di sì, Kain: forse sarà solo questione di conoscerlo meglio.”
E di farle capire che non è un pericolo per te…
“Senti, non dire a mamma di Jean, va bene? Per me è tutta acqua passata e mi piacerebbe che lei gli continuasse a  voler bene.”
“Come preferisci, ragazzino: adesso scendi che siamo quasi arrivati.”
“Che? Oh no, mi ero ripromesso di stare a cavalcioni solo per un pezzo! Scusa papà, ti ho stancato molto?”
“Ma smettila con questa storia – disse Andrew esasperato – guarda come sono stanco!”
E senza dargli il tempo di scappare lo afferrò per la vita e facendogli fare un completo giro lo capovolse a testa in giù.
“Papà! – esclamò il bambino ridendo – No dai! Così non vale!”
“Oh, suvvia, all’eroe si può concedere questo e altro. Andiamo a sentire le risate di tua madre quando ti vede tornare appeso a me come un pipistrello.”
  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Full Metal Alchemist / Vai alla pagina dell'autore: Laylath